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Autore: crazy lion    29/12/2019    2 recensioni
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti che Demi e la sua famiglia hanno vissuto, raccontati nel libro di Dianna De La Garza "Falling With Wings: A Mother's Story", non ancora tradotto in italiano.
L'inverno è una delle stagioni preferite da bambini e ragazzi, soprattutto grazie al periodo natalizio e, si spera, alla presenza della neve. In questa serie di storie ambientate durante le feste natalizie Demi, ancora piccola, vivrà assieme alla sorella e a due amici dei bei momenti, alcuni divertenti, altri profondi. Certe esperienze, per fortuna, a volte non si scordano, insegnano qualcosa, in certi casi fanno crescere e rimangono impresse nella memoria per sempre. Demetria ancora non lo sa, ma per lei e gli altri tre bambini questi saranno infatti inverni da ricordare.
Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo. Vale non solo per Demi, ma anche per tutti gli altri personaggi famosi dei quali ho parlato.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Ciao a tutti e buon Natale, anche se in ritardo!
Mi sembra più giusto iniziare con l'angolo autrice qui anziché alla fine di questa prima storia. Mi scuso per essere sparita dal sito per mesi, soprattutto con i lettori di "Cuore di mamma". (Per chi non stesse leggendo la mia long potete comunque farlo con questa raccolta, le due hanno solo il fandom e alcuni personaggi, anche originali, in comune, ma qui spiegherò in ogni storia chi sono questi ultimi così, se qualcuno volesse leggere per esempio solo la seconda one shot, riuscirebbe comunque ad orientarsi). Come ho spiegato nell'avviso in fondo al capitolo 108 di quella storia e nella mia pagina autore, vari problemi molto gravi in famiglia e alcuni di salute mi hanno tenuta, con mio gran dolore, lontana dalla scrittura, facendo in modo che la mia ansia fosse, e in realtà sia ancora, così forte che riesco solo a scrivere one shot. Credetemi, questa è una cosa che fa male a me quanto a voi che leggevate, ci faccio tanti di quei pianti che non potete immaginare. Ma non potevo certo sapere che il problema di mia mamma avrebbe avuto un peggioramento e che anche mio padre non sarebbe stato bene, né che la mia depressione di cui soffro da anni sarebbe peggiorata così come l'ansia. Ho mezzo capitolo pronto, dopo l'operazione di mio papà a gennaio sarò più tranquilla e tornerò a scrivere. Questo non per lamentarmi o altro, ma per spiegarvi che non ho abbandonato quella storia o il sito così, perché non mi andava più di scrivere o non avevo ispirazione, ma per motivazioni serie che non sono dipese dalla mia volontà.


Come ho detto riesco a scrivere le one shot, così ho deciso di fare un'altra raccolta di racconti di Natale. Avrebbero dovuto essere quattro ma l'ultima idea non mi convinceva per una storia natalizia, per cui la terrò per una futura one shot che publicherò a parte. Questa serie di storie è già completa e sì, so che è da pazzi iniziare a pubblicare nel bel mezzo della notte ma non dormivo, così ho pensato che farlo mi avrebbe aiutata, poi, a riposare meglio.


Le prossime due storie arriveranno nel corso della giornata di oggi.
Buona lettura!
 
 
 
 
 
 
INVERNI DA RICORDARE

 
 
DEDICA
 
Questa serie di storie è dedicata alla mia amica Emmastory, una persona speciale che sa ascoltarmi, capirmi, farmi ridere e starmi accanto nei momenti belli come in quelli difficili.
Un grazie grandissimo anche per l’aiuto che mi dà nel tradurre in inglese le mie FanFiction.

 
 
INTRODUZIONE
 
Non mi sarei mai aspettata di fare una seconda raccolta natalizia, non so perché, forse pensavo che le raccolte non fossero nel mio stile.
Il 13 dicembre da me è nevicato, pochissimo purtroppo, e dato che ero triste per questo Emmastory mi ha mandato dei prompt per ispirarmi. Non in tutti, comunque, sarà presente la neve.
Dei cinquanta ne ho scelti tre che mi piacevano particolarmente, ambientati in momenti diversi della vita di Demi ma sempre nel periodo natalizio o delle feste.
Saranno storie più leggere rispetto al mio solito, anche se ci saranno comunque i problemi di Dianna, in particolare l’anoressia, spiegazioni di quanto Patrick ha fatto a lei e alle figlie e il bullismo subito da Demi.
Come sempre, anche se le vicende sono inventate e il clima di questi racconti è un po’ più felice di altri che ho scritto, non mancherò di fare riferimento a fatti realmente accaduti nella vita di Demi riportando le note, nelle quali ripongo molta importanza e che vi consiglio di leggere. Inoltre tutte le mie storie sono ambientate a Los Angeles, perché ho sempre fatto così ancora prima di sapere che Demi da piccola avesse vissuto in Texas.
 
Volevo spiegarvi la scelta del titolo. Come suggerisce la trama, “Inverni da ricordare” si riferisce al fatto che queste storie sono ambientate durante l’infanzia di Demi e l’infanzia o l’adolescenza di altri tre personaggi: Dallas, Andrew e Carlie, gli ultimi due amici di Demetria e inventati da me, e che tutti in futuro ricorderanno, chi più chi  meno, ciò di cui parlano questi racconti.

 
 
NOTA INIZIALE:
questa prima storia può essere considerata un sequel di “Cronaca di un felice Natale”, scritta a quattro mani con Emmastory e pubblicata qui a gennaio. Si ambienta infatti pochi giorni dopo, ma questa può essere letta anche senza averlo fatto con la precedente.
 
 
 
 
 
