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Autore: Brixegael    02/08/2009    1 recensioni
La guerra di Maratona: Greci contro Persiani.
La storia di questa carneficina vista sotto gli occhi di un soldato Graco, i suoi ricordi, i suoi pensieri e la fine della guerra...
Prima FF storica ^_^, che vorrei ampliare...
Per favore datemi dei suggerimenti e scrivete tante recensioni GRAZIE @^_^@
-NEW!! Miglioramenti storici
-NEW!! l'introduzione degli immortali persiani
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
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Sono un soldato Greco, che ha combattuto contro i persiani durante la terribile battaglia sulla costa di Maratona; vi racconto la mia storia: ciò che ho vissuto in prima persona, ciò che ho visto con i miei occhi, ciò che ho provato in quei momenti di terrore.


Giacevo immobile, non sentivo più le mie gambe, il mio fiero corpo da Spartiata non rispondeva ai miei comandi, quei comandi che mi hanno permesso di salvare la pelle in molte situazioni, sentivo il sapore ferreo del sangue nella mia bocca, avevo il corpo ricoperto di questa sostanza rossa che ormai mi ha fatto compagnia per molte, forse troppe battaglie; lì in mezzo ai miei compagni, compagni nuovi e vecchi, che mi hanno assistito in questa massacrante guerra, gli stessi compagni che ora festeggiavano la suprema vittoria della battaglia, incuranti del loro compagno caduto...


La guerra incominciò intorno al settembre dell'anno 490 prima di colui che definite Il Salvatore. Se esiste un Salvatore io non lo so, ma se ci fosse stato in quei momenti, vi giuro che avrebbe pianto.


Mia moglie non voleva che io partissi per quella brutale carneficina, ma il dovere di un greco verso la sua patria viene prima di ogni cosa; anche della famiglia stessa. La mia bella moglie, aveva i capelli del colore del grano sciolti, che gli cadevano sul petto e sulla nuda schiena. La mia meravigliosa moglie, che ogni giorno preparava piatti speciali, per ringraziare gli Dei della nostra esistenza. La mia sfortunata moglie che piangeva mentre portava dentro casa mio figlio Eucle: ora sarà lui a portare avanti la gloria e l'onore della mia famiglia: da generazione in generazione è il figlio maschio a divenire, alla morte del padre, il nuovo capo-famiglia. Mio figlio Eucle ha i capelli corti, neri, come la piuma di corvo, un corvo libero, che può volare dove vuole senza limiti nello spazio o nel tempo, gli occhi sono invece chiari, come la spuma del mare che si infrange contro gli scogli, creando un dolce suono di distruzione. Nessuno in tutta la Grecia ha un figlio come il mio: Eucle era, già all'età di 5 anni, un abile guerriero, l'ho addestrato io a combattere, diverrà uno Spartiata, ma il suo più grande sogno è quello di divenire un inarrestabile Oplite. E' bravo anche con l'arco, centra una piuma in volo a 10 metri di distanza. Ma non solo: aveva già ideato e prodotto la sua armatura, unica, fatta di materiali cacciati da lui stesso: il busto di cuoio di lupo selvatico delle caverne, i guanti dal pelo bruno di un feroce orso e le gambiere di guscio di tartaruga dei fondali marini. Sarà un onore per entrambi quando diverrà lui il nuovo capo-famiglia, come quando io presi il posto di mio padre.


Mio padre, un uomo rude, fedele alle tradizioni, morì in una delle tante guerre per il territorio contro la potente Sparta. Il suo corpo era ridotto a brandelli quando lo riportarono a casa, i suoi capelli cadevano sulle ferite in petto, la sua armatura era stata tagliata a metà come una foglia, il sangue asciutto ricopriva le ossa e quei pochi organi ancora intatti in corpo. Mia madre non si scompose, era una donna forte, io non piansi, non potevo piangere ora che ero il nuovo capo di famiglia.


A questi tempi si svolgono le feste Carnee in tutta Grecia: feste, balli, banchetti tenuti il primo giorno di luna piena. E' vietato muovere guerra durante queste cerimonie, gli Dei si potrebbero infuriare, per questo motivo gli Spartani ci impiegarono molto tempo per raggiungerci sul fronte. A disprezzo degli Dei io e i miei fratelli compagni preferiamo difendere la nostra patria che divertire gli Dei con gli oracoli: donne che danzano per gli Dei a ritmo di assordanti tamburi fatti con cuoio di animale selvatico e legno di ebano. La mia carissima moglie l'ho conosciuta in una di queste feste, era l'accompagnatrice di una degli oracoli: era vestita di lunghi veste rosse, i capelli d'oro raccolti con una bacchetta di legno sul capo: formavano una spirale magnifica, che si illuminava quando gli ultimi raggi del pallido sole del tramonto di quel giorno le illuminavano il candido viso. Era bellissima, mi avvicinai, e con una scusa banale iniziai a parlare con lei. Parlammo di tutto ciò che ci passava per la testa: fu amore a prima vista, ci interessammo l'uno all'altra, basta la voce del compagno a farci rialzare in momenti difficili, mi rattrista quando non sentirò più la sua voce sensuale. Ci fidanzammo qualche giorno dopo quella festa, e ci sposammo qualche anno a venire.


