Anime & Manga > Dragon Ball
Ricorda la storia  |      
Autore: Seele    04/12/2019    3 recensioni
Sotto la tovaglia piomba di nuovo il buio. L'oscurità tra le sedie e il pavimento, tra le gambe del tavolo e il baccano tipico di tutte le riunioni delle famiglie Son e Briefs.
Non su di Trunks, però. Trunks rimane luminoso, avvolto nella sua luce glicine che, solo poco fa, si è tinta di un colore nuovo.
Dello stesso bordeaux che adesso, delicato e acceso, si posa leggero sulle sue guance.

Goten/Trunks | Soulmate!AU |7700 parole
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Goten, Trunks | Coppie: Goten/Trunks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Alla mia pizza pazza pizzi.

Io e te siamo una squadra vincente.



Bordeaux




Trunks non ricorda quand'è che si sono conosciuti.

Non rammenta nemmeno quando sia stato che hanno giocato insieme per la prima volta, o quando quest'intesa fra di loro abbia iniziato a svilupparsi di preciso. Non ricorda quando sia accaduto, che le abitudini di Goten siano diventate le sue e viceversa; non sa quando è che si sono trasformati, in tanti diversi modi, in una sola persona – prima ancora di essere un'unica entità. Prima della fusione, prima di Gotenks.

E, di certo, Trunks non sa dire quand'è stato originariamente che quella strana sfumatura di arancione ha cominciato ad avvolgere la figura di Goten ogni qual volta che Trunks lo vedesse.

Non gli è mai capitato, con le altre persone. Anche adesso, alla reverenda età di ben sette anni, Trunks non vede nessun alone colorato intorno a nessuno se non Goten. Vorrebbe parlarne con sua madre, con suo padre, con Goten stesso, ma ha troppa paura che sua nonna lo trascini dal dottore come l'ultima volta che ha accusato un fastidio alla vista. Qualche anno fa si è lamentato di fare fatica a leggere, poi un uomo gli ha messo un collirio strano dentro agli occhi e Trunks, ad essere sinceri, non ha mai pianto come allora.

(Quel collirio gli ha impedito di vedere la sfumatura arancione intorno a Goten per ben due giorni!)

Forse non si ricorda quando è stato che ha preso la mano di Goten nella sua per la prima volta, a quando risale la loro primissima avventura, o quale giorno esattamente sia stato che Goten gli ha promesso che sarebbero stati amici per sempre. Però rammenta questo. Quella tremenda, insormontabile, terrificante scoperta di non riuscire più a vedere l'arancione che, da sempre, circonda il suo migliore amico. Trunks aveva pianto, e pianto, e pianto, convinto che quel medico gli avesse tolto per sempre la possibilità di vedere quel colore vivido e brillante che da sempre associava a Goten.

Non l'aveva certo ammesso, non a Goten e di sicuro non ai suoi genitori, ma finché la sua vista non era tornata normale – e con quella anche l'abilità di vedere l'arancione di Goten – , Trunks non era mai stato così triste. Gli abbracci e le rassicurazioni del suo migliore amico lo avevano consolato solo abbastanza da spronarlo ad asciugarsi le guance e a lasciarlo entrare nella sua stanza.

“Trunks”, si sente chiamare all'improvviso, solo adesso. “Trunks!”

Alza gli occhi chiari sulla sfumatura arancione intorno a Goten, che – a giudicare dalla sua espressione – sta invocando la sua attenzione già da un po'. “Ti sei addormentato?” gli domanda, rivolgendogli un sorriso sornione mentre gioca con un vermetto sulla roccia su cui è seduto.

Trunks indirizza una smorfia disgustosa allo strisciante verme in questione. “No”, risponde, sollevando il mento con aria altezzosa.

“Stavi dormendo!” insiste Goten, afferrando il verme con due dita e alzandosi dalla roccia. L'espressione schifata di Trunks si intensifica notevolmente. “Avevi la stessa espressione persa di mio fratello quando guarda Videl!”

“E piantala!” replica Trunks, mentre il suo migliore amico per sempre si avvicina con aria minacciosa alla sua faccia. “Basta!”

Gli scaccia la mano che stringe ancora quel povero verme schifoso, e prende a correre verso la direzione opposta a Goten quando si rende conto dell'inutilità dei suoi tentativi di fermarlo dal sventolargli in faccia quella creaturina disgustosa. “Goten!”

“Non ti sento!” esclama allegramente l'altro, correndogli dietro come un pazzo. “Ti lascerò in pace solo quando accetterai la mia proposta!”

“E va bene!” replica Trunks, voltandosi verso di lui mentre allunga le braccia dinanzi a sé. “Va bene! Puoi dormire da me, e giocheremo ai videogiochi tutto il tempo, ma tieni quel coso lontano da me!”

Goten, soddisfatto di sé, lascia andare il verme che stava stringendo e corre ad abbracciare il suo migliore amico per sempre. “Non ti scaldare, Trunks”, commenta sorridendo beatamente, mentre Trunks brontolando ricambia il suo abbraccio. “Lo sai che il viola chiaro ti sta meglio di quello scuro.”

Trunks non ha idea di cosa stia parlando. Si lascia solo stritolare dal suo migliore amico per sempre, e del resto non gli importa proprio nulla.


*


Dall'alto dei suoi undici anni, Goten pensa di avere capito molto bene come funziona il mondo.

Le persone sono stupide quando sono innamorate, sono orgogliose quando in realtà sono fragili, e la sfumatura violetta che circonda sempre Trunks si fa ogni volta più scura quando qualcuno lo fa incavolare. Ieri sera un ragazzino lo ha preso in giro per via dei suoi capelli neri che vanno in tutte le direzioni nonostante i suoi numerosi tentativi di mettere ordine tra le sue ciocche scure e indomabili, e Trunks si è arrabbiato così tanto nel difenderlo che per poco la sfumatura viola che lo avvolge non diventava completamente nera.

Goten ha tentato di calmarlo, portandogli indietro i capelli chiari per fare una battuta, dirgli che se quel ragazzino pensava che i suoi fossero in disordine, allora Trunks avrebbe dovuto guardarsi allo specchio in quel momento e accorgersi dello stato pietoso in cui i propri versavano. Trunks aveva scacciato le sue mani, ancora fumante dalla rabbia, e aveva continuato a lanciare certi sguardi a quel ragazzino che Goten quasi aveva temuto che sarebbe riuscito in qualche modo a dargli fuoco col pensiero.