 
I BAMBINI E LA RENNA
 
Era il 31 gennaio e Demi, a cinque anni - o cinque e quattro mesi, come amava precisare - era felice. Aveva trascorso giorni tranquilli con la sua famiglia, senza audizioni né altri impegni. Le piaceva fare tutto ciò, ma amava molto di più la tranquillità casalinga e soprattutto, come ogni bambino, in quel periodo dell'anno adorava lo spirito del Natale. Se la notte della Vigilia non era caduta molta neve il Natale era stato meraviglioso: aveva ricevuto molti regali ma soprattutto un cucciolo, Buddy, un Cocker Spaniel bianco che in quel momento era seduto accanto a lei sul letto. Con la schiena leggermente incurvata e le zampe davanti dritte, si guardava intorno e scodinzolava, battendole ogni tanto la testina sul braccio alla ricerca di coccole. A quello che le aveva detto la mamma, aveva due mesi.
"Adesso devi essere tu la sua mamma" le ricordava spesso.
Quando Demi, il giorno prima, le aveva chiesto dove Babbo Natale l'avesse preso, lei le aveva risposto che il vecchio signore dalla barba bianca le aveva mandato una lettera per spiegarle che l'aveva trovato abbandonato in un canile del polo nord assieme ai suoi fratelli, che aveva regalato ad altri bimbi. Demi ovviamente ci aveva creduto - la storia del canile era vera, comunque, ma si trovava lì a Los Angeles - e aveva pensato che adottare un cane da uno di quei posti fosse ancora più bello e importante. Immerse le mani nel folto pelo del cagnolino, passandogliele poi sopra le lunghe orecchie morbide. Lui abbaiò piano, attento a non svegliare nessuno.
“Bravo” mormorò la piccola, che stava cominciando ad educarlo.
A volte Buddy non la ascoltava, ma del resto nemmeno lei dava sempre retta alla mamma, per cui cercava di essere paziente e di non arrabbiarsi con quella dolce palla di pelo, anche perché quando la guardava il suo cuore si scioglieva e non riusciva più a sgridarla.
Era mattina presto e la bambina era stata svegliata dal balzo del cane sul suo letto pochi minuti prima. Sentendo dei rumori in cucina si infilò le calze di lana e le ciabatte e scese, seguita dal suo piccolo amico che zampettava allegro dietro di lei. L’ambiente non era molto grande ma accogliente, con al centro un tavolo rettangolare, quattro sedie tutt’intorno, un frigo e una dispensa a poca distanza e un piccolo tappeto davanti al lavello. Ma la cosa che alla bambina piaceva più di tutto era il lungo ripiano di marmo lì accanto, sul quale si trovavano i fornelli, il microonde e un piatto con della frutta. Quando Eddie era venuto a vivere con loro, lui e Dianna avevano rifatto la cucina della casa, arredando di nuovo tutta l’abitazione e ridipingendo alcune stanze, e avevano comprato quel ripiano che a Demi aveva sempre dato la sensazione di qualcosa di antico e importante.
"Ciao, mamma!" esclamò, vedendola già in piedi e ai fornelli.
"Buongiorno tesoro. Dormito bene?" le chiese Dianna, che poi le sorrise e si avvicinò per darle un bacio.
"Molto, tu?"
"Abbastanza."
Come succedeva da tempo si alzava alle quattro di mattina, non aveva mai molto sonno, e iniziava a pulire cercando di fare il meno rumore possibile. Se dovevano uscire si pettinava, truccava, vestiva e faceva di tutto per essere perfetta. Doveva esserlo. Era sempre molto stanca ma cercava di non darlo a vedere, soprattutto a Dallas o al compagno Eddie. Farsi aiutare avrebbe significato essere debole, e lei non voleva dare quest'immagine di sé. Nessuno ama chi è debole e non voleva certo perdere Eddie, un uomo che le dava così tanto affetto e stabilità. Scosse la testa per scacciare quei pensieri.
"Che stai cucinando?" chiese ancora la piccola con voce melodiosa.
"Pancake ai frutti di bosco."
A Dianna veniva la nausea nel vedere tutto quel cibo, le sembrava molto più di quanto era in realtà. Purtroppo la sua malattia, l’anoressia, che l’aveva intrappolata da tanti anni, di cui nessuno si era ancora accorto, che lei nascondeva e che negava a se stessa con tutte le forze, le faceva vedere il cibo in maniera distorta. No, si disse, non li avrebbe mai mangiati. Demi iniziò a saltare per la gioia, inebriandosi del profumo delicato che saliva dai fornelli, ma Dianna le disse di fare piano per non svegliare gli altri. Eddie e Dallas arrivarono poco dopo e, quando tutti furono seduti, iniziarono a mangiare. aLa donna prese uno yogurt magro dal frigo, controllò le calorie e decise che anche se a suo parere erano tante, avrebbe dovuto mandarlo giù per non far insospettire nessuno.
“Non ti vanno i pancake?” le domandò il marito.
“No, preferisco questo. Sto bene, solo non ho molta fame.”
Eddie le lanciò uno sguardo preoccupato, ma quando Dianna gli sorrise si tranquillizzò. Capita a tutti di non avere molto appetito, a volte.
I pancake erano buonissimi, avevano un sapore delicato ma non troppo che li rendeva davvero invitanti. Dianna mandava giù cucchiaiate a forza, passando quella sostanza densa da una parte all’altra della bocca e sperando che sarebbe scomparsa o si sarebbe sciolta. Ma non poteva continuare a succhiarla per minuti interi o qualcuno se ne sarebbe reso conto, così ad un certo punto ingurgitava e le pareva che il suo corpo volesse rigettare tutto subito dopo. Solo con uno sforzo immane, non seppe nemmeno lei come, riuscì non solo a terminare il suo pasto, ma anche a non correre in bagno a vomitare.
"Cosa facciamo stasera?" domandò Dallas.
A soli nove anni non aveva certo l'età per andare a qualche festa dell'ultimo dell'anno con i suoi amici, cosa della quale i genitori erano in un certo senso contenti. La loro figlia era già molto responsabile ed erano sicuri lo sarebbe stata anche in futuro, ma speravano che sia lei sia Demi non sarebbero cresciute troppo in fretta. E chissà, si dissero con un sorriso, magari avrebbero allargato la famiglia prima o poi.
"Ci troviamo con Andrew e i suoi per festeggiare, facciamo da loro quest'anno ma portiamo un paio di torte salate e della pasta al forno" spiegò Eddie.
Ma dobbiamo sempre parlare di questo maledetto cibo? Mi fa ingrassare, se mangio non sarò mai perfetta, e se non lo sarò nessuno mi vorrà più, anche Eddie pensò Dianna, che pregò Dio che qualcuno cambiasse argomento.
Non era perfetta in niente, comunque, né come moglie, né come donna, né tantomeno come mamma. Lei si sforzava, ci provava, ma falliva. Perlomeno, controllando il proprio peso e il suo aspetto in quel modo, le sembrava di avere anche un po’ di controllo sulla propria vita.
Andrew era il migliore amico di Demi praticamente da sempre e i sei anni di differenza dei due bambini non avevano impedito loro di legarsi molto profondamente sin dalla tenera età.
"Guardate fuori!"
Il grido di Demetria spaventò tutti, compreso Buddy che andò a nascondersi sotto il tavolo dietro i piedi di Dallas.
"Che succ…" iniziò la mamma con l'intento di sgridarla ma si bloccò quando, osservando dalla finestra, notò che stava nevicando molto abbondantemente e che almeno tre centimetri di neve erano già per terra.
"Una vera e propria tempesta!" esclamò Eddie. "Eppure il meteo diceva che sarebbe piovuto."
Di sicuro era cominciata poche ore prima quando ancora tutti dormivano, e dato che i giorni precedenti c'era stato bel tempo a parte pochissima neve caduta la notte della Vigilia, quella che ora stava venendo giù si attaccava subito e bene al suolo. Nonostante i fiocchi fossero abbondanti, si depositavano con delicatezza e parevano leggiadre ballerine che danzavano in punta di piedi per non far rumore.
"Posso giocarci?" domandò ancora la più piccola di casa, battendo i piedi elettrizzata alla sola idea.
