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Autore: Sybelle    02/08/2009    3 recensioni
E non fu evidente che la bellezza di Lei lo aveva portato a vederla come un Angelo magnifico, e non come un' Anima Dannata? Non fu chiaro che lui stava sorridendo alla sua Fine? E non fu forse chiaro che l’amore che Madama provava per Alisia non si sarebbe mai placato, a causa della bellezza di questa? Ma intanto loro stavano andando alla Grotta della Strega…Sebbene, nell’Inferno della Strega, ci fossero già da troppo, senza essersene avveduti.
Terza classificata al contest "Inno alla Bellezza" di Iria. Dedicata con infinito affetto a Ika =)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autore = Sybelle
Titolo = Il Sabba di Madama
Serie = originale
Trama = Alisia non è una strega, ma solo un’erborista: ma come dimostrarlo al suo superstizioso villaggio? È meglio fuggire…Fugge Alisia, ed incontra Madama. Madama è una strega, e vive sola: prende Alisia con sé, e le insegna ad amare. Si amano Madama e Alisia, ma la strega è strana, lunatica, a volte dolce, altre pazza….Ha paura Alisia, la ama per anni ma ha paura…Poi incontra il bel Jameel. Jameel è un cacciatore di streghe, ma è tanto solo. Alisia ama Jameel, Jameel ama Alisia……….Ma Madama? 
Rating = Arancione
Avvertimenti = Yuri
Note autore = La storia sarà divisa in tre parti, raccontate dai tre personaggi; questa prima parte è il principio di tutto, e sarà la più lunga: le altre due saranno più brevi. È la prima yuri che scrivo, e spero di non renderla né volgare né scontata; racconterò due innamoramenti nati in un’ istante, paranormali nella loro velocità di compiersi e raggiungere il loro apice. Spero che la storia appaia antica, medievale, arcaica…Se non sono riuscita nel mio intento, ho fallito miseramente metà dell’opera.
P.S. = Ho cercato di documentarmi il più possibile su tutto, ma sull’antica Arabia non ho trovato nulla; per tanto il secondo capitolo sarà molto impreciso. Riguardo all’epoca storica… Benché io mi riferisca al Medioevo non mi sono sentita in grado di definire un secolo ed un anno precisi, per la mia ignoranza in proposito.
Per la descrizione del diavolo, mi sono riportata alle antiche credenze popolari, unite ai miei ricordi riguardanti una marionetta raffigurante il diavolo: rossa, cattiva. Insomma, non l’Angelo Caduto incantevole e affascinante.


Questa storia è arrivata terza al contest indetto da Iria, “Inno alla Bellezza”
Saluto e ringrazio le altre concorrenti: BenHuznestova, Rota23, Kurenai88 e Yu Kanda ^_^

Il Sabba di Madama
**Nel campo di fiori**


È cominciato tutto in un campo di fiori.
Il sole era alto nel cielo, ed io mi chiedevo come potesse splendere anche in un momento simile; io, spontaneamente esule ed isolata, mi chiedevo come mai il sole non mi ripudiasse come mi ripudiavano i miei antichi compaesani.
“Strega!” Mi urlava il mercante.
“Strega!” Mi additava il contadino.
“Strega!” Mi malediceva mia madre.
Ma non credevo che durasse a lungo: hanno paura perché hanno saputo di una strega nel villaggio a fianco, mi dicevo.
Ma quando i forconi si erano alzati al mio passaggio, quando il fuoco aveva bruciato le mie piante, quando mio padre mi aveva strappato i capelli pur di catturarmi, allora avevo veramente avuto paura.
Ricordo ancora quella notte: le grida, i mostruosi volti del mercante, del contadino, di mia madre, di tutti, che mi guardavano con rabbia e disgusto, agitando al vento le armi e le accuse.
Urlai, implorai, piansi, ma nessuno mi ascoltò: solo il terrore li muoveva, non la compassione, non la ragione. Per un momento mi sentii strega per davvero; io sola avevo portato alla rovina un così bel villaggio, io sola con la mia presenza, con la mia bellezza, con le mie piante.
Ero pronta a morire per il mio peccato…
Quando però vidi il rogo brillare alto nel cielo notturno, e le stelle che sorridenti mi incoraggiavano a raggiungerle nell’Eterno Oblio, tremai, e fuggii da quel luogo di morte.
Corsi fino all’alba, e l’alba dopo ancora: i più agguerriti mi inseguivano, ed avevano la forza di un esercito; io continuai a correre, e così per quattro giorni e quattro notti.
Di giorno mi nascondevo nelle foreste, mi nutrivo di bacche e di frutti, cercavo rifugio nella vegetazione più fitta; di notte correvo all’aria aperta, sentendo dietro di me i loro passi, confidando nelle tenebre e rivolgendo alla luna le mie più sentite preghiere.
Finalmente il quinto giorno smisero di seguirmi, stanchi ed abbattuti, troppo lontani da casa.
“I cacciatori di streghe ti troveranno, mostro! Pagherai per quello che hai fatto!” Li sentii gridare dal mio nascondiglio.
Ma io cosa avevo fatto? Quali colpe dovevo espiare? Avevo appena 19 anni, ero troppo giovane per aver commesso peccato alcuno. Amavo Dio ed i suoi comandamenti, amavo Dio e ogni sua creatura e creazione. Ma soprattutto amavo le erbe medicinali.
Iniziai ad interessarmi di medicina all’età di appena 13 anni, quando un viandante, un dottore, venne al villaggio: era una persona cordiale, e mi parlò a lungo del suo mestiere.
Uomo lungimirante, aveva capito il potenziale che le erbe potevano avere in medicina; gli parlai di stregoneria, lui sorrise e rispose: “Alla superstizione preferisco la vita”
Accusato di atti sacrileghi, venne imprigionato e giustiziato l’anno dopo.
Povero vecchio dottore, così giusto e così poco adatto alla sua epoca!
Quando seppi del suo trapasso, mi dissi di non seguire le sue orme: ma la morte non riusciva ancora a spaventarmi abbastanza.
Sono una donna libera, sono stata una ragazza curiosa, fui una bambina intraprendente: l’avermi cresciuta in modo tanto liberale deve essere stato il più grande peccato dei miei genitori, credo.
Di nascosto imparai a leggere, poi cercai dei libri, mi informai di segreto; quando mi sentii pronta nella teoria studiai ogni singolo stelo d’erba, per imparare nella pratica; dall’erba passai ai fiori, dai fiori agli arbusti, dagli arbusti agli alberi.
Al tramonto del mio diciottesimo anno di vita conclusi il mio primo esperimento, un filtro che curava la gola quando doleva. Funzionò appena, ma non fu una delusione: fu un incitamento, ed anche l’inizio della mia rovina, o, come pensai più tardi, della mia fortuna.
Creai nuovi filtri, migliorai il primo, analizzai nuove piante, studiai nuovi libri; poi venne l’accusa: prima per sentito dire, poi ai miei genitori, poi direttamente a me.
“Strega!” Urlavano tutti.
Ed io ripetevo ingenuamente: “Non è vero, non è vero!”
Nessuno mi credeva, nessuno si fidava più di me: la mia famiglia era disonorata, il mio nome una tetra minaccia.
Alla vista del fuoco bruciante e dei forconi, come potevo non scappare?
Dunque fuggii, per poi giungere, stremata e sperduta, in un posto mai visto prima, in un luogo così incantevole che lacrime di gioia rigarono il mio viso e che gridai: “Eccomi dunque, è questo il mio Paradiso!”
Ero distante molte miglia dalla mia casa, così tante che anche il cielo mi pareva diverso: il sole mi sorrideva, mi invogliava a vivere.
A nord intravedevo un enorme distesa di alberi, rigogliosa e lussureggiante; a est l’acqua cristallina di un grande lago rifletteva le bianche nuvole che viaggiavano silenziose nell’azzurro; a sud vi era il sentiero per cui ero venuta, mentre a ovest svettavano alte montagne, che più si innalzavano al cielo più diventavano bianche. La loro base era costeggiata di abeti, e chissà quanti animali vi abitavano, in quell’Eden!
Ma tutt’altro mi riempì il cuore di gioia: un immenso campo di fiori.
Blu, gialli, rosa, rossi, bianchi, lillà: la vista mia si perdeva in quel mare di colori e sfumature, le quali mai avrei sognato di vedere, dove prima abitavo!
Grazie cari mercante, contadino, madre, padre, compaesani: ero stata strega da voi, ero beata là!
Sorrisi alla vita, ed iniziai a ridere forte: la mia voce risuonò, e mi parve dolce ed aggraziata; corsi in quel prato così vario, diventando un tutt’uno con la natura: avevo le vertigini e la testa mi girava, così caddi, ridendo ancora, troppo felice.
Tutt’ora penso che quella felicità era troppa, troppa per qualsiasi umano. Di felicità, come di tristezza, si può morire: così io credo.
Per un momento (e anche adesso succede, di tanto in tanto) i miei pensieri tornarono alla mia famiglia, al disprezzo delle persone che mi avevano cresciuta con tanto amore; più volte una lacrima si formò all’angolo dell’occhio, ma nessuna ebbe l’ardire di scendere fino alla guancia.
Tutto s’apprestava a ricominciare in quel campo di fiori.

