Libri > Good Omens
Ricorda la storia  |      
Autore: Loulou693_    04/12/2019    1 recensioni
Dal testo:
Crowley rimase pietrificato. Non si aspettava una reazione del genere da parte di Aziraphale, forse le sue erano solo vane e futili speranze. Non ci sarebbe mai stato un “loro” e forse, non c’era mai stato davvero.
Gli occhi iniziavano a bruciare e ringraziò il Cielo, o l’Inferno, di avere addosso ancora gli occhiali da sole, così che l’angelo non potesse vedere in che stato lo aveva ridotto. Non sapeva cosa dire, era triste ma al contempo furioso.
«Allora addio. Angelo… sai che ti dico? Vai al Diavolo» sbottò alla fine voltando le spalle ad Aziraphale per dirigersi non sapeva neanche lui dove.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Cross-over, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
«E’ ridicolo, tu sei ridicolo, non so perché parlo ancora con te» borbottò il demone che stava innervosendosi e non poco.
«Francamente neanch’io» rispose l’angelo, indignato dalle parole che, quello che pensava fosse il suo migliore amico, gli stava pronunciando.
«Basta me ne vado» esplose ad un tratto Crowley.
«Non puoi andartene Crowley, non c’è un posto dove andare» cercò di sistemare Aziraphale che, in fondo, non voleva assolutamente separarsi da lui.
«L’universo è grande e anche se tutto finirà in una palla di fuoco ce ne andremo insieme» propose il demone che, sin dall’origine dei tempi, aveva seguito il suo angelo in lungo e in largo.
Niente era riuscito a distoglierlo dall’ amore che provava per lui; né Cielo, né Inferno e neanche la sua essenza di demone che continuava a martellargli in testa una fottuta frase da sei mila anni a quella parte: “I demoni non possono amare”. E questo chi lo aveva stabilito? Quante volte aveva salvato Aziraphale da qualche guaio? Quante volte era stato vicino a lui nei momenti più difficili? Non lo aveva mai fatto per un tornaconto personale, lui teneva davvero a quell'angelo sbadato e se questo non era classificabile come amore non aveva la minima idea di cosa potesse essere.
«Ce ne andremo insieme? Ma… che stai dicendo?» sbottò nel panico Aziraphale che non riusciva ad interpretare fino in fondo la richiesta del suo amico.
«Da quanto siamo amici? Sei mila anni» chiese Crowley, ricevendo una fitta allo stomaco per la parola “amici” che era stato costretto a dire.
«Amici? Non siamo amici!»
In quel momento lo sguardo di Crowley si illuminò speranzoso.
«Siamo un angelo e un demone. Noi due non abbiamo niente in comune, non mi piaci nemmeno» concluse Aziraphale dicendo quelle cose più a se stesso che a Crowley, quasi come per autoconvincersi.
Crowley si intristì lievemente per la speranza che gli era appena sfumata, riuscì ad urlare solo un: «Non è affatto vero», quasi come una supplica disperata.
«Anche se sapessi dov’è l’Anticristo non te lo direi, siamo di due fazioni opposte» continuò a blaterare Aziraphale che ormai non sapeva più dove appigliarsi.
«Siamo della nostra fazione» sibilò il demone cercando di far aprire gli occhi all’angelo.
«Non c’è una nostra fazione Crowley, non più ormai. E’ finita» sentenziò severo Aziraphale guardando negli occhi il demone.
Non aveva idea del perché avesse pronunciato quelle orribili parole, perché non corrispondevano a quello che il suo cuore, nel caso in cui quel corpo umano ne fosse dotato, gli stava suggerendo. Non voleva ascoltarle, voleva metterle a tacere e la soluzione migliore che gli si era presentata era quella di scappare, scappare da una realtà che non aveva nessuna intenzione di ammettere a se stesso.
Crowley rimase pietrificato. Non si aspettava una reazione del genere da parte di Aziraphale, forse le sue erano solo vane e futili speranze. Non ci sarebbe mai stato un “loro” e forse, non c’era mai stato davvero.
