Anime & Manga > Pokemon
Ricorda la storia  |      
Autore: Lila May    23/12/2019    0 recensioni
{grew!Marissonshipping}
Dal testo:
❝Doveva considerarsi fortunata, forse. Se lo ripeteva spesso, in quanto Alan non era mai così con nessuno, se non ed esclusivamente con lei. Marin sapeva di occupare un posto molto speciale nel suo cuore, di averlo sempre occupato. Per molto tempo non aveva voluto crederci, ma adesso ne era certa, adesso era certa di tutto. Non aveva più bisogno di sentirselo dire, non aveva bisogno di baci appiccicosi, carezze ad asciugarle lacrime incomprese. Aveva solo bisogno che Alan continuasse così, genuino, spontaneo, che l'amasse con i suoi difetti, la sua faccia da bambina, i suoi strilli impazienti.
Che l'amasse e basta, che mai più trovasse la codardia di allontanarla, perché se c'era un posto in cui Marin si sentiva davvero al sicuro, quello era soltanto da cercarsi tra le lunghe braccia bianche di Alan. Che l'amasse con tutte le relative conseguenze che una cretina come lei poteva – purtroppo – portare, ed erano tante.
Le venne da ridere.
Nessuno riusciva a credere che una come lei stesse con uno come lui, eppure!, eppure era proprio accaduto così.❞
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Non proprio un calmo bacio della buonanotte

Marissonshipping
{grewup!Alan x Marin}


 



 
Il pendolo di legno appeso al muro del salotto segnava le ventitré e un quarto, ormai.

Era notte inoltrata, a Luminopoli, ed un buio piuttosto denso colava lungo le macchine costeggiate ai fianchi della strada, colorando di nero profili di case, negozi, alberi, taxi in attesa appostati ai marciapiedi dei due Corsi che circondavano la grande metropoli in un ovale perfetto. Eppure la "Città della Luce" non aveva ancora preso un minimo di sonno, da quando il sole era scivolato oltre le ciminiere delle fabbriche, dietro i balconi in oro dei suoi hotel più lussuosi: la metropoli infatti continuava imperterrita a brillare, ad estendere i suoi raggi abbaglianti persino nelle squallide periferie affacciate ai percorsi esterni. Chi abitava nel suo cuore dall'eterno pulsare sapeva bene che non vi era mai un vero e proprio tramonto, a Luminopoli. La Torre Prisma per i cittadini era come una guerriera della luce, la quale contro le tenebre, anche le più fitte, in un modo o nell'altro riusciva sempre a farsi valere.
Anzi. Forse era proprio di notte che in realtà tutto si accendeva, quasi a voler festeggiare le secolari vittorie della torre e il suo continuo sfolgorio rassicurante.
Dal Viale Primavera echeggiava la musica tonante di una discoteca aperta da poco, la cui melodia senza saperlo entrava dalla finestra aperta della cucina e accompagnava i movimenti lenti di Marin; china sul lavabo colmo di schiuma, la rossa stava alacremente finendo di lavare gli ultimi piatti della cena. Era stanca, ma felice, e per la prima volta da quando abitava in quel picolo appartamento in centro dai muri un po' vetusti non aveva nulla da ridire sulla chiassosa discoteca fonte di innumerevoli notti passate in bianco – e conseguenti deliri mattutini. Oggi non aveva lavorato, per cui si era occupata della casa insieme a Florges; aveva stirato tutti i panni che andavano stirati, pulito le piastrelle dei pavimenti, dato una spolverata ai mobili, ai bagni, imballato il letto in nuove lenzuola color nuvola. Alan, invece, di tempo ne aveva avuto davvero poco. Era rincasato proprio un'oretta fa, portandosi sulle spalle stanchezza, sonno e due incredibili borse nere ad appesantirgli i vivaci e ardenti occhi indaco.
Il pensiero immediato delle sue iridi fece sorridere Marin.
Asciugò l'ultimo bicchiere rimasto, poi sistemò le stoviglie di fine procellana con cura delicata, attenta a non combinare pasticci – un miracolo che quel giorno fosse riuscita a non fare danni, davvero –. Terminato di fare ciò diede una pulita al bancone, al tavolo e poi si disse che per quel giorno aveva ufficialmente finito con i lavori; o meglio, che adesso si sarebbe concessa solo alle carezze un po' disattente di Alan, perché le era mancato, tanto. A Marin Alan mancava sempre, da quando il lavoro in laboratorio si era fatto decisamente distruttivo.
Si sporse dalla soglia levandosi il grembiule, e fece subito una smorfia dolce alla vista del corvino stravaccato con nonchalance sul divano del salotto. Col computer sulle cosce e la camicia dalle asole aperte, Alan non si accorse però della presenza della rossa, troppo preso a scrivere qualcosa su di un documento che Marin certamente non sarebbe mai stata in grado di comprendere con la stessa precisione con cui lui, invece, riusciva a decifrarne tutti i fitti numeri riportati sopra. -Alan.- lo chiamò, a voce rauca, affettuosa, e lui sollevò le iridi blu dallo schermo, guardandola con cipiglio stranito. Marin non gli disse che con gli occhiali era adorabile, ma fu difficile resistere alla tentazione di rivelargli quella sua piccola ammirazione amorosa. Sì, occhiali. Alan aveva cominciato a portarli, ma solo come condizione temporanea; gli servivano per rendere l'occhio più attivo ed elastico, era un oggetto che indossava solo al lavoro, o più quotidianamente quando leggeva e scriveva. Ultimamente erano diventate rare le volte in cui Marin era riuscita a scorgerlo senza montatura sul naso, comunque. Il fatto che il Laboratorio Pokémon fosse passato sotto la dirigenza di Alan gli chiedeva inevitabilmente più sforzi, anche visivi, e quindi il ragazzo si era abituato a toglierseli solo prima di dormire.