Adesso, però, la sfumatura colorata intorno a Trunks è tornata nuovamente della sua delicata tinta glicine. Un po' come i suoi capelli, ma più evanescente, più mutevole. Cambia gradazione con le sue emozioni, ora più scura e ora più chiara; e, quando Trunks arrossisce perché Goten ha detto qualcosa di sdolcinato o perché gli ha preso la mano, diventa di un adorabile rossiccio scuro, come le susine o l'uva matura di cui Goten ama riempirsi la pancia in autunno.

Il suo migliore amico per sempre è seduto a gambe incrociate sul suo letto, impegnato a chiacchierare di qualcosa con un'espressione di disapprovazione in volto. Così, imbronciato e stizzito, somiglia proprio a sua madre. Non ha preso la durezza dei lineamenti di Vegeta; ha ereditato invece i colori chiari di Bulma, l'azzurro delle sue iridi e la dolcezza delle sue labbra o della sua fronte, anche se il suo profilo e il taglio dei suoi occhi sono indiscutibilmente di suo padre. Quando Goten lo fa incavolare Trunks gli rivolge sempre lo sguardo omicida di Vegeta, e Goten è sempre molto rapido a chiedergli scusa prima che il suo migliore amico si dimostri più simile a suo padre di quanto sembri.

In questo momento, comunque, gli occhi di Trunks sono limpidi e la sua espressione semplicemente indispettita. La sfumatura di colore che lo circonda è ancora chiara, familiare e glicine. Lo guarda con aspettativa, e Goten annuisce docilmente anche se non ha idea di cosa gli stia dicendo.

“Esatto!” esclama Trunks con enfasi, soddisfatto del suo assenso. “Ma che roba è? Mia mamma, a sedici anni, dirigeva già la Capsule Corporation. Come fanno adesso a dire che – ”

Goten smette di nuovo di ascoltarlo. Guarda soltanto quell'alone violetto che lo avvolge ovunque lui vada, e si perde in quella sensazione di casa che solo quel colore sa trasmettergli.


*


“Mamma”, chiama Trunks piano, mentre aiuta sua madre a sparecchiare. “Forse dovrei andare da un oculista.”

Bulma si volta verso di lui, squadrandolo con aria incuriosita. Trunks ormai ha tredici anni, ma si sente sempre un bambino sotto lo sguardo indagatore di sua madre. Non c'è niente che possa sfuggirle. “Un oculista?” ripete la donna, sollevandogli il mento per guardarlo negli occhi come se, solo così, potesse accertarsi dell'esistenza di un problema. “Cosa c'è che non va? Credevo che voi saiyan non soffriste di certi problemi.”

Trunks cerca di liberarsi della presa di sua madre, ma Bulma non molla. Anzi, appurati i tentativi di suo figlio di sfuggire dal suo sguardo, stringe solo più forte il suo mento tra le dita e lo fissa come un falco. (Trunks è sempre terrorizzato dall'intensità degli occhi di sua madre quando capisce che le sta nascondendo qualcosa.) “Non lo so...” borbotta, tentando di fingere indifferenza, “penso solo...che possa essercene bisogno...”

Senza nemmeno lasciarlo andare, Bulma urla il nome di suo padre e Trunks si ghiaccia sul posto. “Tesoro, vieni a vedere”, lo chiama, ignorando le proteste di suo figlio che le chiede disperatamente di non farlo. “Trunks ha bisogno della tua consulenza scimmiesca!”

Vegeta brontola e borbotta e bofonchia qualcosa mentre entra in cucina con la sua solita aria infastidita, ma Bulma gli sorride soddisfatta e volta solo il mento dello sciagurato Trunks verso di lui. A nulla valgono i tentativi del suddetto di sfuggire agli occhi scuri di suo padre, che a sua volta si accorge del suo (palese) nervosismo e lo scruta molto, troppo attentamente. “Tuo figlio dice di aver bisogno di una visita oculistica”, lo informa Bulma.

“Sciocchezze”, lo liquida Vegeta. “I saiyan non hanno problemi di vista. Di che diavolo ti preoccupi, ragazzo?”

“Nulla”, taglia corto Trunks. “Dicevo così, per sicurezza.”

Bulma gli stringe il mento così forte che, sangue guerriero o no, Trunks emette un verso di dolore e quasi si trasforma in super saiyan per difendersi. “Tesoro”, gli dice minacciosamente, “ne sei proprio certo?”

Trunks si arrende. Adesso o mai più, pensa tra sé e sé. “Vedo... uhm...”

Anche Bra, impegnata a sbrodolarsi dall'alto del suo seggiolino, sbatte con violenza le mani nella sua pappa come a spronarlo ad ammettere il suo segreto. Vegeta, ormai mamma chioccia a tutti gli effetti, si affretta a raggiungerla per raccoglierle di nuovo i capelli verde acqua in una treccina disordinata. Trunks vede sua madre lanciare a suo padre il suo solito sguardo carico di, beh, promesse, con tanto di occhiolino, evidentemente compiaciuta dai suoi gesti. Suo padre arrossisce. Trunks emette un lamento disperato.

“Avete cinquant'anni...” mormora, chiudendo gli occhi per non vedere i suoi genitori flirtare come al solito.

“Non cercare di cambiare argomento”, lo riprende Bulma. “O io e tuo padre continueremo a – ”

“Okay!” protesta Trunks, sollevando entrambe le mani in aria per fermarla. “Okay! È solo che – ”

Anche suo padre lo fissa con aspettativa, persino così impegnato con i capelli di Bra come si ritrova. È quasi come se, in qualche modo, già sapesse di cosa Trunks si sta preoccupando ormai da dieci anni. “Io vedo... vedo qualcosa. Una specie di colore...”

Bulma non reagisce, ma Vegeta lascia la presa sui capelli di Bra in un attimo. La situazione dev'essere seria. Trunks abbassa gli occhi, e continua. “Da ormai molto tempo”, ammette. “Un...colore. Non so come spiegarlo. Intorno a... intorno ad una persona...”

Con tutta la sua tipica delicatezza, Vegeta scaccia in un attimo la mano di sua madre dal suo mento ed è lui, stavolta, ad afferrargli la faccia. I suoi genitori sono così maneschi. “Sei serio?!” gli domanda, con la bocca spalancata e gli occhi sgranati. Trunks riderebbe se la cosa quasi non lo spaventasse. “Non è che quello stupido del figlio di Kakarot ti ha detto qualcosa del genere? Ti stai prendendo gioco di me?!”

Trunks quasi salta sul posto, a sentire menzionare Goten in questo contesto. Suo padre non deve sapere. “Goten non c'entra niente”, si affretta a chiarire, “questa cosa...riguarda solo me.”

