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Autore: yoonthemoon    02/11/2019    2 recensioni
C'era un albero, su una collina lontana ed isolata da tutti, che ti trascinava in un mondo lontano ed isolato da tutti. Vivere nell'illusione era soffocante.
Genere: Angst, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
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LA MALEDIZIONE DEL CILIEGIO

«Non fidarti mai di ciò che ti dicono. 
Sai, l'uomo è crudele. 
Pensa solo alla nutrizione del suo ego,
e alla distruzione altrui
per far volare lui.
Pensa con la tua mente,
senti con il tuo cuore. 
Sappi che...»

 


 

«Perché stai facendo del male all'albero?»

«Sto unendo il nostro amore alla natura, e poi non gli sto facendo male!»

Il ragazzo dai capelli chiari, preziosi come fili d'argento, cingeva il tronco di un grande, e vecchio, albero di ciliegio con il braccio sinistro. Le gambe divaricate gli permettevano di equilibrare il peso del corpo, concentrato su un piede, mentre la mano destra cercava di incidere con un coltellino un cuore attorno a due nomi. Le schegge del tronco si confusero con i petali cadenti dei fiori e il tutto creò un'atmosfera primaverile addolcita dal profumo dell'erba fresca. Dalla camicia bianca inserita nei pantaloni color beige, stretti da una cintura nera, il ragazzo sembrava figlio della primavera, fiore delle stagioni calde. 

Seduto a terra a gambe incrociate, invece, vi era il secondo ragazzo. Capelli neri come la pece, tanto scuri da sparire nella notte e lunghi a sufficienza da cadergli sulla fronte e accarezzargli le sopracciglia, sottolineando anche i lineamenti del volto. Gli occhi possedevano uno sguardo stanco di pensieri, il volto leggermente pallido con un rossore sulle guance leggero e ben marcato sulle labbra. Indossava una camicia bianca, coperta da un maglione nero così come i suoi pantaloni. La schiena era ben salda al tronco e la testa era portata leggermente indietro, diretta verso i nodi di rami fioriti. Ai piedi solo un paio di calze poiché le sue scarpe erano disperarle tra quale insolito fiore e tra i fili d'erba del prato piangente.

Due poli opposti uniti del soffio di vento che portava ancora i resti dell'inverno e cercava disperatamente l'estate, in un paesaggio senza rivali. Una distesa verde di una collina immensa, un prato colmo di ogni fiore ed un'orizzonte decorato dalla lenta sparizione del Sole. E con le carezze dei fiori, una scheggia tagliò il dito dell'argento.

«Cazzo!» imprecò, con basse parole. «Stupido albero!» Fece cadere il coltello a terra e lo prese a calci.

«Stupido, te l'avevo detto di lasciarlo stare.»

«Non apprezzi mai quello che faccio per te...»

La voce dal tono deludente dell'argento creò una crepa sul petto del moro. Questi avvolse le dita della sua mano attorno al polso del ragazzo e lo tirò giù, portandolo a sedersi su accanto a sé. I due sguardi si unirono ad uno per una frazione di secondo. L'imbarazzo prese il sopravvento e il ragazzo primavera puntò gli occhi da tutt'altra parte. Quelli dell'altro erano ancora fissi su quella figura dai lineamenti dolci e armoniosi. Gli occhi visti per poco gli ricordarono il miele, caldo in bocca e dal sapore avvolgente. I capelli argento, sottolineato da una leggera ricrescita scura, parevano il cielo prima d'una tormentosa tempesta. Un cielo grigio abbracciato ancora da qualche nuvola bianca e accarezzato dai raggi quasi invisibile del Sole, coperto, nascosto.

«Gguk, n-non, non mi guardare così.»

Il corvino sorrise. «Ti imbarazzi ancora, Tae?»

«Non mi imbarazzo!» L'argento si voltò di nuovo verso l'altro ragazzo. «Solo che...»

«Dammi qui, fammi vedere.»

