Era
la tavolata natalizia più assurda e improbabile che si fosse mai
vista.
I
tredici commensali sembravano personaggi che un regista teatrale
visionario e un po' pazzo si fosse divertito a mettere insieme senza
alcuna logica apparente e a mandare in scena tutti in una volta,
riunendoli in quella che avrebbe potuto essere l'apoteosi di
un'operetta all'insegna di una comicità folle ed entropica.
Il
tavolo era una perfetta circonferenza di legno, apparecchiata con
gusto, e i posti attorno ad esso erano così distribuiti: Anathema
Device sedeva accanto al fidanzato Newton Pulsifer, il quale aveva
alla sua destra il Sergente Shadwell, affiancato da Madame Tracy, a
sua volta adiacente ad Aziraphale, vicino al quale sedeva Crowley,
seguito da Ligur (ma non era stato ucciso con l'acqua santa?), di
lato ad Hastur, con Beelzebub ad occupare la sedia alla sua destra,
accostato a Gabriel, al quale succedeva Michael, prossimo a
Sandalphon, con Uriel a chiudere il cerchio.
Ma,
essendo per l'appunto un tavolo rotondo, si sarebbe potuto dire che
Uriel sedeva accanto a Sandalphon, il quale aveva alla sua sinistra
Michael, affiancato da Gabriel, a sua volta adiacente a Beelzebub,
vicino al quale sedeva Hastur, seguito da Ligur (ma non era stato
ucciso con l'acqua santa?), di lato a Crowley, con Aziraphale ad
occupare la sedia alla sua sinistra, accostato a Madame Tracy, alla
quale succedeva il Sergente Shadwell, prossimo a Newton Pulsifer, con
Anathema Device a chiudere il cerchio.
Non
era stato facile stabilire chi dovesse sedere accanto a chi: era
scoppiato un acceso e caotico dibattito a più voci in cui ciascuno
aveva espresso energicamente le proprie ragioni, più o meno lecite,
per volersi appropriare di una postazione piuttosto che di un'altra.
-
Non mi siedo vicino a lui! Mi ha ucciso, cazzo! - aveva sbottato
Ligur, incenerendo Crowley con i suoi occhi di brace.
-
Non ce l'avrai ancora con me per quella storia, vero? Era solo un po'
di acqua santa, per la miseria! - aveva sghignazzato l'altro, facendo
saettare la sua lingua biforcuta verso l'ex collega infernale.
Contemporaneamente,
Shadwell lanciava occhiate assassine alle uniche due donne presenti.
- Io non condividerò il cibo con la Meretrice di Babilonia e con la
fattucchiera che ha irretito il giovane Newt con le sue arti
malefiche. Nossignore! -
-
Oh, signor Shadwell, lei è sempre così spiritoso! - aveva
cinguettato Madame Tracy, nient'affatto offesa o intimorita dal
feroce sbraitare dell'uomo.
-
E io non sono una fattucchiera, se permette. - aveva invece ribattuto
Anathema, sorridendo serafica. - Sono un'occultista... e una vera
strega, discendente di Agnes Nutter, rinomata profetessa. -
-
E si dà il caso che io sia un Sergente dell'Esercito dei Cacciatori
di Streghe! Che figura ci farei a consumare il pranzo di Natale
insieme a un'esponente della stirpe che ho giurato di combattere?! E
poi credevo che quelli come voi nemmeno lo festeggiassero il Natale!
-
Il
Sergente Shadwell avrebbe potuto, allo stesso modo, domandarsi cosa
ci facessero dei demoni, capeggiati nientemeno che da Lord Beelzebub
in persona, in quella stessa stanza... ma la sua astiosa attenzione
sembrava focalizzarsi solo su Anathema e Madame Tracy, portatrici
sane di quel segno di dissolutezza, lascivia e innominabili
perversioni che gli scienziati moderni hanno ribattezzato “cromosoma
X”.
Newt,
dal canto suo, se ne stava in mezzo ai due contendenti, più che mai
a disagio, e seguiva il duello verbale tra la sua ragazza e il
Sergente, muovendo il capo da destra a sinistra come se stesse
assistendo a una partita di tennis particolarmente avvincente. Fece
qualche timido tentativo di prendere la parola, ma non riuscì ad
inserirsi nell'agguerrita tenzone tra i due e optò quindi per un
silenzio rassegnato. Testardi com'erano, solo il primo che fosse
rimasto senza fiato, avrebbe segnato la propria sconfitta e,
considerando l'età e la sua dedizione verso le sigarette, Newt si
sentiva di puntare con relativa sicurezza sul vecchio Sergente.
Frattanto,
Michael, Uriel e Sandalphon manifestavano il proprio sdegno a
Gabriel, facendo notare al proprio capo quanto fosse indecoroso che
quattro angeli (il traditore Aziraphale neppure lo consideravano)
sedessero a tavola con un manipolo di demoni e umani. Da quando in
qua gli esseri celesti si contaminavano mescolandosi con quella
gentaglia di bassa lega?
Hastur
grugniva ad un esasperato Beelzebub le stesse perplessità, esternate
forse con un linguaggio un po' più rude e colorito rispetto al
gruppo opposto e adducendo l'ulteriore obiezione, peraltro più che
sensata, che la fazione infernale non aveva nessun motivo per
celebrare il Natale. Ligur non mancava di fornire il proprio
contributo alla causa, puntando in particolare sulla sua avvenuta
uccisione per mano di quel serpente voltagabbana di Crowley.