“Oh, mio adorato, oh mio adorato!”
La donna chiuse gli occhi e si lasciò andare ad un sospiro, avvertendo solo i muscoli tesi e il vento tiepido sulla pelle, calda e fremente.
L’uomo le baciò il collo, avventandosi su quella pelle candida: “Non vi farò male, non temete”
Lei gemette, sentendo il sesso di lui penetrarla lentamente: “Oh no, ve ne supplico! Fatemi male, fatemi male! Fatemi impazzire, urlare, piangere, implorare! Fatemi vostra!”
Alla prima spinta del suo amante, le si mozzò il fiato in gola; alla seconda, si strinse a lui con forza, conficcandogli le unghie nella carne scura; alla terza, un debole “ah” fuoriuscì dalle sue labbra dischiuse.

Vieni dal ciel profondo o l'abisso t'esprime,Bellezza?
Dal tuo sguardo infernale e divino
Piovono senza scelta il beneficio e il crimine,
e in questo ti si può apparentare al vino.

Lui le scostò dal viso imperlato di sudore una ciocca di capelli, sorridendo con amore agli occhi che, cristallini e vogliosi, lo fissavano: “Siete troppo bella per questo mondo, Alisia”
Lei lo scrutò con curiosità, ancora stretta a lui: “E voi, mio bellissimo amante? Donde venite voi? E dove mi portate? Venite dal ciel notturno, oscuro e brillante di stelle, oppure dalla terra più deserta, arsa dal sole e percorsa dal morente? Siete una benedizione, poiché mi portate amore e felicità; ma siete anche una punizione, poiché siete il mio tradimento e la mia vergogna: ho scelto una via difficile, ed in questa erro, ebbra come potrei esserlo di vino e ambrosia.”
Un’altra spinta, un altro gemito soffocato: “Voi avete scelto di seguirmi, io mai vi ho costretta”
Lei sorrise, tremolante e con gli occhi lucidi di amore e colpevolezza: “Vi ho seguito perché siete la creatura più bella che io ORA possa immaginare, e perché nei vostri occhi vedo una luce che né le fiamme dell’Inferno, né gli angeli del Paradiso hanno.”
“Parlate da profana, Alisia”
“Ed allora zittite questa strega, e baciatela con violenza”