La neve si vedeva così poco a Los Angeles, una città in cui quella stagione di solito era mite, che quando avveniva il contrario per i bimbi era un miracolo.
"So che muori dalla voglia, cara" iniziò Eddie.
"Anch'io, eh!" si intromise Dallas, tanto per puntualizzare.
"Okay, signorine, immagino non vediate l'ora, ma prima finite la colazione" ridacchiò l'uomo.
Le bambine obbedirono sbuffando appena e sperarono che i genitori non se ne fossero accorti. Sapevano che a loro non piaceva quando si comportavano in quel modo, ma a volte la voglia di giocare era troppa. Terminato di mangiare, tutti andarono a pettinarsi e si vestirono con una tuta pesante, dei doposci, un paio di guanti e uno spesso cappotto con il cappuccio per proteggersi dalla neve e dal freddo. Dianna tirò l’ennesimo sospiro di sollievo stando attenta a non farsi sentire: grazie al cielo era arrivata quella roba bianca a distrarre tutti dal cibo.
“Arrivo subito” disse, poi andò in bagno, chiuse la porta e si tolse le ciabatte per mettersi sopra la bilancia.
I secondi che dovette attendere prima di vedere quel numero sembrarono non passare mai, i battiti del suo cuore erano impazziti.
Quarantasei chili? Come ieri, in pratica.
Durante le vacanze natalizie aveva mangiato troppo rispetto ai suoi standard e aveva preso un chilo che ora non riusciva più a perdere.
“Che schifo” mormorò. "Se Eddie si accorgerà di quanto sei grassa e imperfetta in tutto non ti vorrà più e, se chi ti conosce lo noterà, ti odierà."
Lui l’aveva sempre vista molto magra e non le faceva domande, da un po' perlomeno, il che significava che non aveva più dubbi e che era abituato alla sua magrezza, che essa non lo preoccupava per ora. A volte si era accorto che mangiava poco, ma lei era sempre riuscita a trovare delle scuse credibili. La donna si toccò le cosce, i fianchi, la schiena, si guardò allo specchio e si vide orribile, grassissima, le pareva che ogni parte del suo corpo stesse per scoppiare.
E poi, a dirla tutta, non si sentiva nemmeno una buona madre. Solo pochi mesi prima le maestre l’avevano chiamata perché Demi si era fatta la pipì addosso, cosa che non era mai successa prima, e quell’episodio si era ripetuto per diversi giorni fino a quando Dallas aveva fatto notare alla madre che ciò avveniva da quando avevano visto il film “It”, che Dianna non ricordava nemmeno di aver lasciato guardare loro e si era stupita della sua disattenzione. Se fosse stata più attenta non avrebbe mai permesso loro di vederlo. Ogni volta che era andata in un bagno che non fosse quello di casa sua, le aveva spiegato Demi quando ne avevano parlato, si era spaventata perché aveva ricordato la scena in cui un clown, nascosto nelle fogne, tira qualcuno giù per il tubo di scarico. E quindi, ogni volta che si era avvicinata al bagno della scuola, aveva visto un clown pronto a fare lo stesso con lei. Dianna aveva parlato a lungo con la figlia riguardo ciò che era reale e quello che non lo era riuscendo a calmarla, ma si era sentita male per settimane per non essersi accorta di nulla. Come aveva potuto?
Riguardandosi, si disse che era solo una cicciona. Ma non c’era tempo per vomitare. Si mise le mani davanti alla bocca ed urlò, ma le aveeva premute così tanto sulle labbra che nessuno udì niente. Qualche lacrima sfuggì al suo controllo, ma la asciugò con un rapido gesto della mano, poi raggiunse la sua famiglia.
Stavano per uscire quando suonò il campanello: si trattava proprio di Andrew con i suoi genitori Frank e Joyce e la sorellina Carlie, che aveva quasi la stessa età di Demi.
"Nevicaaa!" urlò questa ancora prima che gli altri avessero la possibilità di salutare e come se i vicini non se ne fossero già resi conto.
I suoi occhi azzurri erano illuminati da un sorriso che non pareva lasciare mai il suo viso dolce.
"Abbiamo visto, piccola" le rispose Dianna accarezzandole i capelli biondi. "Copriti o ti bagnerai tutta" aggiunse poi abbassandole il cappuccio.
Dopo i saluti, fu Joyce a parlare. Assomigliava molto alla figlia nell'aspetto e anche lei era magra e piuttosto alta.
"Stavamo pensando di andare in macchina fino ad un bosco e poi fare una passeggiata. Vi va di venire con noi? Possiamo usare una sola auto, la nostra è grande, c'è spazio."
Aveva un’espressione serena e tranquilla e anche il suo volto trasmetteva calma. Dianna la invidiò, lei non si sentiva così da tantissimi anni. Aveva sofferto troppo, tra la relazione con Patrick che si era trasformata in un rapporto abusivo, il suo problema con l'anoressia che cercava di nascondere a tutti, il fatto che voleva essere la migliore delle madri, sempre perfetta, e mangiare poco e a volte vomitare la aiutava a sentire che aveva un po' di controllo sulla propria esistenza. Per ora Eddie non si era accorto di nulla, si ripeté, lei cercava di non dimagrire troppo e resisteva con sforzi sovrumani per non contare le calorie di ogni cibo e capire come avrebbe potuto smaltirle, perlomeno lo faceva quando lui era presente. Si  riscosse.
"A me sì, voi che dite?" domandò.
"Tesoro, abbiamo già detto di sì" mormorò il marito circondandole le spalle con un braccio. "Ti senti bene?"
"Sì, ero solo soprappensiero."
Davvero si era isolata così tanto dagli altri da non udire niente? Partì con tutti sentendosi strana, sicura che non sarebbe riuscita a godersi il momento. Chissà perché le venne da pensare a Patrick. Le figlie lo vedevano pochissimo e lui chiamava spesso dicendo che voleva incontrarle e insultandola, a volte lo faceva tanto nel giro di pochi giorni, altre Dianna non lo sentiva più per mesi. Non gli lasciava vedere le figlie praticamente mai perché capiva che poteva essere pericoloso per loro, sicuramente ubriaco o drogato e, cosa di cui si sarebbe resa conto in seguito, l’uomo soffriva anche di qualche disturbo mentale. La sensazione di non essere al sicuro e che nemmeno le sue bambine lo fossero la metteva in uno stato di agitazione continua.
“Amore, che ti succede?”
La voce dolce di Eddie la distrasse e sembrò accarezzarle il cuore e l’anima facendola sospirare di sollievo.
“Niente, niente. Godiamoci questa mattinata” disse, decisa a farlo.
Ci avrebbe provato, almeno.
"Come mai stai in silenzio, oggi?" chiese Andrew all'amica e i loro occhi si incontrarono, verde nel marrone. "Ti senti male?"
"No, va tutto bene. Solo, non so cosa dire. Sono stati giorni bellissimi e sono felice."
Andrew sorrise.
Era bello sentire la sua migliore amica pronunciare quelle parole. Il bambino sapeva benissimo che Patrick, il padre biologico di Demi e Dallas, non era stato un uomo buono, gliel'avevano spiegato i suoi genitori. Lui ricordava di aver passato dei bei momenti con quel signore, ma anche se Frank e Joyce non erano entrati nel dettaglio nascondendogli tutta la violenza che aveva perpetrato nei confronti di Dianna, lui, i genitori e la sorella avevano sentito spesso litigare i due. Demi non gli aveva parlato un granché di quello che era successo, forse non si sentiva pronta o era stato troppo brutto e il ragazzino lo rispettava, ma era felice che nonostante questo lei fosse contenta. Andrew era ancora troppo piccolo per rendersi conto che traumi come quelli che aveva vissuto Demi lasciano segni molto più profondi che un po' di lacrime e di tristezza, segni che sarebbero emersi pian piano, negli anni a venire.
"Anch'io sono felice. E tu, Carlie?" le chiese il fratello, che trovava giusto includere anche lei nella conversazione.
"Sì, certo. Sono le vacanze di Natale" replicò, come se questo rendesse ovvio che l'unica emozione che si poteva provare era la gioia.
Demi sorrise amaramente.
