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Autore: Pureblood Princess    04/12/2019    1 recensioni
Le lezioni erano finite da un pezzo quando il ragazzetto dai capelli verdi si recò alla fontana situata al centro del cortile della scuola, situata appena una decina di metri sotto la finestra della sua classe; osservò in lacrime il suo quaderno degli appunti, o meglio, quello che ne restava, completamente zuppo e abbrustolito, proprio come il suo cuore. Si toccò la spalla dove Bakugou aveva quasi provocato un’ustione, poteva sentire il dolore della ferita farsi vivido, pianse.
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Il sole scottava prepotente in quella soleggiata mattina. Non era ancora estate e non erano neppure passate le otto che già Izuku Midoriya poteva dire di star sentendo il caldo tipico del mezzodì di luglio. La seconda campanella di inizio lezioni era suonata da qualche minuto, ma nessuno era ancora puntualmente entrato in classe. Nessuno eccetto lui ovviamente. Sapeva chi sarebbe arrivato dopo, ogni mattina arrivavano a chiazze e si sistemavano tutto attorno a lui, ma ancora meglio, sapeva che dopo di tutti sarebbe arrivato il suo amico d'infanzia Kacchan, scortato dai due gorilla della classe. Sapeva che lo avrebbe guardato con scherno e che anche gli altri avrebbero fatto altrettanto, sapeva che lo avrebbe deriso un poco e gli altri avrebbero fatto da eco, sapeva che le avrebbe prese ingiustamente e gli altri sarebbero restati a guardare, sapeva che gli avrebbe distrutto quel briciolo di autostima che gli era rimasto e che nessuno lo avrebbe fermato. Mandò giù l'amaro e sedette, pochi attimi dopo la solita pantomima ebbe inizio. Le lezioni erano finite da un pezzo quando il ragazzetto dai capelli verdi si recò alla fontana situata al centro del cortile della scuola, situata appena una decina di metri sotto la finestra della sua classe; osservò in lacrime il suo quaderno degli appunti, o meglio, quello che ne restava, completamente zuppo e abbrustolito, proprio come il suo cuore. Si toccò la spalla dove Bakugou aveva quasi provocato un'ustione, poteva sentire il dolore della ferita farsi vivido, pianse.

Pensò che almeno quel giorno non le aveva prese, che sarebbe tornato a casa senza lividi e senza menzogne da raccontare a sua madre, pensava. Sulla via del ritorno aveva pensato di tirarsi su, aveva pensato di ridere alla luce del sole per scacciare le tenebre che lo stavano assalendo. Ma quel giorno, era stato deciso che nulla sarebbe andato secondo i suoi piani. Non aveva neppure svoltato l'angolo o finito di pensare, non sapeva nemmeno come le dinamiche si fossero svolte! Si era trovato con parte di un Villain viscido e verde in bocca, il resto lo stringeva come ad ucciderlo. Sarebbe morto lì, soffocato dalle disgustose membra di un mostro di fango? Pianse, pregò. Sentiva l'aria mancare, il mondo vorticare e la luce opprimersi. Sto morendo, pensò. Poi arrivò il suo eroe, All Might, e avvolto da quella luce accecante sembrava così bello. L'idolatrò come non avrebbe fatto con nessuno, e ringraziò il Dio che lo aveva spinto a resistere. Voleva essere d'aiuto anche lui però, anche lui voleva essere un eroe. Gli si aggrappò alle gambe come una cozza prima che l'omone potesse balzar via, poi atterrarono sul tetto di un grande palazzo. Prima che potesse di nuovo sparire, Izuku gli chiese:

"Posso diventare un eroe anche se non ho un'unicità?"

L'eroe lo guardò con volto serio, spoglio da quel suo solito sorriso rassicurante e in un secondo frantumò tutte le sue speranze.

"Diventare un eroe... senza un'unicità? Negativo, anche io ragazzo mio debbo dirti a questo

punto che non è possibile. Mi dispiace, ragazzo mio."