In
tutto quel concitato vociare che saliva sempre più di tono come il
mercurio schizza in alto nel termometro, Aziraphale tentava invano di
mettere pace e placare gli animi, esortando i presenti ad accantonare
le proprie schermaglie e a prendere posto a tavola affinché il
pranzo potesse iniziare e i piatti riempirsi di squisite portate, che
egli non vedeva l'ora di assaggiare ma sulle quali, disgraziatamente,
non avrebbe potuto mettere le mani finché ciascun invitato non si
fosse accomodato.
Che
bisogno c'era di fare tanto i rissosi? Era Natale, in fondo! L'unico
giorno dell'anno in cui andare d'amore e d'accordo era un dovere a
tutti gli effetti.
Avevano
provato a spostare i segnaposto già presenti sulla tavola al loro
arrivo, ma ad ogni tentativo, un minaccioso rombo di tuono squarciava
il soffitto della stanza, che allora si oscurava e si riempiva di
gonfie nubi temporalesche. Evidentemente, l'intero svolgimento del
pranzo era orchestrato direttamente dall'Altissima, la quale aveva le
sue scenografiche modalità per manifestare il proprio volere ai
riottosi commensali che proprio non ne volevano sapere di rispettare
i posti da Lei assegnati.
Non
sussistendo alternative che non rischiassero di scatenare la furia
dell'Onnipotente dritta sopra le loro teste, alla fine tutti si
ritrovarono, a malincuore, seduti al tavolo nell'ordine già noto:
ovvero con Anathema Device che sedeva accanto al fidanzato Newton
Pulsifer, il quale aveva alla sua destra il Sergente Shadwell,
affiancato da Madame Tracy, a sua volta adiacente ad Aziraphale,
vicino al quale sedeva Crowley, seguito da Ligur (ma non era stato
ucciso con l'acqua santa?), di lato ad Hastur, con Beelzebub ad
occupare la sedia alla sua destra, accostato a Gabriel, al quale
succedeva Michael, prossimo a Sandalphon, con Uriel a chiudere il
cerchio. O viceversa, dato che il tavolo, come già detto, era di
forma rotonda.
Ligur
non si trattenne comunque dallo scagliare uno sguardo incendiario in
direzione di Crowley e spostò la sedia il più distante possibile
dall'ex collega, finché non si ritrovò sconvenientemente addossato
ad Hastur, che non gradì per nulla.
-
Ma che accidenti fai? Levati un po'! -
Ligur
assunse un piglio ostinato e scosse la testa, categorico. - Te l'ho
detto: io vicino a lui non ci sto! -
Finalmente
vennero servite le portate, con il classico tacchino ripieno a
ricoprire il ruolo indiscusso di re della tavola, accompagnato dai
numerosi piatti di contorno e dalle gustosissime salse e intingoli
vari.
Aziraphale
si lustrò gli occhi davanti a quel bottino culinario, fece
schioccare le labbra e si servì una generosa porzione di tacchino e
patate arrosto, condite da un'abbondante colata di gravy sauce1.
Gabriel
scosse la testa con disapprovazione nel vedere l'angelo abbuffarsi in
quel modo oltraggioso e abbassò lo sguardo torvo sul proprio piatto,
rimasto vuoto e immacolato come quelli di Sandalphon, Michael e
Uriel, altrettanto diffidenti e maldisposti verso tutti quei
manicaretti dall'aroma, dovevano ammetterlo, squisito. Erano angeli,
loro! Creature eteree che mai, in nessun caso, avrebbero insozzato i
loro corpi celesti con quelle schifezze umane. Schifezze che,
purtroppo per loro, avevano tutta l'aria di essere davvero deliziose.
Ma l'onore e la credibilità della propria fazione venivano prima di
ogni altra cosa, e così i loro palati rimasero ardenti di
inconfessabile desiderio, ma irrimediabilmente insoddisfatti.
Hastur
e Ligur non si facevano di certo quel tipo di problemi. Compensavano
in voracità ciò che mancava loro in termini di buone maniere e
galateo, divorando il tacchino con piglio famelico e quasi
animalesco, più per il gusto di squartarne le tenere carni che per
vero appetito.
Beelzebub
piluccava distrattamente qualche assaggio dal proprio piatto,
rimpiangendo di non trovarsi ancora all'Inferno, circondato dai
dannati per i quali iniziava a provare una certa simpatia in
confronto al variegato e chiassoso mix di individui che lo attorniava
in quel momento.
Mentre
accadeva tutto ciò, Anathema era impegnata a rimproverare uno
sconcertatissimo Newt, colpevole di essersi servito una parte dello
sventurato gallinaceo farcito.
