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Autore: CrisBo    10/01/2020    4 recensioni
Il mio dosso non era l'iceberg del Titanic. Era la montagna di Maometto. Era il monte Fato appena ristrutturato. Era quel simpaticone del kraken in digiuno da quarant'anni. Era un machiavellico tranello del diavolo che persino il diavolo, vedendolo, mi aveva dato una pacca sulla spalla compatendomi. La famosa pacca di consolazione del diavolo era, in realtà, Yoongi che mi guardava con aria tremendamente
demoniaca
paradossale, sembrava che stesse pensando a 101 modi per uccidersi e, allo stesso tempo, a quale nome dare al suo futuro chiosco di carne.
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Seoyun è innamorata del suo migliore amico, vive con Namjoon e Yoongi e dovrà affrontare, durante un'estate particolare, il grande fenomeno del tempismo effetto sorpresa, con una bolgia di amici in conflitto coi problemi che la vita comune regala. Durante la stagione più calda, frizzantina e soleggiata dell'anno cosa potrebbe andare storto, in fondo?
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Jung Hoseok/ J-Hope, Kim Seokjin/ Jin, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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~ Il mio dosso



 


ㅇㅅㅇ

 
La mia vita a Seul stava procedendo in maniera un po' saltellante, sotto il ridente cielo di un'estate calda e afosa. Le svariate ammaccature rendevano il trascorrere del tempo più frizzante. Potevo immergermi nell'asfalto nodoso e percepire i dossi che comparivano a sorpresa, nonostante fossi geneticamente portata per la sfiga e questo dava un gran vantaggio alle decisioni stupide e infantili che la mia mente uncinettava per portarmi verso il risvolto di vita sbagliato, mentre frecce rotanti e insegne al neon scadente di un motel in disuso indicavano la strada rosea che non avrei sicuramente imboccato.

Alcuni dossi, però, arrivavano così improvvisi che finivi con lo scontrarci contro senza possibilità di sferzata. Neanche con la vista geneticamente modificata di trecento decimi per cento. Probabilmente fu così che si sentirono i poveri di vedetta sul Titanic; non avevano visto l'iceberg in tempo e impossibilitati a una manovra veloce ci finirono contro. 

Tutti sappiamo come è andata a finire la storia. 

Il mio dosso non era l'iceberg del Titanic. Era la montagna di Maometto. Era il monte Fato appena ristrutturato. Era quel simpaticone del kraken in digiuno da quarant'anni. Era un machiavellico tranello del diavolo che persino Lucifero, vedendolo, mi aveva dato una pacca sulla spalla compatendomi.

La famosa pacca di consolazione del diavolo era, in realtà, Yoongi che mi guardava con aria tremendamente 
demoniaca
paradossale, sembrava che stesse pensando a centouno modi per uccidersi e, allo stesso tempo, a quale nome dare al suo futuro chiosco di carne. La sua mano sulla spalla era più ustionante del fuoco, mi avesse infilzato con la bacchetta avrei sentito meno dolore. 

Il famoso dosso, il famoso Monte Fato, il famoso kraken in carestia era, allo stesso tempo, la mia energia terrestre, il mio nucleo interno. Non potevo stare senza il mio dramma, era ciò che mi teneva salda al chiodo. I quadri all'improvviso cadevano, non reggevano più e io sentivo quel chiodo incrinarsi a ogni sguardo fulminante.

Hobi, il mio amico d'infanzia, la mia cotta adolescenziale, il mio primo vero amore, la mia eterna dannazione, era tornato a casa dopo un anno di studi all'estero. Era stato in Inghilterra, in una ridente e grigina cittadina di cui non aveva mai avuto il coraggio di mandarci le foto, per questo Jimin e Tae lo prendevano in giro dicendo che era diventato un maiale della brughiera. Non aveva mai dissentito e, tutti, eravamo convinti che un giorno sarebbe tornato a Seul con una metamorfosi in corso.

Invece non fu così.