Izuku vedeva il nulla, il vuoto e sentiva il dolore fischiare nella sua testa. Chinò il capo, salutò All Might e si scusò con lui per avergli causato problemi; a capo chino lo precedette lungo le scale, a capo chino si avviò verso casa. E l'eroe non lo perse di vista fino alla sua abitazione.

"Povero ragazzo" pensava mentre da lontano lo guardava sorridere, distrutto, alla madre.

Erano da poco passate le diciannove quando al notiziario venne annunciato che il Villain che aveva cercato di ammazzare il ragazzo verde, aveva cercato di far fuori anche il suo amico Katsuki. Era stata proprio una fortuna che il più grande eroe di tutti i tempi fosse lì. Izuku pianse in silenzio per non farsi sentire. Lo stomaco gli si era stretto nella morsa di un Cobra, le gambe sembravano aver preso la stessa consistenza della polvere. Il cervello si era spento, in preda alla confusione i suoi occhi stavano smettendo di funzionare adeguatamente. Le orecchie non registravano più alcun suono, le braccia erano d'un tratto diventate di marmo, le mani tremavano. La bocca era impastata, le labbra secche, il cuore gli esplose in petto. Lacrime, tante lacrime scesero autonome e velocissime. Un'onda di vento gelido lo riportò al mondo dei viventi, e l'unica cosa che gli parve ragionevole fare, fu infilarsi una felpa e correre verso la porta urlando di stare uscendo alla madre. Non voleva neppure vederlo il mondo esterno, ma in quel momento, stare in casa era come essere stato sepolto vivo. Pregò perché un po' d'aria gli entrasse nel petto quando aprì la bocca, con le gambe formicolanti prese a correre. Pensò di andare a vedere se Kacchan stesse bene, ma si fermò appena prima di raggiungere il cancello della sua abitazione: il biondo esplosivo non avrebbe gradito, poco ma sicuro. Riprese a correre fino a ritrovarsi in un parchetto abbandonato, un posto più morto che vivo, proprio come lui. L'unica cosa che si reggeva in piedi, era un'altalena per due, arrugginita e distrutta, rovinata dalle scritte e decorata dalle erbacce. Reggendosi dalle catene iniziò a dondolarsi, si lasciò andare ad un ritmo lento e monotono. Chiuse gli occhi, pianse di nuovo. Fruscio, rumore di sterpaglie pestate. Tirò su con il naso, spalancò gli occhi.

"Tu sei Izuku Midoriya, vero?"

Il sangue gli si gelò nelle vene all'ascoltare quella voce profonda e metallica. Si voltò, un uomo in giacca e cravatta, seguito da un ragazzo in nero con il viso coperto dal cappuccio dall'enorme felpa scura che indossava, sedette sulla sedia libera. Izuku tremava come una foglia, dire che stesse avendo paura era dir nulla.

"Hai paura di me?" continuò l'omone come se avesse letto nel suo pensiero "Non temermi,

io ti conosco, so chi sei e ti ammiro."

Il ragazzo lo guardò e rise "Se mi ammirate, allora i vostri più nobili ideali sono costruiti su null'altro che polvere di sogni infranti."

"Oh, ragazzo mio! Non immagini su che base si ergano i miei ideali. Io ti ammiro, davvero! Nato da dei genitori dominanti, senza alcun potere in eredità, deve essere dura, neppure immagino come deve essere per te alzarti ogni mattina e far fronte alla realtà. Hai del valore, ma non hai il potere."

Il cuore del giovinetto accelerò e i suoi occhi si seccarono. Aveva dannatamente ragione del tipo.

"E se io ti dessi il potere? Non ti sei stufato di tutte le percosse e le prese in giro? Non sei ancora stanco di sentirti impotente, di non sentirti mai abbastanza?"

lo sconosciuto si alzò e si avvicinò al ragazzino da dietro le spalle;

"Lascia che ti aiuti, asciuga le lacrime dal viso e gioisci, ora che sono qui con te non dovrai temere nulla"

e con le sue possenti braccia lo strinse a se in una stretta rassicurante e calda, la stretta di un padre, la stretta di un eroe.

