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Autore: Flaminia_Kennedy    31/07/2009    6 recensioni
Per la sesta volta in un giorno mi chiesi perché mi ero voluta trasferire a Forks, la zona più piovosa di tutto il continente americano.
Certo, non adoravo il sole di casa mia in Texas, ma nemmeno il perenne strato di nubi che nascondeva il cielo.
[...]
Ridacchiai, perché il volto di quel ragazzo dai capelli bruni e corti mi ispirava simpatia, un po’ come gli orsacchiotti che avevo nella mia vecchia camera a Dallas.
Quando l’auto, guidata da un ragazzo dai capelli ramati e sparati in aria, arrivò a pochi metri da me il ragazzone si infilò dentro la vettura, parlando concitatamente con il ragazzo vicino a lui.
Era un tipo dai capelli color miele e in quel momento il volto meraviglioso e pallido era contratto da una smorfia addolorata.
Genere: Azione, Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jasper Hale, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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16.

Flamenco

 

Passai una decina di giorni chiusa in quell’ospedale che scoprii essere nella mia città natale.

Saltai i funerali sia di mio nonno sia dei miei genitori, rividi la zia Lind almeno ogni due giorni e Jasper stette con me per tutto il mio periodo di convalescenza.

Mentre sentivo i tagli chiudersi e le ossa rinsaldarsi, lui mi aveva raccontato un po’ del suo passato; parlò di Maria, la vampira che lo aveva trasformato, e di come aveva ucciso parecchie persone e vampiri assieme a lei nel tentativo di conquistare l’intero sud.

Almeno ogni tre ore dovevo ricordargli che non era un mostro e che se lo avesse ridetto avrebbe rischiato di ricevere una scarpa in faccia.

Ma ogni volta rideva e andava avanti nel racconto, senza mai ricevere nessun oggetto su quel volto d’angelo.

Dopo che ebbi saputo tutto o quasi di lui e della storia che aveva alle spalle, era il momento di dare aria alla bocca e raccontargli un po’ di me.

Lui che mi aveva vista ridere e piangere, soffrire e diventare rossa come un peperone –come piaceva tanto a lui–; lui che mi aveva fatto scoprire una vita pericolosa e meravigliosa, che mi aveva salvato da morte certa per ben due volte…non sapeva nulla di me.

Gli raccontai, mentre lui mi faceva appoggiare al suo petto come un cuscino, che un paio di anni prima il primo ragazzo di cui mi ero innamorata aveva tentato di violentarmi; quando i miei genitori lo scoprirono diedero la colpa a me, per come mi comportavo «così ho preso e mi sono rifugiata a Forks, un posto così anonimo che mi sembrava perfetto per scappare…ma a quanto pare i posti anonimi hanno sempre dei segreti strani» ridacchiai.

Jasper rise con me, abbracciandomi e lasciando un piccolo bacio in cima alla testa.

Dopo quel periodo passato lontano dalla umida cittadina nello stato di Washington, ritornare era stato come un tuffo in piscina.

Mi ritrovai ricoperta di umidità da capo a piedi in un istante, con il gesso che mi rendeva gli spostamenti quasi impossibili.

Ritornai con gioia alla mia camera, svuotata dei miei vestiti ma comunque nello stato in cui l’avevo lasciata «hai bisogno di una mano per cambiarti? » mi chiese la zia, mentre stavo salendo un po’ a fatica le scale.

Io dissentii con un cenno del capo e riuscii a raggiungere la mia stanza in poco più di cinque minuti fatti di sbuffate, tonfi, piccole fitte e tante maledizioni.

Quando aprii la porta, il mio biondo vampiro era già lì ad attendermi, seduto sul letto. Come mi vide aprire la porta scattò in piedi, venendomi vicino e sollevandomi per la vita senza alcun problema «guarda che non sto per morire…di nuovo» dissi ridendo.

Lui non volle sentir ragioni: mi trasportò fino al letto, dove mi fece stendere con la schiena appoggiata alla testiera e il cuscino sotto il ginocchio «credo che non potrò andare comunque al ballo» dissi sospirando «figurati, cercare di ballare con questo masso al posto della gamba sarebbe veramente ridicolo» aggiunsi ridendo.

Jasper si avvicinò a me, tenendomi due dita sotto il mento «chiunque crederà che tu sei ridicola può definirsi già un cadavere» mi sussurrò sulle labbra, baciandomi poi dolcemente.