Se Carlie avesse saputo quanto erano stati difficili gli anni precedenti prima che incontrassero Eddie, anche durante il periodo natalizio nel quale la mamma continuava a mangiare poco e a rimettere e lui tornava a casa ubriaco e lanciava in giro cose urlando come un pazzo, forse la bambina avrebbe capito che non per tutti era così bello e facile. Ma anche lei era piccola, ed era giusto che non sapesse certe cose per il momento. Non che Patrick fosse stato sempre cattivo, anzi, voleva molto bene a lei e a Dallas, solo che a volte era stato… beh, non trovava la parola giusta ma di certo non poteva definirlo buono se pensava a quelle situazioni. Andrew, che si rese conto del cambiamento d'umore della bambina, le strinse una mano per confortarla.
"Adesso passa" gli sussurrò, ma i suoi occhi erano ancora tristi.
"Non vedo l'ora di tornare a scuola, sapete?" fece allora lui, per cambiare argomento, passandosi una mano fra i corti capelli castani per pettinarli meglio.
Gli adulti stavano parlando fra di loro, i bambini non prestavano attenzione alle loro parole.
"Ma sei scemo o cosa?" si intromise Dallas, seduta in uno dei tre sedili in fondo, tra i genitori.
"Dallas, il linguaggio!" la rimproverò bonariamente la mamma. "Ci sono due bambine piccole, qui."
"Scusa. Comunque dai, come accidenti fa a piacerti la scuola? Sì, si imparano un sacco di cose, ma è noiosissima a volte."
"Vero, certe materie lo sono, però almeno si sta con i propri compagni. O preferiresti studiare a casa?"
"No, per carità!" esclamò mettendosi le mani davanti alla bocca per enfatizzare il concetto.
"Ecco, appunto. Fare i compiti non è sempre il massimo, però."
"Anche noi vogliamo fare i compiti" dichiararono le bambine all’unisono.
“Sono sicuro che quando saprete cosa sono non sarete più così entusiaste all’idea” si intromise Frank.
“Sì, appunto” borbottò Andrew, poi il viaggio proseguì in silenzio mentre le piccole non facevano che pensare a quanto sarebbe stato bello studiare come lui.
Risalirono una collina e lungo la strada videro solo qualche casa. Ormai erano usciti dalla città da un pezzo, abbandonando il continuo traffico, per immergersi in luoghi più tranquilli. Con le catene che Frank aveva messo alle ruote della macchina il tragitto non era stato difficile, ma per sicurezza l’uomo rallentò dato che stava facendo una salita. Arrivato in cima si fermò e tutti scesero, trovandosi davanti una lunga strada dritta alla fine della quale iniziava il bosco. Intorno a loro tutto era silenzio o quasi, si sentiva ogni tanto qualche uccellino da lontano ma quei cinguettii sembravano insicuri, timidi, come se i rari passeri che cantavano si rendessero conto che d'inverno il bosco era addormentato e non andava disturbato. Era proprio così che appariva a tutti, anche alle due bambine, che se lo figuravano come un vecchio stanco e assonnato che era giusto lasciare in pace. Demi si sentiva un po’ male all'idea di doverci entrare, quasi che farlo avrebbe disturbato i tanti animali che, lo sapeva, erano in letargo.
"Perché non giochiamo a palle di neve qui, prima di andare?" propose ancora Frank. "Non c'è molta neve, è vero, ma ci si può comunque divertire e non daremo fastidio a nessuno."
A quelle parole i quattro bambini si illuminarono.
"Sì!" gridarono praticamente all'unisono.
Gli adulti stabilirono delle regole: la neve non andava tirata in testa, in bocca o in altre parti troppo sensibili del corpo e bisognava lanciare solo quella, non il ghiaccio, o si rischiava di fare del male agli altri. Lasciarono che fossero i figli i primi a colpire loro, del resto sembrava la cosa più giusta. Andrew raccolse un po' di neve da terra, più volte perché non ce n'era molta e con una sola manciata non era possibile fare una palla vera e propria e colpì il padre ad una gamba, anche se questi tentò di scansarla. Ogni volta che li vedeva, sia vicini che non, Demi non faceva altro che notare quanto si somigliassero - non solo nel fisico e nell’altezza - non erano di certo bassi -, ma anche per i lineamenti del viso e il sorriso dolcissimo. Dianna ne tirò una a Dallas che fece un salto all'indietro, scivolò e cadde a terra, ma riuscì a proteggersi la testa e non si fece male, anzi, scoppiò a ridere sguaiatamente e con lei tutti gli altri, quando si sincerarono che stava bene. A Demi toccò la terza palla, lanciata questa volta non da un adulto ma da Carlie, e fu colpita alla pancia. La bambina allora partì al contrattacco e riuscì a prendere la propria avversaria su un braccio, ma quando ci riprovò questa si gettò a terra di lato e la schivò. Iniziò così una battaglia di tutti contro tutti, dove nessuno vinceva o perdeva, ma ognuno si divertiva un mondo nel giocare con gli altri. Ad un certo punto però i bambini formarono una squadra ei genitori un'altra e allora cominciò una vera e propria guerra. Tutti gridavano, ridevano come pazzi, battevano le mani o i piedi se riuscivano a non essere colpiti. Vinsero i bambini dopo interi minuti di fervente combattimento, un po' perché erano bravi e un po' perché i genitori li lasciarono vincere, come fanno tutti quelli del mondo con i loro figli, soprattutto se piccoli. Si sa, per una mamma e un papà non c'è niente di più bello che vedere il proprio bambino sorridere, ma erano anche felici che i figli avessero imparato ciò che avevano insegnato loro, ovvero che l'importante non è vincere ma divertirsi.
Dopo tanto giocare gli otto, stanchi, tornarono in macchina e si sedettero con il riscaldamento acceso per asciugarsi e scaldarsi un po'. Nel frattempo Joyce tirò fuori un termos.
"Cosa c'è dentro?" chiese Dallas.
"Cioccolata calda, ho portato anche dei bicchieri. Ce n'è per tutti, ora ve la do."
"Ti aiuto a servire" si offrì Dianna, felice di dare una mano all'amica che già era stata così gentile ad invitarli.
Le pareva giusto almeno fare questo per lei anziché rimanere lì con le mani in mano. Decise he avrebbe bevuto la cioccolata per farla contenta, ma che per i giorni successivi avrebbe mangiato il meno possibile e anche fatto più movimento.
Felici come non mai, i quattro bambini attesero con trepidazione il loro bicchiere. Poco dopo tutti gustarono uno o, nel caso di Demi, Carlie, Andrew e Joyce, due bicchieri di quella deliziosa bevanda dal sapore delicato e non troppo dolce, leccandosi addirittura le labbra una volta finito da quanto era piaciuta loro. Demetria pensò che avrebbe fatto volentieri lo stesso anche con l’interno del contenitore, ma non si azzardò per non risultare maleducata. Dianna fu l’unica che non la apprezzò, perché l’avrebbe fatta diventare una balena e quindi il sapore era schifoso. Più volte fu tentata di sputarla e, ancora, si sforzò per non farlo.
"Ora possiamo andare nel bosco? Possiamo? Possiamo?" domandò Demi a ripetizione, tanto da far male alle orecchie dei grandi.
Ci era stata solo un'altra volta, forse, non ricordava e, anche se temeva di svegliarlo, era comunque curiosa di vederlo.
"Certo, adesso faremo una bella passeggiata" le assicurò Eddie.
Fu così che, prendendo la mano di Andrew, la bambina partì con lui in testa alla fila.
"Conosci bene questi posti?" chiese all'amico.
"Molto, ci vengo spesso con mio padre durante tutto l'anno" rispose il bambino e la bimba lo invidiò.