Fu lei a trovarmi.
Fu una gran circostanza quella: Lei non usciva mai dalla sua grotta, mai.
Quel giorno era uscita per prendere dei funghi nel bosco; quel giorno decise di non percorrere la solita via segreta, ma di passare per il campo di fiori; quel giorno, nel campo di fiori, vide me che dormivo, sporca di terra ma con l’aria felice: dal fatidico momento in cui ero giunta in quel luogo, non mi ero cercata alcun riparo: quei fiori erano così belli che, se avessi cercato un rifugio dove vivere, avrei temuto di non trovarli più al mio ritorno.
Immagino che indossasse un lungo vestito verde scuro, largo e deforme: i capelli volavano di certo ribelli al vento.
Quante volte le dissi di pettinarli, e quante volte lei mi sorrise emblematica, senza mai farlo!
Come lei stessa mi raccontò poi, rimase molto tempo ad osservarmi mentre riposavo: disse che mi trovò magra, pallida e malcurata.
Io quel giorno non la vidi: dormii fino a tarda sera, e quando aprii gli occhi lei non c’era.
Oh mia cara! Se avessimo saputo ora a cosa avrebbe portato il nostro incontro!
Il giorno dopo tornò, vestita ancora di verde, con i capelli che ancora volavano al vento, ed io quella volta la vidi: una donna di 23 anni mi veniva incontro, ed era bellissima.
Sebbene giovane, aveva un viso maturo, ed uno sguardo fiero, dal cipiglio deciso; i capelli, mossi, erano dello stesso colore delle foglie autunnali, e gli occhi erano di un marrone così intenso, che per un momento credetti di non aver mai visto prima quel colore, da quanto mi sorprese la sua bellezza.
Presa da grande soggezione, non riuscii ad aprir bocca; lei mi si accostò con un mezzo sorriso sulle labbra: “Vi ho portato del cibo, magra come siete”
Osservai la cesta che recava in mano, e che mi porgeva gentilmente; la afferrai confusa: “Vi sbagliate, buona donna, non ho bisogno di cibo…Però vi ringrazio per la vostra carità”
Lei mi guardò divertita, con un lampo di ironia negli occhi: “Buona donna? Non sapete con chi parlate. Siete forestiera e sola, nevvero? E pure senza casa, riparo, o qualunque altra cosa si addica ad una giovine fragile come voi”
“Come fate a sapere…?” La interrogai, attonita.
Sorrise con arguzia, mostrando i denti candidi (grande cosa, che avesse denti così puliti! Che fosse una nobildonna?): “Vivo da molti anni qui, e sono una brava osservatrice. Vi davano la caccia, quei bruti, e voi siete scappata per foreste e colline per giorni e giorni. Infine siete giunta qui, e qui vi siete fermata. Zittitemi, se mento o dico fandonie; vi ho vista dall’alto della mia dimora, so di dire il vero”
Rimasi muta e stupita, gli occhi sgranati per la sorpresa: “Voi non sbagliate, donna mia: quant’altro avete potuto vedere e constatare dalla vostra alta dimora?”
Non mi rispose subito, come se stesse valutando se dirmi la verità o meno; ora lo so, mia cara, che voi volevate solo trovare il modo di tenermi con voi per sempre!
“Null’altro ho visto, ma molto ho immaginato: dovete aver sofferto molto, povera giovine…” La sua voce si era fatta più dolce, più convincentemente compassionevole: “…vi hanno fatto del male, non è vero? Raccontate, raccontate tutto a me: il mio nome è Madama, vi ascolterò con gioia”
Non avessi mai accettato, bella Madama! Ma voi eravate così convincente, e così persuasiva, e così bella, e così buona, che io vi raccontai tutto, e vomitai le parole una dopo l’altra, rigurgitai ogni paura, ogni angoscia, e tutto l’odio che provavo verso quelli che mi avevano condannata, e la gratitudine verso gli stessi, che mi avevano portata a scoprire quel nuovo mondo fiorito.
Madama mi ascoltò fino a che non fu buio: mangiammo insieme il pasto che mi aveva portato, e poi mi augurò la buona notte baciandomi delicatamente il dorso della mano; quindi scomparve nella notte.

Il giorno dopo tornò; io ero seduta lontano dal luogo in cui ci eravamo viste la prima volta, e fu costretta ad arrancare in mezzo ad erba molto alta per raggiungermi: aveva lo stesso cesto in mano, e lo stesso sorriso ad illuminarle il viso; le sorrisi a mia volta, beandomi della sua innata eleganza e della sua bellezza naturale e delicata.
“Madama, sono contenta di rivedervi; sapeste quanto vi ho pensata!”
Mi si affiancò, ancora in piedi: “Anche io ho molto pensato a voi…Alisia, giusto?”
Arrossii, rendendomi conto di non averle ancora detto il mio nome: “Sì, Alisia…Ma voi come fate a…?”
Si chinò su di me, posando un dito sulle mie labbra per zittirmi con dolcezza: “Magia..”
Mi incantai un momento nello scuro dei suoi occhi, la mente annebbiata dal loro scintillio: “Madama, voi mi confondete i sensi; credo di avere paura di voi, ma di non poter più rinunciare alla vostra presenza. Sapete darmi utili consigli tanto bene quanto avete saputo ascoltarmi ieri?”
Lei rise leggermente, sedendosi di fianco a me: il sole la inondò della sua luce.
Oh Madama, oh bella Madama! Sapeste quanto eravate meravigliosa! Sapeste quanto vi ammiravo!
“La paura porta a scacciare e a eliminare, dolce Alisia: voi avete desiderio di scacciarmi o eliminarmi?”
Negai con il capo, attenta ad ogni sua parola.
Madama sorrise: “Ebbene, allora voi non avete paura di me. Voi in verità non vi sentite all’altezza della mia persona, poiché vi diedero della strega e della puttana, e voi faticate a liberarvi di queste accuse. Ma se voi vi soffermaste a pensare, Alisia, capireste che questi vostri timori sono infondati, e smettereste di avere ‘paura’ di me”
Rimasi a bocca aperta, cercando di fare chiarezza nei miei pensieri: “Voi dite che io vi temo perché in verità temo me stessa?”
Annuì, volgendo lo sguardo altrove, godendo del caldo sole che le accarezzava il viso; io, dal mio canto, la vidi come una fata, una ninfa dei boschi venuta a salvarmi dal mio mero destino: “Come fate a sapere così tante cose? Quali libri avete letto?”
Lei scoppiò in una risata cristallina: “Libri? Non so leggere, Alisia; ben poche persone sanno farlo. Io ho acquisito il sapere da Colui che Tutto Può, il mio amato Signore e Padrone. Gli unici libri che so leggere sono scritti in una lingua che una creaturina pura come voi non può e non deve apprendere.”
Scossi la testa, sconsolata: “Mi dispiace Madama, ma io non riesco a capirvi. Parlate come se aveste visto cose che gli altri uomini nemmeno sognano”
Colse un fiore e me lo porse: “Parlatemi dei vostri studi. Conoscete le piante e le loro proprietà, nevvero? Che fiore è questo? A cosa serve? Ha proprietà curative o distruttive?”
Presi delicatamente il fiore in mano, e lo studiai un momento; quando capii di quale si trattava, mi persi in un’entusiasta spiegazione, che la donna ascoltò con interesse.
Madama, solo da voi avrei potuto sperare di venire compresa, vero? Un tempo lontano pensai che solo voi potevate completare la mia anima. Adesso il pensiero mi atterrisce.

