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Autore: PerseoeAndromeda    02/08/2009    1 recensioni
Chino il capo; le lacrime che sto versando, ora unicamente per te, le meriti, fino all’ultima goccia. E mentre ti muti in polvere di stelle il canto del tuo cosmo è come una carezza sul mio cuore; non percepisco rancore in questa danza di luce che mi circonda, solo l’estremo tentativo di donarmi un coraggio che più volte, in questa giornata, come due secoli fa, ho sentito vacillare, così come è accaduto a te. Aspettare ancora…
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aries Shion, Libra Dohko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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RICORDI CELATI NELLA NOTTE

MEMORIE CELATE NELLA NOTTE

 

 - Rincorrersi attraverso i secoli -

 

 

 

 

- GORO HO, CINA, ESTATE 1986 -

 

Notte dopo notte ad osservare il tempo che passa, un tempo che per me profuma di eterno, che ha in sé il sapore dei secoli, nel mio angolino di mondo immutabile, nonostante tutto intorno ogni cosa sia tanto, troppo diversa rispetto a ciò che ho conosciuto… il nostro angolino di mondo immutabile, quello di Athena e dei suoi sacri guerrieri, del Santuario di Grecia, baluardo eretto a difesa di una Terra costantemente minacciata dalle forze oscure…

Il mio mondo… il tuo mondo… Sion…

In fin dei conti ti sono sopravvissuto, nonostante sia stato così simile il nostro destino, io sto per vedere la mia seconda Guerra Sacra… e tu?

Non sono molti i sacri guerrieri che prendono parte ad un tale conflitto più di una volta, un’unica volta nel corso di un’esistenza sarebbe sufficiente per chiunque.

Una Guerra Sacra per ogni generazione di saint, questo ciò che solitamente accade, perché è in nome di questa contesa che Athena ed i suoi ragazzi rinascono.

Ma io ho ricevuto un dono, seppur azzardato definirlo in tal modo, mettendosi nei panni di un comune mortale, ma io sì, lo vivo come dono, mi ritengo fortunato, perché poter servire la Dea una volta di più è quanto di più onorevole e grato possa accadere ad un sacro guerriero di Grecia.

Noi abbiamo ricevuto quel dono, anche tu, ma nelle stelle non era scritto che avremmo lottato, ancora, fianco a fianco… te ne sei andato prima di poterla affrontare la tua seconda Guerra Sacra… ti hanno costretto ad andartene prima… e per noi è sempre troppo tardi.

In cosa speravo? Che questa volta sarei stato meno cieco? Che ancora avremmo corso l’uno accanto all’altro, impavidi, contro il pericolo, contro la morte, ma che, a differenza di un altro momento tanto simile, io finalmente avrei parlato?

E’ facile pensarlo adesso, ma difficile immaginare che avrei ceduto… desiderando disperatamente cedere.

Il mio capo si abbassa, non dovrei distrarmi, lo so, ma ho bisogno di questi istanti, gli ultimi che mi saranno concessi, forse, per pensare ancora a te. Sono un guscio grinzoso di vecchio nel cui petto si attorcigliano, frementi e strazianti, i tormenti di un adolescente innamorato, ma quanto fa strano, alla mia mente di saggio maestro ed esponente della massima gerarchia di Athena, ragionare in tal modo.

Non riesco ad impedirmi, adesso, di dedicare a te questi attimi che mi separano dall’estremo traguardo, quanto lo affronterei più serenamente tale momento se tutta la mia ultracentenaria esistenza non portasse con sé l’amaro veleno del rimpianto, il mio errore eterno, iniziato due secoli fa, quando il mondo era tanto diverso, ma sempre uguale a se stesso il sacro ostello dei santi di Athena.

 

 

 

- ATENE, GRANDE TEMPIO DI GRECIA, ESTATE 1735 

 

Ti rincorro sempre, ma tu non ti fermi mai ad aspettarmi; abbiamo la stessa età, ma a volte mi tratti come un bambino molesto da scacciare e dimentichi di essere tu stesso un bambino, che ancora tanto ha da imparare dalla vita, per quanto già guerriero, quale io sono.