Era felice di cantare e recitare, anche se non l'avevano presa per fare "Barney And Friends" pochi mesi prima. Bisognava avere sei anni e saper leggere, e anche se lei ne aveva cinque aveva voluto provare. Si era allenata per giorni con Dallas che aveva inventato un metodo per insegnarle a leggere ma quando al provino, ad un certo punto, le avevano dato cose che non aveva mai visto, i giudici avevano capito che non sapeva farlo e l’avevano squalificata. Una volta in macchina, Demi aveva detto però alla mamma che avrebbe voluto continuare a fare audizioni. Comunque, a volte le sarebbe piaciuto avere un po' più di tempo per giocare o, come nel caso dell’amico, fare cose così belle come andare nel bosco. La mamma le diceva sempre che avrebbe potuto smettere se avesse voluto, tuttavia a lei piaceva ciò che faceva e non se ne lamentava mai, perché sapeva già che il canto e la recitazione erano le sue passioni. Certo, era stata Dallas quella che aveva recitato di più, ma lei almeno stava tentando.
La neve che si posava con un tic delicato sopra i loro cappucci e quella soffice che calpestavano creavano una sinfonia perfetta. Ora nevicava meno di prima, ma comunque quella sostanza bianca - Demi sapeva che era acqua ghiacciata, ma le pareva troppo bella e non voleva credere che si trattasse solo di quello - restava asciutta e farinosa, segno che le temperature non si erano alzate. Una volta entrati nel bosco, tutti smisero di chiacchierare e rimasero ad ascoltare il leggero vento che, alzatosi, friniva fra gli alberi.
"Possiamo andare un po' più in là?" chiese Andrew ai genitori.
"Per me sì, ma bisogna vedere cosa ne pensano Eddie e Dianna" rispose Joyce.
"Va bene," assentì quest'ultima, "ma non allontanatevi troppo, vogliamo vedervi; e state attenti, d'accordo?"
I quattro annuirono e cominciarono a camminare a passo più sostenuto, con Andrew che li guidava. Il terreno era sconnesso, anche sotto quel sottile strato di neve si potevano sentire aghi di pino caduti a terra e radici che affioravano e bisognava fare attenzione se non si voleva cadere e storcersi una caviglia. Allontanatisi di circa un centinaio di metri, i bambini si fermarono e si guardarono intorno. Vedevano molti pini, qualche abete e altre piante di cui ora non ricordavano il nome. Ce n'erano di piuttosto basse, ma anche di molto alte che, ovviamente spoglie, sembravano giganti che protendevano le braccia verso di loro per proteggerli. Ogni tanto si udiva qualche scricchiolio, ma per il resto nulla.
"Si sta benissimo qui, ci credo che tuo padre ti ci porti spesso!" esclamò Dallas estasiata.
"A volte lo fa anche con me, raccogliamo le fragole" disse Carlie tutta contenta. "Sono buonissime, le avete mai assaggiate?"
"No" dissero insieme le sorelle.
“O almeno, non quelle di bosco” precisò la più grande.
"Possiamo prenderle, Andrew?" chiese Demi, che non vedeva l'ora di sentirne il sapore.
"Ora no, fa freddo e bisogna andare molto in là per trovarle. Di solito si trovano da maggio a ottobre, adesso non credo proprio ce ne siano. Vi prometto però che una volta vi porteremo con noi."
"E poi le nostre mamme faranno la marmellata" disse ancora Demi con voce sognante cominciando a fantasticare. "Sapete cosa mi piacerebbe vedere? Anzi, chi?" continuò.
Gli amici e la sorella la esortarono a proseguire perché non ne avevano idea.
"Una renna vera. Ma non, per dire, in uno zoo o in un… come si chiamano quei posti dove ci sono gli animali?"
"Circhi?" provò Andrew.
"No!" esclamò la bambina quasi inorridendo: la mamma le aveva insegnato che spesso quelli erano brutti posti.
"Parchi naturali?" chiese Dallas.
"Esatto, quelli."
"E dove allora?"
Stavolta fu Carlie a parlare, quell'argomento la incuriosiva. Aveva sempre e solo visto le renne in televisione o da alcune immagini legate al Natale, a Babbo Natale e alla sua slitta, non aveva mai pensato di volerne incontrare una vera, ma sarebbe stato bellissimo.
"Nel bosco" rispose l'altra bambina con una semplicità e una naturalezza disarmanti.
Dallas, che dato che era più grande capiva certe cose, e Andrew che aveva un anno e mezzo più di lei, si lanciarono uno sguardo interrogativo come a dire:
"E adesso come glielo spieghiamo?"
Fu lui a prendere la parola dopo essersi schiarito la voce.
"Beh, le renne qui non ci sono in natura, fa troppo caldo."
“Non ci credo. E se qui ci fosse proprio una renna? Anzi, ne sono sicura. È bianca, bellissima, sta in questa zona e noi saremo i primi a vederla, lo so. Chissà, magari è stato proprio Babbo Natale a portarcela e a fare che riesce a vivere anche qui, aspettando che la vedono dei bambini.”
Demi, di solito sempre molto attenta nel parlare, aveva sbagliato alcuni verbi e saltato un paio di parole, cosa che fece sorridere la sorella e il suo amico, che però non la corressero. Aveva raccontato la storia con talmente tanto fervore, con una convinzione così forte, che per un momento li aveva rapiti e tutti, lasciando da parte ciò che poteva accadere nella realtà, si erano fatti prendere la mano dalla fantasia e dall’immaginazione e si erano figurati quell’animale candido che camminava lasciando impronte nella neve. Qualcuno stava per dire qualcosa, ma si bloccarono tutti. Avevano sentito un rumore nella neve, come se qualcosa con gli zoccoli stesse camminando verso di loro. Non vedevano ancora niente perché avevano la visuale coperta da alcuni alberi che si trovavano davanti a loro, ma si paralizzarono all'istante con i cuori che battevano all'impazzata e il respiro corto, mentre alle più piccole un sudore freddo correva giù per la schiena. I più grandi sapevano che avrebbero dovuto prenderle per mano e correre via, ma la paura li immobilizzava. E se quelli non fossero stati zoccoli? Se si fosse trattato per esempio di un lupo? Anche se tali animali vivono molto in alto, per cui era praticamente impossibile che uno di quei bestioni fosse arrivato lì. Con la testa confusa, non sapendo né cosa pensare né che fare, i bambini si guardavano intorno come spaesati. La creatura, grande quanto un puledrino, si avvicinò a passi lenti annusando l'aria. Tutti si rilassarono vedendo che era piccola.
"Una renna" sussurrò Demi.
Non poteva crederci, ne aveva appena parlato. A Carlie sembrava diversa, più brutta di quella che aveva visto in tv o nelle foto ma Andrew, Dallas e Demi parevano essere d’accordo, per cui si fidò. La guardarono meglio non muovendo un muscolo. Era completamente bianca, una rarità quindi, dato che le renne hanno per la maggior parte il pelo bruno anche se sono bianche intorno al collo e alla coda. Ce l'aveva molto folto e il corpo era robusto, anche se non certo come quello di un adulto.
"Stiamo fermi" sussurrò Andrew a voce più bassa possibile. "Non dobbiamo spaventarla."
La creatura fece qualche altro minuscolo passo verso di loro, ora era a circa un metro e mezzo di distanza. Era meravigliosa, se la neve fosse stata più alta si sarebbe mimetizzata benissimo con essa e con il paesaggio circostante. Li guardava con i suoi occhietti blu scuro e non sembrava impaurita, anzi. Vedendo che i quattro erano calmi lei si sentiva allo stesso modo ed era curiosa nei loro confronti.
"Voglio avvicinarmi" disse Carlie a voce alta, tanto che la renna fece diversi passi indietro.
"Shhh, ferme. È comunque un animale selvatico e non sappiamo cosa potrebbe fare. Inoltre non possiamo toccarla, può essere pericoloso" spiegò Dallas.
"Ma io voglio farlo!" insistette Demi.
I più grandi faticavano a credere a quello che stavano vedendo, sia perché le renne abitano in Scandinavia, Lapponia, a Terranova quindi in Canada, e in Alaska, non certo a Los Angeles, sia perché sapevano che partoriscono in giugno e quel cucciolo sembrava avere solo qualche giorno. Non li stupiva che camminasse, i piccoli di quella specie imparano a farlo già nella prima ora di vita e ben presto riescono anche a correre. Le bambine, invece, non avevano dubbi: quella renna esisteva davvero, era troppo bella per essere solo frutto della loro immaginazione.