“Madama! Vi ho trovato le erbe delle quali abbisognavate! Venite, venite, ve le mostro!”
Lei giunse; indossava un mantello marrone che le copriva il corpo: “Siete un tesoro, Alisia; non era necessario che le cercaste”
Io le sorrisi, prendendole una mano: “Per me è un piacere! Amo farvi felice!”
Mi guardò, evidentemente stupita, poi mi baciò la mano: “Andiamo dunque; che altro aspettiamo?”
Risi entusiasta, portandola nel luogo predetto.
Oh cara, nessuno si era mai curato di voi prima, vero? E adesso che c’ero io non sapevate di certo come comportarvi!
La condussi nel folto della foresta, e con lei scavalcai radici, esposte alla luce del giorno, di alberi secolari; con lei saltai il ruscello, schizzando per sbaglio la sua fresca acqua tutto d’intorno; con lei spostai verdi fronde dal mio cammino, e risi nel trovarne qualche foglia tra i miei e suoi capelli.
Per tutto il tragitto, le nostre mani non si separarono mai.
Infine arrivammo in una piccola radura cupa, coperta da un tetto di foglie scure, circondata dal silenzio.
Sciolsi la mia mano dalla sua, e, la schiena china, principiai a cercare il motivo della nostra venuta.
La sua voce mi raggiunse, durante la ricerca: “Come avete trovato questo luogo, mia cara? È molto lontano dal campo di fiori”
Non osai dirle che, nei giorni in cui lei non veniva a trovarmi (erano infatti passate varie settimane dal nostro primo incontro), io camminavo per ore e ore, fino a sfiancarmi, pur di trovare quell’unica pianta che, da quanto ne sapevo, a Madama sarebbe piaciuto possedere.
“Non so, vagavo per il bosco, ed eccomi qui!”
Mi voltai sorridente verso di lei, in tempo per notare l’espressione scettica del suo incantevole viso.
Madama, io credo tuttora che il vostro viso sia stato disegnato dagli angeli, e non dal vostro Signore, come siete solita dire. Risplendevate di luce, non di tenebra.
Dunque, trovai la pianta. La raccolsi con cura, attenta ad estirparne la radice del tutto; corsi verso la mia compagna di viaggio, esultante: “Eccola, eccola! Vi avevo detto che c’era!”
Madama la prese in mano, sorridendo; la rimirò per qualche istante, rigirandosela tra le dita, poi alzò lo sguardo verso di me: “Oh Alisia cara, oh Alisia bella…”
Mi si avvicinò, fino a che i nostri visi non furono distanti più di un soffio d’aria; con la mano libera mi sfiorò una guancia: “…Vi amo…”
Spalancai gli occhi, attonita, e le sue labbra presto raggiunsero le mie: si posarono morbide sulla mia bocca, ed io mi lasciai trasportare da quel calore, da quella dolcezza: la socchiusi appena, e lei ne approfittò per approfondire il bacio.
Oh mia adorata! Il mio era un innamoramento innocente, infantile…Che ne sapevo io della carnalità?
Si dice che il primo bacio non si scorda mai: come potrei io dimenticare quello splendido momento?
Rimanemmo lì, in quel luogo sperduto, per interminabili secoli: o almeno, fu questa la mia impressione; il bacio che Madama mi stava donando confondeva i miei sensi, e turbava tutto ciò in cui avevo sempre creduto.
Infine ci separammo, ed io faticai a ritrovare me stessa, in quel labirinto di sensazioni: “Voi dite parole azzardate…Io son donna, non uomo, e noi ci conosciamo appena…”
Lei sorrise, enigmatica, e mi prese la mano; la portò alla guancia, chiudendo gli occhi: “Azzardate? Voi ricambiate il mio amore, lo sento dal calore di questo palmo: nulla è azzardato, se viene dal cuore”
La osservai a lungo, non riuscendo a pensare ad altro se non alla sua bellezza, alla sua delicatezza, alla sua eleganza; non riuscendo a pensare ad altro che non fosse lei, e l’amore che mi accorgevo di provare nei suoi confronti.
Il viaggio di ritorno lo affrontammo mano nella mano, strette l’una all’altra come mai prima.

Allontanarmi dal campo di fiori fu una tortura, ma Madama riuscì a convincermi.
“Venite nella mia grotta, là starete più comoda” Mi disse.
Provavo un’ eccitazione senza pari, nuova ed esaltante: ero innamorata, ed ora avrei vissuto nella dimora della donna che amavo.
Mi vennero in mente i racconti che avevo sentito sulle streghe: tra i tanti, si parlava di peccati carnali con altre donne, abbietti e condannati da Dio stesso; forse ero per davvero una strega, visto che io stessa avevo commesso (e stavo commettendo) quel peccato così meschino, così innaturale.
Come se mi avesse letto nel pensiero, Madama strinse più forte la mia mano, aiutandomi nei passi più impervi della salita, salita che conduceva nella sua caverna.
“So che la strada è impervia e dominata dal bosco, senza alcun sentiero, ma mi dona conforto essere così protetta dalla vegetazione” Si scusò.
La rassicurai, cercando un appoggio nel suo braccio quando rischiavo di cadere: “Non importa, l’importante per me è stare con voi…” Lo dissi con un velo di timidezza e di pudore, arrossendo; la donna sorrise della mia innocenza, e baciò le mie gote infiammate: “Vi adoro cara. Forza, ancora un po’ e saremo arrivate”
Camminammo ancora a lungo, e Madama fu per me piena di premure; ogni cosa era importante: se stavo bene, se ero stanca, se avevo fame…
“Eccoci, infine. Siamo giunte amore caro”
La sua ultima affermazione mi strappò un sorriso incerto: ero il suo amore!!!!
Guardai la grotta in cui ci accingevamo a vivere insieme: era buia e umida, emanava freddo e paura.
Rabbrividii: “Madama…Voi….”
Lei afferrò la mia mano, e mi condusse dentro: “State tranquilla Alisia, non tutto è come sembra…”
Ed ovviamente era vero: superata la prima parte della spelonca, un lungo corridoio oscuro, arrivammo in un ampio spazio, occupato da un letto molto grande, ricoperto da una spessa coperta; vicino al letto vi erano un tavolo e una sedia, e poco lontano vi stava una grande cassa, nella quale, come mi spiegò, avrei trovato l’occorrente per vestirmi.
Notai anche un’altra apertura nella roccia, che di certo conduceva ad un’altra stanza, ma Madama mi vietò imperiosamente di entrarvi.
“Un cunicolo molto stretto, mia cara, dov’è facile tagliarsi…”
Eppure non mi sembrò così stretto….