La bocca di Vegeta ancora non accenna a chiudersi. La presa della sua mano sulla sua faccia, invece, si allenta all'improvviso; e Vegeta si allontana da suo figlio e gli da le spalle con tanta rapidità che Trunks, per un istante, ha davvero paura di avere qualche serio problema agli occhi tipico solo dei saiyan.

Poi, però, suo padre si volta nuovamente. Ha un'espressione piuttosto costipata in volto. “Trunks”, gli dice con assoluta serietà, allungando addirittura una mano per stringergli la spalla. Trunks sente le sue dita tremargli contro la felpa che indossa. “Figliolo.”

“Papà”, replica Trunks, improvvisamente preoccupato dall'espressione strana in faccia a suo padre. “Che – ”

“Ogni saiyan che sia stato allenato a farlo”, lo interrompe Vegeta, stringendo più forte la sua spalla, “è in grado di percepire l'energia spirituale di ogni essere vivente. Ma non di vederla.”

La luce della comprensione illumina improvvisamente gli occhi chiari di Bulma, che si porta una mano alla bocca con aria sconvolta. Trunks ancora non capisce il motivo di tanta serietà, e tornerebbe volentieri nella sua stanza se solo suo padre non gli stesse praticamente rompendo una spalla. “Tranne una.”

“Trunks!” esclama Bulma, senza riuscire più a trattenersi. “Hai trovato la tua anima gemella!”

Prima ancora che Trunks possa – darsi fuoco, teletrasportarsi su Nameck, uccidersi al pensiero che il suo migliore amico per sempre sia la sua anima gemella, suo padre lancia un'occhiata fulminante a sua madre e la zittisce con aria offesa. “Non si tratta di anima gemella”, ringhia come un animale, “non stiamo parlando di sciocchezze del genere, Bulma!”

Trunks emette un sospiro sollevato. “Okay, grazie per l'informazione – ”

Suo padre stringe la presa così tanto che qualcosa fa un brutto rumore sotto la stoffa della sua felpa. Riprende la parola prima che Trunks possa lamentarsene. “Si tratta del tuo pari, in ogni modo, in ogni momento. Qualcuno la cui aura è esattamente complementare alla tua. Qualcuno che combatterà per il tuo onore nella stessa maniera in cui tu combatterai per il suo.”

Gli occhi di Trunks si sgranano, e in un attimo ogni dolore alla sua spalla si dissolve come nebbia. Il ricordo di una stellata notte di estate, fresca e lontanissima, si riaffaccia alla sua mente; l'immagine dei suoi genitori sotto la volta scura del cielo, splendente di costellazioni e pianeti a miliardi di chilometri di distanza, il suono della frase pronunciata a mezza voce da suo padre. È per te che combatterò sempre.

Stordito dalla rivelazione vagamente romantica di suo padre, all'epoca Trunks era solo tornato di corsa in camera sua per fuggire dall'inevitabile flirting dei suoi genitori. Adesso, però, capisce. Quella frase dev'essere l'equivalente delle più grandi promesse di amore tra gli umani, e –

Oddio. Oddio. Oddio!

“No”, balbetta, sbiancando, “non può essere!”

“Lo è!” insiste Vegeta, afferrandolo dai capelli con la sua immensa grazia. È sempre bello quando tuo padre ti coccola. “Ricordati che sei il principe della tua stirpe, ragazzo! Non disonorerai le nostre sacre tradizioni con il tuo scetticismo!”

“Ma – ma – ma – ”, balbetta ancora Trunks, “tu – tu vedi l'energia spirituale di – di mamma?”

Vegeta, miracolosamente, lascia la presa sui suoi capelli non appena Trunks pronuncia quella frase. Si zittisce in un attimo, e gira i tacchi alla velocità della luce. Rosso fino al retro del collo, lascia la stanza nel modo più dignitoso in cui riesce. (Cioè molto poco.)

Bulma inclina il capo nella direzione del figlio, con una mano affianco alla bocca per non farsi sentire. “La vede”, gli dice. “È rossa fuoco.”

Poi gli fa l'occhiolino, guardandolo con aria vittoriosa.

Trunks davvero non voleva saperlo.


*


A volte, Goten ha la strana impressione di sentire la voce di Trunks nella sua testa anche quando, in realtà, Trunks non sta affatto parlando. È sempre molto inquietante, perché ogni volta si domanda se stia impazzendo – e ormai questa situazione va avanti da anni.

Ne ha appena compiuti quindici, e – a dire il vero – la voce di Trunks nella sua testa non è l'unico spettro del suo migliore amico per sempre che vive dentro di lui. Goten ha la stessa sua abitudine mettere avanti prima il piede destro e poi quello sinistro, quando cammina. La stessa posizione quando si siede. La stessa espressione quando si compiace di uno scherzo ben riuscito. Gli identici, inquietanti, movimenti; il modo in cui anche il suo corpo scatta in avanti per intimidire un nemico, o quello in cui, se Trunks è seduto al suo fianco, automaticamente gli prenderà la gamba per portarla sulle sue ginocchia. La maniera in cui entrambi si muovono in sincrono, come specchi, da sempre.

A volte, quando sono lontani, Goten sente la sua mancanza come quella di un braccio, di una gamba, di una mano.

Non stavolta. Stavolta, come mille altre, sente la voce di Trunks che lo chiama da dentro la sua testa, e come al solito cerca di ignorare la sua evidente pazzia. Poi si sente afferrare una caviglia da sotto il tavolo da pranzo di Bulma, e per poco non sobbalza e non emette un urlo appena virile; subito dopo però gli occhi chiari e taglienti di Trunks – che non sono mai davvero così taglienti, quando guardano lui – si posano nei suoi, e da sotto la tovaglia Goten vede il sorriso furbo sulle sue labbra.

Vieni qui sotto, gli dice, senza che la sua bocca si muova. Ho pensato ad uno scherzo perfetto.

Forse sono troppo grandi per nascondersi sotto al tavolo, ma Goten si guarda intorno solo per un istante per accertarsi che nessuno lo stia tenendo sott'occhio prima di scivolare a sua volta sotto la tovaglia. Trunks gli sorride, luminoso e contento, e lo tira da un polso fino a farlo sedere anche lui sul pavimento; è buio tra le sedie e il tappeto della sala da pranzo della famiglia Briefs, ma la figura di Trunks risplende della sua solita, familiare, perfetta sfumatura glicine. Illumina i suoi occhi, i suoi capelli, le sue mani che ancora stringono i suoi polsi tra le dita. “Facciamo così”, gli sussurra, vicino, più vicino che mai, e non abbastanza. “Al mio tre, rovesciamo il tavolo, e diamo la colpa alla piccola Pan. Tuo padre riderà e il mio andrà su tutte le furie, e allora...”