Nonostante questi piccoli grandi cambiamenti alla loro vita insieme, Marin avrebbe potuto dire che Alan era felice.

La rossa non l'aveva mai visto tanto felice in vita sua quanto quel preciso istante, e se a lui stava bene così, stava bene fare tardi, lavorare come un matto, portare occhiali 24h su 24, lei non si sarebbe mai permessa di tappargli le ali – in fondo, il suo giovane professore viveva della ricerca. Era sempre stata la sua strada, e non avrebbe potuto chiedere niente di meglio che un posto di lavoro tanto ambito e bramato. Augustine riponeva tantissima fiducia in lui, era un qualcosa a cui Alan teneva da morire. Non l'avrebbe deluso – e non avrebbe deluso Marin.
-Marin, smetti di guardarmi senza dire nulla. C'è qualcosa che non va?
Tornò affacciata alla soglia che dava al salotto, e come una sciocca arrossì nell'udire le improvvise, graffianti parole del corvino richiamare con esigenza la sua attenzione svampita. Pensarlo la disconnetteva. Adesso che erano coniugi, poi, le capitava sempre più spesso. -Ehm, uh- batté gli occhi nocciola, provando a concentrarsi mentre Alain a labbra schiuse la fissava interrogativo. -Togli i piedi dal tavolino. L'ho pulito oggi.- disse infine la rossa, a mo' di giustificazione, e si ritirò di nuovo in cucina.
Si premette due dita sulle labbra ripensando ai suoi occhi sollevati al cielo, il suo sorriso divertito. Davvero continuava a sperare che Alan avrebbe abbassato i piedi? Illusa. Dove il giovane poteva stendersi, lo faceva. Se poteva lavorare comodo, almeno a casa sua, se lo permetteva, e non c'era discussione che teneva quando si trattava di "piedi su tavolini" e "cene sul divano appena sistemato" – perché sì, succedeva anche quello.
Mhmh, Alan faceva bene a concedersi quei piccoli gesti di pigrizia. Così accoccolato tra i cuscini, non poteva che sentirsi un Re, e a Marin rilassava vederlo a sua volta rilassato: la verità era che a fare sempre tutto era lui, tra loro. Era lui quello bravo a cucinare, quello bravo a pulire casa. Quello che svolgeva puntualmente tutte le commisioni, che riusciva a correre accanto agli impegni senza sbandare di umore, sbrigare con cura le varie mansioni, anche le più subdole, le più facili. Adesso che però il suo lavoro di ricercatore – e neo professore di Kalos – si era triplicato di doveri e responsabilità immani, della casa aveva scelto di occuparsi Marin. Cercava come poteva di venirgli sempre incontro, in qualsiasi cosa, servirlo e riverirlo anche quando non c'era il minimo bisogno, perché amava Alan e il suo obbiettivo di fidanzata, moglie, migliore amica era quello di vederlo sempre felice, mai turbato. Non sarebbe riuscita a perdonarselo. Da due anni convivevano, e la rossa, che di età ne portava ventiquattro belli grossi, aveva imparato a rispettare i suoi spazi e a capire le sue esigenze meglio di quanto fosse mai riuscita a capire sé stessa. Tornò infatti da lui, perché lontana non ci sapeva stare, ma non si sedette al suo fianco: gli si parò timidamente davanti, ancora rossa sulla cima paffuta delle gote. -Alan...- lo chiamò, e si strinse le dita tra le mani. -Vuoi che ti porto qualcosa?
Alan batté le ciglia. -Sì, Marin, grazie.
-Oh! Dimmi, cosa ti va?
-Un tè sarebbe perfetto.
-Arrivo subito!
Glielo preparò, e in aggiunta ci aggregò come contorno sei Yantafrollini, che lasciò sul tavolino insieme ad un grande tazzone di Tè Roserade. -Attento con quelle caviglie,- avvertì, divertita. -Non vorrai buttare tutto giù.
Alan spostò lievemente le gambe incrociate, a quelle parole, e subito ringraziò dolce per la premura di Marin. Alla giovane brillarono le iridi, scalpitò il cuore. Era lei che doveva ringraziare lui, non il contrario. Era a lui che doveva tutto, la fede dorata che portava adesso all'anulare sinistro, l'amore che provava dentro, il suo sentirsi donna accanto ad un uomo forse difficile, introverso, taciturno, ma che a lei riserbava dolcezza, attenzioni, affetto.
Doveva considerarsi fortunata, forse. Se lo ripeteva spesso, in quanto Alan non era mai così con nessuno, se non ed esclusivamente con lei. Marin sapeva di occupare un posto molto speciale nel suo cuore, di averlo sempre occupato. Per molto tempo non aveva voluto crederci, ma adesso ne era certa, adesso era certa di tutto. Non aveva più bisogno di sentirselo dire, non aveva bisogno di baci appiccicosi, carezze ad asciugarle lacrime incomprese. Aveva solo bisogno che Alan continuasse così, genuino, spontaneo, che l'amasse con i suoi difetti, la sua faccia da bambina, i suoi strilli impazienti.