Madama….Quella notte fu la prima notte che passammo insieme. Ve ne ricordate? Su quel letto mi spogliaste, mi baciaste e mi abbracciaste. Mi diceste: “Vi mostro come si fa, Alisia, state tranquilla…Nessun dolore, sarà solo piacevole…”
E lo fu…Oh, se lo fu! Entraste in me delicatamente, baciando ogni parte, percorrendo con la lingua ogni dove.
Eravate la mia Saffo, maestra di amore? Oppure eravate il mio diavolo tentatore, pronto a condurmi da Caronte il traghettatore?
Ma quanto piacere provai!

“A cosa pensate Alisia? È freddo qui fuori, entrate.”
La donna si voltò verso l’amante, sorridendogli tristemente: “Caro, il freddo non è fuori…Il freddo è dentro.”
“Dentro di voi?” Chiese l’uomo, sedendosi al suo fianco.
“Dentro di me” Asserì la donna.
La luna, compagna tenebrosa degli amanti rovinati dalla lussuria, tenne loro compagnia a lungo, prima che la donna tornasse a parlare: “Mio adorato…Mi credete cattiva? Mi credete fredda, senza sentimenti alcuni? Pensate che io sia degna di lapidazione, o di rogo? Ditemi la verità…Ho paura della condanna divina, mi è ignota e ho paura.”
Lui si spogliò dell’araba veste drappeggiante, e con quella coprì il corpo dell’amante, nudo com’era, coperto solo da un velo di seta trasparente.
Lei sorrise di quel gesto, e si accoccolò in quel calore.
“Tesoro, voi non siete cattiva…Siete solo umana. Dio perdonerà le vostre colpe, commesse per amore, e non per odio.”
“Voi dite?” Lo interrogò lei: “Dite davvero che Dio avrà l’ardire di perdonare una strega?”
“Voi non siete strega, Alisia…” Decretò severamente l’uomo.
“…Ma lei sì….” Concluse, in un sussurro, la donna.

Hai dentro gli occhi l'alba e l'occaso,ed esali
profumi come a sera un nembo repentino;
sono un filtro i tuoi baci, e la tua bocca è un calice
che disanima il prode e rincuora il bambino.


“Forza, fatevi baciare, fatevi confortare…Dissiperò i vostri affanni come il sole fa con la nebbia”
La donna sorrise, e si lasciò baciare da quelle labbra scure e calde; un improvviso tepore la inondò, e fu come se un elisir d’amore la riempisse e la soggiogasse. Si strinse a lui, come se avesse voluto risucchiare, con quelle mani che disperatamente si aggrappavano al suo corpo muscoloso, ogni sua energia vitale.
Infine si staccarono, e lei lo fissò attentamente negli occhi, mentre il sole nasceva da Oriente: “Il sole sorge, e porta con sé i profumi dei luoghi da cui voi stesso provenite. Amo il vostro profumo, è amaro e dolce, forte e delicato. Ed i vostri occhi sono uno splendore, mio amore: dove mai vidi un colore tanto scuro, eppur capace di emanare tanta luce? Avete per caso ricoperto i vostri bulbi oculari con polvere di stelle? Oppure i raggi del sole hanno operato su di loro uno speciale incantesimo? Bellezza, mi conduci al peccato, insita come sei in quest’uomo così divino!”
Lui la baciò di nuovo: unico commento possibile, in quel frangente di proibita intimità.

Il giorno seguente non la trovai; uscii dalla grotta e chiamai a gran voce il suo nome, ma non la trovai. Ripercorsi quel meandro di roccia ancora e ancora, ma lei non c’era; scesi verso la valle, ma lei non c’era; giunsi al campo di fiori, ma lei non c’era; arrivai fino alla radura tetra dove ci baciammo, ma lei non c’era.
“Madama, dove siete, tesoro?”
Questo ripetevo dovunque andassi, ma mai la sua voce mi rispose.
Tornai alla grotta, e già il sole era alto nel cielo: da quanto mancavo? Si era accorta della mia assenza?
Di nuovo attraversai le rocce per giungere al nostro nido d’amore, ma lei mancava ancora.
Mi sedetti sul letto, affranta: possibile che, per quanti sforzi facessi, fossi incapace di ritrovare l’amor mio perduto?
Persa nell’oblio più totale vidi una luce, e quella luce proveniva dal cunicolo stretto che Madama mi aveva impedito di visitare.
Mi morsi un labbro, nel dubbio: cosa dovevo fare? Madama sembrava svanita nel nulla, ed avevo guardato dappertutto pur di ritrovarla; ma ora quell’apertura brillava, e, a guardarla meglio, mi sembrava sempre più ampia. E se Madama, forse presa da un improvviso male, per non farmi spaventare si fosse rifugiata là, dove ora giaceva sofferente? Non potevo permettere un simile orrore.
Mi alzai, risoluta, ed entrai nel cunicolo; nonostante l’iniziale fatica ad entrarvici, scoprii che in verità non era né lungo né stretto, ma semplicemente un po’ basso.
Dunque, arrivai alla fine dello stretto passaggio: una grande stanza mi si stagliava di fronte, molto più ampia di quella che Madama mi aveva mostrato come nostra nuova casa.
Mi ci addentrai, scrutando con ignoranza gli innumerevoli oggetti che pendevano dalle pareti, e le casse di legno putrido che, addossate al muro, occupavano il pavimento; c’era un tavolo: sopra di esso un lume brillava, ed illuminava a giorno l’intero spazio: era il lume che avevo visto.
Osservai incuriosita il ripiano del mobilio, dominato da un grande catino di rame; vicino a questo stava un libro aperto, ma era scritto in una lingua a me sconosciuta e totalmente nuova. Una scopa ed una boccetta di unguento (che strano odore emanava, quell’unguento…) giacevano poco distante.
Iniziai a sfogliare le pagine di quel libro così misterioso, senza trovare però nulla di comprensibile; avevo persino dimenticato il motivo per cui ero lì, presa com’ero da quel volume tanto intrigante ed antico! Lo studiavo incuriosita, riconoscendo di tanto in tanto qualche erba raffigurata, o qualche fiore disegnato magistralmente; quella stanza scavata nella roccia mi affascinava: perché la mia adorata non mi aveva mostrato da subito anche quella?
Lo capii tramite il libro che stavo guardando.
Oh Madama, quale fu il mio spavento all’epoca! Quale fu il mio spavento a trovare in quel libro stemmi, figure e segni che SOLO le streghe usavano!
Arretrai sconvolta, e tutto prese forma: occhi umani mi fissavano da ampolle di vetro, teste di piccoli animali stavano appese, e mani con esse. E poi denti, zanne di drago, unghie affilate, code di lucertola…Tutto un malefico mondo rinchiuso in un solo nome: Madama.
Madama che mi aveva penetrato, voluto, amato!

