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Autore: Lila May    05/11/2019    2 recensioni
{Fada/Bianca♥Gianluca} {nessuno spaghetto è stato maltrattato durante la stesura di questa storia.}

"Oh, Dio, da che aveva memoria Gianluca era sempre stato un cagnaccio ai fornelli. Per questo motivo tra i due l'addetta al reparto cucina era sempre e solo stata lei, che anche con piatti veloci come un po' di frittata senza sale riusciva in qualche modo a sfamare sé stessa, Gianlu e i loro poveri stomaci per tutta la durata del giorno, e a volte anche della sera. Gianluca non si era mai preso la briga di avvicinarsi alle pentole, troppo spaventato all'idea di poter combinare veri e propri disastri – ma quel giorno doveva essersi svegliato con la vena artistica sparata a mille, l'estro indemoniato, poiché a quanto pareva dal grembiule ancora allacciato intorno all'addome, il signorino doveva aver preso molto seriamente la missione del pranzo. Si era persino premunito di fare il pasticciato. Ma Fada dubitava tanto del suo sapore – anche perché parliamone, su, Gianluca non aveva mai fatto un pasticciato in vita sua. Già il fatto di aver scelto gli spaghetti al posto della pasta corta voleva dire tanto."
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Bianca Kawatsutsumi, Gianluca Zanardi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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.: Breakfast Spaghetti :.


{ Fada Prendi Gianluca Zanardi }


 

Fada Prendi si svegliò disturbata da un improvviso e accentuato sfrigolio, e nell'aprire i grandi occhi smeraldini, la luce di dicembre che entrava vivida dalle imposte spalancate le invase violentemente il viso, costringendola ad un mugugno irritato. Si portò le lenzuola bianche sul viso, allora, e per l'istante che seguì fu di nuovo pace intorno al buio fittizio che ora la proteggeva dall'aggressiva luminosità del mattino.

Era colpa di Gianluca.

Gianluca aveva sempre conservato negli anni la brutta, anzi, mostruosa abitudine di cambiarsi d'abito, dormire e persino svegliarsi con gli scuri spalancati al massimo, ed era una cosa per la quale spesso e volentieri tra loro erano volate – e tutt'ora continuavano a volare – parolacce, insulti e grida indemoniate. "Mi piace la luce, merda", aveva sempre tentato di giustificarsi Zanardi, e la bionda aveva sempre finito per non dargliela buona, proseguendo dunque imperterrita la litigata – non le sembrava normale dormire con gli occhi di mezza Venezia puntati addosso, ma forse a Gianluca ancora piaceva, nonostante i ventisei anni suonati, la disturbante sensazione di sentirsi ammirato pure da addormentato. Addormentato, certo. Sveglio, semisveglio e anche mentre a spalle nude e boxer stretti provava a dare una riordinata al letto, con gli occhi della vicina diciannovenne in calore puntati addosso come riflettori carnivori pronti a farlo a brandelli sul materasso.
Zanardi non si era mai accorto di lei, e Fada ci credeva, alle sue parole, poiché quando gli aveva fatto notare con vistosa gelosia della studentessa universitaria del secondo piano della casa accanto, lui aveva fatto una faccia davvero singolare, ammettendo di aver sempre pensato che in quella palazzina ci abitasse ancora una coppia di anziani.
«Amore, te lo giuro.»
«Sé, come no.»
«AMORE, ASPETTA
Poi erano finiti non si sapeva come a far l' amore, e anche in quel caso, Gianluca si era rigorosamente premunito di lasciare gli scuri spalancati.


Di nuovo lo sfrigolio,  più intenso, questa volta, e accompagnato da una gradassa risata di vittoria.