Che l'amasse e basta, che mai più trovasse la codardia di allontanarla, perché se c'era un posto in cui Marin si sentiva davvero al sicuro, quello era soltanto da cercarsi tra le lunghe braccia bianche di Alan. Che l'amasse con tutte le relative conseguenze che una cretina come lei poteva – purtroppo – portare, ed erano tante.
Le venne da ridere.
Nessuno riusciva a credere che una come lei stesse con uno come lui, eppure!, eppure era proprio accaduto così. -Amore..- lo chiamò a proposito, ancora, portandosi dietro la testata del divano e spettinandogli il ciuffo nero a forma di fiamma che gli emergeva dalla folta chioma cenere. Anche se Alan non alzò la testa dallo schermo Marin sapeva che la stava attentamente ascoltando. Alan l'ascoltava sempre. Era bravo e sensibile ai suoi problemi, aperto e disposto pur tenendo la bocca sigillata, gli occhi rigidi. Ora che erano sposati, quel suo lato si era affinato ancora di più. -sei stanco...?- gli domandò, posandogli le mani sulle spalle tese. Erano calde sotto il tessuto azzurrino e fresco della camicia.
-Molto.- le rispose Alan con voce anchilosata, e le acciuffò con distrazione una delle due mani che lei aveva dolcemente avviluppato intorno al suo collo. Marin gli strinse le dita, piena d'amore.
-Ma scommetto che tu sei più stanca di me. Vero?
Accidenti, se n'era accorto. Arrossì a voler negare la cosa, ma Alan ci aveva preso giusto, e lei d'altronde era sempre stata pessima a nascondere l'evidenza.
-Perché non vai a riposare, allora?
-Perché... io... non sono... non sono ancora del tutto sicura di volerti già lasciare.
-Marin, abitiamo nella stessa casa. A dividerci ci sarebbe solo un corridoio, se tu adesso andassi in camera.
-Lo so... hai ragione. Ma non è la stessa cosa e-- yawn—ops!
Alan fece una faccia scettica dinanzi allo sbadiglio energico della moglie. -Oggi hai fatto un sacco di mansioni. Sei stata brava. So che stancano. Non devi preoccuparti per me.
-Oh... sì, ma io... e la cena...? Ti è piaciuta, quella?
-Molto.
Marin divenne paonazza, lei che a cucinare era totalmente negata, che nemmeno sapeva le basi. Divenne paonazza e fece un altro sbadiglio, tanto per ricordare a tutti quanto fosse esasperatamente morta, e quanto ancora cercasse di fingere davanti ad Alan che in realtà non era affatto stanca.
-Non ti preoccupare, Marin.
-Alan- mormorò annaspando -Lo sai che sono fatta così! Anche tu dovresti riposare...
Alan rise, arrivati a quel punto, e alla rossa saltò il cuore di gioia nel sentirlo così provato e sereno allo stesso tempo. Gli liberò il collo dalla tenera morsa, tornando a massaggiargli cautamente le spalle mentre la mano grande di lui scivolava di nuovo sulla tastiera, lasciandole tra le nocche  il vivido ricordo di una piacevole sensazione di amorevole calore. -appena finisco questa relazione ti raggiungo.
-Ti vengo a prendere, altrimenti. Non hai molte scelte.
-So che lo faresti.
-Bada che domani mattina quando mi sveglio voglio vederti accanto a me. E non sul divano come l'ultima volta.
-E' stata colpa mia, ti chiedo ancora scusa. Non me ne ero reso minimamente conto, e--
-Ehi, almeno lo ammetti! Mi piaci sempre di più, Alan! T'avevo inquadrato bene, quella volta: sei proprio il mio tipo ideale. Ti amo.- le partì una carezza nostalgica tra i capelli neri, un sospiro innamorato. Poi uno sbadiglio da selvaggia, al quale lui reagì sorridendo sbarazzino. -Una piccola Tyrunt. Non slogarti quella mascella.
-Adesso sei tu che ti preoccupi troppo.
-Mh.
-Beh. Buonanotte, amore mio. A domani!
-Buonanotte, Marin.- disse Alan, attingendo con curiosità alla tazza di tè. -Non aspettarmi sveglia.
Marin annuì, anzi, glielo promise, e presto si convinse che la sua presenza lì in salotto sarebbe solo stata inutile: sia per lui, che doveva ancora finire di portare a termine dei progetti importanti, sia per lei. Aveva bisogno di riposare, in fondo, era provata. Visto inoltre quanto si fosse impegnata anche quel giorno, se la meritava proprio una sostanziosa dormita.
Prima di andarsene guardò Alan un attimo, uno solo, senza che ce ne fosse reale motivo.