Era tornato più bello che mai, un po' abbronzato, ma da dove avesse preso la sua dose di raggio solare era ancora un mistero e con un fluente e britannico savor-faire inglese. Persino i suoi capelli, di solito scuri e un po' a scodella, erano un po' più selvaggi, decisamente pregni di quell'aria James Bondiana da far sciogliere il reggipetto più duro. La mattina stessa aveva bussato a casa nostra, facendomi morire di crepacuore per l'improvvisa sorpresa. Gli ero saltata al collo senza neanche pensarci, indecisa se strozzarlo o abbracciarlo e sentirlo ridere, sentirlo parlare dal vivo, sentirlo di nuovo respirare la mia stessa aria aveva, in un attimo, cancellato quell'anno di terribile sofferenza.

Lo avevo impresso nella mente, il giorno in cui mi aveva detto che sarebbe partito. 

Era strano pensare quanto fossero scontate le abitudini giornaliere, non pensavi che potessero cambiare da un momento all'altro, che ti ritrovavi ad abituarti al fatto che una determinata cosa sarebbe venuta a mancarti come se ti avessero tolto l'ossigeno. Così niente più giornata cinema, niente più nottate nel parco a guardare il cielo da esperti ufologici, niente più giornata della pizza-orrorifica, niente più telefonate notturne sul perché Yuki ha lasciato Min-Yu per Giampippo, italo-brasilero-giapponese aitante in quel drama che durava ormai dal mesozoico. Certo, c'erano i messaggi, c'erano le chiamate sporadiche quando azzeccavamo il fuso orario, ma non era lo stesso.

Quando lo avevo abbracciato di nuovo mi ero resa conto quanto mi mancasse il suo odore. Il suo respiro calmo. Quelle labbra a cuore sempre sorridenti.  Il modo che aveva di passare il palmo lungo la mia schiena. Contavo i giorni, da quando era andato via, e quel maledetto non aveva mai fatto cenno che sarebbe ritornato in questo periodo. 

Come diavolo era diventato quel dosso?

Nella testa di una persona che aveva preso una decisione, era innegabile, si cominciavano a delineare le conseguenze. Ero da sempre innamorata di Hoseok, fin da quando la mia mente becera si ricordava, forse all'inizio era una semplice cotta progredita a sentimento reale in maniera lenta e graduale. Essendo cresciuti insieme avevamo intrapreso ogni cambiamento fisico e mentale nello stesso momento; credevo di aver capito di amarlo davvero quando mi confidò la sua prima esperienza sessuale, provocandomi un’esplosione di succhi gastrici interna degna del miglior film splatter. Insomma, ero la migliore amica, ero quella delle confidenze, ero quella da chiamare se litigavi con i genitori  e non sapevi dove rintanarti per sfogare la tua anima da adolescente ribelle, come potevo pensare di poter essere più di questo? Rispetto alle ragazze della mia età sembravo un giunco piangente, con la sfiga di essere cresciuta con lo stesso carattere di un puffo inesperto, ero nettamente in svantaggio a livello di fascino.

Amore è sofferenza, diceva Minseong, uno dei miei Guru-esistenziali preferiti. Era un tormento che ti avvelenava il cuore e non faceva che annegare nella tua testa immaginando risvolti irreali, che non avevano basi, che non trovavano appigli. Per questo in quell'anno di separazione avevo deciso di dirglielo. Dirgli tutto. Dirgli come mi faceva sentire, dirgli quanto lui per me fosse un casino gastronomico di sentimenti. I primi reduci di cotanto mio coraggio erano i miei coinquilini, chi convinto che avrei fatto la figura della medusa storta, paragone che non aveva mai trovato una spiegazione, e chi invece, nutriva delle discrete speranze. Namjoon e Yoongi vivevano con me da due anni, essendo gli unici tre con un salario più o meno stabile fu una scelta quasi obbligata. Visto che, da bravi superstiziosi anonimi non avevamo mai accettato un quarto inquilino, decidemmo di boicottare la leggenda mortuaria che questo numero si portava dietro e adottammo un cane che Nam chiamò RapMon, soprannominato Monie un po' da tutti.