Sporcato, corrotto, maledetto!

Era una meretrice, una bugiarda, una seguace del Demonio Ingannatore!
In prigione mi aveva condotto, e mai ne sarei uscita…Quando avrei risentito l’aria liberatrice, se fossi rimasta sotto il suo dominio?
“Alisia!”
Con il terrore dipinto in volto, la vidi: mi fissava attonita, con un terrore pari al mio sul viso.
“Pazza! Non vi avevo detto di non entrare qui?!”
Sussurrai: “Strega…”
Lei si avvicinò lentamente, le mani in avanti, tese a tranquillizzarmi: “Mio tesoro, calmatevi…Nessun male c’è qui per voi…”
Io evitai il contatto: “Strega……”
Si fermò, implorante: “Amore mio, statemi ad ascoltare…Non volli e non voglio farvi nulla. Vi amo, niente più e niente meno.”
Urlai: “Strega!” Ed in quel momento mi sentii come il contadino, il mercante, mia madre e mio padre, ma le mie accuse erano fondate, e le lacrime mi inondavano il viso come pioggia di tempesta, tale era la loro violenza ed irruenza.
Non so ancora cosa le lanciai, ma fu abbastanza repentino il mio gesto da farla spaventare, e da permettermi di fuggire.
Corsi, corsi ancora, come sempre nella mia breve esistenza: nel percorrere il passaggio roccioso mi tagliai (come lei aveva detto), ma non osai fermarmi finchè non fui fuori dalla grotta, e solo allora mi appoggiai ad un albero, sconvolta.
Respiravo a fatica; mi sentii prigioniera della stessa aria che avevo tanto bramato: il fiato mi mancò, ed iniziai a muovere più velocemente il petto, sperando che così i polmoni ricevessero l’ossigeno necessario; tentativo vano.
“Alisia, tesoro…La sera si avvicina, fa freddo. Rientrate, ve ne supplico cara.”
Era dietro di me, con una mano appoggiata alla roccia, il corpo illuminato debolmente dal tramonto.
Mi voltai verso di lei, rossa in viso, con gli occhi lucidi ed il cuore singhiozzante: “Oh Madama!”
Mi precipitai fra le sue braccia, e lei mi dondolò finchè non fui quietata.
Quella notte mi tenne stretta forte forte, come se avesse avuto paura che volassi via; io rimasi dormiente nel calore che emanava, e l’amai.
Che cosa mi riportò da voi Madama, strega maledetta? Cosa mi indusse a negare la mia paura in favore del mio amore incondizionato? Mi innamoro così facilmente, lo avete detto voi stessa. Ma cosa mi indusse ad accettarvi quale mia compagna per sempre? L’Amore è beffardo e mi ha ingannata, ecco la mia conclusione ultima.
Avrei potuto scappare, quella sera: il Fato mi aveva aiutata generosamente, mostrandomi la vostra vera natura subito, senza che io potessi indugiare più a lungo con voi, nel vostro letto ed in voi.
Ma io, pazza bambina, rimasi: avevo la folle paura che avevo sempre avuto per le streghe, ma rimasi.

“Madama, il cielo è magnifico questa notte! Osservate, osservate!”
Le indicai le stelle, sorridendole gioiosamente: niente poteva andare meglio.
Dopo la fatale sera in cui avevo scoperto la donna maledetta che era, il nostro rapporto fu perfetto.
Sebbene strega, Madama sembrava una donna come un’altra: non aveva nulla di malefico, demoniaco, o peccaminoso; anzi, era luce e sapienza, tranquillità e pace.
“è bellissimo, Alisia. Ma voi non vorreste vedere di più?”
Mi sedetti a terra: “E cosa potrei vedere di più, con questi miei occhi?”
Si chinò su di me, posandomi un leggero bacio a fior di labbra: “Allora creerò per voi gli occhi perfetti….E con quelli potrete vedere anche l’invisibile, ve lo prometto”
“Da voi voglio solo una promessa Madama: mi amerete in eterno?”
Lei mi sorrise, e fu un sorriso sincero e puro: “L’eterno è breve per noi, adorato tesoro, troppo breve”
Ci perdemmo in quella pace, abbracciate sotto quell’infinito.

“SCELLERATI! PROFANI! DEMONI! ASSASSINI! VIA DI QUA, LURIDI MOSTRI, VIA DALLA MIA CASA!!!! AH, MILLE MALEDIZIONI A VOI, MILLE MALEDIZIONI A VOI!!!!”
Queste urla le sentii in un giorno di pioggia, quando due forestieri, sorpresi dal maltempo, arrivarono fin da noi, fino alla nostra grotta.
Io mi trovavo poco distante dalla caverna: ero in un punto riparato dalla vegetazione, a raccogliere erbe medicinali; improvvisamente Madama urlò quelle immonde parole, ed i due forestieri scapparono nel fitto del bosco.
Corsi spaventata da lei, con le piante strette al petto, bagnata: “Madama, tesoro! Che accade, che accade??”
Lei era a terra, all’entrata della grotta: tra le mani stringeva un bastone, IL suo bastone, e tremava convulsamente; mi chinai su di lei, e non appena lo feci le lacrime le rigarono il bel volto sconvolto: “Amor mio caro, quietatevi: vi hanno ferito? State male?”
La abbracciai, stringendola al petto; i suoi tremori non diminuivano.
Sussurrò: “Nessuno….Nessuno deve avvicinarsi….Questa è la mia grotta, la mia grotta, la mia grotta…!!! Nessuno…nessuno….”
Rimasi attonita, a fissare il vuoto: non capivo, Madama, cosa vi tormentava; come avrei potuto, se ancor oggi io nulla so di voi???
La copersi di carezze, baci e premure: la condussi nella nostra stanza, le pettinai i capelli, le asciugai il minuto corpo; intanto ripetevo: “Farei di tutto per voi, farei di tutto….Non permetterò che altri osino avvicinarsi a voi”
Lei era apatica, quasi morta: si lasciava maneggiare come una bambina dalla madre, e le sue labbra fremevano di tanto in tanto.
Infine, disse semplicemente: “Non abbandonatemi mai Alisia…Siete la mia vita”
Mi posi di fronte a lei, viso contro viso: “Ucciderei per voi Madama”
E fu lì che ebbi una strana idea: Madama aveva il terrore delle altre persone, ed io la volevo proteggere…E per proteggerla, che altro modo c’era se non….
“Io ucciderò per voi Madama”
Ho un’arma Madama. Me l’avete data voi: è un pugnale rozzo, dalla lama informe. Io, con questo pugnale, ho ucciso trentasette persone in sette anni.
Quella notte, per la prima volta, fui io a possedere lei; entrai nel suo corpo, la baciai nell’intimo, la feci gemere, sudare.
E quant’era bella in tutta la sua passionale umanità, la mia strega!