Ti sto ancora rincorrendo, cercando tra le rocce ed i boschi che celano il Santuario agli occhi del mondo; non mi tratti male, ma a volte ho la sensazione di metterti a disagio e non capisco perché. Sei il mio migliore amico e in svariate occasioni mi fai sentire un nemico; stiamo insieme a parlare, a scambiarci le nostre idee sull’universo che si rivelano in genere affini e, all’improvviso, tu mi escludi e con qualche scusa liquidi velocemente il bisogno che ho di restarti ancora vicino.

Ti trovo in riva al fiume, il nostro solito fiume, che ascolta tante nostre confidenze e paure, giorno dopo giorno; le ginocchia raccolte sul petto osservi, mesto, lo scorrere dell’acqua e di tutto ciò che trascina con sé, sperando che si porti via anche il tuo malessere, che sento, percepisco profondamente mio.

“Dohko…”

Il mio mormorio di bimbo incerto si perde tra lo stormire delle fronde e nel canto delle acque, eppure tu lo odi, o forse è semplicemente la mia presenza che hai percepito, tanto in simbiosi sono le nostre anime, anche se, probabilmente, tu non ne sei consapevole quale io sono.

Ti volti, è difficile capire se sei felice o meno di vedermi, l’indifferenza fa più male però e leggerla sul tuo volto è terribile per me, è terribile non saper interpretare quello che provi; forse, dopotutto, la simbiosi che immagini è solo mia illusione, mi illudo così facilmente, in fondo, mi illudo da quando sono nato e da quando ti ho conosciuto ancora di più… di cosa mi illudo e mi sono sempre illuso ancora non lo so, non so darvi forma.

I miei passi mi conducono al tuo fianco e mi lascio cadere sull’erba, in una posizione speculare alla tua.

“Ti disturbo?”

Scuoti il capo, dopo avermi scrutato per un po’:

“Tu non mi disturbi mai.”

“Sei un bugiardo.”

Lo dico con voce pacata, ma abbasso lo sguardo a fissare il fiume, ho messo il broncio, la mia espressione fintamente arrabbiata e soprattutto addolorata che ti fa sempre sorridere; non ti smentisci e il tuo risolino giunge, un po’ irritante, alle mie orecchie.

“Perché hai questa innata capacità di dire sciocchezze, solo perché la tua testa lavora troppo?”

Il mio broncio non si allenta.

“Sei offensivo.”

“E’ che sei troppo complicato, si fa fatica, spesso, a capire quello che pensi.”

“Io, sarei troppo complicato?” scatto in piedi, i pugni stretti lungo i fianchi, la mia voce non è più così moderata “Io non cambio mai nei tuoi confronti, il tuo umore muta ogni istante, prima parliamo, poi tu scappi e io rimango a chiedermi perché, cosa possa io aver mai detto di male per spingerti a starmi, improvvisamente, lontano!”

Sei colpito, ora è il tuo viso che si atteggia ad un broncio perplesso, indietreggi un po’, perché quando io mi ergo in tutta la mai rabbia so essere maestoso, pur nella mia veste di cucciolo di gold, ancora troppo piccolo per essere considerato adulto; ma appartengo ad un’antica stirpe, nel cui sangue la pura innocenza si amalgama in un magico fluido con la saggezza intrisa di solenne apparenza.

“Non pensi che forse è per questo che dopo un po’ mi allontano?” osi, un po’ timidamente “stiamo tanto bene e poi tu te ne esci con questi discorsi strani che non possono fare altro che mettere a disagio! Non solo quando ti arrabbi ma quando ti inoltri in conversazioni complesse e ambigue che non riesco più a seguire!”

“Ambigue?” mormoro, lasciandomi cadere di nuovo sul prato. Quando cominciamo in questo modo, il dialogo che solitamente abbiamo, va scemando e subentra un’incomunicabilità senza speranza.

Ma forse non hai tutti i torti, perché è vero, capita che neanche io sappia cosa vorrei da me stesso… e da te…

Tu sei limpido e puro nella tua dedizione alla Dea, tu così piccolo fai di saggezza e giustizia le mire già salde e perfettamente consapevoli della tua maturazione guerriera, tu forse hai già smesso di crescere, perché ciò di cui hai bisogno l’hai trovato, completo, nell’ideale per cui siamo venuti al mondo, null’altro ti serve, a null’altro aspiri.