"Dovremmo dargli un nome" propose Demi. "O darle. Come facciamo a sapere se è un maschio o una femmina se non la vediamo da vicino?"
"Io ho il nome perfetto in ogni caso" disse Dallas. "Che ne dite di Snowflake? Ci sta, no? In fondo è bianca come la neve e sì, forse suona più come un nome maschile, ma non è detto."
Tutti furono d'accordo e sorrisero e la renna, quasi avesse capito che stavano parlando di lei, si avvicinò stavolta a lunghe falcate. Pareva aver perso tutta la sua iniziale timidezza. Piegò la testa quando fu a pochi centimetri dai bambini, tanto che i quattro potevano sentire il suo fiato caldo e si abbassò per annusare loro le scarpe e le gambe. La sensazione del suo muso morbido e peloso che li toccava fu qualcosa di meraviglioso, trasmise a tutti un senso di calore e dolcezza senza eguali che fece sciogliere i loro cuori.
"Ciao, Snowflake" disse Demi con tutta la tenerezza di cui fu capace.
La renna bramì, e a tutti il suo verso parve una sorta di muggito ma più delicato di quello delle mucche, era un verso strano. Li aveva salutati e li guardava respirando tranquillamente, segno che si fidava di loro. Inoltre restava vicina, vicinissima, quasi che non si volesse staccare mai più da quel gruppetto di visitatori. Forse aveva capito che anche loro erano dei cuccioli come lei, o semplicemente lo percepiva da qualche sorta di vibrazione del loro corpo, dal fatto che non si muovevano in modo brusco o magari, anche se questa era una spiegazione più fantasiosa alla quale credevano solo Demi e Carlie in quanto bambine, sapeva grazie al suo cuoricino che loro erano buoni e non volevano farle del male. Bramì ancora una volta, più a lungo.
"Proviamo a darle qualcosa da mangiare" disse Carlie e, chinandosi, scavò nella neve con la mano guantata e tirò su una manciata di erba.
Non sapeva che le renne si nutrono specificatamente di alcuni tipi di piante come i licheni o i funghi e che quella prendeva solo il latte materno essendo ancora così piccola, per cui quando allungò il cibo verso di lei questa alzò la testa ma non lo assaggiò nemmeno. Le sfiorò la mano col muso come per ringraziarla comunque e la bambina rise.
Andrew e Dallas non dissero nulla, ormai non sapevano nemmeno loro a cosa credere. Una parte di loro urlava che ora Carlie avrebbe potuto prendere la rabbia o altre malattie terribili, l'altra mandava a fanculo la razionalità in quella situazione che di normale non aveva proprio niente.
Demi provò ad allungare una manina per toccare Snowflake ma, dopo aver fatto lo stesso gesto riservato all'altra bambina e averle leccato la mano con la sua lingua calda e umida per darle un bacino facendo spuntare un sorriso sul volto della piccola, la renna sparì. Non nel senso che scappò via spaventata, né che iniziò a camminare per allontanarsi. Scomparve proprio, un secondo prima era lì davanti a loro e quello dopo al suo posto restava solo la neve.
"Si è… volatilizzata o cosa?" chiese Dallas.
"Ce la siamo solo immaginata" sussurrò Andrew per non farsi sentire dalle piccole. "Demi ne ha parlato e ci siamo immersi tutti nelle loro fantasticherie. Ma è stato bellissimo lo stesso. E poi, per un momento potremmo credere anche noi che sia stato tutto vero e che ora sia tornata dalla sua mamma. Non costa nulla, no?"
La più grande sorrise e si ritrovò d’accordo mentre le piccole, un po' dispiaciute per non essere riuscite ad accarezzare il suo pelo soffice, erano altrettanto eccitate all'idea di aver incontrato una renna vera e di esserle state tanto vicine.
"Io l'ho detto e il mio desiderio si è avverato!" esclamava Demi saltellando di qua e di là. "Forse me l'ha mandata Babbo Natale, anche se non sembrava una delle sue."
Sì, decise, doveva essere stato lui, o forse la Befana le aveva fatto una specie di regalo in anticipo prima della calza. Quale che fosse la verità, era comunque felice di aver vissuto quei momenti magici ed era sicura che, come aveva detto Andrew, ora quella renna era tornata dalla sua famiglia.
Ritornate dai genitori, le bambine raccontarono quello che era successo fin nei minimi dettagli non tralasciando nulla, nemmeno le loro emozioni parlando senza sosta per tutto il viaggio di ritorno e gli adulti stettero al loro gioco, perché non c'è niente di più bello della fantasia e dell'immaginazione di un bambino.
Quella notte, dopo la festa di Capodanno, Demi si mise a letto pensando che ora erano entrati nel 1998 e chissà cos'avrebbero vissuto in quei lunghi, dodici mesi. Si addormentò sognando di poter incontrare di nuovo Snowflake, ma quando si svegliò si rese conto che forse non sarebbe mai accaduto e il suo umore precipitò all’improvviso. Restò sveglia a lungo girandosi e rigirandosi sotto le calde coperte senza riuscire a trovare più pace e si riaddormentò dopo un tempo indefinito cadendo in un sonno senza più sogni e sentendo ogni parte del suo corpo pesare immensamente. Era come se la tristezza non avesse attaccato solo il suo animo ma anche il fisico.
Il giorno dopo chiese alla mamma di portarla di nuovo nel bosco. Era mezzogiorno quando si svegliarono e la donna acconsentì dopo che ebbero pranzato. Demi la portò esattamente nel punto dove avevano trovato la renna descrivendole di nuovo tutto, ma di lei nessuna traccia.
"Mamma, perché non c'è? Era mia amica!" si lamentò la bambina, mentre la sua bocca si curvava all'ingiù.
Sentiva il suo piccolo petto alzarsi e abbassarsi con difficoltà, come se un grande sasso lo stesse schiacciando e aveva voglia di piangere. Gli occhi le pizzicavano, ma non voleva scoppiare lì davanti alla sua mamma. Non era colpa sua se Snowflake non si era fatta vedere e poi lei era stata gentile a portarla lì nonostante la stanchezza.
Dianna seguì il ragionamento della figlia, non volendo farla stare peggio.
"Non lo so, tesoro, ma sono sicura che si ricorda di te e di tutti voi. Forse è da un'altra parte del bosco o è andata in un altro con sua mamma."
Ma non è giusto! pensò l’altra.
Eppure non poteva farci nulla. La bambina si accontentò di quella risposta ma, con il cuore addolorato, una volta in camera scoppiò a piangere con il cuscino sulla faccia. Vi restò a lungo, guardando fuori dalla finestra come se la piccola renna potesse venire a bussare proprio lì da un momento all’altro, ma non vide nessuno se non persone e automobili, come al solito. Quel giorno poi c’era il sole, la neve che era caduta si stava sciogliendo e ciò acuiva il dolore della piccola.
Dianna venne a sapere da Joyce, quel giorno, che anche Carlie aveva avuto la medesima esperienza, solo in un altro momento e che era tristissima come Demi.
Il giorno dopo quest'ultima fece un disegno che mostrò ai genitori.
"È Snowflake" chiarì, alzandolo come fosse stato un trofeo.
Lì in salotto c'era anche Dallas che, guardandolo, sorrise.
"È un disegno bellissimo, brava!" si complimentò. "L'hai fatto proprio bene."
Non esistendo un pennarello bianco, Demi aveva disegnato una renna rosa anche se sapeva che non ce n’erano di quel colore. Certo era pur sempre uno schizzo infantile, ma lo sguardo, le zampe piantate per terra, il muso piegato, tutto questo lo faceva assomigliare ad una renna vera.
"Appendiamolo in salotto" propose Dianna e così, poco dopo, quel foglio fu attaccato al muro, vicino alla porta della cucina.
Demi passò la maggior parte del tempo in camera a osservare fuori come il giorno prima e giocò distrattamente con alcune bambole che si portò su. Non si divertì sul tappeto del salotto come faceva di solito, riempiendo la casa di risate e allegria. Fare quel disegno l’aveva alleggerita un po’, ma non tanto quanto avrebbe voluto.
 