D'un tratto si sentì come se le forse gli stessero venendo meno, e voltatosi, corse verso casa, svenne.

Tornò a casa di corsa una volta ripresosi, e sorridendo abbracciò la madre teneramente. A cena il ragazzo le raccontò di come All Might lo avesse distrutto, di come si era sentito per il suo amico Kacchan, e di come quell'uomo lo avesse rincuorato. Inko Midoriya scoppiò a piangere nell'udire quella storia e come ogni sera, alla venuta dell'ora del riposo, lo accompagnò a dormire.

"Ti voglio bene, tesoro."

"Anche io, mamma."

Il mattino successivo, Izuku si svegliò presto, si preparò sorridente per la scuola, scese a fare colazione e salutò la madre con un bacio prima di uscire di casa. Dal canto suo Inko non credeva al sorriso del figlioletto, e per tirargli su il morale, decise di correre al supermercato e comprare l'occorrente per preparargli in casa il suo piatto preferito, il Katsudon. Si vestì di fretta, e raggiunta la sua meta, si sbrigò a portare a termine il suo incarico. Si erano fatte le diciassette, ormai tutti gli studenti erano rincasati. Tutti tranne Izuku. Inko non si preoccupò all'inizio, sicuramente suo figlio si era fermato insieme a Katsuki, il suo compagno di giochi. Quando però la donna vide qualche ora più tardi che il biondo rientrava, iniziò a sentirsi in ansia. Non rispondeva ai messaggi, il telefono risultava spento, e parlando con il ragazzo dei vicini, si scoprì avesse lasciato la scuola con tutti gli altri. Erano le ventidue quando corse al distretto di polizia per dichiarare la scomparsa di suo figlio. Fu notte insonne per molti uomini ed eroi quella lì, ma del ragazzo non ci fu notizia. Quando Katsuki Bakugou lo venne a sapere, erano le otto ed era in classe. Tutti e ventinove gli alunni internati in quelle quattro mura lo seppero così. Era sconvolto, ma non poteva darlo a vedere; sbuffò seccato mentre osservava i volti mesti dei suoi compagni.

Sei triste, Kacchan? Eppure non era il tuo più grande desiderio il non vedermi più?

Quasi lo sentiva sussurrargli alle orecchie. Scosse il capo e rabbrividì. Per tutta la durata delle lezioni non si alzò nemmeno dalla sedia, poi al momento di rincasare si isolò, e a passo lento percorse la strada che abitualmente avrebbe percorso con il ragazzetto alle spalle. Sua madre Mitsuki lo abbracciò quando varcò la porta di casa sua, e ci mancò poco che una lacrima gli solcasse il viso.

"Non cenerò questa sera, voglio dormire, non disturbarmi."

La donna non obiettò e lo guardò sparire nella sua stanza. Katsuki si gettò sul letto con ancora l'uniforme indosso.

Dannato Deku, dovevi proprio farti rapire?