Ad essere onesti, Goten non lo sta ascoltando affatto. Guarda ancora le sue mani, avvolte da quella gradazione di viola a cui è così tanto affezionato, e all'improvviso le sue si muovono senza che lui possa fermarle.

Le sue dita sfiorano quelle di Trunks, e in un attimo la sua mano scivola nella sua come se fosse quello il posto in cui è destinata a vivere. Trunks si zittisce all'istante. E, sotto ai suoi occhi che si sgranano, le loro mani intrecciate si dipingono di un tenue, colorato, sconosciuto bordeaux.

Goten emette un verso sconvolto, e le iridi azzurre di Trunks fanno appena in tempo a posarsi sulle loro mani congiunte prima che Goten ritiri la propria, come scottato dalla scoperta. I suoi occhi scuri si posano su quelli del suo migliore amico per sempre, trovandoli atterriti e sgranati a loro volta; vede le sue labbra che si schiudono come se stesse per dirgli qualcosa, il suono dei suoi pensieri nella sua mente che quasi gli trasmettono un ricordo, la sua mano che si fa di nuovo avanti come per tornare nuovamente nella sua –

“Che diavolo state combinando, qui sotto?” domanda Vegeta, sbirciando comicamente a testa in giù da un lembo sollevato della tovaglia. “Non starete cercando di fare la fusione?”

“Vegeta!” esclama Goten, così nervoso e frastornato e atterrito e agitato dalla sua presenza improvvisa da rivolgergli le prime cavolate che gli vengono in mente, sorridendo ampiamente mentre già suda freddo. “Hai un aspetto vegezioso, bello!”

Trunks lo colpisce così forte al cozzetto che Goten quasi sviene. “Goten, ma che dici!”

Vegeta rimane a scrutarli ancora per qualche secondo. “Niente fusioni sotto al tavolo”, li rimprovera un'altra volta, con aria vagamente sospettosa e costipata. “Trunks, sai quanto a tua madre importi la sua vita sociale. Non rovinarle la serata.”

Lancia a Goten un'occhiata fulminante. “E tu non...”

Vegeta non finisce la frase. Annuisce solo nella sua direzione, come se quel gesto dovesse comunicargli qualcosa, e torna a risollevarsi.

Sotto la tovaglia piomba di nuovo il buio. L'oscurità tra le sedie e il pavimento, tra le gambe del tavolo e il baccano tipico di tutte le riunioni delle famiglie Son e Briefs.

Non su di Trunks, però. Trunks rimane luminoso, avvolto nella sua luce glicine che, solo poco fa, si è tinta di un colore nuovo.

Dello stesso bordeaux che adesso, delicato e acceso, si posa leggero sulle sue guance.


*


“Trunks. Trunks, svegliati.”

Il figlio del Principe dei Saiyan si ostina a tenere gli occhi chiusi, tentando di spingere il suo migliore amico per sempre giù dal letto alla cieca. Ma Goten non ne vuole sapere, ostinato dei suoi diciassette anni, e lo scuote con tutta la forza di un super saiyan di secondo livello.

“E va bene!” bercia Trunks con voce roca, ancora addormentata, tirandosi a fatica seduto sul materasso. Sta per rifilargli qualche insulto, ma il viso sornione di Goten – i suoi capelli che vanno in tutte le direzioni, il suo ridicolo pigiama arancione come la sua aura che solo Trunks è in grado di vedere – lo zittisce in un momento. Essere così schifosamente belli di prima mattina dovrebbe essere illegale.

“Abbiamo promesso a tuo padre che avremmo ripreso ad allenarci insieme, ti ricordo”, commenta Goten allegramente, ignaro del vortice di emozioni che ha appena scatenato nel suo migliore amico per sempre. Il quale, brontolando, replica stizzito che “ci alleniamo insieme ogni settimana, 'Ten.”

Ma Goten non è d'accordo. “Credo si riferisse a me e te, tipo, insieme, cioè – Gotenks!”

Trunks emette un lamento disperato, ignora il gesticolare dell'altro, e si schianta di nuovo con la faccia sul cuscino. “Lasciami dormire...”

Ma Goten lo scuote di nuovo. Inutilmente. Stavolta, Trunks non si farà convincere ad alzarsi.

Goten lo sta prendendo a violente cuscinate quando, forse per via di un lampo di genio, abbassa l'arma in questione ed emette solo un mormorio pensieroso. “Trunks”, lo chiama, con voce distratta, “ti è mai capitato di vedere, non so – una specie di... di luce, intorno alle persone?”

Oddio.

Se Trunks non aveva intenzione di alzarsi prima, adesso è ancora più determinato a celare la sua faccia al resto del mondo, preferibilmente per l'eternità. Sapendo che Goten troverebbe sospetto il suo silenzio, si affretta a balbettare, “per – perché?”

Goten esita un secondo prima di rispondere. “Ieri io e Gohan abbiamo fatto una passeggiata insieme”, gli racconta, con voce più timida di quanto lo sia stata negli ultimi dieci anni, “e... gli ho chiesto... delle cose. Lui mi ha detto che...”

Sbuffa, frustrato, come se non sapesse bene come mettere in parole i suoi pensieri. Trunks potrebbe ricordargli che ormai hanno imparato a controllare la loro inquietante, inspiegabile telepatia spontanea, ma se mettesse in condivisione adesso i loro pensieri sa che finirebbe per rivelargli che lui la fantomatica luce a cui Goten si riferisce la vede, la vede eccome. La sua, però.

“Ti ha parlato di Videl?” gli chiede allora, per evitare che anche a lui venga la geniale idea di condividere semplicemente il ricordo della conversazione. Capisce un istante dopo di aver fatto la mossa sbagliata – sente il corpo di Goten irrigidirsi accanto al suo, e sa che avrebbe dovuto restare zitto.

“Beh – sì”, ammette Goten, chiaramente sorpreso dall'intuito del suo migliore amico per sempre. “Mi ha detto che anche lui vede la sua luce. La sua aura, in realtà. Solo di lei, però. E anche lei vede la sua, e soltanto la sua.”

“Suona molto romantico”, commenta pietosamente Trunks, cercando ancora di diventare un tutt'uno con il materasso.

Però il ginocchio di Goten sfiora il suo fianco, per sbaglio, ma abbastanza all'improvviso da farlo quasi trasalire. All'età di diciassette e diciotto anni forse dovrebbero smettere di dormire insieme ogni qual volta Goten rimanga a casa sua o viceversa, ma dopo un'unica, lunghissima e deprimente nottata trascorsa in letti separati hanno capito che dormire insieme è l'unico modo di, beh, dormire per entrambi.