Altrettanto importante è per me, mente e spirito sono fermi e coscienti, come lo sono i tuoi, ma nel mio cuore pulsa qualcos’altro di non meno intenso, qualcosa cui non so dare un nome e che non capisco. Chissà, forse lo capirò col tempo, saprò interpretare me stesso e farò in modo di aiutare te ad interpretarmi…

Ma tu forse non capirai mai, forse non vorrai capire… potrei aspettare in eterno che tu impari a rapportarti a me anche col cuore, sarò in grado di farlo, di sopportare un’attesa infinita?

 

 

 

 

- ATENE, GRANDE TEMPIO DI GRECIA, ESTATE 1743 -

 

Ti sto ancora cercando; la tua abilità nello sfuggirmi si è affinata nel corso degli anni, tanto quanto è cresciuta, giorno dopo giorno, la mia capacità di leggermi dentro, fino ad essere certo che quel che sento è amore, che lo è sempre stato e sempre lo sarà, anche quando saremo polvere di stelle dissolta nel cosmo.

Ma tu?

Che mi vuoi bene è palese, a tuo modo sai dimostrare quanto io conti per te, ma esiste una soglia oltre la quale rifiuti di spingerti e che mi getta, costantemente, nel dubbio. Forse solo questo fiume e gli ulivi alti sopra di noi conoscono ciò che non confidi neanche a te stesso, perché loro sanno ogni cosa del mondo, delle esistenze che qui, da secoli, plasmano l’essenza di devoti servitori cresciuti in un ideale di sofferenza e d’amore; altresì sanno cosa ci attende, da un momento all’altro, quale destino di morte giungerà a falciare l’entusiasmo di cuori bambini già tanto grandi nell’anima.

Il fiume, gli olivi, le stelle, sanno quanto poco tempo ormai ci rimane e lo so, vorrebbero anch’essi sfiorare il tuo cuore, farsi capire da te…

“Dimmelo… se hai qualcosa da dirmi…”

Lo sussurro, appena ti vedo, l’acqua corrente e il frusciare dei rami ad accompagnare la mia voce, per condurla fino a te. Il sussulto delle tue spalle è indice che fino a questo momento la mia presenza non ti era nota e, quando ti volti, la tristezza del tuo sguardo opprime il mio animo e rende più cupo il sole scottante di questa giornata.

“Hai detto qualcosa, Sion?”

Sorrido, mesto, in fondo è destino che tu non oda le cose importanti, non è vero? Che tu non colga il senso delle mie parole, quando tento di condurre una conversazione atta ad ottenere risposte.

“La odi la tristezza della natura?”

Mi incupisco; sentirti parlare così dolorosamente è indice di profondi mutamenti… di minacce… tu sei sempre stato particolarmente attento a intuire queste sfumature.

“Non è solo tristezza… l’universo ha paura…”

“Dohko…”

So di cosa parli, so cosa sta per accadere; anche io parlo con le stelle, con gli alberi e l’acqua, ma è bizzarro che tu sia il pessimista tra noi… è inquietante.

“Anche tu hai paura, vero, amico mio?”

Forse, in altri momenti, questa mia domanda ti avrebbe indispettito, ti saresti infuriato al solo pensiero che io potessi trovare il coraggio di formularla.

Questa volta no, ti limiti a scrutarmi, mentre mi accuccio accanto a te, mentre mi sfiora vagamente il ricordo  delle tante volte che hanno visto ripetersi questa scena, nel corso degli anni. Distogli lo sguardo, lo porti a scrutare un uccellino, una cutrettola posatasi su una roccia nel fiume, poco distante da noi. Ci fissa, quasi fosse interessata al nostro discorso; sarà suggestione, ma leggo una supplica in quegli occhietti scuri ed acuti… il consapevole destino della Terra raccolto nello sguardo della natura selvaggia.

“Il mondo sa di essere in pericolo…”

Le tue parole mi fanno capire che la tua interpretazione è identica alla mia, o forse i nostri spiriti sono in contatto ed egualmente suggestionabili.