Jungkook prese la mano destra di Taehyung e iniziò a girarla tra le dita con delicatezza, alla ricerca della scheggia che lo aveva colpito. Mentre cercava accuratamente, Taehyung ne approfittò per fissare i suoi occhi suoi ragazzo e osservarlo. I capelli lunghi gli cadevano sugli occhi, quasi coprendogli la visuale e facendolo assomigliare ad un paesaggio notturno illuminato dalla luna. Sentire quel contatto di pelle gli faceva aumentare la temperatura corporea tanto che le guance presero il colore delle rose appena sbocciate e le mani iniziarono a sudare.

«Te l'avevo detto di non fare del male all'albero ma sei il solito testardo.»

Il rimprovero fece sussultare il cuore di Taehyung. «V-volevo solo che la natura avesse un bel ricordo di noi.»

Il corvino sospirò. «Incidere i nostri nomi dentro un cuore sul tronco di un albero non unirà il nostro amore alla natura, Taehyung.»

Il ragazzo dai fili d'argento chinò lo sguardo e gonfiò le guance, palesando un broncio che coprì il suo viso. Se incidere il loro amore sul saggio albero di ciliegio non bastava, cos'altro poteva fare? Si sentiva un cucciolo di uccello caduto dal nido alla ricerca di casa, incapace di volare e troppo piccolo e debole per scalare l'albero. Voleva molto bene a Jungkook, un affetto che era difficile spiegare e che era diverso al bene che provava nei confronti degli altri suoi amici. Era un bene speciale. Lo definiva così perché non sentiva calore quando qualcun altro lo abbracciava, ma lo sentiva con Lui e quando si prendevano le mani timidamente, quasi impauriti. Il suo cuore bussava con forza sulla porta del suo petto, come se volesse uscire e ballare in mezzo sole onde del mare ed essere baciato dai raggi del sole. Il suo viso rischiava di bloccarsi per i sorrisi che donava e i suoi occhi vedevano colori più vividi e lucenti. Con Jungkook, la primavera sembrava persistere anche durante i giorni bui d'inverno, con il cielo che singhiozzava senza pietà e le lacrime lucenti e veloci come saette.

Proprio per questo, aveva cercato di unire il loro affetto speciale alla natura, la cosa che più di tutto amavano. Aveva provato a piantare delle rose nel giardino di Jungkook con i loro nomi scritti sui petali così come aveva provato a piantare una pesca con le incisioni delle loro iniziali. Aveva provato a raggiungere la fine dell'arcobaleno per raccogliere gli ultimi raggi dentro un barattolo, ma tutto risultò inutile. Da parte di Jungkook non fece altro che ricevere rimproveri e sgridate, così tante che aveva superato quelle di sua madre durante i suoi freschi diciannove anni di vita. Taehyung era un ragazzo caotico ma con la testa sempre immersa in sogni lontani e assurdi, fuori da ogni limite e schema umano.

«Ti fa ancora male?»

Nell'arco di tempo in cui Taehyung aveva viaggiato con la mente per l'ennesima volta, Jungkook gli aveva rimosso la scheggia sul palmo e aveva appoggiato la sua bocca sulla ferita. Fu lo schiocco di labbra che fece svegliare l'argento, portandolo a palesare un dolce sorriso sollevato. Capitava spesso che si perdesse. Potevano passare ore ma per lui sarebbero stati solo secondi di sogni.

«Grazie.»

La voce serena di Taehyung fece alleggerire il cuore di Jungkook. Inaspettatamente, l'argento avvolse le sue braccia attorno al collo del corvino e si mise a cavalcioni su di lui. Le gambe attorno ai fianchi, stretti, e i petti sul punto di toccarsi. A Jungkook scappò un sospiro strozzato, dovuto al gesto imprevisto. Un petalo cadde sulla sua testa e venne preso da Taehyung.

«L'albero ti ha baciato, Gguk!»