-
Hai idea di quanti antibiotici e ormoni vengano somministrati ai
tacchini d'allevamento intensivo? - stava dicendo con enfasi
appassionata. - E dei metodi barbari con cui vengono cresciuti e poi
ammazzati senza pietà? Le grandi catene di supermercati e il governo
vogliono mettere tutto a tacere, ma ormai non possono più insabbiare
la verità. Posa quella robaccia prima di avvelenarti e prendi un po'
di zuppa di zucca. -
Così
dicendo, Anathema prese la zuppiera e la mise sotto il naso di Newt,
che ormai aveva rinunciato con un addolorato sospiro al suo agognato
tacchino ripieno. - Ecco! - disse lei con un ampio sorriso pieno
d'amore per il suo fidanzato. - Questa è molto meglio. È sana e
ricca di vitamine. -
Newt
si sforzò di mettere insieme un sorriso di rimando e ringraziò la
sua dolce metà per averlo sottratto ad un'orrenda morte per
avvelenamento da tacchino di Natale.
Accanto
a loro, il Sergente Shadwell aveva ingaggiato una strenua lotta con
Madame Tracy, la quale, del tutto immune ai crucci che affliggevano
Anathema riguardo ai poveri tacchini, aveva infilzato senza
esitazione un pezzo di carne intinto nella salsa e cercava ora di
imboccare il suo più che mai reticente vicino.
-
Via, via! Non ci provare, Gezabele! - berciò lui, nel tentativo di
allontanarla da sé. - Questi trucchi lascivi da donnaccia di strada
non funzioneranno con me. Giammai! -
-
Oh, non faccia il brontolone come al solito. - lo rimproverò
scherzosamente la donna, tutta un miele. - Coraggio, apra la bocca,
da bravo. Aaaaah. -
Madame
Tracy tornò alla carica, protendendosi verso il Sergente e brandendo
la forchetta con il boccone succulento che grondava salsa. Shadwell
si ritrasse e l'afferrò per i polsi, tentando di sottrarsi al suo
affettuoso assalto, col risultato che la donna perse la presa sulla
posata, la quale attraversò in volo la tavola per andare
provvidenzialmente a schiantarsi proprio davanti a Sandalphon,
schizzandolo di sugo. L'angelo emise un ringhio sommesso che mise in
mostra il suo dente d'oro, dopodiché storse la bocca in una smorfia
disgustata e fece scomparire le macchie con uno schiocco di dita; ma
non appena accarezzò il pensiero di ridurre quegli umani a un
mucchietto di sale (specialità nella quale, modestia a parte,
eccelleva) udì un tonante brontolare riempire l'etere attorno a sé
e desistette saggiamente dal suo proposito con un sospiro
rammaricato, ma senza smettere di distribuire occhiate oblique
tutt'intorno.
Poco
distante, Crowley, quasi per nulla interessato al poco cibo che aveva
nel piatto, osservava Aziraphale fare onore al banchetto e gustarsi
ogni boccone con aria estasiata, lo sguardo adorante protetto dagli
occhiali. Sotto il tavolo, le loro ginocchia si sfioravano
lievemente, quasi accarezzandosi, e se qualcuno dei presenti avesse
fatto attenzione, avrebbe potuto notare che la mano sinistra
dell'angelo e la destra del demone scomparivano misteriosamente sotto
la tovaglia rossa ricamata, segretamente intrecciate.
-
Sai, caro, dovresti proprio assaggiare i cavoletti di Bruxelles. Sono
deliziosi. - suggerì Aziraphale, rivolgendosi con un'occhiata
amorevole al suo vicino e avvicinando la forchetta alle sue labbra.
-
Non ne dubito, angelo. - ribatté Crowley, sorridendo. - Ma credo che
lascerò a te tutta la delizia. Per quel che mi riguarda, sono già
più che a posto. -
Le
loro ginocchia premettero più forte l'una contro l'altra mentre,
sotto la discreta protezione della tovaglia, il pollice di Aziraphale
accarezzava piano il dorso della mano di Crowley, formandovi piccoli
cerchi concentrici.
Ma,
sempre ipotizzando che qualcuno a quel tavolo fosse stato un attento
osservatore, non gli sarebbero probabilmente sfuggiti i mezzi sorrisi
e gli sguardi di tiepida intesa che si rincorrevano fugacemente tra
Michael e Ligur (una volta che quest'ultimo ebbe terminato di
sbranare il tacchino e ne ebbe lasciato solo le ossa, s'intende).
-
È il momento dei crackers!2 - annunciò
Aziraphale, felice ed eccitato come un bambino.
L'angelo
afferrò l'estremità del pacchettino cilindrico avvolto in lucida
carta rossa posto accanto al proprio piatto e ne offrì l'estremità
opposta a Crowley con un sorriso raggiante che si estendeva da un
orecchio all'altro.
Il
demone si sforzò di imbastire un'espressione esasperata. - Non dirai
sul serio, angelo! -
Aziraphale
comprese lo scherzo e, benché sapesse perfettamente che quella del
demone era solo una facciata, stette al gioco e sfoderò il suo
sguardo più supplichevole. - Andiamo, caro. È una tradizione
natalizia che non si può non rispettare. Sarà divertente. -
Crowley
finse di abbandonarsi ad un sospirone sconfitto e mise in campo tutto
il proprio talento attoriale per simulare una certa svogliatezza nel
prendere il cracker e tirare con forza.