“Non avere paura sarebbe da stolti” sospiri, abbassando lo sguardo sulle tue braccia intrecciate intorno alle ginocchia.

Io, invece, non  smetto di osservare l’uccellino, che continua ad aspettarsi qualcosa da noi.

“Però… la Terra si salverà… ha dei difensori degni, non trovi?”

Trovo la forza di dirlo con un sorriso, al quale risponde il rassicurato trillo della cutrettola che spicca il volo e scompare tra i rami.

“La Terra ha più che mai bisogno del nostro coraggio” dico ancora, tornando serio.

Non ti sto guardando, ma percepisco i tuoi occhi, altrettanto scuri ed intensi come quelli di un uccellino curioso, fissi su di me.

“Ma chi difenderà noi, Sion?”

Sussulto e finalmente ricambio il tuo sguardo.

“Chi difenderà i nostri compagni più piccoli? Non meritano forse che si prenda cura di loro?” prosegui e quei tuoi occhi sembrano voler affondare nella mia anima.

Tu cerchi rassicurazioni da me? Come posso dartele? Sei tu solitamente, tra noi, l’incorruttibile granito; io sono forte, ma non così sicuro, non così stabile, le paure che ora esprimi sono sempre state mie, come puoi chiedermi di aiutarti a fugarle dal tuo cuore?

“Scusami” un altro sospiro ed il tuo sguardo ancora mi sfugge e si rivolge alle tue dita che si intrecciano nervosamente le une alle altre “Non era mia intenzione contribuire alla dissoluzione del tuo entusiasmo, non so cosa mi prenda… né perché…”

“Non devi sentirti in colpa perché provi un sentimento così naturale come l’attaccamento alla vita; l’amore per la vita è uno degli imprescindibili dettami della nostra Dea…”

“…e in nome di tali dettami, dei bambini valorosi sono mandati a morire…”

“Oh… Dohko…”

No… non è da te mettere così a nudo la tenerezza, tuttavia sconfinata, del tuo grande cuore.

“Scusami ancora…”

Scuoto il capo, ma non so esattamente cosa dire; non posso effettivamente negare di trovarmi alquanto spiazzato, per quanto vorrei recarti conforto, mi sento, in questo momento, incapace di farlo.

Il sentore dell’ineluttabile ci rapisce ed avvolge, non è neanche così consolante, in questi istanti, la consapevolezza che in noi risiede la sola e degna speranza del mondo; in fondo la vorrei, come la vorresti tu, un po’ di speranza anche per noi. Ma basterebbe così poco per mutare in meglio la nostra situazione… la mia e la tua almeno… sarebbe sufficiente una parola… una frase, pronunciata dalle tue labbra e la ruota del nostro destino girerebbe in maniera diversa.

Eppure tu lo sai, quante volte te l’ho fatto capire? Quante volte sei sfuggito, ritroso, ai miei tentativi di fare maggior chiarezza, senza darmi altra scelta se non quella di attendere una tua decisione, un tuo passo? Io più di così non posso fare, tocca a te, Dohko, ma non abbiamo più tempo; in questo non posso aiutarti, la mia parte l’ho fatta, cozzando contro un muro vasto come la barriera che si dipana, incontrastata, lungo la tua terra d’origine.

Sei esattamente come la muraglia cinese che resiste al logorio dei secoli… altrettanti secoli mi farai attendere ancora… amore mio?

 

 

 

 

- 1743, DOPO LA GUERRA SACRA -

 

“E’ finita?”

“Sì, Sion… è finita… la Terra è salva…”

“Ma noi… siamo rimasti soli…”

Ci appoggiamo l’un l’altro, intorno a noi tutto è distruzione, è morte…

I nostri compagni che erano sopravvissuti ai contrasti interni del Santuario sono stati massacrati, uno dopo l’altro, in questa estrema battaglia; a noi spetta l’infelice ruolo di unici superstiti di un dramma che troppo spesso si ripete, una volta ogni generazione di saint, sempre troppo uguale a se stesso, troppo triste per essere sopportato.

Sono stanco e la mia stanchezza si unisce alla tua, intensificandosi, le nostre diverse infelicità che si nutrono l’una dell’altra.