Gli occhi iniziavano a bruciare e ringraziò il Cielo, o l’Inferno, di avere addosso ancora gli occhiali da sole, così che l’angelo non potesse vedere in che stato lo aveva ridotto. Non sapeva cosa dire, era triste ma al contempo furioso.
«Allora addio. Angelo… sai che ti dico? Vai al Diavolo» sbottò alla fine voltando le spalle ad Aziraphale per dirigersi non sapeva neanche lui dove.
In quel preciso momento qualcosa nell’animo di Aziraphale si spezzò, non aveva mai visto Crowley così infuriato e mai avrebbe immaginato che il suo migliore amico potesse dirgli parole del genere.
L’angelo si intristì e i suoi occhi iniziarono a riempirsi di lacrime, che decise di reprimere all’ istante perché lui, Principe e Custode del Cancello Est dell’ Eden non poteva piangere per un demone qualsiasi.
Si trovò a sospirare rumorosamente; Aziraphale sapeva benissimo che per lui Crowley non era mai stato un demone qualsiasi.
Improvvisamente qualcosa nell’aria cambiò, l’angelo poteva percepirlo chiaramente anche se non riusciva ad identificare con precisione quale fosse l’origine di quella strana sensazione.
Una misteriosa luce rossa circondò velocemente Aziraphale e l’angelo non ebbe neanche il tempo di andare in panico, che in un battito d’ali si ritrovò in un posto completamente diverso al parco in cui si trovava pochi secondi prima.
Si guardò in torno con molta curiosità e immediatamente riuscì a supporre di essere capitato in un posto piuttosto distante dalla sua amata Soho.
Quel luogo non rientrava perfettamente nei gusti pacati e raffinati dell’ angelo, la prima cosa che saltava subito all’occhio, infatti, era una strobo sfera luminosa che pendeva  dal soffitto, così abbagliante che sembrava quasi potesse risplendere di luce propria.
Continuando la sua ispezione Aziraphale notò una parete composta interamente di specchi e su di essa, grazie a delle apposite mensole, era esposta la quantità più grande di alcol che l’angelo avesse mai visto tutta assieme; c’era qualsiasi alcolico che potesse venire in mente, dalle qualità alle varietà più disparate.
“Crowley qua si sentirebbe in Paradiso. O all’Inferno, dipende dai punti di vista” pensò l’angelo sorridendo amaramente, certo che se avesse detto questa stupida battuta a Crowley, lui ne avrebbe riso di gusto. O magari avrebbe fatto solo finta per non offendere l’angelo e non farlo intristire.
A quel punto Aziraphale notò un particolare che sino a quel momento gli era totalmente sfuggito.
In quello strano luogo, qualcuno alle sue spalle, stava cantando.

When you were here before
Couldn't look you in the eye
You're just like an angel
Your skin makes me cry
You float like a feather
In a beautiful world
I wish I was special
You're so fuckin' special
But I'm a creep
I'm a weirdo
What the hell am I doin' here?
I don't belong here
I don't care if it hurts
I wanna have control
I want a perfect body
I want a perfect soul
I want you to notice
When I'm not around
So fuckin' special
I wish I was special…
 
Aziraphale chiuse gli occhi e, seguendo il ritmo dettato dal pianoforte, si beò di quella voce che, a detta sua, sembrava quella di un angelo. Continuò a farsi cullare dolcemente da quel suono angelico quando, come destato da un sonno profondo, spalancò di scatto gli occhi e, ancora voltato di spalle, pronunciò un nome: «Samael».
All’improvviso la musica cessò e l’individuo misterioso parlò per la prima volta.
«Oh Aziraphale, sai benissimo anche tu che non mi chiamo più così»
L’angelo si voltò lentamente, quasi spaventato dalla visione che avrebbe potuto presentarglisi davanti. Un uomo bellissimo, vestito con un completo attillato nero e una camicia rossa, lo osservava sorridendo seduto ancora al pianoforte.