Lo
schiocco sonoro che seguì alla rottura della caramella di cartone
fece sobbalzare il Sergente Shadwell lì accanto, che abbandonò le
posate a mezz'aria e si voltò all'istante verso Crowley e
Aziraphale, sporgendosi oltre Madame Tracy. - Ohibò! Che razza di
diavoleria è questa? -
-
Ma signor Shadwell! - esclamò la medium, scandalizzata da tanta
ignoranza. - Sono i crackers di Natale! Possibile che lei non li
conosca?! -
Lui
le lanciò un'occhiataccia dardeggiante. - Gli unici crackers che
io conosca, sono quelli che si mangiano, donna! -
-
Oh, ma allora deve assolutamente provarli! - gorgheggiò lei con voce
di campanelle. - Ecco, lo prenda da quel lato e dia uno strattone
deciso insieme a me. -
Ma
il Sergente allontanò il pacchetto argentato che la donna gli
porgeva con un gesto brusco. - Neanche per sogno! Un Cacciatore di
Streghe non si presta a queste stupidaggini con una lurida bagascia.
Il Generale Hopkins non l'avrebbe mai fatto! Ho i miei principi, io!
-
Un'espressione
furbetta balenò sul volto di Madame Tracy, e i suoi occhi
luccicarono di un brillio malizioso. - Come preferisce, signor
Shadwell. - esalò, docile e arrendevole come un cerbiatto prima di
aggiungere in tono casuale: - Vorrà dire che d'ora in poi potrà
scordarsi di trovare un piatto di fegato caldo che l'aspetta fuori
dalla porta quando torna a casa la domenica. Anch'io ho i miei
principi, sa? -
Il
Sergente serrò la mascella. Gezabele lo stava subdolamente
ricattando facendo leva sulla passione che, suo malgrado, egli
nutriva per le squisite preparazioni che in più di un'occasione la
sua promiscua dirimpettaia gli aveva lasciato in dono sulla soglia
dell'appartamento. Squadrò con sospetto l'estremità del cracker,
come un artificiere esaminerebbe una bomba in procinto di esplodere.
Al termine di quella minuziosa analisi, il verdetto formulato da
Shadwell fu che la caramella di carta si presentava sotto un aspetto
piuttosto innocuo. Dopotutto, si trattava solo di onorare una
tradizione che, per quanto idiota e da marmocchi sentimentali, non
poteva portare a nulla di male, gusto? Era un piccolo prezzo da
pagare per non rinunciare alle sue cenette pronte a base di gustose
prelibatezze casalinghe, anche se provenienti dall'antro del peccato
che si celava dietro la porta accanto.
Un
cracker di Natale val bene un piatto di fegato. Pensò Shadwell
prima di avvolgere con circospezione il pugno attorno al cilindro di
carta e tirare, all'unisono con Madame Tracy, sul cui volto
troneggiava un sorrisetto compiaciuto.
Si
udì un secondo botto e una piccola esplosione di coriandoli rivelò
una collana di perline di plastica verde cangiante e un cappello nero
che ricalcava vagamente lo stile seicentesco.
-
Oh! Questa si intona splendidamente al mio soprabito. Sarà perfetta
per le sedute. - trillò Madame Tracy, appropriandosi della
collanina e indossandola, tutta soddisfatta.
Shadwell,
dal canto suo, stava studiando il cappello e la sua mente
ossessionata non aveva potuto fare a meno di fargli notare
un'impressionante somiglianza con quello indossato da Matthew Hopkins
in Witchfinder General. Ne
pareva la copia spiccicata, solo in cartone anziché stoffa.
A
Madame Tracy non sfuggì l'interesse dell'uomo e sorrise con genuina
dolcezza. - Che fa, signor Shadwell? Non lo mette? Sono certa che le
donerebbe molto. -
L'altro
si riscosse, ritrovando il contegno che si confaceva a un valoroso
soldato come lui. - Tsk! Un Sergente dei Cacciatori di Streghe non si
agghinda come una donnetta, Gezabele. Col cavolo! -
Ma
Madame Tracy si accorse del mezzo sorriso che animò le labbra di
Shadwell quando tornò a posare lo sguardo sul cappello e non poté
fare a meno di emettere un sospiro intenerito: come si poteva non
voler bene a quell'adorabile orso?
Di
fianco a loro, Crowley e Aziraphale tenevano fra le mani le sorprese
uscite dal loro cracker e ridacchiavano di fronte all'ironia del
caso: il demone reggeva tra le dita una coroncina dorata tempestata
di brillantini che aveva l'aspetto inequivocabile di un'aureola;
Aziraphale stringeva un rudimentale cerchietto con applicate due
piccole corna da diavolo, ricoperte di scintillanti glitter rossi.
In
quell'istante si udì un terzo schiocco: Anathema e Newt avevano a
loro volta fatto brillare il proprio cracker, nel quale erano celati
un cappello a punta da strega in cartone violetto, un fischietto e un
paio di spessi occhiali di plastica da scienziato pazzo.
La
ragazza indossò il copricapo con un sorriso sfavillante e rivolse un
allegro sguardo di sfida al Sergente, che la stava fissando con aria
arcigna e una discreta dose di biasimo. Sedere a tavola con una
strega, che per di più si divertiva anche a canzonarlo! I grandi
Cacciatori del passato si stavano con ogni probabilità rivoltando
nella tomba per il disonore arrecato all'Esercito dalla sua condotta.
Ma
Shadwell non era l'unico che, seduto a quel tavolo, dispensava
occhiate incandescenti ai propri commensali; Gabriel, Michael,
Sandalphon e Uriel osservavano Aziraphale portarsi alle labbra un
boccone dopo l'altro e masticare con manifesto piacere, il cerchietto
con le corna che spiccava vistoso tra i suoi capelli biondi.