“Adesso dobbiamo essere forti, Sion” cerchi di confortarmi, stringendoti a me in un modo che sempre ho sognato, ma che mai mi hai concesso. Perché solo adesso, Dohko e cosa sarà di noi?

Per quanto tempo camminiamo in mezzo alla devastazione non lo so, ma all’improvviso, man mano che un poco di lucidità ritorna in me, capisco unicamente di sentirmi troppo stanco, insopportabilmente esausto per affrontare qualunque cosa possa ancora accadere e la certezza di essere sopravvissuto ai nostri compagni. Le mie gambe cedono, mi ritrovo in ginocchio con te sempre allacciato al mio corpo, non hai provato a sostenermi, ti sei lasciato trascinare anche tu in questo mio crollo, accompagnandolo e condividendolo…

Sì, lo so che partecipiamo delle medesime sensazioni, quasi le nostre anime fossero in simbiosi… e lo sono, non ho mai avuto dubbi a riguardo, eppure manca sempre un tassello.

Come posso ragionare sul non detto tra noi in questi momenti in cui abbiamo perso tutto… tutti?

Non ne posso fare a meno, il mio capo si fa troppo pesante, lo lascio cadere di lato, finché poggia sulla tua spalla che, stranamente, accetta questo contatto al quale, in passato, si è sempre sottratta.

Sicuramente tu stesso, ora, hai altro cui pensare che esula dal tuo barricarti costante dietro un muro di ostentata distanza.

A quel punto giunge a noi la voce, che siamo entrambi in grado di riconoscere, per quanto così diversa da quella di Dea bambina, ospite in Terra della Nostra Signora.

“Non piangete chi ora è accolto nell’eterna pace dell’Elisio e preparatevi, perché sarà ancora lungo, per voi, il periodo di permanenza tra i vivi, in nome di un ulteriore dovere che siete chiamati a compiere e per il quale vi chiedo, sinceramente, perdono.”

E’ la Dea nella sua più autentica essenza che ci parla, non più corpo, ma altrettanto concreta per noi, a sostentare i nostri ideali. E con tali parole segna, ancora, il nostro destino: continueremo a operare in Suo nome, ancora uniti in Athena, senza tuttavia poterlo fare vicini… senza poterci incontrare… la mia attesa diverrà realmente secolare, non è vero, Dohko?

 

 

 

 

- 1986: L’INIZIO DELLA NUOVA GUERRA SACRA -

 

Non me l’ero aspettato fino all’ultimo momento, perché nascondermelo? Sperare di incontrarti ancora su questa Terra… nonostante la mia maschera di esasperata ironia non posso negare di essere rimasto sorpreso.

Mentre me ne stavo appollaiato, a vegliare al mio posto di sempre, a seguire da lontano ciò che avveniva nel resto del mondo, soprattutto in quella che da sempre era la nostra casa, il Santuario, non credere che io non ti abbia mai pensato, Sion, mentre eri così fisicamente distante. Non hai neanche provato, nei tuoi secoli di sacerdozio in nome di Athena, a raggiungermi con il pensiero… non me la prendo, in fondo non l’ho fatto neanche io, non l’ho mai fatto neanche quando eravamo giovani saints, per quanto sapessi dei tuoi tentativi disperati. Come potevo pretendere che tu continuassi a tentare di scalfire il mio silenzio?

Poi il dramma… l’assassinio perpetrato a tuo danno che ha spezzato ogni speranza di incontrarci ancora in questo mondo…

Io ho percepito, sai, la tua ultima agonia? Io so che in essa c’era un messaggio per me…

Ero lontano, ma il legame dei nostri cosmi non è mai stato realmente disciolto e il tuo ultimo respiro è arrivato a me, tramite le stelle, portando con sé il tuo disperato messaggio: sono costretto ad andarmene per primo… perché non riesci, in alcun modo, a raggiungermi, quando io ho toccato il tuo cuore tanto tempo fa?

Tanto tempo fa… due secoli… la prima volta che ci incontrammo, la nascita della nostra… amicizia… il tuo saltellarmi dietro come un cucciolo che non poteva fare a meno di stare con me. Non potevo fare a meno neanche io della tua presenza, ma perché tutta questa paura di dirtelo? Perché non rivelarti… ciò che non oso dire, che non riesco a rivelare a me stesso? Perché mi è così difficile ammetterlo?

