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Autore: hollien    07/12/2019    3 recensioni
«Davvero non hai la più pallida idea di chi possa averci fatto questo, Ryuzaki?» azzardò nuovamente Light, assumendo l’espressione più intimorita che fosse in grado di esibire.
L fece scivolare lo sguardo su di lui. «Le possibilità sono molteplici, Light-kun. Dopotutto sono in molti a volermi togliere di mezzo.»
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Dopo esser stati entrambi storditi e sequestrati dal Quartier Generale da un'entità misteriosa, L e Light si troveranno costretti a mettere momentaneamente in stallo la loro partita per affrontare una situazione che nessuno dei due aveva messo in preventivo.
[Death Note – Lawlight]
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Beyond Birthday, L, Light/Raito | Coppie: L/Light
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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Scleri pre-capitolo: Questo è un misero tentativo di scrivere una mini-long su Death Note. Non era mia intenzione, giuro; ma sapete quando vi prende quella vena artistica e improvvisate all’ultimo secondo? Ecco. Questo è più o meno quello che mi è successo mentre scrivevo tutt’altra trama rispetto a quella che andrete a leggere. *fa spallucce*
Sinceramente non so ancora dove andrò a parare alla fine di questa storia, ma vi prometto fuochi d’artificio. (?) E giuro che dopo questa mi darò al fluff. Basta disgrazie.  
Detto ciò, voglio fare un ringraziamento speciale a coloro che hanno recensito la mia ultima storia. Mi avete riempito il cuore di gioia e presto risponderò alle vostre recensioni. <3 Ringrazio in anticipo anche coloro che leggeranno questo mio nuovo “esperimento” e che mi faranno sapere cosa ne pensano.  
P.S: Non escludo che il rating possa cambiare da arancione a rosso. 
Disclaimer: I personaggi di Death Note non mi appartengono, ma se mi appartenessero avrei donato quel tanto di dignità (e neuroni) a Misa per mandare finalmente a quel paese Light una volta per tutte. Altro che dimezzare la sua vita per due volte, tzè.


 
 Prisoners


Capitolo I




Light studiò il suo percorso di rinvenimento passo dopo passo: dapprima i muscoli della fronte avevano subito un raggrinzimento, poi si era aggiunta la contrazione delle dita dei piedi insieme ad un movimento comico della bocca, come se stesse gustando qualcosa – probabilmente stava immaginando di divorarsi qualcosa che conteneva una quantità spaventosa di saccarosio – e, per concludere, lo sbattere quasi impercettibile delle palpebre.
Gli concesse a malapena i secondi per mettere a fuoco la sua figura perché, nel medesimo istante in cui lo vide orientare lo sguardo onice su di lui, un commento caustico sorse dalle sue corde vocali.
«Per essere uno che soffre di insonnia, ce ne metti di tempo a riprendere conoscenza.»
Il suo interlocutore non rispose nell’immediato, no. Aveva ben pensato di ignorarlo per guardarsi attorno ed esaminare la situazione con occhio analitico.
Per spezzare una lancia in suo favore, ma solo nella sua testa, anche lui stesso, quando era rinvenuto, aveva focalizzato la sua attenzione sull’ambiente circostante piuttosto che cercare di conversare con l’uomo svenuto che stava sul versante opposto al suo – non sarebbe stato un dialogo avvincente e proficuo, in ogni caso.
Gli ci era voluto più di qualche istante per liberarsi dalla sensazione di stordimento che gli aveva compromesso l’intero sistema e rinfrescare la memoria.
L’ultimo ricordo nitido che era riuscito a ripescare era quello in cui, dopo essersi congedato dalla sala principale del Quartier Generale, si era messo alla ricerca di Ryuzaki, il quale si era assentato misteriosamente per più di un’ora.
Il pensiero che avesse potuto aver intuito qualcosa lo aveva reso irrequieto, perciò aveva deciso di sgattaiolare via dalle noiose chiacchiere degli altri membri della Task Force, non senza prima aver scoccato un’occhiata gelida in direzione di Rem.
