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Autore: normanfckinrockwell    27/12/2019    18 recensioni
1788. L'ultimo compleanno di Oscar, visto dagli occhi di Andrè.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Oscar oggi compie trentatrè anni. Come gli anni di Cristo quando è morto. Lei non ne ha fatto menzione, ma è alquanto difficile dimenticare la data del suo compleanno, visto che è nata lo stesso giorno del Messia. 
I suoi compleanni sono spesso passati in sordina negli anni, proprio a causa delle festività natalizie. Potrei elencare sulle dita ognuna delle volte in cui, da giovanissimi, il Generale e Madame Marguerite l'avevano a malincuore lasciata a Palazzo, trascinati dagli impegni di corte. Quando eravamo bambini Oscar si sforzava di non dare a vedere la delusione, la tristezza nell'esser costretta a trascorrere il giorno del proprio compleanno con l'anziana balia e il suo nipotino orfano e povero. 
Non disprezzava la nostra compagnia, anzi la cercava più di frequente che rispetto alla sua famiglia di sangue, eppure sperava che nonostante gli impegni, i doveri e la lontananza, i suoi genitori e le sue sorelle si riunissero per festeggiarla, anche se solo per poche ore. 
Crescendo, aveva preso l'abitudine di far finta che questa giornata non esistesse affatto. Il giorno di Natale non era altro che la celebrazione della nascita di Gesù Cristo. Una volta la presi in giro, scherzando sul fatto che di quel passo un giorno non avrebbe ricordato quanti anni avesse. Lei mi guardò seria, nonostante sapesse fosse uno scherzo, e mi rispose che non sarebbe stato da escludere. 
Di solito la mattina di Natale, a dispetto di quanto uno potrebbe pensare, si svolgeva in maniera piuttosto meccanica, ogni anno uguale all'altro.
Reciproci auguri piuttosto formali e freddi tra i membri della famiglia Jarjayes, riverenze servili da parte di camerieri, cuochi, sguatteri, giardinieri, tutti si riunivano al cospetto del Generale e di Madame per poter auspicare loro un felice Natale. Un breve momento veniva ritagliato per Oscar, che riceveva una stretta di mano virile dal padre, e un breve ma affettuoso abbraccio dalla madre. Le sorelle, ormai tutte sposate, di rado tornavano a Palazzo. Con una casa praticamente vuota, io e Oscar potevamo fare qualsiasi cosa noi desiderassimo. Lei veniva a sedersi a tavola con me e la nonna, chiedeva la sua solita cioccolata calda, e sorrideva quando vedeva che, come sempre, mia nonna le aveva preparato il suo dolce preferito. 
Montagne di regali da nobili, commercianti, doni addirittura dalle loro Maestà venivano ammassate sul tavolo nell'atrio. Non li apriva quasi mai. 
Anche io le regalavo qualcosa, spesso un oggetto che sapevo piacerle, un libro che mancava alla sua collezione, qualsiasi cosa che speravo potesse avere un significato particolare per lei. Quando eravamo ancora in termini più che amichevoli, quasi fraterni, le regalai uno dei testi latini più famosi al mondo, il De amicitia di Cicerone. L'avevamo studiato da piccoli quindi, proprio come me, ne ricordava vividamente i punti più importanti, incitati e rimproverati dal nostro severissimo precettore.
Non sapevo se lo possedesse già, ma non mi interessava. Quel Natale, il Natale dei suoi diciotto anni, nessun regalo mi sembrava appropriato come quello. 
-Alcune pagine sono segnate- aveva osservato lei, sfogliando il libro con interesse.
-Sono le pagine che preferisco- le avevo confessato, quasi timidamente. Diamine, avevo pensato tra me e me, come fai ad essere timido con la persona con cui vivi in simbiosi. Perchè era davvero così. Non c'era momento, a parte la notte, in cui io e lei non fossimo insieme. Lei era, come Orazio diceva, la metà della mia anima. E speravo con tutto il cuore che lei pensasse lo stesso di me.
Lei aveva sorriso della mia timidezza, mi aveva ringraziato, e mi aveva stretto le mani nelle sue nella maniera più calorosa e genuina che esistesse. 
Osservo dalla finestra la neve cadere sull'erba, i ricordi si riversano tutti nella mia mente con una violenza inaudita. Negli ultimi tempi mi nutro solo di questo. Ricordi, avventure, gioie, dolori si combattono ferocemente tutti racchiusi in me. Mi stupisce sempre quanti contenuti la mia mente sia capace di immagazzinare, e mi stupisce altrettanto il fatto che non sia ancora impazzito. Io e Oscar ci parliamo sempre meno, le nostre conversazioni ridotte a monosillabi, cenni del capo, mormorii quasi impercettibili. 
