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Autore: balboa    12/11/2019    2 recensioni
Dal testo:
-cioè? per quanto? per quanto vai via?- chiede sull'uscio. È agitata, si capisce da come si torce le mani, dal suo tono trattenuto
-non ho pensato a quello- dico gelido mentre infilo a forza le mie ultime cose nel borsone
Piccolissima OS su Axl che,a neanche 18 anni, già programma di lasciare la città. Sotto sotto ha paura, non è pronto, però ne sente il bisogno. Pianifica di andare a Schenectady, stato di New york, ma prima parla con una persona importante nella sua vita: sua madre. Ora vive dalla nonna dopo che è stato cacciato di casa. Grazie dell'attenzione e buona lettura :D
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Axl Rose, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Agosto 1979
-quanto ci metti?- chiede David parcheggiando e accedendo una sigaretta, ultimamente mi fa da taxista
-credo poco- scendo con un grosso borsone vuoto in mano. Se non c'è mio padre faccio in fretta, se è a casa potrebbero volerci ore... con lui posso solo litigare. Busso e aspetto, mangiucchiandomi le unghie già corte e fissando la scritta welcome sullo zerbino. Io però non sono benvenuto qui. Sto cominciando a ripensarci quando mi apre mia madre che mi guarda come se avessi fatto un trapianto di faccia
-mi fai passare? Me ne vado subito- dico secco per velocizzare accennando alla borsa.
-va bene... vieni- si sposta e mi lascia entrare, sembra in ansia. Mi osserva e mi segue in camera mia, che è nella stessa sozzura di due settimane fa.
-perché fai questo Bill?- si appoggia allo stipite mentre io noncurante appallottolo i miei ultimi stracci -torna a casa forza, tagliati quei maledetti capelli... fai come ti dice-
-non se ne parla- dico aprendo l'armadio e portando via anche le grucce -meglio vivere sotto a un ponte e prendermi la malaria-
-sono solo capelli- dice come se davvero non capisse
-non sono.. solo capelli- dico stringendo una cinta tra le mani -ma perché non ci arrivi??- mi fermo ma non mi volto a guardarla
Lei rimane zitta e io riprendo a fare le valigie, che poi ho solo uno stupido borsone da calcio che mi hanno prestato
-vorrei che tornassi- dice con uno strano groppo in gola -Amy non è più la stessa da quando te ne sei andato, sono preoccupata-
-cosa vuol dire? Cos'ha fatto?- chiedo voltandomi allarmato -lui le ha fatto qualcosa?-
-no... ma è molto giù, è sempre fuori casa, disubbidisce... è cambiata- dice e la voce le tremola, evita il mio sguardo
-non me ne sono andato io- dico freddo -sono stato buttato fuori, per una cazzata! -Ma cosa parlo a fare tanto non capite- aggiungo borbottando tornando ai vestiti
-se tu solo... ecco accorciassi i capelli di alcuni centimetri- davvero crede di convincermi? non mi piegherò mai e poi mai... e se fossero solo i capelli il problema...
-no ma.. non insistere- dico cercando di chiuderla lì -e comunque vado fuori città per un po'- la scorgo mentre mi fulmina con gli occhi, sembra si stia incazzando.
-cioè? per quanto? per quanto vai via?- chiede sull'uscio. È agitata, si capisce da come si torce le mani, dal suo tono trattenuto
-non ho pensato a quello- dico gelido mentre infilo a forza le mie ultime cose nel borsone e me lo metto in spalla.
-e dove vai?- percepisco che sta trattenendo almeno 3000 domande
-um per ora vado a Schenectady-
-e dove sarebbe?- la sua voce si alza di qualche tono, cerca di regolarla ma è chiaro che vorrebbe urlarmi contro, invece l'abbassa
-perché non resti qualche minuto, tuo padre- improvvisamente si zittisce, la guardo storto, con un ghigno
-chi scusa? Quel pezzo di merda di tuo marito?-
-per favore- mi dice facendo qualche passo verso di me, io indietreggiò senza nemmeno rendermene conto
-per favore non voglio litigare di nuovo Will-
Sospiro e mi sistemo la borsa
-perché vuoi che rimanga? Hai avuto 18 cazzo di anni per parlare con me- il mio tono si alza, adesso basta, io ho provato a stare calmo ma è troppo. La guardo bene adesso, l'avevo quasi ignorata da quando ero entrato. Ha l'aria ancora più sciupata del solito, una maglietta accollata che copre il suo corpo debole. Di solito non è un buon segno. I capelli sono tenuti su da una pinza e c'è la ricrescita. I suoi occhi sono gonfi, nulla di fuori dal normale
-ascoltami- sembra che stia per piangere, mi fa pena ma non voglio cedere assolutamente -non volevo che ti buttasse fuori di casa, però lo sai com'è fatto lui-
Ci risiamo, è tutta la vita che vedo mia madre cercare giustificazioni per quel figlio di buona donna, l'ha come santificato, cazzo è cieca o cosa
-si purtroppo so com'è fatto- dico sarcastico -te la dico io una cosa, quell'uomo è folle!! e tu gli dai retta!! Ma perché lo fai?!- urlo avvicinandomi, lei mi guarda con gli occhi velati di lacrime
-mamma non sei costretta a rimanere con lui!! Te l'ho detto mille volte!!!- grido fuori di me chinandomi e cercando il suo sguardo -ti accompagno io dallo sceriffo, penso a tutto io però devi collaborare cazzo!!!-
Le lacrime le scivolano dal mento alla maglia, sento che sto per cedere
-tu non sai come stanno le cose..- dice piano senza guardarmi, io alzo gli occhi al cielo, spazientito al limite
-e invece lo so, quello è psicopatico!! Devi pensare ai tuoi figli, a Amy e Stuart... a me-
-Will per favore...-
-senti quando intendi cominciare a ragionare fammi uno squillo- esco dalla stanza sbattendo su di lei, scendo le scale furioso e me ne vado rosso di rabbia. salgo in macchina che vorrei mettermi a gridare ma invece poggio solo la testa al cruscotto con gli occhi chiusi
-hey- dice David guardandomi preoccupato. rimane zitto per alcuni secondi mentre io cerco l'accendino
-Stabilizer?- dice solo, io annuisco mentre butto il borsone nel sedili dietro.