Di nuovo il suo profumo mi riempì totalmente e la mia anima per un attimo si ritrovò già in paradiso; la sua mano passò dietro il mio collo, accarezzandomi lieve la pelle con la punta delle dita, la mia salì fino alla sua spalla e mi aggrappai a lui, la mia ancora di salvezza.

Rimanemmo immobili in quel modo per almeno un minuto o due, poi lui si staccò piano per potermi parlare ancora con quel suo accento di cui non potevo fare a meno «davvero non ci vuoi andare? » mi domandò.

Io scossi la testa «non so come la pensate voi vampiri ultracentenari, ma le povere ragazze come me devono tenersi alla larga da certi luoghi quando sono ridotte a questo modo» gli dissi, scherzosa.

Lui sembrò capirmi e mi accarezzò la testa «come vuoi…anche se mi dispiace che tu non possa divertirti, dopo quello che hai passato» mi disse, la sua voce dolce quasi direttamente nell’orecchio.

Lo squillo del telefono al secondo piano mi distrasse un attimo dai suoi occhi dorati e magnetici «Sarah! È Jacob, ti porto su il telefono? » gridò mia zia dal piano sottostante.

Guardai Jasper «fai pure piccola» mi disse con un sorriso.

Arrossii per il nomignolo che mi aveva dato e urlai alla zia una risposta affermativa.

Quando lei aprì la porta di camera mia, il mio biondo vampiro si era già dileguato dalla finestra «pronto Jake? » risposi, appena mi accostai all’apparecchio «hey! Sei viva! Scommetto che i tuoi rapitori si sono consegnati perché non ne potevano più di te! » esclamò il ragazzo dall’altra parte della linea «certo, li ho talmente stressati che sono corsi via urlando» risposi a tono, lasciandomi scappare una risata qualche secondo dopo «veramente so cos’è successo…te l’avevo detto di stare lontana dai Cullen»«come…? »«mio padre. Ha parlato col padre della tua sanguisuga e io sono stato a spiare».

Aggrottai la voce, offesa «Jacob Black non ti permettere mai più!» esclamai fredda, utilizzando quanta più rabbia possibile.

Jasper non era una sanguisuga! «ok ok, niente nomignoli per il tuo cadavere ambulante…beh, allora non andrai a quello stupido ballo, credo» la sua voce era un po’ delusa, ma sollevata nel sentirmi ancora intera.

Più o meno.

Io sorrisi, un po’ intenerita: sapevo che stava facendo gli occhi da cucciolo bastonato «no non credo proprio…sai –ehm– quei maledetti mi hanno cacciato giù dalla macchina e mi sono rotta una gamba»«nah, spero che almeno i tuoi amici vampiri abbiamo fatto a pezzi quei bastardi».

Scrollai di nuovo la testa «uno è riuscito a fuggire, ma non credo che ritornerà» dissi, guardando la zia che stava ad ascoltare.

Io sorrisi «senti Jake, ora devo andare, ho una fame che non ci vedo…Ci sentiamo domani? » «ok vengo a trovarti io non ti preoccupare» mi disse e capii dalla sua voce che mi stava sorridendo.

Menomale, pensai, non volevo litigare di nuovo con lui.

Chiusa la conversazione diedi la cornetta alla zia «che c’è per cena? » chiesi con la faccia più supplichevole che riuscii a fare.

Zia Lind rise e scese al primo piano, per prepararmi qualcosa di gustoso ma poco impegnativo.

 

Passarono un paio di giorni senza che io vedessi Jasper.

Mi intristii un poco, ma pensai che forse era andato a caccia; Jacob mi venne a trovare quasi ogni giorno e io non mi stupii che si fosse alzato ancora «la smetti di crescere? » gli domandai un giorno, mentre stava facendo il buffone per raccontarmi di come Leah gli aveva fatto spudoratamente le avances davanti al suo ex Sam «e che ci posso fare» mi rispose, alzando le spalle «tu hai qualcosa e non me lo vuoi dire…stai per morire di una malattia rara, lo sento! » esclamai io dopo qualche minuto, fingendomi la più grande attrice drammatica di tutti i tempi.

Con il solo risultato di farlo accasciare a terra in un attacco di risate acute.

Non mi spiegò nulla e io sentivo veramente che c’era qualcosa in lui che era cambiato, come una levetta che era scattata da qualche parte dentro il suo corpo.