Il trillo odioso della sveglia venne ammutolito da una violenta esplosione. Il giovane uomo si alzò dal letto grattandosi la pancia, scese le scale fino ad arrivare al bagno del piano di sotto. Le occhiaie erano diventate parte del suo outfit da circa nove anni, i capelli che già di solito davano l'impressione di essere stati sistemati con un'esplosione, quel mattino sembravano esser stati pettinati con delle bombe a mano. Ground Zero, l'eroe numero uno, quella mattina poteva dire di essersi svegliato dal lato sbagliato del letto, il che presagiva una pessima giornata. Non trovava i vestiti, il dentifricio gli era schizzato praticamente ovunque, il climatizzatore aveva deciso di non funzionare e persino il microonde gli era esploso in faccia quando aveva provato a scaldare del latte da miscelare al caffè. Accese il televisore con la speranza che non si trasformasse in una bomba e iniziò a fare zapping selvaggiamente alla ricerca disperata di un notiziario. L'unico in onda, stava dando le ultime avvertenze per la giornata, poi appena prima che il programma si concludesse, uno dei due telecronisti ricordò quel ragazzino scomparso dodici anni prima. Il suo cuore mancò un battito, la sua espressione rimase monotona, la tazza che teneva in mano si frantumò contro il pavimento. Non lo aveva mai detto a nessuno quanto quella situazione lo facesse stare male. Dopo svariate indagini si era scoperto che tipo di percorso quel ragazzino avesse fatto prima di sparire, e l'ultima persona con cui si era fermato a discutere risultava essere lui. Era forse colpa sua se Deku era scomparso? Per le prime due settimane dalla sua scomparsa non aveva dato molta importanza alla voce della sua coscienza, poi aveva visto un mattino Inko Midoriya. Aveva il viso scarno e due pesanti occhiaie. I capelli erano sporchi e il viso era pallido come quello di un cadavere. Indossava abiti di due o forse tre taglie più grandi ed aveva i piedi scalzi. Si era affacciata nella speranza di vedere il figlioletto rincasare, forse. Fu proprio in quel momento che a Katsuki Bakugou venne l'impulso fortissimo di piangere. Da allora di tanto in tanto dava una mano nelle indagini, senza farlo ovviamente sapere a nessuno, si fermava ad osservare Inko di tanto in tanto, ma mai si fermava da lei. Alcune volte si vergognava persino a guardarla in viso. Pulì il disastro che aveva fatto a terra, corse a cambiarsi. Indossò riluttante il suo costume da eroe quella mattina, si sentiva impotente, impotente e stupido. Uscendo di casa vide Inko Midoriya in piedi, dietro al cancello di casa sua. Ogni mattina a quell'orario si trovava lì. Arrivò all'agenzia in cui lavorava con trenta minuti d'anticipo, si prospettava una giornata carica fino alla morte. Non era passato il mezzogiorno quando un civile chiamò a raccolta Ground Zero, Uravity, Red Riot ed altri professionisti; era scoppiato un incendio in una fabbrica nel bel mezzo della città. Giunti sul posto, riuscirono a far evacuare l'edificio, solo due donne risultavano essere ferite. Di chi poteva essere opera? Di certo non poteva essersi trattato di una fatalità, ma non c'era ombra di villain o malfattori nei paraggi, nemmeno i testimoni sapevano dire nulla a riguardo. Qualche metro più lontano dalla carcassa dell'edificio, si era radunata intanto un mucchietto di gente pettegola, tutti a spingere e vociare attorno qualcosa. Ground Zero se ne accorse e decise di capire quale fosse la causa di tante persone. Una ragazzina delle medie dagli occhi rossi di pianto era sdraiata su una panca.

"Che cosa succede? Stai bene?" chiese l'eroe nel modo più pacato che conosceva.

La ragazza era terrorizzata, ma provò a spiegare alla meglio la situazione.

"C'era un bell'uomo davanti a me. Era vestito bene, aveva anche i guanti. Non l'ho più

visto dopo che mi ha strizzato l'occhio, e mentre passavo davanti alla fabbrica..."

"Datti una calmata, ragazzina. Ricordi la sua faccia?"

Quella si portò una mano alla testa, poi iniziò a parlottare "Era pallido. Aveva i capelli scompigliati, gli occhi verdi. Era molto alto e molto, molto bello."

Finirono di lavorare verso le sei del pomeriggio, quando ancora il sole non si decideva del tutto a sparire. Il costume da eroe di Bakugou era davvero una schifezza, perciò decise di tornare a casa in abiti casual. La piazza grande vicino al parco dove da piccolo giocava intere giornate in compagnia di Deku ed altri mocciosetti.

Dannato Deku, dove diamine ti sei cacciato?