Ne parlavo con Filippide, mio compagno d'armi ateniese, mi ricordava mio figlio: il suo nome, i suoi capelli corvini e la sua grande abilità con le armi a distanza. La nostra marcia verso la costa di Maratona fu estenuante, il giorno camminavamo senza sosta, imprecando per il fortissimo dolore alle ginocchia e alle spalle, la nostra pesante armatura ci tagliava il corpo, e si incollava nei muscoli; e la sera nelle nostre tende, parlavamo delle nostre famiglie e della terribile guerra che stava per scoppiare vicino a casa. Ognuno di noi era specializzato in una abilità diversa: io ero uno spadaccino, uno dei migliori diceva il comandante, Filippide invece era un tiratore esperto, il peltasta per eccellenza, avrebbe sicuramente ucciso molti persiani con i suoi tiri accurati.


I persiani, i nostri nemici. Già da molto tempo oramai vogliono conquistare le nostre preziose e uniche terre. Il loro più grande imperatore sarà Serse. Tentarà di conquistare tutta la Grecia: sarà però fermato da Sparta, o per meglio dire, da 300 Spartani. Quei 300... saranno ricordati negli annali della storia, i guerrieri più forti di tutto il mondo a noi fin'ora conosciuto. Fermeranno l'esercito dei persiani, tra 10 anni, per 3 giorni in un angusto stretto, il passo delle Termopili. 300 contro l'intero impero persiano. E resisteteranno fino all'ultimo uomo: il loro futuro re Leonida, che riunirà una Grecia ribelle nelle sue terribili mani. La guerra in quell'angusto stretto sarà estenuante. Ma solamente per i persiani, gli spartani sono nati per la guerra, erano e saranno la fucina dei più potenti guerrieri in tutta Europa occidentale, provavano un certo gusto sadico nei confronti della guerra. Entravano in guerra ogni qual volta si presentasse loro l'occasione, tranne per la guerra di Maratona: i saggi di Sparta non permisero loro di far giungere l'esercito in nostro aiuto a causa delle feste Carnee. Ci legammo al dito questo affronto, loro non ci aiutarono e noi non li aiuteremo.


Arrivati a Maratona aspettammo con fremitante attesa l'arrivo dei persiani, volevamo fargliela pagare cara la loro veemenza. Delle voci dicevano che il loro numero si aggirasse intorno ai 25.000 uomini, soprattutto arcieri e anche l'equipaggio delle loro navi. Il nostro numero invece era di 10.000 tra i migliori greci: riuniti con noi vi si trovavano tutte le classi militari a nostra disposizione: i peltasti, unità leggere, combattono con armi a distanza, fionde o giavellotti leggeri, non hanno una potente corazza, alcuni neanche la indossano, così da muoversi più agilmente; gli Spartiati, unità intermedie, abili nell'uso della spada e di giavellotti medi, hanno un’armatura più resistente, ma neanche del tutto ingombrante; e gli Opliti, le unità di fanteria più pesante e potente, la pesante armatura dorata gli risplendeva il petto e una lunga coda ornava i loro elmi, le loro spade affilate come un rasoio, capaci di tagliare in due per l'altezza di una foglia di pino; i loro scudi resistenti come un muro di pietra, impenetrabili anche per un esercito di arcieri, quali erano i persiani. Erano i nostri uomini più temibili, incutevano terrore nelle linee nemiche.


Dal mare finalmente si scorsero le innumerevoli navi persiane, mostri marini che tagliavano l'acqua sotto le loro imbarcazioni, divorandola come un giganti che hanno un grandissimo appetito. I nostri peltasti lanciarono con quanta forza era disponibile loro tutti i giavellotti, facendoli cadere a terra per la loro forza prodotta: molti dei loro colpi bersagliò solo l'acqua, altri invece riuscirono ad aprire falle in quei ciclopi, i persiani caddero uno ad uno in acqua. La giornata era iniziata bene, gli abbiamo fatto gustare solo un piccolo assaggio della nostra potenza.