Poi, però, sul punto di ripetergli la buonanotte, ne trovò mille, di motivi per restare. E allora non fu più in grado di staccargli gli occhi di dosso. Si mise a fissarlo intensamente, fissare quanto fosse cresciuto, in quegli anni insieme, quanto gli si fosse acuminata la mandibola nel loro andare avanti un passo dopo l'altro. Dalle tempie terse lunghi ciuffi neri gli abbracciavano con dolcezza il profilo del viso, la fronte bianca coperta da un'ordinata frangia naturale pareva adombrata anche col sereno. Tante cose erano cambiate, in Alan, e anche lei si era evoluta. Era cresciuta, finalmente, perché adesso lo compensava. Lo migliorava. Adesso Marin aveva ventiquattro anni, e finalmente la sua cotta era stata presa sul serio: adesso poteva viversi Alan in tutto ciò che lui aveva da offrirle.
C'era voluto del tempo, tempo per capire cosa ci fosse realmente tra loro, tempo perché lui ammettesse di provare qualcosa per lei. Certo, il loro divario d'età aveva contribuito a rallentare le cose: però li aveva portati fin lì, li aveva aiutati a costruire un legame solido, unito. Inscindibile. Alan ne aveva trenta, di anni, adesso, non indossava più baggy pants, non più sciarpe turchine, eppure s'intendevano ancora alla grande.
S'intendevano come una persona sola, e Marin era orgogliosa del loro amore. Era orgogliosa di lui.
Allungò una mano per accarezzarlo, toccarlo un po'. Alan però la distrasse dall'intento quando, sentendosi decisamente osservato da un grande paio d'occhi intensi e golosi, si voltò perplesso a chiedere spiegazioni con lo sguardo. L'ambra delle iridi della moglie lo inondò di rinnovato stupore per quella vicinanza tanto anomala dei loro visi. -Marin...?