 
 
Dallas, al contrario, era tranquilla perché sapeva la verità, ovvero che tutti erano stati intrattenuti nel parlare della renna e dovevano essersela immaginata più o meno simile e avevano fatto un gioco con quelle immagini mentali. Certo era stato molto strano, comunque, perché ci avevano perfino parlato. Non era stato un gioco come gli altri, questo era poco ma sicuro. Demi, però, era piccola e non poteva capire tutte quelle cose. Era giusto che continuasse a credere in ciò che voleva, ne aveva tutto il diritto e poi, se non si fosse lasciata prendere la mano dalla fantasia e dall'immaginazione e non avesse creduto a ciò adesso che era piccina, quando l'avrebbe fatto? Mai più, semplice e tristemente vero, perché crescendo si cambia e si smette di farlo, anche se Dallas credeva che bisognasse conservare dentro di sé un pizzico di magia per restare sempre un po' bambini. Lei, per esempio, credeva ancora a Babbo Natale anche se sapeva benissimo che non esisteva perché accidenti, farlo era bello.
Si diresse in camera della sorella, bussò e ricevuto il permesso di entrare aprì.
"Dem, la mamma sta facendo la cioccolata. Ne vuoi una tazza?" le chiese, sapendo che la bimba non avrebbe rinunciato a quel dolce per nulla al mondo, lo adorava.
"No" rispose lei un po' assente.
Se ne stava in piedi davanti alla finestra e non guardava nemmeno la sorella maggiore, anche se si rendeva conto che era maleducato.
L'altra provò a convincerla, a chiederle se voleva giocare insieme a lei e cose simili, ma Demi continuò a negare con la voce o la testa. Inutili furono i tentativi dei genitori di farle tornare un sorriso anche quando, quella sera, scese per cena. Demi non sapeva perché fosse così triste. O meglio, sì, ma non capiva il motivo dato che aveva visto quell'animale soltanto una volta e per pochi minuti. Non ci era così legata come lo era, per esempio, a Buddy. Eppure stava in quel modo, non poteva farci nulla. La notte, dopo un altro pianto, si addormentò con gli occhi che bruciavano e il suo cane vicino che, resosi conto dello stato d'animo della padroncina, la consolava con piccole leccate sulle mani e sul viso.
Passarono così due giorni. La mattina del 5 gennaio si alzò e scese per colazione, e quando passò vicino all'albero - che di solito smontavano dopo l'Epifania - vide un pacchetto di carta gialla chiuso da un nastro argentato. Era strano, non si era mai accorta di quel regalo e vederlo lì solitario le fece domandare fra sé a chi fosse destinato. Forse i genitori avevano deciso di regalare qualcosa ad Andrew? Ma allora perché non anche alla sorella? E Joyce e Frank sarebbero restati senza doni? E il motivo di quel pacchetto, poi, visto che Natale era già passato, qual era? Restò a guardarlo fino a quando fu raggiunta dalla mamma che uscì dalla cucina.
"Ti stai domandando di chi è, vero?" le chiese la donna abbracciandola.
"Sì."
"Come ti senti oggi?"
"Un po' meglio, grazie."
Aveva la sensazione di essere più leggera, ma era ancora triste. Sorrise per far felice la mamma, ma era sicura che il suo sorriso non fosse stato convinto.
Poco dopo arrivarono anche Eddie e Dallas, e solo allora la ragazza si decise a parlare.
"Babbo Natale ci ha scritto che ha saputo che sei triste" cominciò.
"E come ha fatto a saperlo?"
"È magico, lui sa sempre tutto."
Demi ci credette e lasciò che l'altra proseguisse.
"Quindi mi ha fatto sapere che, in via eccezionale, meritavi un altro dono. Coraggio, aprilo."
Demetria prese il pacchetto con mani tremanti, sentendo di nuovo il cuore battere all'impazzata contro la cassa toracica come la mattina di Natale. Guardava quel regalo con gli occhi sbarrati e restava con il fiato sospeso, non riuscendo quasi a muoversi. Si sedette sulla poltrona e tolse il nastro, poi cominciò a scartare strappando la carta in tanti pezzi come fanno i bambini, perché voleva sapere subito di cosa si trattava.
"Ma…" Il suo viso si aprì in un sorriso che parve illuminare la casa intera e poi la bimba impallidì tanto che Dallas credette che sarebbe svenuta. "Ma è il peluche di Snowflake!" esclamò la piccina avvicinandoselo per guardarlo meglio. “Cioè, sembra proprio lei.”
Era uguale in tutto e per tutto: il colore, l'espressione, ogni cosa era identica.
"Lo è. Babbo Natale sa chi è quella renna e ha scritto che anche se non potremo vederla più ti ha fatto fare questo pupazzo apposta dai suoi folletti. Potrai averla comunque accanto, sei contenta?"
La piccola non riusciva a smettere di sorridere e una solitaria lacrima di gioia le bagnò una guancia.
Dallas si commosse nel vedere la sorellina tanto felice e così i genitori. Per qualche giorno la ragazza aveva girato vari negozi della città con Andrew per trovare un peluche identico e alla fine, non sapeva nemmeno lei grazie a quale miracolo divino o a che fortuna più che immensa, ne avevano trovati due che erano le copie perfette di quello del bosco.
Senza nemmeno riuscire a parlare, Demi abbracciò con calore tutti quanti.
"Grazie, grazie, grazie!" esclamò, pur sapendo che avrebbe dovuto ringraziare Babbo Natale. “E Carlie? Se non l’ha ricevuta, giocheremo insieme con la mia.”
“Sei molto gentile tesoro ma no, tranquilla, ne ha una anche lei” la rassicurò la mamma.
La piccola guardò Snowflake decidendo che sarebbe stata una femmina e, mentre accarezzava il suo pelo soffice come la neve, mormorò:
"Tranquilla, Snowflake, da adesso in poi staremo per sempre insieme."
 
