Ruta © 2019 (02 giugno 2019 Archive of Our Own)
(AU in cui Jon cresce ad Approdo del Re
come pupillo di Robert e bastardo legittimato di Brandon)
The flight of
youth
i
Ned esce a passi pesanti dalla Torre della Gioia, con un
bambino urlante tra le braccia e l'odore del sangue di sua sorella marchiato
sulla pelle.
Cavalca giorno e notte, le uniche soste sono quelle per
permettere alla balia da latte di sfamare il piccolo. Non ha un nome, non
ancora.
Crescilo come se fosse
tuo. Proteggilo. Sono state le ultime parole di Lyanna. È
quello che ha promesso e che farà.
I pensieri lo assalgono nei momenti di forzata quiete, nel
dormiveglia, rosicchiandogli l'anima come ratti. Durante la notte, quando tutto
è buio e non c'è uno spiraglio di luce, il peso del segreto e le conseguenze
del suo giuramento gli gravano sulla mente, pesanti.
Cosa penserà la gente quando lo vedrà tornare dopo la guerra
con un bastardo tra le braccia? Cosa penserà Catelyn?
Il pensiero di sua moglie, delle fragili speranze che aveva
riposto nel loro matrimonio, la sensazione che avessero raggiunto un'intesa, la
sicurezza di poter costruire qualcosa insieme, poco alla volta. Se non amore,
quantomeno un rapporto di amicizia, rispetto, fiducia, devozione.
Sente acutamente la perdita di quello che sarebbe potuto essere
e che non sarà mai.
*
Non importano le sue precauzioni. Alla fine Robert lo trova.
(Due giorni fa è arrivato ad Approdo del Re per trovare il Re
Folle in una pozza del suo stesso sangue, per scoprire la crudele efferatezza
delle morti di Elia Martell e dei suoi figli.)
Non è pronto, non lo sarà mai. Mentire gli riesce difficile.
Mentire al ragazzo con cui è cresciuto e che considera come un fratello gli
sembra impossibile. È disonorevole e sbagliato, ma lui conosce Robert e sa che
la paura di Lyanna era legittima. Se Robert nutrisse il minimo dubbio, se
sospettasse qualcosa sarebbe la fine. Significherebbe furia e rovina. È già
stato versato troppo sangue.
Ora o mai più, pensa.
Robert osserva il bambino tra le sue braccia e per la prima
volta nell'ultimo anno sembra che la tempesta che infuria in fondo ai suoi
occhi si plachi. La frenesia che neppure la morte di Rhaegar è riuscita a
spegnere, scompare, seppellita dietro un'ombra di sorriso che fa capolino dalla
lunga e ispida barba.
Ned lascia che Robert lo prenda e già sente l'assenza del peso
familiare contro il suo petto, simile a un'amputazione. Lo guarda cullarlo, un
fagotto piccolo e urlante pigiato contro un petto possente.
Robert indossa ancora l'armatura ed è ricoperto di fango e
sangue incrostato. A Jon non sembra interessare. Smette di piangere e
nell'improvviso silenzio il ronzio nelle sue orecchie diventa l'unico rumore
all'interno della tenda. Si sente soffocare. Il sole cocente di Dorne è lontano
e così le lande desertiche che ha attraversato come un uomo dannato dagli dei.
Se chiude gli occhi però può ancora sentire il caldo opprimente della stanza in
cui ha trovato Lyanna, il tanfo di morte.
"Cat non lo accetterà mai," afferma Robert. Sta solleticando
il mento di Jon. "Distruggerà il tuo matrimonio."
È la verità e forse è stata questa consapevolezza a rubargli il
sonno e la pace. Non il ricordo dei morti, ma il tormento dei vivi, sapere la
battaglia che lo attende tra le mura di casa al suo ritorno.
"Dallo a me, Ned. Dammi il tuo ragazzo e lo crescerò come
se fosse mio. Sarà il mio protetto. La guerra mi ha portato via Lyanna. Ho
vinto la guerra per un lupo."
Si sveglia da un incubo per trovarsi catapultato in un altro.
"Non è un trofeo, Robert," dice e la sua voce suona
amara e terrificante. "È della vita di un
Robert non batte ciglio. Nota la sua tensione così come deve
aver notato il modo sospetto in cui ha smesso di parlare all'improvviso.