«Cos’è? Non mi riconosci più?»
Aziraphale, restio di parlare con qualunque altro caduto che non fosse Crowley, gli rivolse un freddo e distaccato: «Lucifer»
Il diavolo si alzò dalla sua postazione e con passo sicuro e maestoso si avvicinò all’angelo, incuriosito.
«Cosa ci fai qui?» chiese stizzoso Aziraphale.
«Se non sbaglio, sei tu quello che è piombato misteriosamente nel mio club» rispose sarcastico Lucifer.
«Il tuo club?»
«Solo una piccola pausa dalla solita e noiosa routine infernale, letteralmente intendo»
«Ti trovo bene» ammise l’angelo invidiando la magnifica forma umana di Lucifer.
«Vorrei poter dire lo stesso, troppo sushi eh?» punzecchiò ridacchiando il diavolo.
Ma che insolenza! Era vero che Aziraphale a volte avrebbe voluto essere più attraente, ma Crowley non si era mai lamentato delle sue rotondità e gli andava bene così.
«Ti va un goccetto?» propose Lucifer che stava dirigendosi verso la parete dell’alcol.
Aziraphale, che ormai non aveva nient’altro da perdere, si sedette al bancone e annuì lievemente col capo chino.
«Macallan M, 1940. Fu un’annata grandiosa quella, ci furono dei vini e dei whisky di rara prelibatezza» borbottò fra sé e sé il diavolo, mentre afferrò la bottiglia di quel costosissimo whisky e ne versò il contenuto in due bicchieri di cristallo.
I due alzarono i bicchieri in segno di brindisi e al contrario di Lucifer che preferì sorseggiare lentamente quel nettare ambrato, Aziraphale lo trangugiò in un colpo solo, per poi sbattere rumorosamente il bicchiere contro il bancone di marmo.
Il diavolo lo guardò incuriosito, non era certo un comportamento propriamente angelico quello, quindi quando anche lui terminò la sua bevanda, iniziò a parlare.
«Come mai sei venuto qui da me? Ti serve qualche favore demoniaco?» domandò sorridendo senza smettere di fissare il suo bicchiere.
Aziraphale scattò in piedi e gli lanciò un’occhiataccia furiosa.
«Come prego? Io sarei venuto qui per cosa? Senti Lucifer, non ti permetto di fare queste illazioni contro di me, che poi, oltretutto, non sono neanche venuto di mia spontanea volontà. Mi ci hanno mandato semmai, letteralmente» blaterò l’angelo gesticolando ampiamente per poi intristirsi e crollare nuovamente seduto dopo aver pronunciato l’ultima frase.
Il suo interlocutore piegò lievemente la testa di lato, incuriosito da quella strana faccenda che però gli stava rallegrando la giornata.
«Crowley» rispose l’angelo a quell’implicita domanda.
«Ah! Quel demoniaccio! Glielo ripetevo sempre di stare attento alle parole che pronunciava, perché rischiavano di essere troppo potenti, e ora ne ho la certezza»
L’angelo di tutta risposta arricciò le labbra e guardò di sbieco il diavolo, convinto che avesse deciso di prendersi gioco di lui.
Lucifer osservò attentamente il povero angelo piombato lì mezz’ora prima e nei suoi confronti provò un sottile sentimento di pietà. Sarà perché aveva trascorso troppo tempo con gli umani, o forse perché un po’ si rivedeva in lui, follemente innamorato ma bloccato per qualche motivo dal confessare il suo amore verso la persona amata, che decise che in qualche modo lo avrebbe aiutato.
«Aziraphale» pronunciò severo.
L’angelo sollevò lo sguardo e il diavolo poté notare che aveva gli occhi lucidi e le guance rigate da piccole lacrime.
Si guardarono fissi, nessuno osò muovere un singolo muscolo.