Goten interrompe il ricordo di quell'infinita notte insonne quando mormora, “tu non...tu non vedi l'aura di nessuno?”

Al diavolo l'orgoglio saiyan, se Trunks potesse scapperebbe urlando come una scolaretta. Ormai starà sfondando il cuscino con la fronte. “No”, risponde, senza ragionarci sopra un attimo, troppo spaventato all'idea che Goten possa scoprire il suo segreto. “No. Tu – tu sì?”

Goten rimane in silenzio per qualche lunghissimo secondo, prima di rispondere. “No”, mormora a sua volta.

Trunks finge di non sentire il cuore che gli va in frantumi nel petto, e volta lentamente il viso verso il suo migliore amico per sempre.

“Allora siamo a posto”, risponde, cercando di ricacciare indietro le lacrime che già sente bagnargli le iridi per rivolgergli, invece, un sorrisetto furbo. Un po' storto, forte, un po' triste. “Nessuno che ci rubi i nostri sabati sera insieme, no?”

“Nessuno”, mormora Goten, guardando altrove. Con il suo arancione che si fa scuro, affievolendosi, quasi scomparendo.

“Tutto okay?” domanda Trunks.

“Tutto benissimo”, replica Goten.

È l'ultima volta che dormono insieme.


*


I successivi tre anni sono gli anni più lunghi dell'intera vita di Goten.

Esiste soltanto, senza davvero vivere, come in attesa di qualcosa che non sembra arrivare mai. Aspettando di vedere la figura di qualcuno – di qualcun altro – illuminarsi di una luce che nessuno se non lui sarà mai in grado di vedere; o aspettando, inutilmente – sempre, sempre inutilmente – di liberarsi dei gesti di Trunks, delle abitudini di Trunks, delle espressioni di Trunks che ormai sono parte intrinseca anche di lui. Sperando che un giorno non si porterà più indietro i capelli come fa Trunks. Sperando che un giorno la finirà di trovare foto, video e post che instintivamente vorrebbe mandare a Trunks. Sperando che un giorno smetterà di comprare il gelato nocciola e cioccolato, sapendo che non c'è più nessuno con cui condividerlo.

Dio, quanto gli manca.

Gli manca il colore chiaro della sua aura, quel glicine che gli è più familiare del marrone scuro dei suoi stessi occhi. Gli manca la sua furbizia e il modo in cui combattevano insieme, lui e Trunks contro il mondo. Lascia ancora uno spazio vuoto per lui accanto a sé, quando si allena. Abituato ad averlo al suo fianco, a muoversi come il suo specchio. Abituato ad essere TrunkseGoten, GoteneTrunks, e non solo Goten.

Essere solo Goten fa proprio schifo.

Si sentono ancora, ma soltanto di rado e soltanto per farsi un paio di domande a vicenda una volta ogni tanto. Goten ha paura che ormai a Trunks non importi proprio più nulla di lui. A volte, quando di notte non riesce a dormire, si chiede come abbia mai potuto pensare di poter essere la sua eccezione; Trunks è sempre stato così. Egoista, e ostinato, e pronto a tagliare qualsiasi ponte per costruirne di nuovi. Con l'ambizione di sua madre e l'orgoglio di suo padre nel mezzo, oltre la persona che Trunks è solo quando è al fianco di Goten – quando era al fianco di Goten – , è facile vedere con quanta facilità Trunks sia stato in grado di seppellire la loro amicizia.

Chissà se Goten manca anche a lui come a lui manca Trunks.

Quando viene colpito violentemente dall'ennesimo nemico comparso a Satan City senza preavviso, scagliato contro quelle che sono già le macerie di uno dei più alti edifici della città, Goten riesce solo a pensare a quell'aura glicine di Trunks che non vede ormai da anni. Non pensa al fatto che potrebbe morire prima del suo ventunesimo compleanno, o prima di vedere sua nipote crescere, o prima di poter rendere sua madre fiera dei suoi successi; pensa solo a lui. Al fatto che potrebbe andarsene senza mai avergli detto sei tu. Sei sempre stato tu.

Eppure, inspiegabilmente, una luce glicine invade il suo campo visivo prima che il suo nuovo nemico possa dargli il colpo di grazia. Un foulard blu viene avvolto intorno al suo braccio ferito mentre Goten prende lentamente coscienza dell'asfalto sotto di sé, e un sorriso triste ma speranzoso davvero, davvero familiare riempie improvvisamente i suoi occhi.

Suo fratello ritorna in fretta e in furia dal suo breve viaggio ai confini del cielo, atterrando accanto a Trunks che non lo ha lasciato da solo neanche un istante, e in un attimo c'è un fagiolo senzu sulla sua lingua e i suoi muscoli riacquistano subito vigore. “Ragazzi”, dice Gohan, mentre Goten ancora sbatte le palpebre per riprendersi dalla rapidità con cui il suo corpo sfinito ha riacquistato le forze, incontrando gli occhi di Trunks e pensando, oh, sei davvero qui, “abbiamo bisogno di voi.”

Sei davvero qui.

Trunks annuisce, come se ancora fosse in grado di ascoltare i suoi pensieri. Come se la loro telepatia spontanea non avesse mai smesso di funzionare, come se i sogni che Goten dubitava fossero i propri non fossero, in effetti, mai stati i suoi; ma di Trunks. Trunks, che è qui, che è corso a salvarlo come altre cento, mille volte prima d'ora.

“Non guardare me”, si lamenta Goten scacciando quei ricordi, cercando di fare una battuta anche dopo essere sfuggito alla morte per un soffio, “io stavo combattendo da molto prima che arrivasse lui.”

Il suono della risata di Trunks si riaffaccia alle porte dei suoi timpani, di nuovo vivido e reale, e Goten scamperebbe alla morte tutti i giorni se questa fosse ogni volta la ricompensa che gli spetta. “Io stavo combattendo da molto prima che tu nascessi”, ribatte il ragazzo, sfoggiando un sorriso soddisfatto. Sempre le stesse battute, gli stessi gesti, le stesse frasi, da più di dieci anni. Eppure, non se ne stancano mai. Mai.

Ma Gohan taglia corto. “Di voi”, ripete, con enfasi. “Di Gotenks.”


*


È una scommessa contro il tempo, contro la morte, contro tutto. Gotenks? L'ultima volta che hanno fatto la fusione è stato mezza dozzina di anni fa. Sono fuori allenamento. Non si vedono da troppo tempo; come potrebbe mai funzionare?