Dei, fate che non
capisca. Dei, non sempre siete giusti e clementi. Non lo siete stati con
Lyanna. Siatelo con suo figlio.
"Dimmi la verità." Lo sguardo di Roberto è aperto e
inquisitorio, sembra trafiggerlo da parte a parte. "Non è tuo, vero?"
Poi, come un fulmine a ciel sereno, con un tono pensieroso e insolitamente
serio, domanda: "È il bastardo di Brandon?"
La sua sorpresa si intreccia indissolubilmente al sollievo.
Ringrazia tutti gli Dei esistenti, vecchi e nuovi e quelli che gli sono
estranei e che hanno altari di fuoco, oro e ossa di cavallo aldilà del Mare
Stretto.
Ovviamente Robert fraintende le sue ragioni. "Non fare
quella faccia. Credevi che non lo sapessi? Alla gente piace sparlare. Perciò
Lady Dayne si è davvero suicidata perché aveva il cuore infranto." Scuote
la testa e la sua tristezza è genuina. Probabilmente l'idea di quell'amore
tragico gli ricorda il suo. "Povera ragazza."
Un verso gorgogliante gli strappa l'ennesimo sorriso. È
strabiliante osservare il cambiamento, il rincorrersi di luci e ombre sugli
angoli del suo viso duro. Il guerriero feroce domato da un bambino. Robert
sfiora la curva fragile e delicata del cranio di Jon. Ned pensa ad Aegon
Targaryen, alla piccola Rhaenys, alla fine cruenta di Elia Martell. A un re
folle assassinato da uno dei cavalieri che aveva giurato di servirlo.
Tradimenti e giuramenti, conquiste e segreti.
"Posso legittimarlo," insiste Robert. "Posso
dargli un titolo, riconoscerlo come figlio di suo
Il peccato è anche suo invece. Non è arrivato in tempo. Non è
riuscito a salvare Lyanna. Sospira e quel semplice gesto sembra privarlo di
ogni energia residua. Si sente incredibilmente stanco e vecchio. "Cosa mi
dici di te?" Domanda. "Hai detto che Jon distruggerebbe il mio
matrimonio. Cosa mi dici del tuo?"
"Jon?" Fa eco la voce di Robert, emozionato.
"Fottuto bastardo. Ho sempre voluto chiamare uno dei miei ragazzi
così."
Anche io. "Rispondi alla domanda."
"Cosa vuoi che ti dica? Non amerò mai nessun'altra donna
come ho amato Lyanna, ma mia moglie sarà regina. Questo dovrà bastarle e dovrà
accettare Jon Stark, che le piaccia oppure no."
Sa che è un azzardo. Dovrebbe impedire che accada. Accampare
scuse.
Robert continua a sorridere al figlio dell'uomo che odia.
L'uomo che ha ucciso per vendetta e per saldare un debito di orgoglio.
Si sente in trappola.
Lyanna, perdonami.
*
Le notizie viaggiano veloci, trasportate da ali di corvo
sospinte da venti impetuosi. Il nuovo Re ha un protetto. Un orfano e un
bastardo che ha già legittimato.
Quando torna a casa, Ned è un uomo cambiato, irrimediabilmente
diverso dall'uomo che era prima di partire per la guerra. Perché non dovrebbe?
La guerra gli ha portato via tutto. Suo padre, suo fratello, sua sorella.
L'onore.
Torna per scoprire che Benjen intende prendere il nero e che
sua madre si è spenta lentamente, i più romantici dicono per il crepacuore di
essere sopravvissuta alla morte dei suoi familiari. Lui però la conosceva,
pregi e difetti. Non sono stati la disperazione e il lutto ad ucciderla, ma la
rabbia, l'amarezza, un odio bruciante. Sua madre era una donna forte e
appassionata, ma anche la pietra più dura può spezzarsi sotto la giusta
pressione.
Torna per scoprire che la moglie di cui conosce i colori, ma
non i pensieri più intimi, intanto gli ha partorito un figlio maschio. Un bimbo
sano e robusto. Lo ha chiamato Robb e lui crede di amarla un po' per questo.
Nelle camere che un tempo sono state di suo padre e di sua
madre e che ora appartengono a lui e Catelyn, Ned tiene in braccio il suo primo
figlio. Sangue del suo sangue. In parte Stark in parte Tully.