Interrompeva la degustazione delle portate solo per chinarsi verso
Crowley e sussurragli qualcosa che loro non potevano sentire, ma che
faceva comparire sulla bocca del demone dei sorrisi luminosi o lo
induceva a prorompere in risate gioiose.
-
È ridicolo. - sibilò Uriel, sprezzante.
-
È una vergogna per tutti noi. - rincarò Sandalphon, con un
cucchiaino dal manico ormai storto stretto nel grosso pugno tremante
di rabbia.
-
Un vero peccato che l'esecuzione non sia andata a buon fine. - si
rammaricò Gabriel. - Ma il Paradiso non perderà il suo prestigio
per il tradimento di un solo angelo, per quanto ignobile, no? -
L'arcangelo
ammiccò verso i suoi colleghi e rivolse loro un sorriso
d'incoraggiamento a denti stretti, accompagnato da una risatina
forzata e da un leggero pugno cameratesco sulla spalla di Michael. -
Andiamo, ragazzi! Chi sono i migliori? Siamo noi! -
Nel
frattempo, Hastur e Ligur non si risparmiavano in commenti al
vetriolo a proposito del medesimo argomento: - Roba da non credere!
Guardali quei due, tutti moine e smancerie. Riescono a far vergognare
perfino me! -
Ligur
annuì con vigore. - Cosa ci troverà in quel rammollito di un
angelo, poi! -
Crowley
udì il commento bisbigliato alle sue spalle e si irrigidì,
voltandosi verso il suo vicino, truce. - Ti ho sentito, sai? Hai
davvero così tanta voglia di farti un'altra doccia, Ligur? -
L'altro
impallidì e si limitò a guardarlo in cagnesco per un momento, prima
di tornare a rivolgersi ad Hastur.
Dopo
che tutti, o quasi, ebbero tributato i dovuti onori al Christmas
Pudding e ai Mince Pies3, sulla tavola calò il silenzio
tipico di quei momenti in cui ci si gode il senso di sazietà dopo un
lauto banchetto. Fatta eccezione per coloro che, di quel banchetto,
non avevano goduto neanche una briciola e non vedevano l'ora di
alzarsi da quel maledetto tavolo per tornare alle proprie occupazioni
e liberarsi di quella compagnia indesiderata.
-
Oh! - esclamò a un tratto Anathema, rompendo la quiete che aleggiava
nella stanza.
-
Che ti prende, amore? - chiese Newt, posando una mano sopra quella
della fidanzata con lieve apprensione. - C'è qualcosa che non va? -
Lei
scosse la testa e distese le labbra in un sorriso grato, velato forse
da un leggero imbarazzo. - No, è solo che... me ne sono appena
accorta: siamo in tredici. -
Lo
disse come se si aspettasse che tutti gli altri cogliessero l'ovvietà
delle implicazioni insite nella sua asserzione, ma ciò non avvenne e
la ragazza lesse sui volti perplessi dei presenti una confusione che
la spinse a chiarire il significato di ciò che aveva detto.
Sbuffò
lievemente, infastidita dalla lentezza degli altri. - Be', porta
sfortuna essere in tredici a tavola. - spiegò con un'alzata di
spalle, come a dire “lo sanno tutti”. - Il primo che si alzerà,
morirà entro l'anno. -
A
quella funesta predizione, seguì un attimo di silenzio completo in
cui tutti gli occhi dei partecipanti al pranzo vennero calamitati
sulla ragazza, dopodiché si sollevarono delle fragorose risate.
-
Queste sciocche superstizioni umane non riguardano certo noi angeli,
mia cara. - rispose Gabriel dedicando ad Anathema un sorriso
di sufficienza al limite della derisione. - Noi non possiamo morire,
quindi... -
Allargò
le braccia e sporse in fuori il labbro, lasciando in sospeso la
frase, il cui proseguimento era tanto ovvio da non meritare nemmeno
di essere espresso a voce alta.
-
Non è del tutto esatto. - lo corresse Beelzebub, intervenendo per la
prima volta dall'inizio del pranzo. Gabriel gli rivolse uno sguardo
interrogativo e irritato per la confutazione avanzata. Il Signore
delle Mosche diede una scrollatina di spalle ostentando indifferenza
e precisò: - Anche noi possiamo morire, se colpiti con le armi
giuste. -
-
Altroché! Datemi un secchio di acqua santa e sarò più che felice
di darvi una dimostrazione pratica. - assentì Ligur, voltandosi
verso Crowley e sfoggiando un'aria minacciosa.