Si era ben ragguardato dal farsi vedere, ovviamente. Già i rapporti fra lui e quello Shinigami erano appesi ad un filo sottile. Non si poteva certo permettere il lusso di mostrare apertamente la sua repulsione verso quell’essere fin troppo umano per meritare di esser definito un Dio della Morte.
Se non fosse stato per lei, quell’ultimo periodo sarebbe stato senz’altro più facile. A causa del suo stretto coinvolgimento con Misa, invece, – Light non riusciva davvero a spiegarsi cosa l’avesse fatta affezionare al punto da spingersi a morire per lei se fosse stato necessario – aveva pensato di far pendere sulla sua testa la minaccia di ucciderlo come un’indesiderata spada di Damocle.
L’unico modo che aveva per non farla crollare era quello di proteggere la ragazza che era entrata di prepotenza nella sua vita, procurandogli molte più seccature che vantaggi.   
Sebbene fosse “smemorato” e diventasse urticante quando era in astinenza di mele, Light apprezzava di gran lunga Ryuk a Rem. Almeno lui con la sua imparzialità non gli causava grandi problemi.
Una volta uscito di scena, il primo posto in cui Light si era diretto per cercare Ryuzaki era stato la lor–sua camera da letto - non lo avrebbe stupito scoprirlo rannicchiato sul materasso mentre digitava come un automa sulla tastiera del portatile.
Dopo aver scorto le lenzuola immacolate, aveva provato a sbirciare anche nel bagno, tuttavia nemmeno lì aveva trovato traccia del divoratore seriale di dolci. “Dove sei, L” si era domandato nervosamente, gli occhi puntati rigorosamente davanti a sé. Non aveva permesso ad alcuna espressione facciale in particolare di emergere perché, in quel palazzo mastodontico, le telecamere erano pronte a registrare qualsiasi battito di ciglia sospetto. “Non puoi permetterti di sparire. Non adesso, ad un passo dalla mia vittoria.” 
All’improvviso, gli era transitata nella testa l’idea di andare a controllare la zona dell’eliporto, un posto dove lui e Ryuzaki si erano recati un paio di volte nel periodo in cui erano stati ammanettati l’uno all’altro.
Mentre Light aveva passato la maggior parte del tempo ad ammirare il tappeto di stelle che si estendeva sulle loro teste con un sorriso genuino ad increspargli le labbra, L, spesso e volentieri, aveva tenuto il capo chino, le mani infossate goffamente nelle tasche dei jeans.
«Pensavo avessi piacere a venire quassù, Ryuzaki» lo aveva incalzato Light ad un certo punto mentre si chiedeva cosa stesse passando per la mente inaccessibile di quest’ultimo.
L aveva scollato le iridi plumbee dalla pavimentazione per indirizzarle su di lui. «Sì», aveva assentito con il suo consueto, inesistente entusiasmo. «Mi stavo solo chiedendo se avrei sentito una cosa» aveva aggiunto poi, guadagnandosi una sua occhiata disorientata.
«Quale cosa?»
Lo aveva osservato scuotere brevemente il capo corvino. «Niente, Light-kun.» Uno dei suoi sorrisetti di fabbrica gli aveva dipinto successivamente le labbra. «Torniamo dentro? Ho voglia di una fetta di cheesecake.»
Light non aveva insistito sulla questione, pensando che fosse una delle solite stranezze in cui Ryuzaki si era intrattenuto nella sua testa.
Si era dunque limitato a sbuffare prima di intimarlo a ridurre le dosi di zuccheri se non voleva trovarsi sdentato prima del tempo. L, dal canto suo, aveva fatto un gesto lavativo con le spalle, dopodiché lo aveva sorpassato, trascinandoselo dietro di sé come un pacco postale.
Il se stesso senza ricordi aveva adempiuto al suo compito come si aspettava: aveva protestato, ma alla fine aveva seguito Ryuzaki dovunque desiderasse, minimizzando il tutto con una risata.
Alle volte gli sembrava impossibile di essere stato quel ragazzo.
Si sentiva così diverso ora. Così consapevole. Così onnipotente. E quello stesso senso di onnipotenza era ciò che gli era scorso nelle vene mentre i suoi occhi avevano finalmente adocchiato la figura del detective sotto lo scroscio battente della pioggia.