Così Fada, ormai perfettamente sveglia, fu costretta a destarsi, i biondi capelli spettinati e nodosi, e togliendosi dal letto diede un'occhiata rapida alla finestra, proprio in direzione di dove la studentessa stalker solitamente si appostava.
Non c'era, e forse era meglio così.
Fada non voleva rovinarsi la giornata fin dalle sue prime ore, soprattutto di domenica e soprattutto in pausa dallo studio universitario. Raggiunse il salotto con un grande sbadiglio, stranamente di insolito buon umore – poiché lei non era mai di buon umore –, e per Gianluca fu impossibile non sentirla vagheggiare lungo il corridoio intenta a sistemarsi le mutande fuori dalla riga del culo. «Buongiorno, amore.» disse, e Fada rispose solo quindici minuti dopo aver fissato immobile il muro. «Buongiorno»  mormorò, stanca. Poi, esibendosi in un altro sbadiglio da leonessa, attraversò il pavimento in punta di piedi, finendo spiaggiata tra i cuscini di lino azzurro del divano. Nel farlo notò confusa che Gianluca, al posto di leggere il solito giornale di cronaca davanti al solito caffè nero bello stretto, si trovava adesso in cucina, e col grembiule allacciato alla vita si fingeva cuoco provetto; lo osservò sollevare dalla padella piana un cumulo di spaghetti oleosi, e si chiese perché. Poi pensò che forse dovessero essere per il suo pranzo al lavoro, e mise su i cartoni.
«Hai fame? Hai dormito un sacco.»
Si portò il telecomando alla bocca mentre Ash, sullo schermo della tv, tirava fuori dal jeans una pokéball. «Ma cosa dici, dormito un sacco, pff-- saranno le otto del mattino, Gianlu.»
«E' mezziogiorno, amore mio.»
«COSA!?»  scattò a sedere a quella semplice constatazione da parte del suo mattiniero fidanzato, e per la prima volta da quando si era buttata giù dal letto guardò l'orologio appeso al muro. Era davvero mezzogiorno, non uno dei soliti scherzi del veneziano – e perciò si voltò a fissarlo, stralunata dalla rivelazione shock, e finalmente capì perché lui si fosse messo di sua iniziativa ai fornelli. Schiuse le labbra a quell'osservazione. Gianluca, tra le tante cose, era pure in divisa da gondoliere: ciò voleva dire che era pronto a lasciarla un'altro pomeriggio sola, a sonnecchiare e leggere qualche libro. Aveva bruciato l'intera mattina. Una mattina per loro. Che cogliona. «Oh, Gianlu...»  mormorò, triste, e si alzò per mettersi al suo fianco. La tavola era già apparecchiata per due, e i raggi del mezzogiorno facevano brillare i bicchieri trasparenti e lucidi di recente lavata. «Abbiamo sprecato la mattina...»
Gianluca le prese il viso in una mano e la baciò sulla fronte con passione. Fada chiuse gli occhi e se lo godette con tutto l'amore possibile. Quando le sue labbra le si staccarono dalla pelle per un pelo e non le venne da piangere. «Hai fatto bene a dormire, anche io mi sono svegliato tardi, oggi.»
«Scusa, è colpa dell'università... io... ultimamente faccio fatica anche a parlare.»
«Stai tranquilla, lo so. Ti capisco.»
Gianluca la allontanò un attimo perché lei potesse dargli modo di servire gli spaghetti nei piatti senza invadere troppo spazio in una cucina già fin troppo stretta. Fada gli guardò il collo ampio e pesto d'un tremendo quanto recente succhiotto, i piedini incapaci di stare fermi, le mani intecciate. «V-vuoi che ti do una mano?»
«Tranquilla, faccio io.»
Ok, per quel giorno avrebbe fatto lui, inutile contestarlo ulteriormente. Sorrise, la bella bionda, e si portò un riccio spettinato dietro l'orecchio costellato di cerchietti dorati. «Quello non te lo togli?» chiese poi, alludendo perfettamente al gigantesco pesto che lei stessa aveva deciso di stampargli solo qualche sera prima. Era una pestifera. Tante volte lui l'aveva pregata di non farglieli, poiché allo stazio colleghi e turisti si mettevano a guardarlo come fosse uno scemo, e tante volte lei continuava a non ascoltarlo. Gianluca si voltò a guardarla con i sottili occhi color cielo, e la coda bassa gli carezzò il collo in un fruscio lento e appena percettibile. «Ci ho provato, ma non va via.»
«E' un segno del mio amore!»
«Potresti farmeli in punti meno visibili.»
Fada arrossì tutta a quelle parole, senza capire che cosa intendesse esattamente Gianluca con "punti meno visibili". «Voglio che la nostra vicina lo veda bene, mentre ti fissa.»
«Ancora con sta vicina. Ti m'hai stufato, fattelo di'.»
Buffo, cadenze veneto-romane pronunciate cantando come un usignolo in festa. Una vera rarità, per un veneziano ancestrale come lui. Fada si morse una guancia, trattenendo una risata al fine di non disturbarlo nell'atto di rovesciare la spaghettata. «Non sono un po' troppi quegli spaghetti, Gianlu?»
«A tavola.»
E si sedettero, l'uno di fronte all'altra, lei di schiena alla finestra, ancora intorpidita di sonno, e lui di faccia al sole, proprio come tanto amava. Preso posto, il moro si premunì di servire dell'acqua per entrambi, e in mezzo secondo si scolò il suo bicchiere. Poi, invece di attingere al primo che gli stava fumante di fronte, incastrò il mento tra le mani e si mise a fissare sognante la sua fidanzata. «Assaggia.»
La bionda divenne fuoco e fiamme sul viso paonazzo.
«Voglio sapere cosa ne pensi.»
«I-io...»
«Dai. Ci ho messo tantissimo impegno.»
Oh, Dio, da che aveva memoria Gianluca era sempre stato un cagnaccio ai fornelli. Per questo motivo tra i due l'addetta al reparto cucina era sempre e solo stata lei, che anche con piatti veloci come un po' di frittata senza sale riusciva in qualche modo a sfamare sé stessa, Gianlu e i loro poveri stomaci per tutta la durata del giorno, e a volte anche della sera. Gianluca non si era mai preso la briga di avvicinarsi alle pentole, troppo spaventato all'idea di poter combinare veri e propri disastri – ma quel giorno doveva essersi svegliato con la vena artistica sparata a mille, l'estro indemoniato, poiché a quanto pareva dal grembiule ancora allacciato intorno all'addome, il signorino doveva aver preso molto seriamente la missione del pranzo. Si era persino premunito di fare il pasticciato. Ma Fada dubitava tanto del suo sapore – anche perché parliamone, su, Gianluca non aveva mai fatto un pasticciato in vita sua. Già il fatto di aver scelto gli spaghetti al posto della pasta corta voleva dire tanto. "Cazzo."  
«Dai, coraggio.»
«Uhm, sì.»  prese la forchetta e l'arrotolò al centro del piatto fino a che un nido di spaghetti oleosi, imbevuti di magenta e caldi di chissà quanti gradi non gliela rese pesante persino da sollevare. Annusò, e rimase soddisfatta; l'odore era promettente. Il sapore lo sarebbe stato allo stesso modo? Si portò la forchettata alla bocca, masticò per un po' e poi, aiutata da un portentoso sorso d'acqua, ingoiò, il tutto accuratamente controllato dallo sguardo adorante di un Gianluca Zanardi ogni secondo sempre più convinto di poter aprire un ristorante col suo nome e cognome stampato nell'insegna.
Sì, certo.
Per farsi arrestare.