Era una sorta di  spolverino bianco con la coda ballerina e l'indole a odiare il giorno, a odiare la socialità, a odiare la vita. In pratica era un gatto sotto copertura. Passava le sue giornate dormendo e le sue nottate a mostrare un falso amore a noi poveri comuni mortali, nonostante fossi sicura che fosse sincero quando si strusciava su Yoongi, forse empatizzando con la sua anima da vampiro fantasmagorico della casa.

All'insegna delle uscite notturne per le marchio-spruzzate di Monie, approfittando dell'atmosfera serale per fare i filosofi di vita, crebbe la nostra propensione a capirci con minimo sforzo e massimi risultati, avvalorando l'ipotesi che per un'azienda saremmo stati i dipendenti modello. Nessuno di loro aveva mai preso il posto di Hoseok, nonostante questo, come miglior complice di malefatte, ma nel mio anno di disperata telenovelas avevo nutrito una sorta di vicinanza bisognosa con entrambi, diventando un trio temuto nel peggior bar di caracas. C'era stato un quarto sub-entrato, che aveva confermato la teoria che il numero della morte mi perseguitava.

Il quarto bipede umano, a sorpresa, era Jin.

Era stato l'ultimo a immergersi nel nostro gruppo di disperati, lo aveva conosciuto Namjoon durante un lavoro di hardwar-ologia che aveva progettato insieme a una facoltà Universitaria circa tre anni prima, la stessa in cui Jin era diventato assistente. Sapevo solo che Jin, entrando in punta di piedi e con una trafila di battute terribili, aveva conquistato tutti. All'inizio la nostra amicizia era fatta di mangiate all'aperto e superficiali discorsi su come i colonizzatori fossero dei criminali, dovuto a studi interni che avrebbe approfondito in seguito con me, ma dopo la partenza di Hoseok aveva deciso che ogni sera libera il suo lavoro sarebbe stato quello di occupare casa mia come un vero conquistadores, quindi andando contro tutto ciò in cui credeva, accaparrarsi la cucina e imbastire serata ramen e film brutti brutti in modo assurdo. Così divenne una specie di uomo-di-casa, anche se la casa non era la sua e averlo lì riempiva un po' quel tremendo vuoto che mi portavo dietro.

Jung e Tae erano ancora studenti Universitari, nello stesso campus, nella stessa facoltà. Per via degli orari ballerini li vedevamo poco, almeno fino a che Yurim, la mia migliore amica e svenditrice di manuali d'istruzioni ingegneristici, non decise di mettersi insieme a Tae accaparrandosi il più bello della festa. Erano una coppia un po' a balzi, si lasciavano e si rimettevano insieme a ogni festività e il loro amore era condito da scenate di gelosie al limite dell'umano, bisticci sul cibo, bisticci sui vestiti. Eppure si amavano, ne ero certa, in un modo del tutto incomprensibile per la mente umana. 

Jimin frequentava una scuola di danza un po' fuori Seul, per poter stare vicino alla nonna malata e quindi veniva a trovarci ogni weekend. Quando lo faceva lo ospitavamo a turno, c'erano periodi in cui sfruttava le nostre dimore anche per un mese, accaparrandosi il nomignolo di "piccola fiammiferaia", cosa che non amava particolarmente. Ma a noi piaceva quando era nelle vicinanze, aveva il potere di calmarci un po' tutti con quella sua aria da ...Jimin, e fu uno di quelli che accusò maggiormente la mancanza di Hoseok, insieme alla sottoscritta.

Quando ci incontrammo tutti, la sera stessa, dopo il ritorno di Hoseok giurerei di avergli visto una lacrima sul viso, che nella mia testa poetica aveva persino fatto scintillare una gelosia recondita strana. Ma quello sarebbe stato decisamente un male minore.