Lucifer sapeva quello che quello che stava per fare sarebbe stato molto difficile, in realtà non era certo neanche che ci sarebbe riuscito, ma decise comunque di fare un tentativo.
«Dimmi, cosa desideri?» chiese intensificando lo sguardo.
Aziraphale si illuminò.
«Cosa desidero io? Beh, un bel piatto di crepes ad esempio, oppure tanti nigiri di salmone, posso assicurarti che sono una vera prelibatezza»
Lucifer si maledisse mentalmente per aver deciso di aiutarlo, ma decise di non demordere.
«No, intendo… Cosa desideri più di ogni altra cosa?» provò ad insistere.
Il viso dell’angelo si rabbuiò all’istante, il suo sguardo diventò spento, vacuo, come se tutto ad un tratto fosse stato svuotato della sua stessa anima.
In effetti non era successa una cosa troppo lontana da quella, Aziraphale aveva sentito parlare dei poteri di Lucifer, ma mai avrebbe immaginato che potessero avere effetto anche su di lui, che era una creatura divina.
Una morsa stretta attanagliò il suo stomaco e un groppo pesante quanto un macigno gli si bloccò in gola. Le parole premevano forte contro la sua laringe, urlando di uscire. Ma l’angelo era testardo, non voleva darla vinta a quel diavolo, ma soprattutto non era sicuro di voler conoscere la verità dettata dal suo stesso inconscio.
Lucifer continuò ad accentuare il suo sguardo e l’angelo, ormai allo stremo delle sue forze, si lasciò andare, pronunciando una singola parola: «Crowley»
Il diavolo smise di torturare l’angelo con il suo incantesimo e sorrise impercettibilmente, compiaciuto di essere riuscito nel suo intento.
Aziraphale reclinò lievemente la testa all’indietro per poi coprirsi il volto con le mani e scoppiare rumorosamente a piangere.
Seimila anni gli passarono davanti in un solo secondo, come aveva fatto ad essere così cieco? Perché era stato così stupido da non averlo capito prima?
Tutte le volte in cui Crowley lo aveva salvato dai guai, tutte le volte in cui gli era stato vicino senza un apparente motivo. C’era stato Parigi, quando Crowley lo aveva salvato dalla ghigliottina e poi il 1945, dove aveva protetto non solo lui ma anche i suoi amati libri dall’incombente attacco nazista.
Crowley non gli aveva mai chiesto nulla in cambio e questo Aziraphale non se lo riusciva proprio a spiegare.
Come non riusciva a capire perché, ogni volta che loro due stavano insieme, lui si sentisse così bene, così in pace con se stesso, sicuro di sé e a tratti invincibile. Quando Crowley era vicino a lui, tutto l’ Universo si annullava, esistevano solo loro due.
Quante volte  l’angelo, nel parlare col demone, si perdeva nel suo sguardo, in quei magnetici occhi gialli che ogni volta lo ipnotizzavano. Il demone se ne vergognava un po’, infatti li teneva sempre dietro a degli occhiali da sole scuri, ma Aziraphale li trovava stupendi.
La verità venne a galla all’istante e finalmente, dopo seimila anni, Aziraphale capì, capì di essere follemente innamorato del suo migliore amico e si maledisse per averlo mandato via poco tempo prima.
Lucifer poggiò una mano sulla spalla dell’angelo e con uno schiocco di dita fece cambiare il paesaggio, tele trasportando sia lui che l’angelo in un locale in fiamme. Aziraphale si guardò intorno impaurito e deciso ad urlare contro al diavolo per dirgliene quattro, puntò il dito contro il petto del suo bersaglio, ma inaspettatamente questo lo trapassò da parte a parte.
«Siamo una proiezione astrale Aziraphale, nessuno può vederci o sentirci a parte noi. Guardati intorno, non riconosci questo posto?»