Ecco, si stava ritrovando a pensarlo. Incredibile. Nonostante l'orario, il parco ospitava qualche bambino ancora. Si avvicinò ad una panchina libera e si sedette a riposare le membra stanche per qualche istante. Chiuse gli occhi, un sospiro lasciò le sue labbra. Quanto mancava al suo giorno libero?

Lo strillo di un pianto gli fece riaprire gli occhi, un bambino aveva perso sua madre ed ora urlava spaventato. Non aveva mai saputo come comportarsi con i bambini (e non solo con loro), ma era un eroe, diamine! Stava per alzarsi in piedi quando un giovane gli passò accanto e si diresse verso il piccolo. Era un ragazzo sui vent'anni, indossava una camicia bianca, un gilet nero, pantaloni lunghi e guanti del medesimo colore. Gli si avvicinò con naturalezza, si abbassò e gli carezzò la testa.

"Cosa succede, ometto?"

Il bambino tirò su con il naso, poi con voce tremolante provò a parlare bloccando il pianto.

"Ho perso la mia mamma. Il sole sta andando a dormire ed io ho tanta paura."

Katsuki si nascose. Se fosse arrivata la donna avrebbe fatto di certo brutta figura per non essersi preso cura del bambino. Il giovane prese il piccolo in braccio e gli fece soffiare il naso.

"Non avere paura, aspetterò con te la tua mamma. Come ti chiami?"

"Mi chiamo Tomoe"

"Ma che bel nome! Quanti anni hai, Tomoe?"

"Cinque. Tu quanti anni hai, fratellone?"

"Io sto invecchiando, ho ventisei anni."rispose cambiando la voce.

'Che tipo strano' pensò l'eroe nascosto. Lo guardava giocare con il mocciosetto sulle gambe come se stesse osservando due esemplari in via do estinzione.

"Fratellone, tu hai un'unicità forte?" chiese il bambino dopo averlo fissato per un po'.

L'uomo esitò, poi annuì. Il più piccolo sorrise con le lacrime agli occhi.

"Che fortuna! Io sono nato senza. Mi prendono tutti in giro, sono tutti cattivi con me." il bambino si interruppe, iniziò a tirare su col naso, poi pianse di nuovo "Dicono che sono debole, mi picchiano e non ho amici."

Katsuki sussultò a quelle parole, ed in un attimo gli vennero in mente tutte le percosse e le brutte parole che aveva rivolto a quel ragazzino senza quirk con cui giocava quando era più piccolo. L'uomo in abito elegante si alzò portandosi il pargolo al petto in un caloroso abbraccio.

"Non piangere, coraggio." diceva sorridente "Non sanno quello che dicono"

Posò a terra il pargolo, poi gli disse "Dammi un pugno". Il piccolo dapprima si trovò spiazzato di fronte alla richiesta di quel bel giovane, ma poi si decise e colpì l'altro in pieno petto.

"Ma sei fortissimo! Devo proprio ricordarmi di non averti tra i miei nemici, Tomoe"

Il piccolo rise. In lontananza si vedeva arrivare una donna.

"Ehi fratellone, qual è il tuo nome?"

Il ragazzo non disse nulla, consegnò il piccolo nelle braccia della madre in lacrime. Quasi un sussurro lasciò le sue labbra.

Io sono Deku.

Bakugou credeva di aver avuto un'allucinazione. Era corso in direzione del giovane, ma era già sparito. Si trascinò a casa con lo stomaco aggrovigliato dall'ansia, Mitsuki lo aspettava con le braccia conserte, ramanzina in arrivo. Corse in camera sua sovrastando le urla di sua madre, le finestre erano spalancate. Un pezzo di carta sul comodino. Il suo cuore mancò un battito.

Lo sai che è da maleducati origliare, vero Kacchan?