La notte scorsa ho pianto… ed anche questa notte, quando le onde spirituali del tuo risveglio voluto da Hades sono giunte sino a me, ho versato lacrime prima di alzarmi e mettermi in viaggio; quando ci siamo incontrati, faccia a faccia, i miei occhi erano asciutti, la mia risata celava lo strazio del mio cuore, perché avevo capito…

In realtà neanche per un istante ho dubitato di te: che tu potessi aver tradito Athena, i nostri ideali, era l’ipotesi più assurda da contemplare… non tu…

E infatti ti sei prestato al servigio più terribile, più doloroso… tu e i compagni che hai condotto con te, siete coloro che più hanno sofferto all’inizio di questa battaglia… e quanto ancora ci sarà da soffrire?

La prima parte di questa guerra si è conclusa, come allora, in superficie… a differenza della nostra precedente guerra sacra continuerà giù, nel Meikai… se loro riusciranno.

E tali tormenti, insieme a molti altri, turbinano dentro di me, mentre me ne sto su questi scalini, ad osservare la distruzione che nuovamente devasta la nostra casa… e il mondo. Compaio alle tue spalle, al contrario di quanto accadeva in passato, quando mi rincorrevi, mi cercavi, speravi da me qualcosa che non sarebbe mai arrivato. Ora sei in piedi, immobile, a guardare lontano… forse il tuo sguardo oltrepassa i confini del tempo.

“Cosa stai guardando?”

“Il Santuario. Tutta la Terra.”

“Capisco.”

Sì, capisco e condivido la tua ansia; questo istante sembra tanto simile alla vigilia della nostra precedente Guerra Sacra: sono identiche le mie paure, non credo ci si possa abituare a qualcosa di simile, neanche con l’esperienza di secoli sulle spalle. Ancora mi sento responsabile di vite troppo giovani perché io possa accettare di vederle recise dalla falce della signora oscura… i miei compagni di allora, quando ero tanto giovane io stesso… i miei compagni attuali… i miei piccoli compagni… il mio allievo…

Sto pensando a te Sion, ma anche a loro, mentre cammino fino a portarmi al tuo fianco.

“Seiya e i suoi amici… alla fine abbiamo nuovamente mandato quei bambini sul campo di battaglia…”

Allora avevi tentato di rassicurarmi, ma adesso sai anche tu che nessuna rassicurazione potrà rendere più leggero ciò che sta per accadere.

“Mi dispiace davvero…”

E’ atroce sentirti tanto abbattuto; posso quasi udire i tuoi pensieri. Speravi che sarebbe finita in altro modo, speravi che il vostro gesto sarebbe stato sufficiente ad impedire il dramma finale, speravi che tu, Aphrodite, Death Mask, Saga, Shura, Camus, sareste riusciti in qualcosa di estremo, di troppo difficile per chiunque. Quanto vorrei abbracciarti e rassicurarti io stesso che il vostro dovere l’avete compiuto fino in fondo e ad un terribile prezzo!

Invece mi siedo, lo sguardo fisso davanti a me:

“Nessuno avrebbe potuto impedirlo… Solo temo… che potrebbero non essersi risvegliati all’Arayashiki.”

“Shaka ha dedicato il suo ultimo poema ad Athena… e adesso sono diretti verso il Meikai pur essendo ancora in vita. Hanno raggiunto la parte più profonda del Meikai senza che nessuno ve li gettasse dentro. Sono la nostra sola speranza.”

Finisci il tuo discorso con un sussulto della voce, indice della tua sofferenza; so cosa sta per accaderti e ancora non riesco a muovermi. Invece porto avanti le tue argomentazioni, chiudendo occhi ed orecchie alla disperazione che covo nell’animo, coprendola con la finta lucidità delle osservazioni dettate da ragione:

“Il cosmo che ogni essere umano possiede all’origine della sua vita… l’Ottavo Senso, che va oltre il Settimo… l’Ottavo Senso, anche chiamato Arayashiki… potrebbero averlo risvegliato da soli…”

Mi riferisco ai piccoli bronze… so che Athena e Shaka sono già laggiù, ma il mio cuore ancora trepida per Shiryu, mio amato allievo, per Seiya e gli altri. Anche se ne sono consapevole: in ogni caso loro destino è donare la vita, come è stato per i nostri compagni di un tempo.