Le ondate persiane sbarcarono lentamente, alcuni di loro si diressero nelle retrovie a costruire i rifugi e ad accampare qualche tenda, gli altri, invece, erano gli innumerevoli arcieri che formavano l'esercito della morte. Erano conosciuti in tutto il mondo per la potenza dei loro dardi. Scagliarono con tutta forza le loro frecce, oscurarono il sole, l'impero persiano non si risparmiò nemmeno questa volta. Ci riparammo dietro gli scudi o rocce abbastanza alte da non far passare i loro dardi. Il nostro generale Miliziade esclamò rivolgendosi a noi uomini "Non preoccupatevi! La loro ondata è certo forte! Le loro frecce oscureranno il sole! E allora noi combatteremo nell'ombra!". Quelle parole saranno di nuovo pronunciate. Non da lui, non quel giorno. Saranno pronunciate da uno Spartano durante il primo assalto dei persiani alle Termopili. Qualcuno cadde già ma fortunatamente era solamente ferito. Erano Spartiati, proprio come me. Gli Opliti erano ancora li, immobili, impassibili a quel potente attacco. I peltasti si allontanarono in fretta, e nessuno di loro fu ferito. Dopo molte ondate di frecce anche gli arcieri persiani si ritiarono nei loro accampamenti esanimi, e noi facemmo lo stesso per recuperare le energie per il grande conflitto che si apprestava a scatenarsi: una bufera di lame e ferro e legno e sudore e sangue stava per scagliare la sua terribile potenza su di noi, poveri esseri mortali.


Il secondo giorno fu più impetuoso: gli eserciti si scontrarono con una tale forza da far tremare le terra sotto ai nostri piedi, nelle calzature di cuoio rosso, comode e adatte alla corsa. Iniziò un duro scontro tra le prime file degli eserciti: i nostri terribili Opliti stavano mietendo vittime una dopo l’altra, le loro spade accarezzavano i loro volti facendo spruzzare sangue da ferite molto profonde, che causavano una morte lenta e dolorosa alle vittime; gli arcieri persiani dalle retrovie scoccavano legioni di frecce, incuranti dei loro alleati in prima linea, la gloria della Persia veniva anche prima delle vittime sacrificate per la tale. Qualche Oplite cadde, ma nulla in confronto agli uomini persi dall’esercito persiano. Sul campo di battaglia si poteva odorare il sapore cupo e amaro di sangue, e si sentiva anche la paura provata dai persiani, e la nostra gloria continuare ad innalzarsi verso l’Olimpo.


Al terzo giorno un nuovo vigore si udiva nell’esercito persiano. Erano più motivati del giorno precedente, una amara verità giungeva alle nostre orecchie. Il loro esercito era pronto a marciare: ci venne in contro con una tale furia mai vista prima da parte loro. Questo giorno fu una vera sconfitta per noi: i nostri Opliti caddero, il nostro sogno si infranse, come un vetro che viene a contatto con un sasso. La terra sotto ai nostri piedi era rossa, il sangue raggiungeva i nostri piedi, una chiazza di quella sostanza era in avvicinamento e continuava ad espandersi per tutte le nostre linee. Solo l’arrivo di nuovi alleati Greci riuscì a fermare quei mostri.


Il quarto giorno non successe nulla, i due eserciti si osservavano a vicenda senza colpirsi, anche una sola, singola freccia avrebbe innescato l’ira dell’esercito, il quale avrebbe travolto completamente l’altro: si poteva sentire un profondo odio tra i contendenti. Tra la notte del quarto e quinto giorno, si sentiva provenire uno strano rumore dal mare, delle ombre silenziose si muovevano nella notte senza farsi notare, poi dei rumori di passi che correvano verso l’accampamento persiano: arrivarono i loro rinforzi.


Il giorno seguente i nostri sospetti trovarono conferma, il loro esercito aumentò di volume di almeno tre volte, ed erano i più terribili combattenti dell'esercito persiano: gli immortali. Conosciuti per la loro terribile potenza e destrezza nel combattimeno, erano i migliori combattenti, quasi a pari merito con gli spartani. Si poteva sentire la paura scendere su tutti noi, come un'ombra notturna che cala la notte e ci squote le membra dall'interno. I loro occhi erano rossi, iniettati di sangue, desiderosi di morte. I volti degli immortali nelle prime linee erano coperti da maschere inespressive color cenere, erano le loro armi più potenti: un esercito in preda al panico è più facile da sconfiggere, anche se numeroso. Dalla mia posizione li riuscivo a vedere: uomini inespressivi che indossavano un'armatura pesante, cuoio e pelli di sciacallo fuse insieme per creare una difesa robusta e agile. I primi con pesanti spadoni a due mani che si innalzavano verso il cielo dal color dell'avorio lucente, con una punta ricurva verso l'interno all'estremità. Altri con una sciabola per mano dall'impugnitura rossa. Dividi e Conquista.