Fu
il turno del Sergente Shadwell di prendere la parola e dire la sua,
con l'eleganza e la pacatezza che lo contraddistinguevano in ogni
occasione: - Bah! La superstizione è roba da mammolette. Non esiste
una cosa come la sfortuna, sono tutte stupidaggini per allocchi! -
Anathema
lo trafisse con uno sguardo gelido. - Non si deve scherzare con le
forze occulte. Le energie che governano l'Universo sono
imperscrutabili e non bisogna mai sfidarle. - si interruppe un attimo
prima di continuare con voce insinuante. - E comunque, secondo molti,
non esistono neanche le streghe, giusto? -
-
Certo! - sbottò Shadwell. - Vi sapete nascondere bene, voialtri, e
la gente è troppo ottusa per accorgersene. Questa sciocchezza del
tredici è una cosa completamente diversa. -
-
Molto bene, Sergente. Allora si alzi, coraggio. - lo sfidò la
giovane. - Ma deduco dal colore della sua aura che non lo farà. -
-
La mia che?! -
-
La sua aura. - ripeté Anathema, alzando gli occhi al soffitto. - Le
aure sono campi di forza colorati che... -
Ma
il Sergente afferrò la candela che fungeva da centrotavola, e
allungò la mano in direzione della giovane. - Taci, figlia del
Maligno! - ruggì, brandendo il cero come una spada. - Non evocare i
tuoi malefici in mia presenza o sarò costretto a usare la forza! -
Per
niente impressionata dalla minaccia, Anathema alzò un sopracciglio,
scrutandolo con intensità. - Non si è ancora alzato. Che aspetta? -
Shadwell
divenne paonazzo, rimise a posto la candela e strinse tra le dita il
bordo del tavolo fino a farsi sbiancare le nocche. Non credeva a
quelle scempiaggini. Non ci credeva neanche un po', eppure una forza
sconosciuta tratteneva le sue natiche ben aderenti alla sedia sulla
quale poggiavano. Doveva trovare il modo per eludere la provocazione
della ragazza senza passare per citrullo e vigliacco, e alla svelta.
-
E chi ha detto che ho finito di mangiare?! - abbaiò, arraffando un
Mince Pie e cacciandoselo prontamente in bocca tutto intero,
masticando con aggressività mentre fissava ostinatamente Anathema. -
Io mi alzo da qui quando decido di farlo, non perché me lo dice una
marmocchia appartenente alla Progenie dell'Oscuro. - disse,
sputacchiando briciole di pasta frolla qua e là sulla tovaglia e
finendo per ingozzarsi con il boccone troppo grosso.
-
Oh, signor Shadwell! - squittì Madame Tracy, dandogli qualche
leggera pacca sulla schiena per placare l'accesso di tosse che aveva
colto il Sergente. - Non si parla con la bocca piena, non lo sa?! -
Aziraphale
e Crowley si scambiarono un ridente sguardo d'intesa. Nessuno dei due
aveva preso sul serio la faccenda del numero tredici, ma si trattava
di un'occasione irrinunciabile per divertirsi un po' alle spalle dei
loro ex dirigenti.
-
Sai, angelo... - iniziò il demone, modulando la voce in modo che
tutti potessero udirlo forte e chiaro. - Non ne sono sicuro, ma credo
di aver appiccato per sbaglio il fuoco infernale nel caminetto invece
di quello normale. Sai come sono fatte quelle fiammelle impertinenti:
non vedono l'ora di avventarsi su un bell'angioletto candido e,
conoscendole, potrebbero essere in attesa proprio fuori da quella
porta, pronte ad attaccare il primo che gli capiterà a tiro. -
-
Ma non mi dire, caro! - esclamò l'angelo, sgranando gli occhi. - A
volte sei così sbadato, ma temo proprio di non essere degno di farti
la predica su questo perché io stesso non riesco proprio a ricordare
dove abbia messo quel secchio pieno di acqua santa che avevo in mano
poco fa. - fece una pausa ad effetto e si grattò il mento, pensoso.
- Potrebbe essere rimasto ovunque e qualcuno rischia di inciamparci e
rovesciarselo addosso. -
Crowley
si lasciò andare contro lo schienale della sedia con un sospiro
teatrale. - Siamo proprio degli inguaribili distratti. -
Conclusa
la recita, entrambi sbirciarono di sottecchi i volti degli angeli e
dei demoni seduti al tavolo per controllare le ripercussioni di quel
siparietto ed ebbero un fremito di soddisfazione nel vederli tutti
improvvisamente pallidi e tesi, addirittura oscurati da un'ombra di
paura.
Anathema,
che aveva intuito lo stratagemma dei due, abbracciò la tavola con un
sorriso raggiante. - Bene! Allora, chi vuole essere il primo ad
alzarsi e scongiurare la malasorte? -
Tutti
gli astanti percorsero nervosamente con gli occhi il perimetro del
tavolo, incerti. Nessuno, (umano, angelo o demone) era più tanto
sicuro di volersi schiodare per primo dalla propria postazione.
Occorre
precisare che, da parte sua, Newt non era mai stato molto propenso ad
essere suggestionato da quel genere di cose. Fin da piccolo, era
stato dotato di una mente logica e razionale. La superstizione non
faceva per lui, ma, pur non essendo un veggente come Agnes Nutter,
poteva predire con assoluta certezza che mettersi contro Anathema e
azzardarsi a contraddirla in pubblico avrebbe comportato conseguenze
spiacevoli nel suo immediato futuro. Scelse quindi la via
dell'autoconservazione e del silenzio, di nuovo.
Madame
Tracy, da medium farlocca qual era, non si lasciava impressionare da
faccende come la iella. Il mondo dell'occulto e del paranormale
costituiva per lei una discreta fonte di introiti, ma ciò non voleva
dire che ci credesse veramente. Durante le sedute si limitava a
calarsi in un ruolo e ad interpretare una parte, dando ai suoi
clienti creduloni ciò che essi si aspettavano e per cui la pagavano
profumatamente; tutto qui. Tuttavia, malgrado il suo scetticismo nei
confronti della tetra maledizione del numero 13, non aveva
alcuna fretta di lasciare il posto accanto a quello del Sergente e
dilatare la distanza tra loro.