La maternità ha reso Catelyn raggiante. L'ha fatta rifiorire.
Devono mancarle terribilmente i grandi fiumi e le distese d'erba ricoperte di
rugiada, i campi sterminati, i fiori selvatici. Una parte di lei deve detestare
questa terra arida e fredda dove non cresce niente di bello, dove tutto è
bianco o scuro, ricoperto di muschio.
Sta provando ad adattarsi. Vuole imparare ad essere felice qui
con lui. Ha accantonato le trecce elaborate e gli abiti dai toni sgargianti.
Ora è il ritratto della sobrietà e della compostezza. Solo i suoi capelli
risplendono come oro rosso contro il fuoco nel camino e così quelli di Robb.
Non l'ha accolto con un abbraccio, ma quando sono rimasti soli
e lui ha cercato il calore rassicurante del suo corpo, lei ha lasciato che la
attraesse contro di sé e ha reciprocato la presa con uguale forza.
Sono a casa, lui ha pensato. Questa
è la mia casa adesso.
Mentre allatta Robb, Catelyn è attenta a porre domande
generiche sul Sud, su Robert. Nessuno dei due accenna ai caduti, alle spoglie
della guerra. Ciò nonostante l'argomento non può essere evitato oltre. Quando
nomina Jon Stark, lui osserva il dolore negli occhi azzurro cielo di sua moglie
e non può sopportarlo. Nel suo caso si sarebbe trattato di umiliazione e
orgoglio ferito. Nel caso di Brandon è qualcosa di profondamente diverso. Non
importa in quale modo, Catelyn ha amato suo fratello. Scoprire di essere stata
tradita rimane un duro colpo, un boccone amaro da mandare giù. Lei reagisce
stoicamente, ma i suoi tratti sono inespressivi, i suoi occhi asciutti e glaciali,
le sue spalle rigide, la piega della bocca sottile è decisamente infelice.
Non vuole costruire le basi del suo matrimonio su una menzogna.
In un'altra situazione avrebbe agito diversamente. Non in
questa. In questa Jon è già stato perso e lui non è riuscito a proteggerlo come
avrebbe dovuto.
Si inginocchia di fronte a sua moglie e prendendole una mano,
in un sussurro rotto, le racconta concisamente di un letto impregnato di sangue
e delle ultime parole di una sorella amata e persa nel peggiore dei modi,
dell'amore proibito di un lupo e di un drago, di un bambino colpevole soltanto
di essere nato sul lato dei perdenti alla fine di una guerra che lo ha reso
orfano.
Alla fine Ned non è l'unico a piangere.
Robb si è addormentato e il suo piccolo viso è placido e beato.
Catelyn appare devastata. "Oh, Ned," sussurra piano.
Gli poggia una mano morbida contro la guancia e lui volta la testa per baciarle
il palmo. "Mi dispiace così tanto," la sente dire. "Dimmi cosa
posso fare, come posso aiutarti."
Ci sono tracce di lacrime secche sulle sue guance levigate e
nuove lacrime sono accumulate contro le sue ciglia scure. Non gli è mai parsa
più bella. Non è mai stato così vicino a provare qualcosa di simile all'amore.
Non una passione violenta, ma un affetto di una dolcezza lancinante, dirompente
che sembra riempire le crepe dentro di lui.
"Condividi il peso con me," risponde.
"Custodisci il segreto e giura sui miei dei e sui tuoi di non rivelarlo
mai a nessuno."
Lei sorride, triste e risoluta. Gli spiana con l'indice le
rughe di preoccupazione tra le sopracciglia. "È un segreto Stark e io sono
una Stark adesso. Ci siamo dentro insieme."
ii
L'arrivo del Re viene accolto dal corteo degli abitanti di Grande
Inverno raccolti nel cortile interno. È un tripudio di opulenza che stride
tanto più apertamente con l'austerità del castello.
Gli Stark sono in prima fila. Ned si inginocchia di fronte a
Robert e pronuncia le parole di rito, nascondendo poco e male un sorriso. Gli
occhi di Robert tradiscono la stessa ilarità. Quando gli dice di alzarsi e lo
stritola in un abbraccio da orso, lui ritrova nel grasso e ridanciano uomo che
gli sta di fronte il suo più vecchio e caro amico.