Passati quasi cinque giorni, io finalmente mi decisi ad abbandonare il sicuro rifugio di camera mia per prendere un po’ d’aria.

Il gesso non era poi più così pesante –segno che mi stavo completamente ristabilendo– e riuscii ad arrivare fino in giardino senza arrecare danni.

Fu mentre mi stavo sedendo sulla piccola panca di legno che sentii un clacson conosciuto: alzai lo sguardo fino alla strada e non mi stupii di vedere la jeep scura con a bordo Jasper.

Lo guardai scendere con grazia dalla macchina e dirigersi verso di me; le pesanti nubi che coprivano il cielo non toglievano nulla alla sua bellezza «finalmente sei uscita dalla fortezza in cima alla torre, principina» mi disse, chinandosi e baciandomi dolcemente la mano.

Arrossii, come mio solito «ho una sorpresa per te» aggiunse, prendendomi in braccio «hey! »«ti piacerà, vedrai» continuò, trasportandomi fino alla vettura.

Sbuffai giocosa e tirai appena una di quelle ciocche bionde e un po’ ricciute «dimmi che cos’è, mi è già bastato esser stata rapita una volta» scherzai, anche se sul suo volto si dipinse per un attimo la tristezza. Aprì la portiera dalla parte del passeggero, tenendomi con un braccio solo «ti ho già detto che è una sorpresa, testona. Altrimenti te l’avrei già detto» ridacchiò, posandomi dolcemente sul sedile e guardandomi con i suoi occhi caldi e rassicuranti «stai buona piccola, non ci metterai molto a scoprirlo» mi sussurrò, accarezzandomi la guancia e facendomi l’occhiolino.

Stetti brava per tutto il viaggio, guardando fuori dal finestrino il paesaggio che cambiava: percorremmo la strada che portava fuori da Forks e Jasper imboccò un sentiero sterrato che portava fino in mezzo alla foresta rigogliosa.

Come se conoscesse a memoria la strada, fermò la macchina vicino a un albero dalla forma contorta e scese «ci siamo quasi, chiudi gli occhi ok? Andremo un po’ veloci» mi disse, dopo aver aggirato la jeep con la sua velocità vampiresca e avermi presa di nuovo tra le braccia.

Io mi aggrappai al suo collo, facendo come mi aveva detto; provai di nuovo sulla pelle quella sensazione che già una volta mi aveva fatta credere di star volando.

Quella volta, però, seppi che ero al sicuro e mi sembrò quasi la cosa più naturale del mondo.

Poi c’era il rumore dei polmoni di Jasper che si riempivano e si svuotavano rilassati, come se la corsa non gli pesasse per niente.

Con un po’ di tristezza pensai che doveva mancargli il battito del proprio cuore nel petto «siamo arrivati» mi sussurrò all’orecchio.

Tirai su la testa e quello che vidi fu quasi incantevole: davanti ai miei occhi c’era un piccolo praticello rotondo con l’erba bassa e punteggiata di fiorellini bianchi.

Accanto ad esso, separato da un piccolo cespuglio basso e odoroso, c’era un laghetto d’acqua limpidissima e bassa, alimentato da un ruscelletto che tintinnava argentino e ci si tuffava dentro con tante piccole cascatelle da una roccia ricoperta di edera e muschio.

I rumori dell’acqua e dei pochi animali che si azzardavano a uscire di giorno «è meraviglioso…» «è il luogo più intonato a te».

Lo guardai senza capire bene la sua frase «quando sono qui tutto mi ricorda te ancora di più. Sei fresca e limpida come quel laghetto, mi entri dentro come l’odore di quell’arbusto…» prese da terra un piccolo fiore bianco, che mi sistemò in cima all’orecchio «e sei delicata come queste campanelle».

Se non avessi avuto la gamba rotta a cui pensare sarei caduta a terra; la mia faccia aveva preso fuoco e mi ero completamente dimenticata come si faceva a parlare.

Jasper mi fece alzare il volto come solito era fare, con un paio di dita sotto il mio mento, e per la terza volta mi baciò.

Chiusi gli occhi, lasciandomi andare; nella mia mente risuonava un’orchestra sinfonica di mille violini e pianoforti, mille arpe e mille cimbali.

Quello era il mio posto, la mia casa.

Jasper era la casa a cui avrei voluto sempre ritornare e da cui non sarei mai riuscita a scappare.