Light aveva fatto aderire una mano alla parete, esitando a farsi avanti. Aveva sempre pensato che L fosse una sorta di macchina costantemente operativa. Incrollabile. Inscalfibile; eppure, in quel frangente, mentre l’acqua avviluppava la sua figura arcuata, aveva scorto in lui la vulnerabilità di un semplice essere umano.
Se lo avesse deluso vedere il suo rivale per eccellenza in quello stato o meno, Light non avrebbe saputo dirlo.
Non aveva fatto in tempo a richiamare la sua attenzione, alla fine. Si era sentito afferrare malamente da dietro nel medesimo istante in cui aveva mosso un passo, un bavaglio intriso di anestetizzante per farlo assopire all’altezza del naso.
Ed ecco svelato perché ora si trovava in quella situazione poco auspicabile.
Quando aveva dischiuso le palpebre, una fitta di panico lo aveva assediato perché aveva creduto erroneamente di aver commesso un passo falso e che, dopo averlo stordito, qualcuno di non meglio identificato ne avesse approfittato per sbatterlo in cella.
Si era tranquillizzato solo nel momento in cui le sue iridi caramello si erano scontrate con la figura di Ryuzaki, la quale sedeva inerme su una sedia collocata di fronte a sé.   
Le probabilità che fosse una messa in scena per incastrarlo erano discretamente alte, ma aveva un talento innato quando si trattava di uscire da situazioni scomode ed impreviste – anche se, ad essere onesti, non sapeva come avrebbe reagito il se stesso con i ricordi di Kira durante la sceneggiata che L aveva escogitato servendosi della collaborazione di suo padre.   
Era grato di aver rinunciato alla proprietà del quaderno perché esisteva la remota possibilità che, a causa del suo istinto di preservazione, avrebbe tentato di uccidere l’uomo che gli aveva dato la vita.
Avrebbe provato rimorso? Ne dubitava.
Aveva messo in conto sin dal principio che per costruire il mondo ideale, libero dalla malvagità che pullulava in ogni angolo del pianeta, avrebbe potuto ricorrere anche ai mezzi più spietati. Sacrificare i membri della sua famiglia era tra questi. 
Non era stato necessario, alla fine; e per come si era evoluta l’intera situazione era stato meglio così.
Il problema era che adesso aveva un altro grattacapo da risolvere: era rinchiuso dentro una stanza spoglia, senza uno straccio di finestra che lo aiutasse a capire in che zona del Kantō si trovasse – ammesso che fosse ancora in Giappone –, dalle deprimenti pareti grigiastre, in certi tratti scrostate e illuminata da un paio di luci scarne. Come se non bastasse, un pungente odore di muffa invadeva l’ambiente, il quale gli provocava spesso e malvolentieri uno sgradevole senso di nausea.   
Per non parlare del fatto che era legato mani e piedi ad una sedia tremendamente scomoda, lui, che non meritava niente di meno che sedersi su un trono.
All’improvviso, a sferzare quell’atmosfera statica ci pensò il quesito che pose L, il quale sembrava aver ritrovato il magico dono della parola dopo diversi minuti di silenzio stampa. 
«A cosa stai pensando, Light-kun?»
D’istinto, gli occhi di Light svettarono verso il soffitto. «Non lo so, Ryuzaki. Effettivamente mi stavo domandando come fosse il tempo fuori.»
Tutto il sarcasmo con cui aveva intriso le sue parole non dovette essere sufficiente perché L rispose un: «penso stia ancora piovendo» che lo lasciò alquanto perplesso.
O lo stava prendendo per i fondelli – molto probabile –, oppure il narcotizzante che avevano usato su di lui doveva avergli scombinato qualcosa nel cervello.   
Decise di ignorare quella pressante pulsione di voler replicare per le rime in favore di una domanda più inerente al contesto e decisamente più intelligente.
«Hai una vaga idea di chi potrebbe averci fatto questo?»
Vide L assentire placidamente con il capo. «In realtà, sì.»
Quell’affermazione, anche se di poco, lo confortò. Almeno avrebbe trovato il modo di vendicarsi su chiunque si fosse permesso di trattare il Dio di un Nuovo Mondo in quella maniera oltraggiosa. 