Passarono gli anni.

Entrai nella sua stanza degli esperimenti, cercando nell’oscurità la sua figura; la trovai al tavolo, intenta in chissà quale lavoro.
“Madama, tesoro, siete ancora qua dentro? Fuori il sole splende, uscite!”
Lei nemmeno mi guardò, anzi: si avvicendò ancora di più tra i suoi filtri magici, unendoli ad orride bestie morte ed alle erbe che, stagione permettendo, le procuravo.
Il tempo non aveva intaccato la sua eterea bellezza: il corpo era rimasto lo stesso corpo perfetto; i capelli, lunghissimi e incolti (come sempre) erano ancora folti e lucenti; il viso aveva ancora una cert’aria di giovinezza, occultata dalle prime piccole rughe che, invece che imbruttirla, la rendevano solo più affascinante.
“Amore, basta ora. Continuerete domani..Non giova alla vostra salute chiudervi in tal buio antro; forza, seguitemi all’aria aperta, andiamo a raccogliere qualche fiore al campo: ve ne sono di magnifici, vorrei che li vedeste”
Lei si fermò, dopo svariati minuti di movimento e frenesia continui: sembrava nervosa, la pozione non le riusciva; si voltò verso di me, e negli occhi brillava una strana luce: “E’ colpa vostra….”
Rimasi interdetta da quel sussurro malevolo: “Colpa di cosa, cara?”
Lei mi si avvicinò: “E’ colpa vostra e delle vostre pianticelle maledette, se non mi viene il filtro! Voi boicottate il mio lavoro, voi mi distogliete dal mio operato! Non avete nessun rispetto per me, dopo tutto ciò che ho fatto per voi, nessuno!”
Iniziò ad alzare la voce, io spalancai gli occhi, impaurita: “Madama, state bene?”
Mi saltò addosso come una furia, facendomi sbattere contro il muro: “STARE BENE? CERTO CHE STO BENE, NON VEDETE? PERCHE’ NON DOVREI STARE BENE?? AH, HO CAPITO, MI VOLETE MORTA, NEVVERO? PICCOLA ASSASSINA AMOROSA, VI PUNIRO’ PER I VOSTRI TURPI PENSIERI! E COSI’ VEDREMO SE AVRETE IL TEMPO D’ ELIMINARMI!”
Confusa, spaventata e dolorante, non ebbi il tempo di replicare alcun che, che lei mi aveva afferrato per il collo: “Ma…da…ma….” Sussurrai, senz’aria né senno: che accadeva al mio pacato tesoro?
Perché stringeva le sue lunghe dita attorno al mio collo? Perché mi gettava a terra e mi batteva violentemente con il bastone? Perché mi cacciava dalla sua grotta in malo modo, lasciandomi al mio destino, nella foresta buia?
Mi accoccolai contro un albero, tremante e in lacrime: non era mai successo niente di simile prima.
Madama era stata sempre tranquilla, tenera, premurosa: mi ringraziava con un bacio quando le portavo le erbe che le servivano, mi salutava con una carezza la sera, dopo che avevo ucciso qualche esploratore; rendeva a me il suo corpo nudo la notte, per donarmi tutto il suo amore…
Arrivò la sera, e poi anche il mattino, ma della mia strega nessuna traccia: io ero rimasta nel medesimo luogo, sperando che tornasse, ma…
Infine, quando oramai avevo perso le forze e le speranze, comparve: il suo viso era stravolto, cereo; camminava lentamente, e mi guardava con lo sguardo supplice del colpevole pentito; i capelli spettinati volavano al vento, il vestito era lurido di sostanze magiche e di sangue..

Il mio…

Mi si avvicinò, rimanendo distante da me di qualche passo; quindi si gettò a terra, con le lacrime agli occhi: “Oh mia Alisia, oh mio amore! Che cosa vi ho fatto…Che cosa vi ho fatto! Fui pazza, fui pazza! Pazza e sconsiderata, quando voi volevate solo il mio bene! Amore, amore….Vi prego, battetemi come io ho battuto voi, ma più forte! Fatemi soffrire, fatemi morire…”
Quindi scoppiò in un pianto disperato, ed i singhiozzi si mescolavano alle parole che ogni tanto scaturivano dalle sue labbra (rotte e insanguinate…se le era morse fino a tal punto?)
Era bellissima.
Mi ricordò un ritratto che avevo visto della Madonna addolorata, ai piedi del Figlio Crocifisso; una tale disperazione, un tale dolore!
Mi alzai, andandole incontro: era pur sempre la MIA Madama, ed io l’amavo.
Non appena fui accanto a lei, le carezzai dolcemente i capelli: “Sst Madama…Tesoro caro, va tutto bene…Vi ho perdonata, non voglio farvi alcun male…Eravate nervosa, può succedere…Ma ora calmatevi, vi prego; ed amatemi, amatemi Madama! Sono passati anni dall’ultima volta che io fui vostra, e non il contrario! Possedetemi amore, ma fatelo con delicatezza, con dolcezza…Le mie ferite bramano riposo e attenzioni…Curate ciò che avete inferto!”
E lei obbedì, trattandomi con una dolcezza che mai conobbi prima dalla mia amante; mi lavò, asciugò, carezzò; mi baciò, mi abbracciò, mi amò come mai prima.
Madama…io credevo, all’epoca, che quell’episodio sarebbe rimasto il primo e l’unico…Non il primo e basta.