Si era messo a piangere mentre stringeva il bigliettino, si era sdraiato sul letto. Deku era vivo, grazie al cielo era vivo. Si svegliò in preda al sudore, il materasso era privo di coperte. Controllò l'orario sul cellulare, erano le quattro meno venti di un mattino tanto freddo quanto triste. Udì un rumore secco, un tonfo per essere più precisi. Si affacciò sulla veranda nella speranza di non vedere un pipistrello spiattellato sul parapetto, a quello che si presentò a lui fu tutt'altro che un ammasso di budella su ferro battuto. Un giovane era seduto sulla ringhiera a gambe incrociate, quasi non temesse la morte che lo aspettava al piano di sotto nella speranza che cadesse.

"Deku!" la sua bocca si mosse da sola.

Il ragazzo si voltò, espose il suo volto ai possenti raggi della luna d'argento. I suoi capelli erano sempre un groviglio di foglie verdi come i suoi occhi, ma il viso, il viso era quello di un vinto. Aveva pesanti occhiaie sotto i pozzi di giada, viso inverosimilmente pallido e le labbra secche e bianche. Tentò un sorriso, "Ciao Kacchan" aveva mormorato, e poi silenzio.

"Lo sai che è da maleducati origliare, vero Kacchan?"

Lo aveva detto, e Katsuki era caduto in ginocchio. Se qualcuno avesse potuto vederlo in quel momento! Di certo sarebbe corso a chiamare un esorcista. E le parole gli mancavano.

"Ricordavo avessi una bella parlantina, Kacchan. Non vuoi parlarmi o non puoi?"

Negli occhi di Izuku nulla di simile a quello che aveva visto in passato si rifletteva. Non poteva essere, non poteva aver fatto nulla di simile... o sì?

"Izuku, tu come mi hai chiamato?" fece con voce bassa, quasi a volerlo sussurrare "Non ricordi il mio nome? Mi ferisci, Kacchan>> saltò giù, si pose accanto a lui e gli carezzò il viso "E soprattutto perché questo è un nome che mi hai dato tu" si allontanava.

"Hai battuto la testa, coglione? Hai la più pallida idea di come si senta tua madre?
Sai quanta gente piange la tua scomparsa? Quanti ti cercano, quanti ti credono morto, quanti ogni giorno sperano di sentire il notiziario pronunciare il tuo nome seguito da una bella notizia? Non ti importa di chi aspetta giorno per giorno che la porta di casa si apra e lasci spazio alla tua figura? Non te ne frega più niente, razza di idiota? Non eri tu a dire che saresti diventato un eroe?"

Risa taglienti pugnalarono il petto del biondo, poi un sospiro.

"Non cambi mai, eh Kacchan? Ti contraddici sempre. Ringrazia All Might e tutto il circondario, ma ormai sono eroe di me stesso. Saluta mia madre, dille che l'amo."

A quel punto Bakugou non sapeva se trattenere le urla o meno.

"Non te ne frega un cazzo allora? Fatti vedere razza di- "

Altre risa acute e taglienti.

"Ma come, Kacchan. Non eri tu che dicevi di non volermi più vedere?" e detto questo, saltò giù, scomparendo con la luna e con il nero della notte.

 Il trillo odioso della sveglia venne ammutolito da una violenta esplosione. Katsuki Bakugou si alzò dal letto grattandosi la pancia, scese le scale fino ad arrivare al bagno del piano di sotto. Le occhiaie erano diventate più violente del solito e i suoi occhi erano più grossi che mai. Ground Zero, l'eroe numero uno, quella mattina non voleva vedere nessuno. Non aveva forza per vestirsi, il dentifricio gli era schizzato praticamente ovunque, il climatizzatore non aveva voglia di accenderlo e persino il microonde non fu usato per scaldare il caffellatte. Accese il televisore con la speranza che si trasformasse in una bomba e iniziò a fare zapping selvaggiamente alla ricerca disperata di un notiziario. L'unico in onda, stava dando le ultime avvertenze per la giornata, poi appena prima che il programma si concludesse, uno dei due telecronisti annunciò di un nuovo villain in circolazione, e la foto ricordò quella del ragazzino scomparso dodici anni prima.

 

   
 
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