«Ovvero?» lo incalzò.
«Tu, Light-kun.»
Le palpebre di Light stralunarono non appena recepì il messaggio. «Cosa?»
«Esiste una buona percentuale che tu abbia pianificato tutto affinché qualcuno entri qua dentro, mi uccida, e faccia in modo che la Task Force ci trovi prima che a te possa accadere qualcosa.»
Light si trovò a meditare sull’ipotesi del detective con le labbra semi-dilatate per lo sbigottimento. Era assurdo che L fosse arrivato a dedurre un’eventualità simile, eppure doveva ammettere che era talmente nelle sue corde come piano che quasi mise in discussione il fatto di averlo ideato e di esserselo misteriosamente dimenticato nel mezzo.
Ormai si poteva dire che fosse avvezzo ai vuoti di memoria.
No, impossibile”, rifletté una frazione di secondo più tardi. Per quanto gli sarebbe piaciuto, era pronto a mettere la mano sul fuoco che non era lui l’artefice di quel rapimento, ma qualcun altro che gliela avrebbe pagata cara molto presto.
«Il fatto che tu stia valutando la mia ipotesi mi porta a pensare che sia così, Light-kun» postillò L, ridestandolo dal suo flusso di coscienza.
Light scrollò istantaneamente il capo. «No, Ryuzaki. Stavo solo meditando sul fatto che la tua stupidità mi lascia senza parole.» Si costrinse ad ingerire un ghigno quando aggiunse con sbeffeggio: «sai, comincio a crederti quando dici che se non stai seduto in quella tua posizione strampalata le tue facoltà intellettive si abbassano del quaranta per cento.»
Già. Chissà come doveva sentirsi L adesso che il loro sequestratore lo aveva obbligato a sedere come un normale essere umano e non con le ginocchia raggomitolate al petto.
Avrebbe anche potuto azzardare che fosse normale – e stranamente piacevole da guardare – se non fosse stato per le borse nere e pesanti che gli marcavano gli occhi da pesce lesso.
«Quarantadue, a dire il vero», obiettò il detective.   
Lo stilettò con lo sguardo. «Hai davvero voglia di polemizzare in un momento simile?» fece retorico, ma la retorica, avrebbe dovuto intuirlo, non faceva per uno come L.
«Controbattere a quello che dici, ultimamente, è quasi balzato in testa alla classifica dei miei hobby preferiti.»
Per la seconda volta in una manciata di minuti, Light si ritrovò con gli occhi innalzati in direzione del cielo. «Fammi indovinare: al primo posto c’è divorare dolci fino a quando non ti verrà il diabete?»
Osservò gli angoli della bocca di L incresparsi leggermente all’insù. «Light-kun mi conosce bene ormai.»
Prima che potesse reprimerlo, un sorrisetto attraversò i suoi lembi rosei. «Direi di sì dopo due mesi di forzata convivenza.»
Non aveva fatto in tempo a realizzare di essersi liberato dalle catene che lo avevano tenuto a stretto contatto con Ryuzaki che si era trovato nuovamente incatenato da un’altra parte – senza contare i cinquanta lunghissimi giorni che aveva passato in cella con i polsi consumati e legati dietro la schiena.
Doveva trattarsi di una maledizione.  
«Sono già passati due mesi?» Lo vide orientare gli occhi verso l’alto, come se si stesse addentrando nei meandri di ricordi lontani. «Sono volati.»
Parla per te” avrebbe voluto replicare Light d’impulso, ma optò per un cenno di assenso con il capo e l’esalazione di un finto malinconico: «Già, sembra ieri.»
Continuare ad assumere l’atteggiamento sprezzante che aveva utilizzato fino a quell’istante non avrebbe giovato alla sua posizione. Non aveva ancora trionfato sulla sua battaglia contro L, e ora come ora si era aperta una nuova parentesi imprevista, perciò si costrinse a nascondersi dietro ad una facciata di remissività. 
Era sicuro che il Light di quegli ultimi tempi avrebbe adottato quello stesso tipo di comportamento.