Yoongi smise di toccarmi la spalla e mi resi conto che mi sentivo tremendamente fredda, non facevo altro che guardare Hobi a capo tavola, stessa cosa che stavano facendo tutti gli altri. 

«Perché mi guardate tutti così?» Hoseok lo aveva notato, ci guardò tutti come se fossimo alieni.
«No, scusa, che hai detto?» Taehyung poggiò la sua ala di pollo nel piatto, mentre tirò sul il mento per fissarlo oltre il muro di frangia che gli copriva gli occhi.
«Ma davvero tu?» Jimin era vicino a me, dall'altra parte rispetto a Yoongi, e stava guardando il mio eterno amore probabilmente con la mia stessa faccia.
«Cavolo, che bella sorpresa, altro che metamorfosi in maiale.» Namjoon e la sua indole documentaristica, mentre per la sorpresa per poco non ruppe la bacchetta che aveva in mano.
«Oh, ne avevo inventata una sui maiali proprio per-»
Jungkook piantò una mano sulla bocca di Jin bloccando la fatidica battuta triste che stava per uscire dalle sue labbra. Avrei preferito sentire quella, magari sarebbe stata talmente brutta da perforarmi i timpani.
«Non ora Jin-hyung. Mi sa che dobbiamo festeggiare. Come anima della festa propongo un brindisi di zuccheri!»

Yoongi invece era rimasto in silenzio, a quanto pare io e il mio coinquilino condividevamo la stessa metodologia per l'effetto sorpresa delle cose. 
Sentii di nuovo la sua mano su di me, ma questa volta provò a toccare la mia, aveva le dita tiepide e mi strinse il dorso in una morsa un po' troppo stretta.  Forse era un suo modo per trattenermi, o un suo modo per trattenere quell'improvviso istinto suicida che si impossessò di me in quel momento.

«Sì ragazzi»

forse avevo capito male, forse in quel momento era passata una zanzara proprio davanti al mio orecchio e aveva camuffato la sua voce, forse quel pollo che stavo mangiando mi aveva avvelenato il cervello


«...mi sposo.»

Senza pensarci girai la mano e strinsi quella di Yoongi fino a bloccargli la circolazione. 







NTA: Buonasera ( ormai notte vabbè ) a tutti, sono capitata in questo fandom dopo mesi di pensamenti (?) vari, reduce da letture di fanfiction che mi hanno fatto battere il corason come non mai, quindi ho deciso di intraprendere questa strada anche io, anche se in maniera più fruffola e divertentina. Chiedo già scusa per eventuali OOC o situazioni un po' irreali ma ho cominciato a scrivere questa fanfiction avendo in mente tutt'altra cosa e alla fine ha preso vita propria e ciao, è andata. Non ho assolutamente intenzione di offendere i BTS né nessun'altro, in realtà ormai li sento come se fossero praticamente gli amici della porta accanto e, da cosa nasce cosa, è nata anche questa storia. Cercherò di pubblicare un nuovo capitolo almeno una volta a settimana e, innanzitutto, ringrazio chi è arrivato fin qui, per me già significa molto. Alla prossima gente ;D 
PREMESSA IMPORTANTE. ci tengo a precisarlo, visto che la storia ha diversi capitoli e determinati risvolti hanno preso pieghe diverse, che potreste incappare in "situazioni" non piacevolissime da leggere, tutto quello che ho scritto ho cercato di renderlo nella maniera più "soft" possibile. Insomma un ANGST non troppo ANGST? Si può dire così? Per evitare appunto troppa pesantezza, da cui cerco di separarmi per quanto posso. Ovviamente non voglio ledere la sensibilità di nessuno, avverto per una sorta di rispetto. Certe cose non le voglio prendere sotto gamba, assolutamente. La mia è solo una storia che va presa per quel che è, un po' come se fosse una lunga puntata di un telefilm. E niente, scusate per il post ma mi sentivo di scriverlo <3 in tutto ciò grazie a chiunque sia arrivato fin qui. 
 
  
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