Ma devono provarci. Devono farlo per il bene del pianeta Terra, per Gohan che li scruta come se fossero la sua ultima speranza. Devono.

Goten guarda Trunks, i suoi occhi azzurri e l'aura glicine che, ancora, lo avvolge nella sua sfumatura chiara di colore. È ancora in grado di vederla.

Forse, questo vuol dire che possono ancora diventare un'unica persona.

Senza dirgli una parola, Trunks gli porge una mano e lo risolleva dall'asfalto. Ed un secondo dopo stanno pronunciando la loro frase, si stanno muovendo come uno specchio l'uno dell'altro, e stanno ritornando finalmente a casa.

La fusione funziona. Gli occhi di Gohan si illuminano di speranza e di vittoria, e il nemico dinanzi a loro non fa più tanta paura.

Si tratta del tuo pari, risuona nella loro mente, un ricordo che è adesso diventato di entrambi. In ogni modo, in ogni momento. Qualcuno la cui aura è esattamente complementare alla tua. Qualcuno che combatterà per il tuo onore nella stessa maniera in cui tu combatterai per il suo.

Invisibile a chiunque altro, l'aura di Gotenks si tinge di un imbattibile bordeaux.



*


“Non posso credere che siamo stati lontani per così tanto tempo.”

Goten lo dice intorno a una piccola risata, ma Trunks è ancora in grado di sentire la stanchezza celata dietro alle sue parole. Non che ci voglia un esperto – o l'equivalente saiyan di un'anima gemella – per capirlo; sono entrambi ricoperti di garze e di ferite, ma ne è valsa la pena. Uno, perché il nemico è stato sconfitto, e due, perché sono di nuovo insieme.

“Mi sei mancato”, ammette Trunks, che in questi anni è diventato più bravo ad esprimere i propri sentimenti. Ad occhi bassi, ma con voce sincera.

Goten impiega qualche secondo a riprendersi dall'inaspettata rivelazione, ma poi si muove istintivamente verso di lui. “Anche tu”, gli dice, per poi prendergli una gamba e posarla sulle sue ginocchia.

Prima che possa muoversi di nuovo, però, Trunks posa una mano sulla sua. Ancora una volta, entrambi osservano la luce bordeaux che si sprigiona tra le loro dita, intorno ai loro polsi.

“La vedi anche tu”, mormora Trunks. “So che ci riesci.”

Mentre erano Gotenks hanno condiviso ricordi e pensieri, gioie e dolori. E delle immagini in particolare; l'aura di Trunks tinta di viola, quella di Goten colorata di arancione.

Trunks non è mai stato uno che gira intorno ai discorsi. Più di una volta, da bambino, ha fatto piangere Goten con la sua brutale sincerità. Non adesso, però. Adesso, Goten alza gli occhi nei suoi, e annuisce soltanto. Una volta sola.

“Hai sentito quello che ha detto mio padre?” gli domanda Trunks, riferendosi ai propri ricordi di quel pomeriggio alla Capsule Corporation, quando aveva tredici anni e il cuore colmo di dubbio e di emozione. Goten stringe il suo ginocchio, che è caldo e familiare sotto la sua mano. “Sì”, annuisce nuovamente. “Ma lo sapevo già.”

Trunks si scioglie in un sorriso, ed entrambe le loro aure si tingono di colori più vividi, più accesi, più felici.

“Ne riparleremo”, promette Goten, ricambiando il sorriso del suo migliore amico per sempre. “Quando saremo tutti interi. E senza tuo padre nella stanza accanto”, aggiunge a bassa voce, occhieggiando la porta del salotto di casa Briefs. Trunks ride, e preme più forte la mano su quella di Goten prima di lasciarla andare.

Nel suo sguardo c'è incondizionato affetto, ma pure qualcos'altro. Qualcosa che si riflette anche nelle iridi scure di Goten, che – senza pensarci nemmeno un istante – finge finalmente di suonargli la gamba come se fosse una chitarra, con quella promessa sopra al cuore e il polpaccio del suo migliore amico per sempre sotto i polpastrelli.

E Trunks, beh. Trunks fa i rumori, come li ha fatti sempre.


*


“Non fatemi andare mai più al cinema con gli zii”, si lamenta Pan qualche mese più tardi, lanciando ai suoi suddetti zii sguardi fulminanti mentre si rifugia tra le braccia solide di sua madre.

Videl ridacchia e lancia a Goten e a Trunks un'occhiata divertita. “Ti hanno fatto arrabbiare, piccolina?”

“Passano tutto il tempo a baciarsi e a dirsi smancerie”, brontola Pan, indicandoli accusatoria con un indice. “Io volevo solo guardare Frozen in pace!”

Trunks arrossisce fino alla punta dei suoi capelli viola. Guardando Goten con la coda dell'occhio, vede la sua aura arancione farsi a sua volta di un colore rossiccio, quasi porpora, mentre sorride imbarazzato.

“Sii gentile con i tuoi zii, tesoro”, le dice Videl, ma il suo sguardo furbo e azzurro non sfugge all'attenzione di Trunks. Si ricorda di com'era, quando era appena più piccola di quanto lui lo sia adesso; sfacciata e testarda e brutalmente onesta, più simile a lui di quanto sembri. “Ce ne hanno messo di tempo, per capire che erano destinati a stare insieme. Abbi un po' di comprensione.”

A Pan non importa proprio nulla di compatirli per la lentezza con cui sono hanno capito di essere destinati l'uno all'altro, e si agita tra le braccia di sua madre per liberarsi. Quando Trunks aveva la sua età era proprio come lei, un coccolone, ma anche lui si dimenava non appena si ricordava di essere troppo cresciuto per lasciarsi viziare da sua madre. Più ci pensa, più si accorge delle mille somiglianze tra la sua famiglia e quella di Goten; come se fosse sempre stato destinato a farne parte.

“Restate a cena da noi?” domanda Videl, lasciando andare finalmente sua figlia. Pan se la da a gambe, correndo presumibilmente da suo padre. “Trunks”, aggiunge, rivolgendogli un'espressione complice, “ti preparo il tuo piatto preferito.”

Trunks si scioglie. Ama tutta la famiglia Son, ma Gohan e Videl hanno un posto speciale nel suo cuore – dopo Goten, ovvio. I fratelli Son esercitano da sempre un richiamo arcaico, ancestrale su di lui; nemmeno il suo alter ego, Mirai Trunks, è stato in grado di sfuggire a quel qualcosa, nel loro sangue, che vive anche nel suo. “Volentieri”, risponde, abbandonandosi ad un sorriso intenerito. Guarda Goten, al suo fianco come sempre; gli stringe più forte la mano nella sua, mandando al diavolo ogni pretesa di durezza saiyan, sentendolo stringere di rimando. Il suo posto è qui. Tra le dita del suo primo amore, tra le persone con cui è cresciuto.