«Davvero non hai alcuna idea di chi possa averci fatto questo, Ryuzaki?» azzardò nuovamente, assumendo l’espressione più timorosa che fosse in grado di esibire.
Quest’ultimo fece scivolare lo sguardo su di lui. «Le possibilità sono molteplici, Light-kun. Dopotutto sono in molti a volermi togliere di mezzo.»
Di fronte a quell’asserzione, Light colse la palla al balzo. «Potrebbe essere stato un altro Kira» disse quasi con urgenza, le pupille dilatate per rendere la sua foga più veritiera possibile. «Magari dopo la morte di Higuchi ne è nato uno nuovo, no? Ma se questo fosse il caso…» Si addentò il labbro inferiore con marcata enfasi, incamerando il capo nelle spalle. «Saremmo spacciati.»
«Non si tratta di un nuovo Kira. Né tantomeno del primo o del secondo» dichiarò L, senza titubare un secondo.
Light fece in modo di nascondere sotto i suoi ciuffi castani il baluginio pericoloso che gli attraversò le pupille.
«Cos’è che ti fa essere così certo che non sia così?»
Lo osservò assumere un’aria meditante, e Light era certo che si sarebbe portato l’indice alla bocca se solo non avesse avuto le braccia bloccate dietro la spalliera della sedia.
«Per quanto riguarda un possibile nuovo Kira, il mio sesto senso» spiegò con il suo consueto timbro di voce indolente. «Il secondo, invece, immagino stia frignando per la scomparsa del suo amato; mentre il primo…» Un mezzo sorriso avanzò sui lembi marmorei di L, il quale mise Light in allerta. Sapeva già cosa avrebbe affermato successivamente, e quella consapevolezza non poté che fargli ribollire la bile nello stomaco. «È davanti a me. Considerando ciò–»
«Non ci posso credere!» Eruppe con così tanta veemenza che le gambe della sedia strisciarono rumorosamente sul pavimento. Non si preoccupò di mantenere un contegno. Una reazione del genere non avrebbe dovuto destare sospetti, non quando in due mesi non aveva fatto altro che sbottare in faccia a Ryuzaki ogni volta che lo accusava di essere Kira. «Ancora con questa storia? Quand’è che ti metterai il cuore in pace? Io e Misa siamo innocenti. Lo sai anche tu che ogni prova a nostro carico è stata invalidata dalla regola dei tredici giorni! E, in ogni caso, mi hai tenuto sott’occhio per mesi, ventiquattro ore su ventiquattro, senza mai notare nulla di sospetto. Possibile che non ti sia bastato?» Quando si acquietò, rilasciò un sospiro esasperato, fissando poi le iridi a quelle imperscrutabili del detective. «Devi accettare di esserti sbagliato, Ryuzaki. Non sei invincibile, perciò piantala con le tue accuse infondate.»
Seguirono degli istanti di silenzio ecclesiastico in cui Light credette di aver zittito il detective, incassando una piccola vittoria personale di cui si sarebbe dovuto gongolare interiormente, purtroppo; tuttavia avrebbe dovuto sapere che quest’ultimo sarebbe tornato all’attacco.
Era sempre stato così tra loro. Nessuno dei due era disposto a deporre le armi. Ma, in fondo, non era quella tenacia che rendeva L il suo rivale più temibile? L’unico che ritenesse all’altezza di poter competere con lui in uno spettacolare quanto elettrizzante testa a testa?
Senza L non avrebbe avuto ostacoli e a quell’ora, probabilmente, sarebbe già divenuto il Dio di un Nuovo Mondo; ma senza un avversario come L da contrastare, la sua vita non sarebbe stata meno noiosa di quando aveva messo le mani sul Death Note quel fatidico giorno nel giardino della sua scuola superiore.
«È conveniente», commentò L con tono tutt’altro che casuale.  
Light fece flettere un sopracciglio, scrollandosi di dosso i pensieri di quegli ultimi secondi. «Che cosa?»
«La regola dei tredici giorni.» Osservò il detective far ciondolare la testa su un lato mentre lo guardava sbiecamente. «Sembra quasi fatta apposta per scagionarvi, non trovi anche tu?»