Vengono fatte le dovute presentazioni. Non sembrano trascorsi
che pochi istanti quando Robert si infila una mano sotto la cinta e dichiara di
voler scendere nelle cripte. A Ned non resta che obbedire. Gli fa strada, dopo
aver scambiato un'occhiata di intesa con Catelyn. Gli occhi di lei abbandonano
i suoi per fissarsi su un punto alle sue spalle e lui vede un lampo di sorpresa
balenare sul suo viso.
Impiega un istante di troppo per capire e quando succede è il
momento in cui Robert parla, la scontrosità spazzata via da un accenno di rude
gentilezza: "Vieni con noi, ragazzo. Voglio che tu la veda. È tua zia
dopotutto."
È la prima volta che vede suo nipote dopo quattordici anni e dei,
dei - la somiglianza è impressionante.
La forma della bocca è quella di Brandon, solo che mentre quella di suo
fratello era prone a sorrisi sprezzanti quella di Jon sembra perennemente
imbronciata, così come le sopracciglia folte e aggrottate sono quelle di sua
madre. Gli occhi grigio nuvola e penetranti sono interamente di Lyanna e il
modo in cui si muove, con determinazione eppure leggero, gli ricorda altri
fantasmi. È uno Stark in tutto e per tutto. Non c'è niente di suo padre in lui
e sa che deve esserne grato.
"Jon," dice e non sa se abbracciarlo. È nell'età in
cui gesti del genere vengono recepiti con
Jon deve leggere la sua indecisione perché sorride con gli
occhi, strizzandoli leggermente come fa Benjen quando cerca di trattenere una
risata.
"Zio," lo saluta con un cenno del capo e senza
un'altra parola segue Robert.
*
Quella notte, abbracciato a Catelyn nel loro letto, commentano
come di consueto le rispettive giornate. È una vecchia abitudine.
"Rodrick ha detto che durante l'allenamento di oggi Jon ha
disarmato Robb tre volte." Ha la testa poggiata sulla sua spalla e lui le
accarezza i lunghi capelli sciolti, passandoseli tra le dita come nastri di
seta.
Ned ridacchia. "Immagino la reazione di Robb."
Catelyn lo colpisce leggermente sul braccio. "Non c'è
niente da ridere. Sai come diventa quando perde."
"Vuoi che gli parli?"
"Sono ragazzi." Lei sospira. "Stanno crescendo.
Lascia che risolvano la cosa tra di loro."
Il silenzio che segue è confortevole e rilassante.
"Le assomiglia incredibilmente," lui mormora
sovrappensiero. Non ha bisogno di specificare a chi si sta riferendo.
Catelyn stranamente tace. "È uguale a te," dice alla
fine con le sopracciglia aggrottate. "Ti assomiglia più dei tuoi
figli."
Sembra che l'idea la disturbi. È vero. Tra i ragazzi soltanto
Arya ha ereditato i suoi lineamenti, la fisionomia degli Stark, ma si tratta di
mere somiglianze fisiche. Robb è testardo e sicuro di sé, pungente e
carismatico come lo era Brandon. Sansa e Arya gli ricordano dolorosamente
Lyanna, ognuna in modo diverso. Bran è spericolato e curioso, allegro come
Benjen. Rickon è ancora troppo piccolo perché possa esprimere un'opinione sul
suo carattere.
"Ti irrita?"
Lei non risponde subito. La sua mano è stretta attorno alla sua
tunica, in corrispondenza del cuore. Solleva la testa per guardarlo negli
occhi. "Pensi mai a come sarebbe stato se tu lo avessi portato qui e lo
avessi cresciuto come tuo bastardo? Se non mi avessi raccontato la
verità?"
Lui ascolta anche le domande che lei non ha il coraggio di
pronunciare. Pensi che saremmo stati come
ci troviamo adesso? Sarei riuscita a perdonarti per avermi tradita?Avrei avuto
la forza di amarti lo stesso?