Trascorse
un minuto buono durante il quale gli improbabili commensali non
fecero altro che guardarsi l'un l'altro con occhio speranzoso e
incoraggiante, attendendo che il più impavido (o il più incauto)
compisse l'impresa e si alzasse, a suo rischio e pericolo.
Gabriel
si rigirava i pollici mantenendo lo sguardo basso, combattuto tra il
desiderio di provare il suo valore e divenire oggetto di ammirazione
e lodi da parte degli altri, e il timore delle fiamme infernali in
agguato appena oltre la porta. Certo, la parola di un demone non era
garanzia di affidabilità. Per quanto ne sapeva, Crowley poteva anche
aver mentito... ma chi poteva dirlo con sicurezza?
A
un tratto, Ligur batté un pugno sulla tavola facendo tremare le
stoviglie. - Eh, no! Che cavolo! Io ci sono già passato una volta e
non ci tengo a fare il bis! Fate quell'accidenti che vi pare, ma non
contate su di me. Ho già dato. -
Il
demone si abbandonò rabbiosamente contro lo schienale e incrociò le
braccia al petto, a suggellare la sua ferma intenzione di restarsene
ben attaccato alla sua sedia fino a quando qualcun altro non avesse
lasciato la tavola.
-
E se ci alzassimo tutti insieme nello stesso momento? - propose
pacatamente Newt, logico e matematico come sempre.
Per
la prima volta, tutti quei variopinti occhi umani, angelici e
demoniaci si posarono su di lui, attenti e un po' stupiti. Il ragazzo
arrossì e incassò la testa tra le spalle.
-
Sì, insomma... uno di noi conta fino a tre, e ciascuno si alza in
quel preciso istante. Così, alla fine, nessuno si sarà alzato per
primo. -
Tutti
parvero soppesare quelle parole, riflettendo sui possibili pro e
contro della soluzione avanzata dal giovane, dopodiché scoppiò il
caos.
-
E chi ci garantisce che tutti rispetteranno l'accordo? - insinuò
Uriel, voltandosi verso la “curva demoniaca” del tavolo.
-
Stavo giusto per fare la stessa domanda. - soffiò Hastur. - Noi
demoni non ci fidiamo l'uno dell'altro, cosa vi fa pensare che ci
fideremmo di voi angeli?! -
-
E se fosse tutta una vostra macchinazione? - ipotizzò Ligur. - Un
piano per farci fuori e dare la colpa alla sfortuna? -
-
Lo stesso si potrebbe dire di voi! - ruggì Sandalphon. - Non siete
proprio famosi per giocare pulito. -
-
E un Sergente dei Cacciatori di Streghe non scende a compromessi! -
sputò fuori Shadwell.
Insulti
e minacce si sovrapposero in una cacofonia carica di aggressività e
disprezzo. Le frasi non si riuscivano più a distinguere, tuttavia il
senso era perfettamente deducibile dalle intonazioni infervorate.
Ma
il rimpallo di accuse e rispostacce venne sovrastato da un suono
acuto e prolungato che obbligò tutti i litiganti a tacere e a
coprirsi le orecchie con una smorfia di dolore.
Anathema
si era impossessata del fischietto uscito dal cracker e aveva
soffiato con tutta l'aria che aveva nei polmoni nel tentativo di
ristabilire l'ordine.
Quando
fu certa di aver ottenuto la piena attenzione dei presenti, ormai
ridotti al silenzio e con i timpani perforati, parlò con decisione.
- Ora basta. Litigare non serve a niente. L'idea di Newt è l'unica
scappatoia che potrebbe permetterci di aggirare la malasorte, ma
tutti devono essere d'accordo e alzarsi esattamente nello stesso
momento, o sarà inutile. Quindi piantatela di scannarvi a vicenda,
avrete tutto il tempo di farlo più tardi, quando saremo usciti di
qui sani e salvi. -
Angeli,
demoni e umani si azzittirono ma non smisero di scambiarsi smorfie e
occhiatacce che la dicevano lunga sulle reciproche intenzioni. Ci si
potrebbe limitare a dire che nessuno di loro avrebbe mai potuto
vincere il Nobel per la pace.
-
Molto bene. - fece Anathema, più rilassata. - Allora conterò fino a
tre, e subito dopo ci alzeremo tutti quanti. Intesi? -
Alcuni
annuirono impercettibilmente, altri, troppo orgogliosi, si limitarono
a un rabbioso grugnito d'assenso.
La
ragazza prese un respiro profondo e iniziò a contare con voce
solenne. - Uno, due, tre! -
Crowley
sollevò le palpebre pesanti, ferite dalla luce del mattino invernale
che, grazie al riverbero della neve che era caduta copiosa su Londra
durante la notte, penetrava con prepotenza nell'appartamento di
Mayfair.
Emise
qualche indistinto suono gutturale e si passò una mano sul volto,
stropicciandosi gli occhi. Era semisdraiato sul divano del soggiorno,
con una gamba sollevata appoggiata oltre lo schienale e il braccio
destro penzoloni che sfiorava il pavimento. Un caldo plaid di pile
copriva al meglio che poteva la sua figura scomposta.