Mi ci ero incatenata da sola e non volevo ritrovare le chiavi; ero completamente in suo possesso, in possesso del vampiro di cui mi ero follemente, insanamente innamorata.

Jasper si staccò da me dopo una manciata di secondi durati una vita e mi guardò negli occhi, trapassandomi come se fossi stata di vetro «aspettami qui, arrivo subito» mi disse col suo sorriso dolce, lasciandomi sedere su un cuscino d’erba e muschio.

Io annuii, allungando il braccio il più possibile per ritardare la nostra piccola temporanea separazione.

Quando sparì dalla mia vista ripresi un lungo respiro.

Se mai ci fossimo lasciati e se mai io sarei sopravvissuta a una tragedia simile, non sarei riuscita a trovare qualcuno che lo eguagliasse in qualsiasi maniera.

Era perfetto, come se fossimo stati i due pezzi di un enorme puzzle e ci fossimo rincontrati per volere del fato.

Mi chiesi come avevo vissuto fino a quel momento senza sapere che nel mondo esisteva –e molto prima che io nascessi, per giunta– un ragazzo così dolce da farmi sciogliere con un solo gesto della sua mano.

Jasper ritornò quasi subito, il tempo di finire la mia rapida chiacchierata mentale con me stessa, con uno stereo portatile sotto braccio «e quello? » domandai, senza ottenere risposta.

Lui lo posò su una roccia poco lontano da noi, alzò il volume quanto bastava e premette play; qualche secondo e dalle casse partì il suono di una chitarra, suonata con maestria per comporre una melodia che mi sapeva di Spagna «spero ti piaccia, ho dovuto lottare un po’ con la cassetta del mangianastri prima che mi registrasse per bene».

Io lo guardai strabiliata «sai anche suonare la chitarra? »«beh…si. Ti disturba la cosa? » rispose un po’ intimorito dalla mia domanda.

Io sbuffai, abbracciandolo di slancio «sei proprio un uomo del sud» esclamai, ridacchiante.

Lui mi prese dolcemente la vita «magari sarebbe stato meglio se avessi chiesto a mio fratello di suonarmi qualcosa al piano…» aggiunse, parlandomi nell’orecchio mentre mi teneva sollevata da terra.

Io lo lasciai fare, mentre mi sorrise contro la pelle del collo «mi offre questo ballo signorina? » mi chiese, ridacchiando al mio imbarazzo.

Stupido potere, pensai, non potevo nascondergli niente «e va bene…anche se non sono esattamente una bravissima ballerina di flamenco» dissi.

Ci mettemmo a ballare come due professionisti, in quel piccolo prato che io sentivo solo nostro, con lui che stava ben attento a non farmi sfiorare il terreno con la gamba ingessata.

Risi parecchio, sentendomi come una bambina che ballava in braccio al padre, e appena la canzone finì io rimasi a guardarlo con un po’ di fiatone «olè? » feci, guardandolo alzare il sopracciglio «no, Emmett che non ne poteva più di sentirmi suonare» rispose e risi ancora.

Quanto mi era mancata quella tranquillità, quella serenità.

Erano stati giorni di fuoco, gli ultimi che avevo vissuto: cadaveri, vampiri assetati di sangue umano, passati oscuri e un amico che continuava a voler che io lasciassi l’angelo che mi aveva salvato.

Mentre ci osservavamo –o meglio, mentre io lo guardavo innamorata e lui sondava le mie emozioni– partì un’altra canzone, qualitativamente superiore a quella di prima.

Era più tranquilla e rilassante.

Jasper mi rimise a terra, guardandomi «perché prima eri triste? » mi chiese, accarezzandomi la testa.

Capii subito che si riferiva a pochi minuti prima, ma non sapevo se dirglielo; presi un respiro e parlai «ero solo un po’ dispiaciuta…non ti mancano i battiti del tuo cuore? Non ti manca essere umano? » chiesi, posandogli una mano in mezzo al petto «no» rispose semplicemente, senza rimpianti «ho già te che vivi al posto mio. Io preferisco rimanere vampiro per poterti stare accanto sempre».

Mi abbandonai completamente su di lui, appoggiandomi un po’ «voglio sapere quand’è il tuo compleanno» dissi «voglio regalarti qualcosa di speciale».

Lui ridacchio «e chi se lo ricorda più? Lascia stare…il mio regalo più grande sei tu» «no! Insisto…Jasper quand’è il tuo compleanno…è impossibile che tu non lo sappia».