Un'altra cosa difficile era, ammise Marin lì per lì che lo fissava, riuscire a strappargli un bacio. Alan non era molto espansivo, raramente si chinava a tenerle occupata la bocca, raramente se lo concedeva. Poi, cazzo, era alto. Lo faceva apposta ad evitarla, a volte, quasi provasse del sadico divertimento a vedere la sua piccola rossa guardarlo truce dal fondo. Ma Marin sapeva come prendersi quello che le spettava – e fu brava a non sfiorare nemmeno il margine d'errore più banale quando pazza d'amore per lui si abbassò, gli strinse i ciuffi incolti di capelli neri e con voracità violenta se lo tirò addosso, avvolgendogli le labbra carnose tra i denti. Gli strappò un bacio a velocità supersonica, e in quel frammento di secondo che vide le loro labbra perfettamente incollate mise tutta sé stessa, tutto l'amore che in sua assenza aveva accumulato. Aveva aspettato solo quel momento della notte per venire fuori tutto in una volta, esploderle di passione irrefrenabile in bocca, investirla come un Rapidash in corsa e convincerla senza più indugi a buttarsi. L'atterraggio fu morbido. Dall'altra parte incontrò labbra al sapore di thé desiderose di amarla allo stesso modo, forse di più, e fu difficile negarsi un sorriso. Lasciò Alan con le lenti degli occhiali appannate come  nebbia, il cuore fuori dal petto, i capelli stravolti e una voglia irrefrenabile di finire col pc e raggiungerla in camera. Sembrava lo avessero picchiato in un vicolo cieco, era stravolto, col fiato corto che gli tagliava stizzito il respiro. Impagabile. Tutte le volte ridurlo così per lei era come sfoggiare un meraviglioso trofeo.
-M-Marin...
-Era per la buonanotte! Ciao!
Marin non gli diede ulteriore tempo per riprendersi. Scappò via senza spiccicare una mezza parola, agitata, euforica, e si sigillò in camera trattenendo una forte risata tra le narici dilatate d'amore, cercando di immaginarsi in che diavolo di stato psicofisico dovesse averlo mollato, di là. Cielo, quanto era bello poterlo ancora emozionare così – non c'era niente di più meraviglioso che il suo viso accigliato che la guardava, le sue labbra schiuse e rosse di un bacio assolutamente inaspettato. Era stato gradito? Non voleva saperlo. Voleva solo rifarlo, rifarlo altre mille volte ancora. Sorrise dinanzi al forte amore che provava dentro, divertita, si levò i calzini e con una risatina monella si nascose sotto le lenzuola.

Prese sonno facilmente, quella notte: col sapore combattivo di Alan annidato tra le increspature a forma di ramo delle labbra non fu difficile per la rossa accoccolarsi pensando di farlo addosso a lui. Ma lo sentì, lo sentì eccome quando il giovane, poco dopo, sperandola forse già perfettamente addormentata – povero sciocco illuso ingrato innocente cucciolotto –, la bloccò con gentilezza tra le ginocchia e, con sul viso quello che Marin immaginò in sogno essere il sorriso più innamorato del mondo, si chinò orgoglioso a riprendersi ciò che lei, con un bacio, di lui aveva appena reso migliore.



 
_____________________________________________
note.
un'altra Marissonshipping. non posso stare lontana da questi due, proprio non ci riesco.
è vecchia, di maggio, per cui non ho idea di come sia poiché sono passata direttamente alla pubblicazione, senza rileggerla :3 in tal caso, segnalatemi pure errori/accorgimenti, sarò felice di correggerli. Tengo molto a questa storiella, forse perché per me ritrae uno dei momenti più genuini e meravigliosi della vita di coppia: la convivenza. Ho sempre immaginato un ipotetico futuro per loro due, e anche un ipotetico matrimonio, non so, mi danno queste vibes e questa voglia straordinaria di shipparli e scrivere assiduamente su di loro, aiuto. Li amo.
Entrare nella testa di una Marin più adulta pur mantenendone i connotati, poi, è stato il tocco di classe. XD La amo.
per quanto riguarda la trama, ho preso ispirazione da una fanart di @degutaro_, che potete trovare su twitter, è davvero bravissim* e il lampo è stato immediato e sì, Alan ha gli occhiali e Marin i capelli lunghi oh gosh. se riuscissi a caricarla ve la farei anche vedere, peccato che non riesca a reperirla più sul web, che tinypic sia morto e che gli altri siti, meh.
Detto questo, auguro a tutti quanti una Cioccoskitty per Natale e tanti regali sotto l'albero!
passate delle buonissime feste~

Lila
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pokemon / Vai alla pagina dell'autore: Lila May