Sharon's POV
Vorrei solo abbracciarlo, ma invece mi chiudo nelle spalle. lo guardo impotente mentre svuota il suo armadio, in collera. È cresciuto con la rabbia dentro, fa parte di lui ed è solo colpa mia. Lui e Stephen non possono stare sotto lo stesso tetto, finirebbero per ammazzarsi... Ma mio figlio senza una guida... potrebbe combinare solo guai. Vorrei solo che tornasse a casa, insieme potremmo risolvere tutto.
Bill è convinto che io abbia scelto tra lui e mio marito, ma non è così. Io ho altri due figli da crescere, e hanno bisogno di me e del loro padre. Se solo Bill fosse.... più disciplinato, docile. Ma conosco troppo bene mio figlio, so che non si fa comandare, non ascolta, non cambia idea facilmente. Però in tutta quella foga nel raccattare i suoi vestiti smessi e i suoi pochi libri, vedo tutta l'intenzione di non farlo. In fondo percepisco la sua paura, mentre spinge con forza le sue cose nella borsa, vorrebbe che gli dessi un motivo per rimanere qua. Vorrebbe che gli dessi ragione, che ammettessi che Stephen è un uomo di merda e che sono pronta a lasciarlo, che amo più mio figlio di lui, e che gli impedisca di partire, solo, senza piani. Ma non posso. Non ho il coraggio di fermarlo, anche se so che sta facendo una grande stronzata. Come pensa di pagarsi da mangiare? Dove pensa di dormire? Non ragiona, e mi fa veramente incazzare perché sembra stupido. Mi arrabbio, però alla fine lo lascio fare. Lascio che il corso degli eventi mi inghiotta, perché in fondo sono succube della stessa vita. Io semplicemente non ho il coraggio di affrontare le conseguenze. Non posso lasciare Stephen, poi sarei io a essere da sola, e come faccio a campare me e i miei figli? Nessuno ha pietà di una donna divorziata, io lo so, ci sono già passata. Ho incontrato Stephen quando ero una diciottenne divorziata con un bambino, che lavorava 12 ore in un fast food, ed ero già stanca della vita. Dovrei sacrificare me stessa e gli altri miei due figli per lui? E poi come tiriamo avanti? Io ho già fatto molto sacrifici, e ora non ho più neanche me stessa da sacrificare. Bill crede che sia facile cambiare vita, basta volerlo no? Lui ha l'animo rivoluzionario, ha quella tenace scintilla, che può trasformarsi in incendio. Io no, non più. Anzi forse non l'ho mai avuta come ce l'ha lui. Io sento il peso della vita e degli sbagli, dei sacrifici, dei sogni morti prima di nascere.
Dai miei occhi capisce che non ho le forze per cambiare la situazione, vedo il suo ghigno deluso e il suo disgusto. E questo mi ferisce più di un pugno di pancia, William era la mia forza, il motivo per cui ho sposato Stephen, il motivo che mi ha fatto lottare ogni giorno. Lui è il motivo per cui siamo in questa situazione, dovrebbe essere più comprensivo. So che ho sbagliato... ma ho sbagliato per lui, sempre per lui. Lui che adesso mi odia, che mi volta le spalle, e se ne va ancora più lontano da me. Vedo tutta la sua voglia di non essere come me, di differenziarsi. È così ingenuo, lui non sa che cosa vuole dire, cosa ho dovuto sopportare per lenire il suo dolore mentre il mio cresceva. La vita mi ha messo in ginocchio, lui lo sa. Vorrebbe che mi rialzassi, ma io lo guardo dal fondo, dove voglio restare. Lui non riesce a tirarmi fuori ma non ha intenzione di cadere con me. Sento di averlo perso davvero. Dentro di me sto urlando, devo fare qualcosa. Tutta questa situazione mi sta sfuggendo di mano. Io vorrei solo che lui tornasse a casa, che andasse a scuola, e poi al college. Non può essere semplice per una volta? Ma la sua vita non è mai stata normale, e non credo comincerà ad esserlo ora.