Nel suo modo di esultare, l'argento rise e stampò il sorriso sul volto mentre accarezza il volto del moro con il petalo. In quel momento, Jungkook sentì la pelle reagire a quel tocco innocuo, puro. Tanta innocenza fece fare una capriola al suo cuore che finì per affogare nel bagno di emozioni creatosi nel suo stomaco. Venne immerso nell'acqua con l'aiuto delle farfalle ed un improvviso caldo abbracciò l'intero corpo. Il calore raggiunse il suo viso e ciò non riuscì a fuggiate dagli acuti occhi di Taehyung. Infatti, affondò in dito sulla guancia di Jungkook e iniziò a girare.

«Adesso quello rosso sei tu.»

Jungkook, preso alla sprovvista, sussultò e si coprì il viso con una mano, spostando la testa di lato. «Non è vero.»

«Sì invece! Sei rosso, rosso! Rosso come il tramonto!»

Al corvino l'idea di essere paragonato ad un tramonto non dispiacque. Solitamente, le persone che arrossivano venivano schernite e paragonate a cose imbarazzanti come un pomodoro o un peperone, e ciò non faceva altro che aumentare quel rossore che copriva tutto il volto. Ma a Jungkook non accadde, anzi. Il rossore si distribuì equamente sul viso e cancellare quel pallore persistente da persona persa, senza posto nel mondo.

Con questo pensiero, prese il viso di Taehyung tra le sue mani e lo avvicinò al suo viso. Pochi passi e rapidi passi gli permisero di far combaciare le loro labbra e di sigillare un bacio pieno di purezza e sincerità. Fu lì che entrambi i cuori raggiunsero il mare e a Taehyung venne da ridere. Jungkook si staccò confuso e palesò un'espressione quasi delusa.

«Sei carino, Jungkook» ammise con un tono così casto da far invidia agli angeli. «Mi piace quando mi tratti così. Il nostro bene è così speciale e vorrei ricordarlo per sempre. Voglio che la natura abbia un bel ricordo di noi. Voglio ricordare tutto questo anche quando finirà.»

Sentendo quelle parole, il volto di Jungkook venne segnato da una lacrima. Nacque dalla fonte della verità e morì nella tomba dove sopravvivono tutte le bugie. Sentì il suo cuore venir colpito da un'onda tale da assomigliare ad uno tsunami e per un secondo soffocò. Sentiva il respiro che bloccava la gola ed impediva alle parole di uscire. La sua mano si avvicinò al volto di Taehyung e l'accarezzò. La sua pelle era levigata, liscia e candida. A Jungkook parve di vezzeggiare del delicato velluto e quando il pollice cadde sulla bocca, venne punto dalla spina d'una rosa. Una goccia di sangue cadde sulla camicia bianca di Taehyung e lentamente si sparse su tutto l'indumento, a macchia d'olio, sempre più velocemente.

«Tae, scusam-...!»

Prima che potesse terminare di parlare, il peso di Taehyung divenne piuma, il suo corpo trasparente come vetro. I capelli mutarono in fiori di ciliegio bianchi e volarono via, lontano.

«Taehyung! TAEHYUNG!»

Jungkook urlò a squarciagola. Gridò così tanto che la gola gli chiese pietà, bruciando come fiamme ardenti. Il corpo del ragazzo era, adesso, in piedi davanti a lui. Jungkook si alzò velocemente e allungò la mano. Allungò ogni muscolo del suo braccio affinché potesse afferrare il corpo di Taehyung.

«T-Taehyung, non di nuovo...»

Un singhiozzo scappò e tutto divenne nero. Il cielo iniziò a piangere, tremendi fulmini caddero sulla terra e uno di essi colpì l'albero. Una scossa avvolse il corpo di Jungkook. Era stato lasciato, ancora una volta. Era da solo, ancora una volta. L'illusione del vecchio saggio l'aveva trascinato in un circolo vizioso senza fine e senza fuga.

  
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