Quando
riuscì a riappropriarsi di una vista nitida e il suo campo visivo si
ampliò, poté notare diverse bottiglie vuote sparse tutt'intorno e
qualche vago ricordo della sera precedente cominciò a riemergere
nella sua memoria.
-
Buongiorno, caro. Finalmente ti sei svegliato. -
La
voce melodiosa di Aziraphale giunse alle sue orecchie prima che
l'immagine sorridente dell'angelo riempisse i suoi occhi, più
luminosa della luce che splendeva all'esterno e che l'aveva appena
destato.
Il
biondo, avvolto in una vaporosa vestaglia di flanella tartan, si
avvicinò al divano e gli porse una tazza di caffè. - Buon Natale. -
-
Buon Na... Na... Natale, angelo. - rispose il demone, soffocando uno
sbadiglio e tirandosi su a sedere per far posto ad Aziraphale sul
divano accanto a sé, sistemandosi il plaid sulle gambe.
Accettò
la tazza fumante dalle mani dell'angelo e gettò un'occhiata più
attenta alla moltitudine di bottiglie vuote, contandone una dozzina.
La sera prima, lui e Aziraphale avevano celebrato la Vigilia di
Natale attingendo senza ritegno a quella squisitezza che gli umani
amavano consumare durante il periodo delle festività invernali:
l'Eggnog4 .
L'angelo
seguì la direzione del suo sguardo e strinse la bocca in una linea
imbarazzata. - Forse abbiamo esagerato un po'. -
Crowley
si bagnò le labbra con un sorso di caffè prima di rispondere. -
Be', almeno posso dare la colpa all'alcool per quel sogno delirante.
-
Azraphale
gli scoccò uno sguardo incuriosito. - Quale sogno, caro? -
-
Il sogno più bizzarro che abbia mai fatto. - dichiarò il demone. -
Vuoi che te lo racconti? -
-
Mi farebbe piacere. - sorrise Aziraphale. - Mi conosci: non so
resistere a una bella storia. -
-
Dunque, - esordì Crowley, allungando le gambe e assestandosi meglio
tra i cuscini. - era il giorno di Natale, proprio come oggi, e
partecipavamo ad un pranzo. -
-
Fin qui, promette bene. - commentò l'angelo, accoccolandosi contro
il rosso e poggiando il capo sul suo petto. - E dimmi, c'erano tante
cose buone da mangiare? -
-
Oh, ce n'erano eccome! - sogghignò Crowley. - Ma non immagineresti
mai chi erano gli altri invitati. -
-
Vuoi dire che non eravamo solo noi due? -
Il
demone scoppiò in una risatina. - No, affatto. Preparati, angelo:
sarà una lunga e stranissima storia. -
Aziraphale
si accomodò meglio contro di lui, coprendo entrambi con il plaid. -
Abbiamo tutto il tempo del mondo, caro. Tutto il tempo del mondo, da
questo venticinque dicembre all'eternità. -
Note:
1
: La gravy sauce è una salsa composta da farina e dal brodo di
cottura del tacchino. Tutti i piatti nominati nella shot, compresi il
tacchino ripieno, la zuppa di zucca, le patate arrosto e i cavoletti
di Bruxelles, fanno parte del tipico pasto natalizio inglese.
2 : I Christmas Crackers sono dei pacchettini a forma di caramella, composti da tre cilindri di cartone. Sono generalmente disposti accanto ai piatti e quando vengono aperti provocano un piccolo botto, come dei petardi, e rilasciano stelle filanti, cappelli di carta e altri oggettini in cartone o plastica.
3 : Il Christmas Pudding e i Mince Pies sono i classici dolci di Natale in Inghilterra. Il primo ha la forma di una campana marrone decorata in cima con del vischio e suoi ingredienti principali sono farina, mandorle e frutta secca. I Mince Pies sono frollini ripieni di mandorle e marmellata di forma tonda con una stella di pasta frolla al centro.
4 : L'Eggnog è una bevanda tradizionale inglese tipica del periodo natalizio. Alcolico, dalla consistenza cremosa e dal sapore speziato, è molto simile allo zabaione.
Angolo autrice:
Per
prima cosa, mi scuso per i molti nonsense presenti nella storia,
improntata, come avrete senz'altro capito, alla comicità e
all'assurdo. Non fatevi domande su alcuni dettagli come chi abbia
servito le portate, dove si sia svolto il pranzo o per quale motivo i
tredici personaggi si siano ritrovati tutti insieme a festeggiare il
Natale, perché io per prima non ci ho assolutamente pensato e non
saprei darvi risposte. Non ho fatto altro che lasciarmi trascinare
dal vortice di follia che mi ha portata a partorire questa OS:
probabilmente la storia più scema che abbia mai scritto in vita mia.
In
tutto questo caos, ho cercato comunque di tenermi il più fedele
possibile all'IC di tutti, anche se non sono certa di esserci
riuscita (specialmente per quanto riguarda Anathema).
La
speranza è, ovviamente, quella di avervi fatto fare quattro risate
natalizie.
Auguri
a tutti e che i vostri pranzi e cene in compagnia possano essere un
po' più tranquilli di quello narrato sopra. ;)