 
 
NOTE:
1. Demi aveva davvero un Cocker Spaniel, ma si chiamava Trump ed era nero. L’ho letto nel memoir di Dianna, “Falling With Wings: A Mother’s Story”. L’ho chiamato Buddy perché questo cane era stato inventato da me ed Emmastory nella storia “Cronaca di un felice Natale”.
2. Nel mio immaginario era stato Patrick ad andarsene dopo l'ennesima delle loro furiose litigate, mentre nel libro di Dianna - letto dopo aver scritto diverse fanfiction - ho scoperto che è stata lei a farlo. Non volendo cambiare tutto quello che avevo scritto, però, ho lasciato questa mia invenzione, facendo quindi in modo che Eddie andasse a vivere da loro e non il contrario. La donna, comunque, aveva cercato di andare via già quando Demi era molto piccola (otto mesi), ma il marito ridicolizzandola era riuscito a farla restare.
3. Tutte le cose che ho scritto su Dianna sono vere (soffriva di anoressia anche se non so se vomitasse, suppongo di sì però, depressione, depressione post partum, PTSD ovvero disturbo post traumatico da stress - anche se qui non ne parlo - e, più avanti, di dipendenza dallo Xanax. Dopo la nascita di Madison ha anche sofferto di ADHD, Sindrome da deficit di Attenzione e Iperattività). Ho cercato di descrivere dei comportamenti tipici delle persone anoressiche, non so se lei li avesse tutti o solo alcuni.
Ecco un passaggio del memoir che descrive bene come la donna si sentiva più o meno nel periodo in cui la storia si ambienta:
I tried my best to be the perfect mother. Rising a full two hours before my kids, I still washed and styled my hair and applied makeup each morning like I was stepping on stage. Looking good and being skinny were essential to my self-esteem. Although I felt happy and secure in my new life, I was still tormented by the need to look and be perfect. God might love me as I was, but other people surely wouldn’t.

Traduzione fatta da me:
Facevo del mio meglio per essere la madre perfetta. Alzandomi due ore prima delle mie bambine, mi lavavo e acconciavo i capelli e mi truccavo ogni mattina come se stessi salendo sul palco. Apparire bella ed essere magra era essenziale per la mia autostima. Sebbene mi sentissi felice e sicura nella mia nuova vita, ero ancora tormentata dal bisogno di apparire ed essere perfetta. Dio poteva amarmi per com’ero, ma altre persone sicuramente non l’avrebbero fatto.

Spero si capisca che l’anoressia non è solo una questione di ossessione per la magrezza o per il non mangiare, ma parte tutto dalla testa, da problemi, dolori, bassa autostima, e questi ultimi accomunano tutti i disturbi alimentari.
Non so se Dianna abbia mai pensato che se non fosse stata abbastanza magra e perfetta Eddie non le avrebbe voluto più bene, in fondo sapeva che la amava, ma è possibile che a volte ci abbia riflettuto in quanto queste malattie fanno vedere le cose in maniera distorta.
Anche l'episodio della paura di Demi, il fatto che Patrick le telefonasse spesso e alcuni suoi comportamenti come lo svegliarsi presto sono reali. Ho letto tutto ciò nel suo memoir. Non so, però, quanto avesse Demi quando lei e Patrick si sono lasciati. Avevo scritto tre anni in un'altra storia prima di leggere quel libro, ma alcuni articoli e anche il memoir sembravano suggerire un anno e mezzo o poco più, benché la biografia di Dianna non lo dica esplicitamente. Dato che volevo che avesse dei ricordi più vividi della situazione ho continuato a scrivere tre anni.
4. Vero, Dallas aveva fatto più esperienza rispetto a Demi, anche perché era più grande, ma comunque anche se non è stata presa per "Barney And Friends" per i motivi che ho spiegato, Demi ha detto veramente alla mamma di voler continuare con le audizioni. Anche queste informazioni sono state tratte dal memoir.
5. Ho trovato le informazioni sulle renne su internet, su vari siti italiani e stranieri.
   
 
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