Aveva del surreale come L riuscisse ad indovinare ogni cosa con quell’accuratezza. Ciò che era appurato era che non si era guadagnato il titolo dei migliori tre detective del mondo immotivatamente, tuttavia era altrettanto certo che, senza uno straccio di prova che potesse incriminarlo in maniera definitiva, tutte quelle parole equivalevano a non avere niente.
Forte di quella consapevolezza, Light permise ad un breve sorriso privo di contentezza di stagliarsi sulle sue labbra. «Qualsiasi cosa non avvalori la tua tesi ti sembra conveniente, Ryuzaki. Tu vuoi che io sia Kira» “per qualche motivo perverso”, omise. Con la stessa velocità con cui era comparso sul suo volto, quel sorriso si dissolse nell’atmosfera, lasciando spazio ad un’espressione ferita. «Il tuo primo vero amico un accidenti» chiosò con un’amarezza che non dovette nemmeno simulare.
Si augurò che il loro sequestratore si palesasse il più in fretta possibile ed esternasse quale fosse il suo desiderio perché non ne poteva più di stare incollato a quella sedia che era un attentato alla sua colonna vertebrale, men che meno condividere le stesse particelle di ossigeno con Ryuzaki.
Lo aveva già tollerato abbastanza per i suoi gusti.
L mosse spasmodicamente i piedi nudi, i quali riuscirono a calamitare lo sguardo di Light su di essi. Se c’era una cosa che aveva sempre trovato bizzarra era che non avesse mai trovato disgustoso il fatto che il detective avesse la mania di rimanere scalzo. Forse si era abituato talmente tanto alle stranezze di quest’ultimo che il fatto che non amasse indossare le scarpe era passato in secondo piano.
«Per quel che vale, sei davvero la prima persona che abbia mai considerato mio amico, Light-kun», ammise. Considerando che era un bugiardo compulsivo, esattamente come lui, Light preferì credere che fosse una delle solite affermazioni fatte per fargli abbassare la guardia. «Solo non permetto che questo influenzi il mio giudizio.»
Non appena recepì il messaggio, Light fece schioccare la punta della lingua sul palato. «Non temere. La tua infantilità è sufficiente ad annebbiare la tua inesistente oggettività.»
Quell’accusa dovette aver centrato un punto particolarmente sensibile perché L replicò un pungente: «Detto da te è un complimento, Light-kun.»
Un suo sopracciglio venne percorso da un tremito.
Avrebbe dovuto dimostrarsi superiore. Non dare bado al suo patetico tentativo di aizzarlo. Ma la vocina meschina nella sua testa gli fece presente che se fosse rimasto in silenzio sarebbe stato come dargliela vinta.
E non esisteva nessuna realtà in cui Light Yagami la dava vinta ad L.
Cominciò così l’ennesima battaglia di botta e risposta al veleno, degno di due scolari della scuola elementare, la quale trovò presto il suo epilogo quando entrambi udirono il crepitio tagliente di una porta che veniva spalancata con lentezza studiata, a tratti raccapricciante, facendoli voltare. 
La figura silenziosa che si presentò all’interno della stanza, interrompendo l’incessante battibecco fra lui ed L, indossava una ridicola mantella nera con il cappuccio, la quale impedì ad entrambi gli investigatori coinvolti nel caso Kira di scorgergli il volto, così come le sue fattezze.
L’unica cosa che Light poté affermare con assoluta certezza era che quest’ultima sporgeva in avanti con il busto, in una postura così tipicamente da L che se non lo avesse avuto davanti a sé avrebbe pensato immediatamente fosse lui.
Era un tentativo di imitarlo per schernire il suo orrendo portamento ricurvo? Si chiese con la fronte leggermente aggrottata. Più di ogni altra cosa, però, si domandò se quello sconosciuto fosse a conoscenza dell’identità di L e se fosse quello il motivo del rapimento.
Ciò che non tornava, però, era la sua presenza lì.
Quando nessuno parve intenzionato a voler interrompere quel silenzio opprimente che era calato come un sipario nella stanza, Light decise di intervenire.