Le sfiora la fronte con le le labbra. "Ogni giorno,"
ammette.
iii
Non è la prima volta che Robert lo delude, ma è la prima volta
che scopre di non riuscire a
Ned passa un braccio attorno alle spalle di Sansa, cercando di
convincerla a lasciare Lady, ma Sansa è caparbia, proprio come Catelyn e la sua
presa è ferrea. Arya è già scappata via, probabilmente è andata a rintanarsi in
qualche angolo per piangere le lacrime che ha trattenuto dal momento in cui il
Mastino è entrato nella tenda con la spada insanguinata, decretando la morte di
Mycah.
Sa cosa deve fare, anche se il pensiero lo riempie di
repulsione.
Poi succede.
Jon si fa avanti e si inginocchia di fronte a Robert. Non
importa quanto goffo possa apparire, si muove con grazia letale. Ned lo ha
visto allenarsi, ha visto il facile cameratismo che ha instaurato con Robb
durante la sua permanenza a Grande Inverno (suo figlio è irruento e orgoglioso,
ma sa riconoscere i propri errori e dopo le prime sconfitte per opera del
cugino, è stato lui stesso a cercare la compagnia di Jon, a chiedergli di
duellare con lui). Sa che perfino lo Sterminatore di Re trae piacere dal loro
tirar di spada. Osservando la linea inflessibile della sua schiena, Ned non sa
cosa pensare. Non lo capisce, non lo conosce. Suo nipote, con i suoi silenzi e
il costante cipiglio che mai abbandona la sua fronte alta. Suo nipote che veste
sempre di nero e marrone. Introverso, ma non timido. Di solito un ragazzo di
poche parole, un osservatore taciturno.
"Vostra grazia," dice Jon, a testa china, "se mi
è concesso parlare."
"Dannazione, ragazzo," replica Robert, ma non c'è
reale mordente nella sua imprecazione, solo sfacciata predilezione. "Ogni
volta questa manfrina di salamelecchi. Se vuoi parlare, parla. Non devi
chiedere il permesso."
Jon si alza con un movimento fluido e quando parla è come
sentire Lyanna, la sua inguaribile sete di giustizia. "Il metalupo di Lady
Sansa è innocente e così lo era il ragazzo. Questa non è la giustizia del Re. È
solo vendetta governata dalla rabbia."
Robert si passa una mano sulla barba, ascoltando attentamente.
In piedi al suo fianco gli occhi della Regina sono ridotti in due fessure e
rimane in silenzio, anche se fissa Jon con aperta ostilità.
"Cosa proponi, ragazzo? La mia Regina vuole sangue. È una
leonessa feroce e uno dei suoi cuccioli è stato ferito."
"Le cicatrici sono ciò che fanno di un uomo un guerriero.
Cicatrici del genere..." Jon guarda in direzione di Joffrey, del suo
braccio bendato. Non c'è scherno nel suo tono, ma Ned trattiene il respiro
perché il significato dietro le parole è inequivocabile. "Qualunque uomo
le sfoggerebbe con orgoglio. Tuttavia è il principe ed è rimasto ferito. Quello
che è successo, indipendentemente da come è successo, è imperdonabile. Dal
momento che la Regina chiede la testa di un metalupo, propongo uno scambio.
Risparmiate il metalupo di Lady Sansa e prendete il mio al posto del suo."
Il silenzio e la tensione sono dense come nebbia mattutina.
"Jon, no," geme una voce alle sue spalle e Ned coglie
l'espressione colpevole e straziata di Sansa.
"Sei sicuro?" Domanda Robert. "Non potrai più
tornare indietro."
Jon si limita ad annuire. "Sono sicuro."
"Così sia," dichiara Robert. "Ned, bada che la
sentenza sia eseguita. Ora andate tutti via e lasciatemi in pace. Ne ho avuto
abbastanza di voi piantagrane."
*
Più tardi, dopo che tutto è finito, Ned osserva Jon coprire i
resti di Spettro con il suo mantello. L'espressione del ragazzo è chiusa e
indecifrabile.
Ned gli poggia una mano sulla spalla ed è sorpreso quando Jon
glielo permette. Probabilmente è troppo distratto da quello che è successo e
non se ne è neppure accorto.
"Lo seppelliremo a Nord," gli promette.
Questo sembra risvegliare Jon. Batte le palpebre. "Vorrei
che fosse seppellito insieme a Lady Lyanna."
Ned deve lottare contro l'improvviso nodo alla gola prima di
parlare. "Sarà fatto."