Quegli spaghetti facevano schifo. Non avevano sapore, erano molli e bruciati lungo le punte ormai ridotte allo spappolamento. E il pasticciato, poi– ma non glielo disse. Non lo fece, Fada, per paura di offendere la sua altezzosa vanità di italiano fin dentro le ossa: apprezzava comunque con tutto il cuore l'immenso sforzo di fare da mangiare per entrambi, il suo essersi messo in gioco pur conoscendo perfettamente di essere, almeno in quel campo, estremamente limitato. Così, dopo un attimo di silenzio passato a guardarlo negli occhi, gli prese la mano, carezzandogli le nocche infiammate di freddo. «Oh, Gianlu, sono...»
«Sono?»
«Sono... sono unammerda..»  mormorò, e scoppiò poi fragorosamente a ridere, maledicendosi per essersi fatta scappare la verità proprio quando si era ripromessa di rimanere in silenzio e finire il piatto senza obbiettare. Gli strinse forte le dita, e gli sorrise, con gli occhi che brillavano divertiti.
Gianluca si guardò il cazzo tra le gambe, imbarazzato. Era il suo modo tutto privato di offendersi e ritirarsi dalla careggiata, faceva sempre così quando lo si insultava o rendeva ridicolo dopo un lavoro svolto a suo dire "egregiamente"; evitava subito di fissarla, si estraniava, ma soprattutto, glielo faceva capire. La faceva sentire volutamente in colpa, perché lei lo pregasse, lo implorasse del fatidico perdono. «Mi hai spezzato l'anima, Fada»  mormorò, voce rauca e naso rosso. Ecco, per l'appunto.
La colpa.
Fada sorrise ancora di più alla sua smorfia incarognita. «Però, Gianluca, vedi, è proprio per questo che ti amo. Proprio perché non sai cucinare.»
«Vaffanculo, Fada.»
«Amore...»
Gianluca finalmente sollevò gli occhi da cane bastonato, e prima che potesse dire qualsiasi cosa, un bacio proteso della sua fidanzata dato dolce sulle labbra gli fece morire le parole tra la gola e la lingua. Durò quel che bastò per farsi passare la noia, e forse un po' di più; dopodiché, Fada, che si era sporta apposta in sua direzione, gli spostò un po' di ciuffi neri dietro l'orecchio, scoprendo una fetta della sua lunga fronte da pensatore, in quel momento appena corrugata in un contrito cipiglio deluso. E poi lo baciò ancora, forte, sulle labbra. E di nuovo. E di nuovo, toccandogli la lingua divertita, trascinandolo quasi addosso ai piatti ancora fumanti. «Cosa me ne farei di un uomo che sa cucinare...?»
Zanardi sorrise contro la sua bocca chiusa nell'atto di dargli un altro bacio.
«Chi lo vorrebbe?»
«Tutte le donne, lo vorrebbero.»
«No, non tutte. Io no di certo.»
Silenzio.
Fada si alzò nel vederlo ancora zitto, e corse subito ad abbracciarlo. «Allora?»
«Mphft.»
«Togliamo quel broncio?»
«No
Come in risposta al suo perentorio "no," gli adagiò allora un altro bacio tra i ciuffi nerissimi di capelli lasciati lunghi sulle spalle. «Non ne ho mica bisogno. Io ho te. E questo, te lo assicuro, Gianluca... mi rende la ragazza più felice del mondo.»