Videl li conduce nel salotto, e Trunks si sente davvero a casa.


*


Vegeta si è rotto il cazzo di allenarsi sempre in attesa del giorno in cui Kakarot si degnerà finalmente di scontrarsi con lui. Oggi, Vegeta si allenerà per sé stesso. È un uomo forte e indipendente, quasi quanto sua moglie. (Quasi.) Vederla mangiarsi il mondo boccone dopo boccone è stata, per lui, una vera rivelazione. Oggi, Vegeta – Principe dei Saiyan, che sia ben chiaro – è un uomo nuovo. Non tenterà più di adeguarsi agli standard altrui. Non andrà più a supplicare guerra da qualcuno che non può dargliela. Oggi, Vegeta esiste solo per sé stesso, e –

“Ciao, papà!”

Goten gli corre incontro alla velocità della luce, superandolo in poche falcate ricche di entusiasmo. Kakarot alla seconda ha da qualche mese – anno – preso l'iniziativa di chiamarlo con titoli familiari, come papà, papi e papino – il che è, naturalmente, del tutto inaccettabile. Vegeta gli ha chiesto, ordinato e supplicato numerose volte di smetterla, ma Goten ancora non demorde. E poi, Vegeta non ha capito perché diavolo si ostini a farlo. Non fanno mica parte della stessa famiglia. Non hanno legami familiari, perché nessun membro delle loro rispettive famiglie ha mai mischiato il suo regale sangue saiyan al proprio, quindi perché insistere nel chiamarlo in quel modo?!

“Non chiamarmi papà!” bercia, allungando una mano per afferrarlo dal retro della maglia prima che possa sparire lungo il corridoio della Capsule Corporation. Goten emette un urlo da animale ferito, voltandosi e scacciando immediatamente le sue dita per evitare che i suoi vestiti possano essere rovinati dalla sua presa.

“Papà!” esclama, come se Vegeta non lo avesse appena rimproverato. “Sta' attento, per piacere. Questo è il maglione preferito di Trunks. Dice che mi sta benissimo. Trovi che mi stia benissimo anche tu?”

Vegeta per poco non gli ringhia contro. “Sta' zitto!”

Goten sorride amabilmente, per niente colpito dal suo tono di voce. “Vorrei tanto restare a fare due chiacchiere, ma sono di corsa. Dov'è Trunks? Nel suo laboratorio, vero? Vero? So che è molto impegnato, ma devo assolutamente parlargli prima che inizi la sua riunione. Chi l'avrebbe mai detto che essere il presidente della Capsule Corporation lo avrebbe portato così tanto lontano da me durante il giorno, eh? E talvolta anche di notte. Eh eh.”

Vegeta lo squadra con aria sommamente infastidita. Kakarot alla seconda ha un'aria nervosa; sta blaterando più del solito e, per una volta, sembra avere cercato di dare una qualche parvenza di ordine ai propri capelli e ai propri vestiti. È rosso in viso, come se si fosse allenato da poco, ma Vegeta sa che non è sceso in palestra o nella Gravity Room nemmeno una volta da quando ci è stato con Trunks la settimana scorsa.

Sta per chiedergli che diavolo abbia in mente quando Bulma si affaccia al corridoio dalla porta del suo studio, e il suo viso bello e familiare si dipinge di sorpresa. “Goten, tesoro!” esclama, facendo ringhiare silenziosamente suo marito. “Eccoti qui! Iniziavo a pensare che ti fossi pentito.”

“Io? Pentirmi?” ripete Goten, sorridendo come un idiota. “Mai. Non con Trunks.”
Vegeta lancia uno sguardo perplesso e stizzito prima a sua moglie, poi al citrullo che suo figlio si è scelto come migliore amico ormai da decenni. “Dio, come sono emozionata!” esclama Bulma, portandosi le mani sul viso e quasi saltando sul posto. “Vai, Goten, che aspetti? Corri!”

“Vado!” annuisce Goten, riprendo immediatamente la sua corsa. “Mamma, papà, ci vediamo tra poco!”

“Non chiamarmi papà!” urla di nuovo Vegeta, mentre Goten corre giù per le scale della Capsule.

(Avrebbe potuto usare il teletrasporto, ma chiaramente non ci ha pensato. Si vede proprio, che è il figlio scemo di Kakarot.)

“Ma che dovrà mai dire a Trunks?” sbuffa, voltandosi verso Bulma. “Hai qualche idea a riguardo?”

Lo sguardo di Bulma si fa da intenerito a seriamente preoccupato in un secondo. “Vegeta”, lo chiama, con lo stesso tono di voce che usava con Bra quando era ancora troppo piccola per capirla quando le parlava. “Vegeta.”

“Cosa”, sbotta lui.

Bulma gli prende un braccio, conducendolo lentamente in cucina. “Vieni, tesoro”, gli dice con cautela, “devo farti un discorso...”


*


Goten per poco non scivola su uno dei tanti progetti sparsi per il pavimento del laboratorio di Trunks.

Si afferra alla maniglia della porta prima di rovinare pietosamente sulle mattonelle, ma emette un sospiro di sollievo quando si accerta che la piccola cosa che custodisce nella tasca del suo maglione sia ancora perfettamente intatta. Di cadere non gli importa proprio nulla, ma che quella rimanga tutta intera .

“Goten?” si sente chiamare, mentre l'energia spirituale di Trunks si mescola con la sua anche a distanza. Goten abbassa con affetto gli occhi sulla propria mano che ancora stringe la maniglia della porta, scoprendola avvolta dalla solita luce bordeaux. “Sei qui?”

“Sono qui”, ripete lui, cercando Trunks con lo sguardo. Finalmente individua le sue gambe e le suole delle sue scarpe, ma solo quelle; il suo migliore amico per sempre è nascosto per metà sotto un'ampia navicella spaziale che sembra essere in fase di riparazione, circondato da chiavi dinamometriche e attrezzi vari.

Di lui vede soltanto le scarpe, i pantaloni larghi e macchiati di olio di motore, e il carrello basso con le rotelle su cui è steso per poter lavorare in modo più o meno comodo sotto la macchina in costruzione. “Devo parlarti”, gli dice, tentando di tenere la sua energia spirituale sotto controllo affinché Trunks non si accorga del suo nervosismo.