Anche oggi, come ogni altro giorno da qualche settimana a questa parte, tra noi regna la freddezza. Anche quando ci auguriamo buon Natale. Anche quando le dico buon compleanno. I suoi occhi la tradiscono per un momento, si addolciscono, si sciolgono in acqua cheta, poi subito ritornano al ghiaccio implacabile che assumono con tutti. 
-Niente regalo quest'anno?- chiede, mantenendo un atteggiamento distante, quasi altezzoso. 
-C'è sempre un regalo per te, Oscar- dico, mestamente. Parlare con lei in questo modo mi sembra innaturale, imbarazzante e anche insensato.
-Non era necessario- continua lei. 
-Non potrei mai dimenticarmi il tuo compleanno. Nemmeno volendolo- affermo, in un tono che alle mie orecchie sembra quasi grave.
Il regalo da me pensato per lei giace già nella tasca interna della mia giacca. Non è il dono ideale, molti penserebbero che non sia adatto ne decoroso per una persona del suo lignaggio. Quando glielo porgo mi sento teso, quasi spaventato da quale cattiveria potrebbe uscirle dalla bocca. 
-Il contratto sociale- recita, prima di accigliarsi. 
-Perchè?- chiede solamente, mentre si stringe il libro allo stomaco. 
La osservo accarrezzare il nastro che ho avvolto sulla copertina.
-Perchè, Andrè?- insiste.
-Leggilo. E, se vorrai, ne discuteremo insieme- 
-È questo che vi fanno leggere, quando vai a quelle riunioni?- domanda esitante, come se temesse il potere delle parole contenute nel libro che regge tra le mani. 
-No, Oscar. L'ho letto anzitempo. Mi sembrava il momento adatto per regalartelo- le rispondo in un tono che sembra esprimere una saggezza che non mi appartiene. 
-Dove sei riuscito a trovarlo?- 
-È mio- 
-Andrè, io...-
So già cosa sta per fare. Già la immagino porgermi indietro il libro, dire no, grazie, non posso accettarlo, e scappare più lontano che può per non affrontare più niente e nessuno per il resto della giornata.
-No, Oscar. Voglio che lo tenga tu- scuoto la testa, mettendo a tacere qualsiasi tipo di resistenza lei volesse oppormi. 
-Non ti verrà voglia di rileggere qualche passo?- mormora, ancora immersa nell'incertezza. Strofina assente un dito sulla seta del nastro avvolto intorno al libro. Lo stesso identico nastro che utilizzavo per raccogliermi i capelli.
-Lo conosco a memoria, preferisco che venga letto da te- 
Per la prima volta in tanto, tanto tempo, vedo il suo viso, il suo corpo abbassare le difese, riempiendo il mio cuore di una gioia che ormai mi è quasi del tutto sconosciuta.
-Non è bello come gli altri regali, lo so- continuo, cercando sulla sua faccia segni di un'immediata chiusura, rifiuto, ribrezzo nei miei confronti. Ma non ne trovo. 
-Non sono d'accordo.  Si cambia, sai- obietta lei, con l'ombra di un sorriso sul volto. È più di quanto avrei mai potuto sperare.
Viene da sorridere anche a me ormai. Da quanto tempo era che non la vedevo così? 
Scorre di nuovo il dito sul fiocco in seta avvolto intorno al libro, poi si ferma.
-Questo nastro è ...- inizia, ma tace immediatamente, sopraffatta.
-Sì- le rispondo solamente. 
Non c'è bisogno di dire altro.
-Grazie, Andrè- dice, abbagliandomi con un sorriso. Un sorriso vero, splendido, miracoloso. Le parole mi si accavallano sulla lingua, vorrei poterle spiegare di più, raccontarle perchè ho deciso di regalare a lei, una nobile, Il contratto sociale, illustrarle i miei passi preferiti, quelli che trovo più corretti e quelli che invece non mi convincono, augurarle infinite volte buon compleanno, e sentirla vicina, finalmente per davvero e non solo nei ricordi. 
-Buon Natale, Oscar- 
È l'unica cosa che riesco a farmi uscire dalle labbra, e forse è per il meglio. Ci sarà un altro tempo.
 
   
 
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