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note.
https://avatarmaker.net/avatars_upload/s230140697.pngAllora, sì.
So che tutti shippano Bianca/Fada con Paolo, ma io shippo Paolo con Luce, e poi parliamone, odio Paolo, e Bianca/Fada mi andava di metterla con Zanardi, lo so, non faccio testo ma sono strana, aiut–

Ciao Spumigli! , sono tornata.
No, questa storia non è stata scritta di recente. E' vecchiotta, penso di questo aprile, perché probabilmente se mi mettessi a scrivere ora, affonderei, con tutta la roba che ho da fare(??). Mi andava di pubblicarla, volevo togliermi lo sfizio, il sassolino. Insomma, dentro c'è Gianluca, che io sto amando sempre di più ogni fottuto secondo che passa. Non potevo proprio starmene buona, no. Mai.
1. Perché ho scelto di metterlo insieme a Bianca? Non lo so. Bella domanda. Risposta? Boh. Li vedo molto bene, insieme, ma ripeto, sono strana.
2. Perché ho scelto di chiamare Bianca Fada al posto di Bianca? Perché mi fa morire- Fada Prendi è una citazione di "Prada e Fendi" insieme, non lo so, lo trovo carino – sarà perché sono una patita di moda pure io e quindi in questo nome inventato ci trovo l'ingegno umano, mah.
Anyway.
Spero che la storia vi sia piaciuta! E' senza pretese, fatta per sorridere, e spero vivamente di esserci riuscita! Ringrazio in anticipo se qualcuno di voi la metterà nelle tre cartelline, passerà a recensire o leggerà silenziosamente e vi prego, non fate gli spaghetti col pasticciato, NON FATE COME GIANLUCA OK?!
Ok.

xoxo,
Lila
   
 
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