"La Regina non sarà soddisfatta," Jon aggiunge dopo
un attimo. "Devi mandare via Lady. Falla tornare a Grande Inverno. Lì sarà
al sicuro."
Sperava che fosse finita, ma si rende conto che è stato
sciocco sperarlo. La morte chiama morte, il sangue vuole altro sangue. È solo
sorpreso che Jon, così giovane, abbia già imparato questa lezione. Non per la
prima volta, si chiede cosa Jon abbia dovuto sopportare, il tipo di infanzia
che ha avuto. Quello che è successo nella tenda del Re, lo scambio di parole e
sguardi a cui ha assistito.
Lascia ricadere la mano al suo fianco. Che diritto ha di
confortare il ragazzo di Lyanna in questo momento?
"Lì dentro," inizia e Jon si volta. "Sapevi cosa
sarebbe successo."
È chiaro che Jon sa a cosa si riferisce dal modo in cui evita
il suo sguardo e sta rimuginando su come rispondergli, soppesando le parole e
decidendo cosa ammettere.
"Non sono la mia famiglia, ma sono cresciuto con
loro," risponde ed è una verità dolorosa, amara. Una ferita purulenta e
rodente tanto per lui quanto deve esserlo per Jon. Gli occhi di Lyanna lo fissano
dal suo volto, accusatori e tristi, come se sapessero, come se lui capisse la
portata della sua colpa. Come lo hai
protetto? Come hai mantenuto il tuo giuramento? Gettandolo in pasto ai leoni.
Il momento passa. Jon scrolla le spalle, imperturbato. "So
come pensano, cosa provano. A volte ho la sensazione di conoscerli più di
quanto conosca me stesso."
Ripensa a quando nelle cripte, dopo la proposta di Robert
di unire le loro casate, Jon non ha seguito immediatamente il Re. È rimasto a
fissare la faccia scolpita di Lyanna mentre Ned pensava che, non conoscerai mail il suono della sua
risata. Non la sentirai mai cantare ai pettirossi. Non saprai degli scherzi che
faceva ai lord e alla servitù, a come la sua risata fosse capace di sciogliere
qualsiasi rancore o animosità nei suoi confronti dopo, facendole guadagnare il
perdono e l'amore di chiunque la conoscesse.
Jon gli ha consigliato di aspettare. Un fidanzamento è per la
vita. Ricorda ciò che gli ha detto come se non fosse passato neanche un giorno,
tanto profondamente lo ha colpito. "Lascia che si conoscano, che si
innamorino. Lascia che vivano la fiaba. Dalle una scelta. Falle scegliere di sposarsi
perché è ciò che vuole e non ciò che pensa di volere."
Conosce il carattere di Joffrey, sa com'è. È come ha detto. È
cresciuto con loro. Quelle persone non sono la sua famiglia, ma sa come
pensano, come si comportano. Ha scongiurato la catastrofe. Dopo quello che ha
visto oggi, non acconsentirà mai a un matrimonio tra Sansa e Joffrey Baratheon.
iv
"Il ragazzo non può diventare Re," dice Robert. Ha
rifiutato il latte di papavero. Ha il viso gonfio e arrossato, velato di
sudore. Deve avere la febbre. La ferita si è infettata e deve fargli un male del
diavolo. Ciò nonostante sembra lucido e suona e sembra più che mai come l'uomo
che lui ha amato da ragazzo, non il Re dissoluto e noncurante che ha conosciuto
negli ultimi mesi.
Alla luce della recente scoperta sulle origini di Joffrey,
Myrcella e Tommen, Ned non dice nulla.
Robert tira un pugno contro il materasso. "Joffrey,"
pronuncia il nome del figlio come se avesse un sapore disgustoso, come se
volesse sputarlo. "Non può essere Re. Non è adatto. Non ha la stoffa per
governare." Contrae gli occhi e sembra che il dolore stia avendo la meglio
perché ansima. "Jon aveva ragione."
"Jon?" Cosa c'entra Jon in tutto questo?
Robert riapre gli occhi all'istante. "È un bravo ragazzo.
Diligente. Quieto. Educato. Ti assomiglia più di quanto assomigli al
padre." Scoppia a ridere e come spesso accade la sua è una risata a spese
del mondo per una battuta che non intende condividere, che solo lui sembra
capace di capire appieno. "Un anno fa ha cercato di parlarmi. Voleva
convincermi ad emanare un editto per nominare Tommen erede della corona.