Nel sesto giorno arrivò una notizia, la notizia più bella che le nostre orecchie sperassero di sentire: a giorni avvenire sarebbero arrivati gli Spartani. L’esercito persiano lo venne a sapere, molti dei loro uomini conoscevano la potenza e la resistenza degli opliti spartani, della precisione assoluta dei peltasti e le conoscenze degli antichi guerrieri spartiati. L'esercito Persiano si dimezzò di numero, ammassi di carne ed ossa senza ormai alcuna speranza si gettarono dalla scogliera, preferivano un suicidio veloce ad una morte lenta e dolorosa che rappresentava la minaccia spartana. Gli immortali invece erano ancora ai loro posti, irrequieti, quella notizia gli fece scaldare il sangue in corpo, uno scontro epico stava per avvenire: gli elitè persiani contro i migliori guerrieri esistenti.


L’ultimo giorno di questa tremenda settimana, si iniziò a sentire la fatica delle armature pesanti che tagliavano la nostra carne e i nostri muscoli, dilaniati dalla fatica; delle armi taglienti ormai scheggiate e piene di sangue persiano e degli elmi sudati, ormai incollati alla pelle. Non eravamo più uomini, eravamo dei soldati: non si capiva dove finisse l'armatura e iniziasse il Greco al suo interno. Ora toccò a noi dimostrare la nostra forza nel combattimento a distanza. I peltasti avanzarono, Filippide era in prima linea; lo riconobbi subito, i suoi lunghi capelli corvini, e la sua statura erano senza eguali. Era un peltasta, ma sarebbe stato un'abile Spartiata, se solo avesse accettato l'incarico. La prima salva di colpi fu lanciata, molti persiani caddero. Una piccola vittoria in questa massacrante guerra lorda del sangue di più popoli.


All'ottavo giorno entrambi gli eserciti erano stremati. Che stavano architettando i persiani? sembrava come se stessero cercando di distoglierci da qualcosa di più importante, che fosse un diversivo? Che volessero attaccare Atene? Ma dovevano passare di lì. A meno che non volessero attaccare Atene dal mare. Sarebbe un guaio, comunicai la mia idea al comandante. Fu inutile: lo sospettava già da quella notte, decidemmo quindi di attaccare l'esercito persiano il giorno seguente.


Il nono giorno prendemmo l'iniziativa, marciammo contro di loro, e quelli, in risposta, si avvicinarono. Sciocchi. L'impatto fu terribile. Per i pochi persiani rimasti. Gli immortali non cedevano, non volevano perdere quella guerra. Molti di loro caddero sotto la nostra incessante avanzata. Miliziade, che era anche consigliere militare ad Atene, aveva ragione: li accerchiammo, i persiani oramai sconfitti scapparono, ruppero la formazione. Fu un gravissimo errore, segnò la loro fine. Gli immortali ormai rimasti soli, rischiarono il tutto per tutto. Avanzarono cercando di colpirci. Gli Opliti e i peltasti lanciarono una salva di giavellotti trafiggendo molti persiani in rotta. Noi Spartiati impegnammo gli immortali. Mai momento fu più glorioso per la nostra storia. La mia spada trafiggeva immortale dopo immortale, erano arrabbiati, furiosi dei aver perso la guerra. I loro colpi imprecisi ci passavano vicini senza colpirci. Fu una carneficina. Il mare, in fondo alla scogliera, dal suo bel colore azzurro chiaro, si trasformò in una chiazza di sangue annacquato. Gli immortali erano ormai tutti sconfitti.


I persiani sulle navi, per fermarci, lanciarono le loro terribili frecce, alcuni compagni caddero. Morti sotto quell'ondata di dardi assassini. Nuovi colpi persiani, nuovi compagni caduti. Un'ultima freccia venne scoccata, un ultimo Spartiata cadde.


Ora mi ritrovo qui, disteso su questa terra che ha accolto molti persiani, e qualche greco. La nostra vittoria fu totale. Una grossa disfatta da parte dei persiani. Fu mandato Filippide ad Atene per avvisare della nostra vittoria: ho la sensazione che lo io rivedrò molto presto, quel silenzioso buon vecchio amico d'armi.
   
 
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