L’angelo, rendendosi conto della realtà che lo circondava, distinse il soffice profumo di vaniglia e tè caldo che di solito permeava quel luogo, ma che oramai era stato completamente  camuffato dal fumo. Riconobbe i libri antichi, tutti catalogati e ordinati minuziosamente da seimila anni a quella parte. Molti originali di grandi classici si trovavano lì, con dedica personale inclusa.
«Cosa è successo alla mia libreria?» sbottò improvvisamente Aziraphale furioso.
«Io non parlerei al passato se fossi in te, le proiezioni astrali funzionano soltanto se applicate all’esatto istante in cui si vive, in poche parole quello che vedi è semplicemente il presente. Ad occhio e croce direi che tre angeli furiosi sono venuti qui e hanno appiccato un incendio con il solo scopo di spaventarti e minacciarti.
Aziraphale sgranò gli occhi e alzò le sopracciglia, basito e pietrificato delle parole che il diavolo aveva pronunciato.
«Ma non ti ho portato qui per godere della tua libreria in fiamme. È vero che sono il diavolo, ma non sono così crudele» disse Lucifer aggiustandosi il colletto della giacca scura.
«Se i miei calcoli sono esatti, il vero motivo dovrebbe arrivare… proprio adesso!»
Crowley entrò come una furia nella libreria del suo migliore amico, urlando il suo nome a perdi fiato.
Aziraphale lo guardò atterrito, mai si sarebbe immaginato di vedere Crowley, il suo Crowley, preoccupato a morte, non pensava neanche lontanamente di poter contare così tanto per lui.
Il cuore del demone batteva all’impazzata, era terrorizzato che fosse successo qualcosa al suo angelo e questo non se lo sarebbe mai perdonato, non dopo essersi lasciati in quel modo orribile, non dopo avergli detto quella frase di cui si stava ancora pentendo.
«Aziraphale? Aziraphale dove caspita sei idiota? Non riesco a trovarti» urlò Crowley guardandosi attorno per poter scorgere anche solo con la coda dell’occhio una singola piuma appartenente all’angelo.
«Aziraphale per amor del Ciel… per amor di Sat… AHH, per amor di qualcuno dove sei?» continuò a sbraitare mettendo a dura prova le sue corde vocali.
Improvvisamente un potente getto d’acqua, proveniente da chissà dove, lo colpì allo stomaco, facendolo atterrare di schiena sul pavimento.
Crowley, ormai rassegnato e allo stremo delle sue forze, si rannicchiò in un angolo, con le ginocchia contro al petto. «Te ne sei andato» borbottò fra sé e sé sentendo gli occhi iniziare a bruciare.
Con un ultimo slancio di voce urlò, non sapeva più neanche lui a chi,: «Qualcuno ha ucciso il mio migliore amico»
Aziraphale crollò sulle ginocchia, iniziando a piangere silenziosamente senza mai staccare lo sguardo da Crowley.
«Bastardi! Tutti quanti!» concluse il demone affranto, per poi alzarsi pochi secondi dopo e uscire da quel luogo maledetto.
Aziraphale si alzò tremando e guardò negli occhi Lucifer, che si limitò a fargli un lieve cenno della testa, invitandolo ad uscire.
Il diavolo schioccò le dita e annullò la condizione astrale dell’angelo, riportandolo a Soho, mentre lui svanì, facendo ritorno al suo amato Lux.
Lucifer pensò alla strana avventura che gli era capitata quel pomeriggio e decise anche lui di fare una piccola pazzia; prese le chiavi della sua auto nera e guidò in direzione della casa della detective.
Aziraphale corse lungo tutte le strade di Soho, per quanto la sua corporatura soffice gli permetteva, doveva trovare Crowley e doveva farlo subito.
Stava quasi per perdere le speranze quando, passando davanti ad un comune bar di quartiere, vide un uomo dai capelli rosso fuoco, con degli occhiali da sole scuri, scolarsi quella che sembrava la quarta bottiglia di vino.
Aziraphale entrò prepotentemente nel bare e si piazzò davanti al tavolo del demone con le mani sui fianchi.