William's POV
Torno a casa che sono le 2, non so quanto ho bevuto e quanto ho fumato, vorrei solo stendermi perché vedo i muri girare. Forse questo non è il giusto modo di reagire, sussurra la mia coscienza. La reprimo, scaccio i pensieri che mi appesantiscono lo stomaco, in fondo faccio del male solo a me... va bene, no? Il mio cervello dice di no, però io non lo ascolto, dice ragiona cazzo, io non posso. Non voglio, basta. Prendo l'erba che conservo sotto i cuscini del divano dove dormo.
Spengo l'interruttore dei pensieri, penso anche troppo. Cerco le cartine in tasca e mi siedo sul bracciolo, cercando di mettere a fuoco ma i miei occhi ormai fanno cilecca. Rollo con pazienza una canna sotto la luce fioca di una abat jour. Mi distendo pigramente sul divano due posti e l'accendo, fisso il soffitto, al buio. Forse non dovrei partire, forse mia madre ha bisogno di me, forse dovrei restare per i miei fratelli, basta questo come motivo, no? La responsabilità verso di loro mi schiaccia, il senso di colpa di lasciarli qua, a vivere la vita di merda che ho fatto anche io, mi soffoca. Potrei evitargli quello che ho passato prima di loro? Mi rigiro nel divano, il mio piccolo manicomio, che raccoglie tutti i miei pensieri intricati.
Mi sento un egoista di merda, come se stessi abbandonando un pezzo di me stesso, per pensare ai cazzi miei. I dubbi mi attanagliano. Cosa voleva dire mia madre con "Amy è cambiata"? Lei risente della mia assenza? Si ma non può dipendere da me, lo sa. Eppure l'immagine di lei che cresce sola, senza neanche suo fratello, mi fa male. È vero, sono uno stronzo con lei, però è meglio che ci sia io a vegliare no? Ho paura che possa diventare come me, forse è meglio che la lasci da sola. Però se la lascio sola, ad arrangiarsi, non va bene lo stesso. Mi sento un mostro, odio sentirmi così, ma in fondo è quello che sono, no?
Ma quello che mi costa ammettere, la verità che esce fuori solo quando sono ubriaco, è che lei ha bisogno di me quanto io di lei. Lei dipende da me, quanto io da lei. Posso davvero lasciarla tra le bad apples, a marcire? Posso davvero lasciare mio fratellino che è ancora un bambino, a cavarsela da solo? E poi già, c'è anche mia madre. Il suo viso, invecchiato presto, mi torna in mente. L'odio verso di lei si intensifica. È colpa sua, se io mi trovo a scegliere tra me stesso e gli altri. Qua è lei che ha davvero le responsabilità. Ma non le vuole, le scarica su di me, facendo leva sui miei sensi di colpa. È giovane e troppo spaventata, io cosa ci posso fare. Ho provato ad aiutare anche lei, ma è che chiaro che col mio aiuto ci si pulisce il culo. Io non posso aiutare chi non vuole essere aiutato, si deve aiutare lei da sola prima. Forse è solo una scusa, perché non voglio accollarmi pure i loro problemi. Io voglio solo scappare da lei, dal mio patrigno, dalle responsabilità che non mi spettano.
Vorrei avere dei buoni motivi per restare, vorrei davvero, che cazzo ci vado a fare a nord, a New York, quando non ho nemmeno mai visto Indianapolis... Ma non ne ho, la verità è che qui non ho un cazzo a parte i miei fratelli... E loro sono piccoli, io sono cresciuto e sto marcendo qui, mi manca l'aria... Devo pensare a me, a tirare qualcosa di buono da tutto questo...
È vero, shit happens... ma non deve essere una merda per sempre, non per forza. Qualcosa mi chiama fuori da qui, alla tv dicono che questo è il Paese delle opportunità. Mah, non so se è vero. Tutta l'America si, forse, tranne Lafayette. Qua il sogno americano muore, e se rimango muoio anche io. La mia storia qui è finita. New York sembra il posto per me. È più vicina rispetto a Los Angeles, ed è un concentrato di arte. È l'opposto dell'Indiana, sembra così eccitante, brulicante di vita, di scelte. Lì c'è di sicuro un posto per me.
Voglio tentare la fortuna, forse a sto punto spetta anche a me.
Mi addormento di botto, con ancora le scarpe indosso, la canna mi scivola dalle dita e cade sulla moquette bruciacchiandola.



Note:
Ciao a tutti :D
Spero che ci piaccia, sono consapevole che ci sono buchi nella trama... mi scuso per questo, ho cercato di rimediare come ho potuto
Ho avuto un po' di ispirazione dalla canzone Runaway di Ed Sheeran che vi consiglio vivamente di ascoltare. Come al solito ho lavorato molto di fantasia quindi prendete con le pinze quello che ho scritto. Ciao e alla prossima :D
   
 
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