“È mezzanotte! Dove diavolo sei?” la voce di Annabeth per poco non gli spaccò un timpano.

“Cosa? Perché? Sono appena uscito dal centro commerciale. Cosa ho fatto di male? Tu dove sei?” chiese riavvicinando il cellullare all’orecchio.

“Sotto casa tua. Sono qui dalle dieci e mezzo. Non c'è nessuno. Ho provato a chiamarti sette volte. Ho fame e così tanto freddo che non riesco a sentire la mia faccia, e sono a un passo dal mollarti”

Ricordò tutto di colpo, e fu come se Annabeth gli avesse appena tirato un’enciclopedia in testa.

Quella sera avrebbero dovuto godersi una bella cenetta romantica. La figlia di Atena sarebbe rimasta a dormire da lui, e avrebbero passato l’intero giorno seguente assieme.

“L’appuntamento…” mormorò.

“L’appuntamento” confermò lei.

“Non mollarmi. Aspettami solo per un minuto. Per favore. Arrivo subito, e giuro che avrai il miglior appuntamento last-minute che si sia mai visto. Sarà ancora meglio di quando siamo stati a Parigi. Lo giuro” la supplicò.

“Sei sempre lo stesso, Testa D’Alghe” disse lei prima di riattaccare.

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“Hai battuto ogni tuo record. Sei in ritardo di più di un’ora e mezza” lo rimproverò Annabeth a braccia conserte, penetrandolo con i suoi bellissimi, tempestosi e ora severissimi occhi grigi.

“Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace così tanto!” esclamò Percy supplicante avvolgendola in un abbraccio, sfoggiando i suoi migliori occhioni da cucciolo “Questa è l’ultima volta che mi dimentico di un nostro appuntamento!”

Lei gli tenne il broncio solo per un altro secondo, poi lo trasformò in una risata e lo baciò.

“Sappiamo entrambi che non è l’ultima volta. Ma sai una cosa? Ti amo comunque”