La tua voce nuovamente giunge a distogliermi dal buco nero, ora di nuovo salda, apparentemente ripresasi dalla momentanea sofferenza, mi illudo, consapevole che si tratta di un’ultima tregua… un’ultima possibilità per me?

“A pensarci bene, durante le nostre numerose battaglie, noi ci siamo risvegliati al Settimo Senso, espandendo il nostro cosmo.”

Hai ragione; siamo saints… loro stessi lo sono e tutto quel che possiamo fare, adesso, è credere in loro. Annuisco:

“E’ lo stesso per Seiya e i suoi amici. No, loro non hanno ancora elevato il loro cosmo al massimo e sanno compiere miracoli. Non c’è dubbio, hanno risvegliato il loro Ottavo Senso!”

Taccio il successivo pensiero che si materializza in me: riusciranno nell’impresa, sono ottimista, ora, a riguardo, ma nessuno torna vivo dal regno della morte… il loro ruolo di vittime sacrificali troverà il suo perfetto compimento. Una parte di me non può accettare che sia giusto così… ma in quanto sacro guerriero sì, accetterò il fato che loro stessi hanno interiorizzato.

Saprò accettare anche il nostro, Sion? Un fato sul quale io, se volessi, potrei forse influire?

“Dohko… se potessi, vorrei fermarmi a conversare con te più a lungo…”

La debolezza della tua voce suscita un fremito in me, ma ancora non oso guardarti, non ce la faccio a guardare, in tutta la sua crudezza, ciò che stai per subire… è troppo persino per me. Come è troppo pensare che potrei dare sollievo al tuo dolore se solo dicessi una parola… una singola, significativa, parola.

“Cosa stai dicendo? Presto ci incontreremo ancora.”

La mia disperazione è tale da farmi rispondere in maniera insensata… dico una cosa e vorrei dirne un’altra, mentre questo blocco che ho dentro non viene abbattuto neanche in un momento simile, neanche di fronte alla consapevolezza che questa, in realtà, è la nostra ultima occasione.

Con la coda dell’occhio intravedo il tuo capo che si china di lato, ciocche dei tuoi capelli folti e biondissimi ad accarezzarti la spalla… e soprattutto intravedo il tuo sorriso in cui tristezza e rassegnazione si fondono nell’espressione di chi accetta e, in pace, sa accontentarsi e fare tesoro… ed io provo, una volta di più, una vergogna infinita quando il tuo saluto mi giunge, velato di ironia:

“Sì… ho già aspettato 243 anni, posso aspettare ancora un po’. Il luogo non è importante.”

Chino il capo; le lacrime che sto versando, ora unicamente per te, le meriti, fino all’ultima goccia. E mentre ti muti in polvere di stelle il canto del tuo cosmo è come una carezza sul mio cuore; non percepisco rancore in questa danza di luce che mi circonda, solo l’estremo tentativo di donarmi un coraggio che più volte, in questa giornata, come due secoli fa, ho sentito vacillare, così come è accaduto a te.

Aspettare ancora…

Se è vero che si vive per sempre, che i nostri cosmi vivranno per sempre, forse, dopotutto, ci rincontreremo; questo pensiero mi sosterrà nel corso di questa battaglia, che per me non è ancora finita…

Ma poi ti raggiungerò e spero che il mio coraggio sarà, definitivamente, completo; fino ad allora, addio, amico mio.

 

 

 

 

Profumo di stelle,

luccicante coperta distesa su sogni

da sempre sognati,

speranze vissute in cuori mai stanchi

di cercare qualcosa che da sempre risplende

in devoti guerrieri,

in anime pure, di pace ammantate,

di guerra nutrite,

di luce plasmate,

nel dolore cresciute.

E splende l'astro per ciascuno nel cuore,

pulsa una stella di mito lontano,

ancora narrato da spiriti eletti

che rinascono eroi di antiche virtù.

 

   
 
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