«Alla buon’ora.» Benché non avesse utilizzato alcuna nota di stizza, convenne che non fosse stato l’esordio migliore che potesse fare. Fino a quando non gli fossero state chiare le intenzioni di quel tipo ambiguo che li aveva rapiti, pensò, era meglio che non giocasse troppo con il fuoco. Una volta appreso il suo obiettivo, gli avrebbe fatto saggiare la sua crudele vendetta. Nessuno poteva permettersi di umiliarlo in quel modo e restare impunito. «Ti stavamo aspettando.»
In risposta ricevette una risata viziosa quanto agghiacciante. Si elevò nell’aria, saturandola di un sapore che definire ferroso sarebbe stato un eufemismo.
Il fatto che gli avesse rammentato quella di Ryuk fece accrescere nello stomaco di Light un’inquietudine che mascherò in maniera magistrale.
Le risa del loro sequestratore si assopirono poco più tardi, lasciando nuovamente spazio ad un silenzio rigido, che non seppe se fosse il caso di fendere nuovamente.
Per qualche strana ragione, Light voltò il capo verso L come un magnete, cercando di intercettare quali fossero le sue considerazioni.
Tutto si aspettò tranne che scontrarsi con un’espressione contratta ai limiti del possibile e le iridi ridotte a due fessure.
Gli aveva scorto un’espressione analoga una volta soltanto, ovvero quando il secondo Kira – quando era accaduto, né lui né L sapevano che si trattasse di Misa – aveva risposto al loro messaggio sulla Sakura TV, citando gli Dei della Morte e i loro occhi.
«Ryuzaki.»
A Light sembrò logico utilizzare il suo pseudonimo per ridestarlo da quello stato semi-catatonico, tuttavia accadde qualcosa che lo lasciò attonito.
Fu il tipo incappucciato a rispondere con un tono di voce intriso di divertimento. Il vero problema, in realtà, non fu che avesse replicato lui, quanto il fatto che il timbro, seppur ovattato per colpa del copricapo, era tremendamente somigliante a quello di L.   
«Ryuzaki, eh?»
Sebbene Light non potesse vedere in che direzione stessero guardando gli occhi dell’estraneo, era palese che non si stesse rivolgendo a lui, perciò il suo sguardo torbido guizzò nuovamente su L in cerca di risposte.
Dalla reazione che aveva avuto era evidente che doveva sapere qualcosa.
Notò subito che i suoi muscoli facciali erano ancora corrugati in un’espressione annichilita, come se avesse appena visto un fantasma. 
La frase che la figura incappucciata esalò successivamente gli fece temere di non esser andato troppo lontano dalla realtà. 
«Non sapevo avessi sofferto la mia morte al punto tale da appropriarti del nome del mio alias.»
Light sgranò le palpebre.
Oh, no.
Quella voce non era simile a quella di Ryuzaki.
Era totalmente uguale.
Fu sul punto di domandare impulsivamente che fottuto scherzo fosse quello, ma l’altro lo ammutolì quando si liberò tempestivamente della propria copertura, mettendo alla luce il suo aspetto.
Tutto quello che Light avrebbe voluto esternare rimase incespicato nelle corde vocali.
No, pensò.
Non poteva essere vero.
Doveva trattarsi di un delirio della sua mente.
Eppure quelli erano i suoi capelli corvini scompigliati, i suoi occhi onice e profondi come i fondali degli oceani, il suo derma marmoreo, la sua postura ricurva e il pollice agganciato al labbro inferiore. E la maglia bianca a maniche lunghe, i jeans larghi e rimborsati, i piedi nudi...
Quel ragazzo era L tanto quanto quello che sedeva sul fronte opposto al suo.
L’unica vera differenza era che la versione in piedi vestiva sulle labbra un sorriso malizioso, subdolo, che mai nella sua vita avrebbe pensato di poter scorgere sul viso tanto conosciuto del detective.
Improvvisamente, Light sentì l’urgenza di distogliere gli occhi da quel volto sgradevole e aggrapparsi a quello del suo, di L, il quale era tornato a calzare la sua rituale espressione abulica.
E mentre Light cercò di combattere quella sensazione di aridità che gli assediava la gola, il timbro atipicamente austero di Ryuzaki sferzò quell’atmosfera di stallo, pronunciando una singola lettera.
«B




 
   
 
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