Mi guardò un po’ colpevole «dopo anni che uno non ci pensa, non è che sia proprio automatico…» sospirò, sapendo che non mi sarei fermata davanti a un’insulsaggine simile.

Lo poteva sentire che ero determinata.

Jasper mi afferrò per la vita e si lasciò cadere sull’erba, portandosi dietro anche me; con un grido di sorpresa mi lasciai cadere sul suo petto e per un momento mi domandai se gli avessi fatto male.

Poi mi sbattei una mano sulla fronte: quello poteva fermare i proiettili come Superman, figurarsi una piccola umana.

Rimanemmo stesi sull’erba, a guardare i piccoli sprazzi di cielo che gli alberi ci concedevano. Stava scendendo la sera, ma non me ne importava granchè «stavo pensando…» cominciai e lui mi baciò sulla fronte «allora c’è da preoccuparsi»«stupido vampiro…dicevo, perché non vuoi che io diventi vampira? » chiesi.

Jasper si tirò su sui gomiti, guardandomi «che domande sono queste? »«ti prego è solo curiosità…».

Lo vidi sospirare, sconfitto «perché non è vita, questa. Certo siamo praticamente invulnerabili, ma l’aspettativa di vivere per sempre e di non poter essere liberi di essere se stessi…non è bello. Io sono diventato vampiro non per mia scelta» disse guardandomi con i suoi occhi magnetici «Non mi piace essere umana…»«Sarah, smettila»«tu mi hai rotto per dieci lunghi giorni di essere un mostro, ora ti rompo un po’ io di essere una cosetta fragile e flaccida! » e detto questo misi il muso.

Lui mi guardò e dopo un po’ rise di gusto «tu non sei arrabbiata…lo sai che non mi puoi fregare» mi disse, stendendosi di nuovo e abbracciandomi.

Io smisi la mia commedia, posando la testa sul suo braccio e rannicchiandomi contro di lui quanto potevo, inspirando il suo profumo «resterò un’inutile e fragile cosina…ma solo per te» dissi «finché qualcuno non tenterà di nuovo di trasformarmi» aggiunsi, ridendo.

Jasper mi guardò un po’ offeso, poi capii che probabilmente stavo scherzando e mi strinse più forte a sé «ti amo più di qualsiasi altra cosa» mi sussurrò, baciandomi la tempia un’altra volta.

Io sorrisi, stringendo tra le mani il tessuto della sua maglia «anche io…non sai quanto».

Rimasi ferma ad assorbire con ogni cellula il dolce calore che mi partiva dal cuore per scaldarmi, per contrastare il piccolo inconveniente della sua pelle fredda.

Seppi in quel momento che il mio cuore stava battendo per lui, per rimpiazzare quell’organo fermo che Jasper aveva nel petto.

Dopotutto non mi parve così male, essere umana.

Certo potevo morire per un semplice incidente, ma sapevo che il mio bell’angelo biondo non mi avrebbe permesso di lasciarlo, quasi com’era successo quasi due settimane prima.

E anche io avrei venduta cara la pelle, prima di abbandonarlo di nuovo.

 

 

 

 

 

 

Continua…

 

 

 

 

E così, dopo tante vicende più o meno belle siamo arrivati alla fine di questa ff, che penso sarà la prima di una bella serie.

Ringrazio di tutto cuore chiunque abbia seguito e recensito questo mio racconto, soprattutto Norine e Sa chan, mie fans sfegatate (hihi).

Ringrazio il compositore Roberto Cacciapaglia, che con le sue opere mi ha ispirato –consiglio a tutti di fare un salto su youtube eheh–.

Rispondo a Taty: quella robaccia puzzolente era carne di vampiro xD Maria aveva mandato Johnson a uccidere un vampiro a caso per prendere un po’ di carne e depistare Jasper dall’odore di Sarah, fin quando avrebbe voluto.

Rispondo a Norine: beh, è una sorta di liberazione. Dopo tutta quella tragedia Sarah è ancora sconvolta dentro e una lacrima scappa al suo contegno nonstante tutto.

 

Qui le musiche di Jazz.

La prima, flamenco style: http://www.youtube.com/watch?v=lEyFxK-d2Qs&feature=related

 

La seconda, più romantica (anche se purtroppo è corta): http://www.youtube.com/watch?v=udYDkE5nYHM&feature=related

 

 

Grassie veramente a tutti quanti.

Bearhug to everybody :D

   
 
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