Il suo migliore amico per sempre emette un lamento basso che, da sotto la navicella, suona ancora più drammatico. “Goten, mi dispiace per quando ho detto che dovrebbero cancellare La sfida dei Sushi dalla programmazione tv, okay? Ero arrabbiato. Non voglio davvero che il tuo programma preferito – ”

Con un piede sul carrello, atterrato con attenzione nello spazio tra le gambe di Trunks e non altrove, Goten tira l'intero lettino verso di sé in un solo movimento determinato del suo polpaccio. Il viso di Trunks si riaffaccia al laboratorio e agli occhi di Goten, che lo vede sbattere per qualche secondo le palpebre per riabituare la vista alla luce della sala.

“Goten”, brontola Trunks, con ancora un saldatore in mano, “cosa – ”

Goten glielo sfila dalle dita e si abbassa alla sua altezza, ma su un ginocchio solo. Trunks si zittisce in un secondo.

“Che succede?” domanda, accorgendosi palesemente dell'agitazione dell'altro, che deve di certo tingere la sua aura di un colore diverso dal solito. “Goten – ”

Prima di compiere il grande passo, Goten lo guarda soltanto. Macchiato di olio per motori anche in viso, con i capelli viola scarmigliati e gli occhi azzurri sgranati, familiari più di qualsiasi altra cosa al mondo; con la bocca schiusa in un'espressione che è già di sorpresa, come se già avesse capito. Il suo migliore amico è sempre stato un tipo intelligente, dopotutto.

E Goten lo vuole al suo fianco per tutta, tutta la sua vita. Esattamente così. Con i vestiti da laboratorio addosso, con i suoi marchingegni, con la sua aura violetta che ormai è perennemente bordeaux. Il suo migliore amico, per sempre, da sempre. Il suo pari, in ogni modo, in ogni momento.

Trunks ascolta i suoi pensieri, e spalanca bocca ed occhi prima ancora che Goten, finalmente, estragga un piccolo cofanetto scuro dalla tasca del suo maglione.

“Trunks”, dice, rivelandone il contenuto. Un semplice cerchio d'argento, con i loro nomi scolpiti all'interno, colorati di delicato bordeaux. “Vuoi – ”

Trunks non lo lascia nemmeno finire. Afferra il cofanetto, indossa l'anello di fidanzamento in un battito di ciglia, lancia la confezione dall'altra parte della sala, e lo tira contro di sé.

“Sì”, gli dice, con voce rotta, affondando le mani tra i suoi capelli e trascinandolo con sé giù sul carrello, macchiando anche lui di olio per motori e di bordeaux. “Sì. Sì. Sì. . Dio, Goten. Sì.”

Goten ride contro le sue labbra, e finge di non stare piangendo anche lui insieme al suo primo amore.


*


“Perché nessuno mi ha detto niente?!”

Bulma gli tira uno schiaffo contro il retro della nuca, così forte che la testa di Vegeta quasi non sbatte e non rimbalza contro l'elegante tavolo da ristorante. Per il matrimonio suo e di Goten, Trunks non ha badato a spese. “Stupido scimmione”, gli bercia contro sua moglie, “è da anni che Goten ti chiama papà!”

Vegeta ringhia come una bestia. “Cos'avrei dovuto dedurre da questo?!”

“Si sono baciati più di una volta davanti a te”, gli fa notare Bulma, lanciandogli uno sguardo di fuoco.

“Cosa ne so io di come i giovani esprimono affetto al giorno d'oggi?!” ruggisce Vegeta.

“Trunks ti ha detto di essere in grado di vedere l'aura di Goten!” urla Bulma. “Dio, quanto sei – quanto diavolo sei – ”

Sua moglie alza le braccia al cielo e si alza dalla sedia alla velocità della luce, rovesciando il tavolo addosso ai malcapitati Gohan e Videl. “Baciami, scimmione!”

“Mamma!” grida Trunks dall'altra parte della sala, impegnato a tagliare la torta nuziale con Goten. “Papà! Per favore...non oggi...”

“Immediatamente!” sbraita Vegeta ignorandolo del tutto, sollevandosi a sua volta dalla sua sedia ed afferrandola, lanciandola in testa a Goku per dimostrargli il suo ruolo di maschio alpha all'interno del branco. “Vieni qui, donna!”

“Un'altra parola e starai sotto”, sibila Bulma, lanciandoglisi addosso.

“Un'altra parola”, sussurra Vegeta, mentre Chichi si copre occhi e orecchie.

Trunks sospira, affranto, mentre i suoi genitori marciano fuori dal ristorante. “Felice matrimonio”, dice a Goten, facendogli un gesto con la testa per riprendere il taglio della torta senza i due.

Ma Goten è a casa, e ride così tanto da non riuscire a tenere saldamente l'elegante coltello decorato tra le mani. Ama queste persone, in tutta la loro eccentricità, in tutti i loro pregi e i loro difetti. Hanno reso Trunks la persona che è. “Felice matrimonio”, gli risponde con un sogghigno che è più Trunks che sé stesso, asciugandosi quasi le lacrime per il tanto ridere e lo bacia un'altra volta.

“Lasciamo della torta per i tuoi?” gli chiede poi, contro le labbra, senza riuscire ancora a smettere.

“No”, sorride Trunks diabolico, ridendo insieme a lui. “Non se la meritano.”

E Goten è pronto a sposare il suo migliore amico per sempre altre mille volte.








Note Autrice


A ventidue anni suonati e letteralmente a tre giorni dalla laurea, rieccomi in pompa magna con DragonBall. Sarò mai una persona seria? La risposta è no.

Non ho il tempo di rileggere (motivo: suddetta laurea che incombe), quindi vogliate scusare eventuali errori. Se ne trovate di orribili e di ingiustificabili, fatemelo sapere.

Il disclaimer lo faccio adesso, in ritardo, e dico: sfortunatamente non possiedo DragonBall né nulla che sia relativo a DragonBall tranne i miei deliri e le mie storie, e Akira Toriyama, purtroppo, non mi deve un euro.

Per ultimo, ma non meno importante: la frase che Goten dice a Vegeta e la scena che ne consegue (“hai un aspetto vegezioso, bello!”, e Trunks che gli molla un ceffone cercando di zittirlo) quando si trova sotto al tavolo con Trunks è ispirata ad una scena di questa storia. L'autrice ne è a conoscenza. Vi consiglio di leggerla perché è la fine del mondo.

Grazie per aver letto la mia, intanto, di storia, e spero davvero che vi sia piaciuta. Se vi va, lasciate un commento.


A presto (purtroppo, ed inevitabilmente),


Seele

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: Seele