Prese gli unguenti, e lentamente si spalmò il corpo, chiedendomi di cospargerla dello stesso olio nelle zone più difficili da raggiungere per le sue mani.
Infilò la lunga tunica nera; ricordavo bene quello che mi aveva detto: “Tesoro, andate al fiume e lavatemi questa di grazia: mi serve per questo sabato”
Mi sorrise, posando nella mia mano la spazzola: le pettinai i capelli, meravigliandomi della loro straordinaria morbidezza; lei indossò i calzari scuri, dopo un lungo pediluvio.
Afferrò il bastone, e socchiuse gli occhi quando lo strinse tra le mani: un fremito le percorse la spina dorsale.
Io assistetti in silenzio: quello era il sabato del Sabba.
“Tornerete presto, vero?”
Madama mi sorrise, carezzandomi una guancia: “Un giorno vi porterò con me tesoro, ma fino ad allora dovrete aspettarmi qui…”
Oh, non che io desiderassi davvero andare con lei, ma…Sapevo cosa si faceva nei Sabba: si incontrava Satana, e con lui si banchettava con carni di bambini innocenti; ma, prima del banchetto, una lunga orgia coinvolgeva ogni partecipante.
Ebbene, ero follemente gelosa: Madama avrebbe posseduto e sarebbe stata posseduta da qualcuno che non ero io.
“Madama…Voi mi amerete per sempre, vero? Io sarò sempre l’unica nella vostra anima, vero?”
Mi baciò, poi uscì dalla grotta; mi guardò un’ultima volta, con il chiarore della luna che illuminava la sua figura, e stagliava la sua ombra sul terreno: “Arrivederci, Alisia: ci riabbracceremo domani, dolce mia bambina”
Poi montò sul suo bastone, e, preso il volo, scomparve nel buio della notte.


Barcollai, per poi cadere rovinosamente a terra: per fortuna ero nel campo di fiori: Lei non sarebbe mai giunta fin lì…lì sarei stata in pace.
Tastai il viso, e quando arrivai al labbro sussultai: si era gonfiato, e mi doleva; avrei voluto creare una medicina, ma non ne avevo il materiale necessario: avrei dovuto sopportare.
Andai fino al lago, lavando nelle sue acque cristalline il sangue incrostato tra i miei capelli e nel resto del corpo; rinfrescai il viso stravolto dal pianto, senza riuscire a spegnerne il rossore.
Quanti anni erano che quella storia andava avanti? ….Due, tre? Quanti anni erano che Madama impazziva, e mi picchiava? Quanti anni erano che si gettava piangente ai miei piedi, implorando un perdono che io le concedevo sempre – anche solo per poter godere della dolcezza che mi offriva poi? 
Amavo la mia compagna, l’amavo più della mia stessa vita, e lei amava me; allora perché avevo paura di lei?
Lei mi aveva detto che la paura è quando si rifugge: io la stavo rifuggendo in quell’esatto istante…
Mi tolsi le vesti, e mi buttai in acqua, così da rinfrescare le chiazze violacee che percorrevano il mio corpo, come le basi di un disegno incompiuto; immersi la testa in acqua, tirando indietro i capelli, e fu lì….
Madama, fu colpa vostra! Madama, fu merito vostro!
Fu grazie a voi se io quel giorno andai al lago, tesoro mio! Fu grazie a voi se lì vidi, per la prima volta, l’arabo cavaliere!
Madama…….Quando il mio sguardo incrociò il suo, tutto si apprestò a cambiare in quel campo di fiori.

“Jameel…Voi mi amate?” Chiese la donna, titubante.
L’uomo la osservò confuso, mentre si rivestiva dell’orientale armatura: “Certo Alisia, vi amo. Come potrei non amarvi? Siete la mia anima, siete il mio corpo, siete il mio cuore, siete mia
L’erborista contorse le mani, nervosa: “E cosa sareste disposto a fare per me?”
L’uomo le si avvicinò, guardandola negli occhi: “Tutto. Affronterei il Diavolo e rinnegherei Dio, per voi; per voi ruberei al cielo le stelle, e le spremerei in un succo di splendore ed eterna giovinezza; per voi chiamerei a riunione il cosmo, così da creare una nuova Natura che sia a vostra disposizione.”
Una lacrima scese sulla guancia della donna: “Oh tesoro, mi angustiate! Se affrontaste il Diavolo perireste, se rinnegaste Dio avreste la stessa sorte! Non abbandonatemi amore mio, non fatelo nell’istante più cupo della mia esistenza! So che siete capace delle promesse che mi fate, e sento che riuscireste davvero nelle vostre pazze imprese; sembra che tutto si pieghi alla vostra volontà… Per voi morirei anche adesso, vi amo!”

Sorgi dal nero baratro o discendi dagli astri?
Segue il Destino, docile come un cane, i tuoi panni;
tu semini a casaccio le fortune e i disastri;
e governi su tutto, e di nulla t'affanni.


Lui sorrise, un po’ impertinente: “Il Fato e gli Astri sono dalla mia parte: io governo sul mio mondo; lasciate che vi mostri come governare il vostro….Io non vi ferirei mai, e mai vi legherei a me, senza per voi possibilità di fuga, come ha fatto Lei…”
La donna lo abbracciò, zittendolo: “Non dite il suo nome, non pronunciatelo! È una povera disgraziata, lei non si rende conto…Non merita le vostre ingiurie!”
“La amate ancora, dunque? È così che devo interpretare le vostre parole?”
Nuove lacrime scesero sul volto della donna: “Oh caro, non siate geloso: lei rimarrà sempre la Prima, ma non mi dà né futuro né certezze, ed il suo amore mi spaventa. Io amo voi ora, e vi seguirei dovunque…Che voi veniate dagli Inferi o dal Regno dei Cieli, non m’importa: mi avete indotta al peccato del tradimento? Non m’importa! Mi condurrete alla rovina? Non m’importa! Fate di me quel che volete, ma salvatemi da una prigione durata sette anni: liberatemi dal mio amore per la mia strega folle!”
Lui la strinse a sé: “Che ne sarà del nostro, di amore, quando ci saremo inimicati anche l’adepta preferita di Satana?”
“Non lo so…Ma vi prego, salvatemi….”


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