«Aziraphale?» chiese incredulo il demone alzando la testa dal tavolo.
«Cosa diamine hai combinato?» chiese Aziraphale preoccupato che Crowley si fosse fatto del male.
Crowley si guardò intorno e, come per tentare di giustificarsi, esclamò: «Ho perso il mio migliore amico» guardando Aziraphale negli occhi e sperando che l’amico non notasse i segni delle lacrime che aveva versato.
L’angelo, che non voleva aspettare neanche un secondo di più, prese per il braccio il demone e lo trascinò fuori di forza, facendo alterare il barista, dato che Cowley non aveva ancora pagato il conto.
«No aspetta. Tu non puoi fare così angelo. Prima mi tratti male e poi vieni qui e pretendi che io stia bene? Sono stato nella tua libreria, c’è stato un grosso incendio e pensavo tu fossi morto! Non… non riuscivo a pensare che tu te ne fossi andato via per sempre e ora non vuoi neanche che mi ubriachi a dovere? Io pretendo delle spiegazioni» sbraitò il demone con la mente offuscata dal troppo alcol che decise di non voler smaltire.
«Chiudi la bocca, testone» pronunciò Aziraphale prendendo Crowley dal colletto della giacca e baciandolo dolcemente.
Il demone, dapprima confuso da quell’azione inaspettata, rispose finalmente al bacio che aveva tanto desiderato.
Il primo a staccarsi fu l’angelo, che gettò il viso nel petto del suo amato. «Scusa, sai che non sono tanto bravo con le parole»
Il demone, sorridendo alzò la testa dell’angelo e guardandolo negli occhi disse: «Secondo me ti sei spiegato benissimo» per poi baciarlo ancora una volta.
I cuori dei due erano leggeri ormai, si amavano e niente e nessuno, né cielo e né terra avrebbe potuto cambiarlo, erano felici come mai erano stati prima.
Decisero di comune accordo di fare una passeggiata nel parco, dove si trovava il loro chiosco di gelati preferito. Camminavano mano nella mano, uno affianco all’altro, e ogni tanto Crowley rubava un bacio al suo angelo che era più che felice di ricambiarlo.
Il demone, arrivati al chiosco, prese due gelati: un ghiacciolo alla ciliegia per lui e un cono vaniglia e cannella per l’angelo.
«Posso farti una domanda angelo?» chiese Crowley rompendo il silenzio.
L’angelo annuì senza smettere di gustare il suo gelato.
«Cosa è successo per far sì che tutto questo potesse accadere?» domandò indicando le loro mani ancora intrecciate.
«Beh, diciamo che qualcuno mi ha aperto gli occhi» rispose semplicemente Aziraphale.
«Beh, grazie al diavolo hai deciso di ascoltarlo. Altrimenti non saremmo mai arrivati a stare insieme»
«Sì, è andata più o meno così» sghignazzò l’angelo.
Crowley lo guardò più confuso di prima ma il discorso che aveva appena messo su, cadde all’istante quando vide che Aziraphale aveva del gelato sul naso. Il demone leccò via il residuo di gelato dal naso dell’angelo e quest’ultimo arrossì così tanto da diventare più rosso dei capelli di Crowley.
Il demone tirò l’angelo a sé baciandolo sulla nuca, e se ne andarono via abbracciati, verso un orizzonte che stava iniziando a tingersi di rosso e di arancione.

Salve a tutti, è la prima volta che scrivo qualcosa di questo fandom e devo dire che quei due sono troppo adorabili insieme.
Ho fatto comparire anche Lucifer perchè beh, credo che ci stia proprio bene qua dentro.
Piccola chicca: la scena nella libreria è stata tradotta dal doppiaggio originale, perchè quello italiano si è mangiato due frasi secondo me essenziali -.-
Detto ciò vi ringrazio di aver letto e alla prossima!
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Good Omens / Vai alla pagina dell'autore: Loulou693_