Ovviamente non l'ho ascoltato. Avresti dovuto vederlo, Ned." Il sorriso
che gli incurva la bocca, soppiantando la smorfia di dolore, è un sorriso che
Ned ricorda bene. Ha il sapore della gioventù, della primavera, di tornei e
rose d'inverno, di danze e ricevimenti. "Era come se mi stesse parlando
lei. Lyanna. Aveva il suo stesso sguardo. Ti ricordi il suo sguardo? Quando si
incaponiva su qualcosa e voleva convincerti a pensarla allo stesso modo a tutti
i costi. Ti faceva sentire come la melma nei canali di scolo. Come se fosse
pronta a colpirti se avessi osato contraddirla." Gli occhi di Robert sono
lucidi e sognanti. "Che gli dei mi perdonino. Ho amato il ragazzo come un
figlio, più dei miei figli. Per anni ho immaginato che fosse il suo ragazzo, il
figlio che mi avrebbe dato se tutto fosse andato come doveva. L'ho visto
crescere ed è stato come rivedere te e lei daccapo, mischiati. Sarebbe un buon Re.
Non ha il mio sangue e non ha alcun diritto alla corona, ma se potessi lo
riconoscerei mio erede in questo momento."
Ma lui ce l'ha, pensa Ned. Potrebbe
essere Re e avrebbe più diritto di quelli che tu consideri i tuoi figli.
"Lo odierebbe." Robert scoppia di nuovo a ridere. Si
tiene il petto con le mani come se gli dolesse, ma non smette di ridere. Smette
solo quando si trova a corto di fiato. "Sì," mormora. "Lo
odierebbe quanto l'ho odiato io. Come odia questo posto. Gli ho fatto un grave
torto. Avrei dovuto mandarlo a Nord anni fa. Sono stato un fottuto egoista, ma
l'ho amato. Tanto quanto ho amato lei. La mia Regina d'amore e di bellezza."
*
Dopo la sua offerta di salvezza, quando Cersei pone
l'inevitabile domanda, le risposte potrebbero essere molteplici. Onore, che
impone di non mietere vittime innocenti. Pietà, perché ora può immaginare con
precisione quanto deve essere stata difficile la vita come moglie e regina di
Robert. Alla fine la verità prevale. "Per Jon."
"Perché?" Lei si acciglia. È una donna bellissima e
se Robert fosse stato un uomo migliore, un uomo capace di lasciare andare il
passato e sopratutto l'immagine idealizzata di una ragazza morta, forse lui non
sarebbe costretto ad avere questa conversazione ora, a fare ciò che il dovere
verso il suo re e il reame gli impone.
"Non sono mai stata gentile con lui. Ha ogni motivo per
odiarmi. Se sapesse quello che hai scoperto-"
Ed è questa, forse, la parte più difficile. Sapere che il
ragazzo che aveva giurato di proteggere è cresciuto in questo covo di vipere.
Solo, per colpa dell'amore del Re. Lontano dall'affetto della famiglia che lo
avrebbe accolto e amato, non un amore perfetto, ma indistruttibile quanto la Barriera,
vasto e profondo quanto gli abissi del mare.
"Lo sa già," lui ammette. "L'ha sempre
saputo."
"Ridicolo," commenta lei sprezzante, ma il dubbio sta
germogliando. Può vedere le crepe nella sua maschera. "Quello che dici è
impossibile."
Ned non indietreggia. "Ha ostacolato le ricerche di Jon
Arryn ed è stato lui a coprirvi per anni. Ha fatto in modo che i bastardi di
Robert lasciassero la città in modo discreto, pagando profumatamente per
coprire la fuga. L'unico rimasto è l’apprendista di un fabbro e solo perché
l'ho battuto sul tempo."
Ora appare sconvolta. "Perché avrebbe dovuto?" Non lo
sta guardando, come se la domanda fosse rivolta più a se stessa che a lui. Come
se si fosse dimenticata della sua presenza, della spada che pende sulla sua
testa, tanto grande è la sorpresa sconcertante di quanto le ha riferito.
Anche stando così le cose, lui le risponde lo stesso, sentendo
il cuore spezzarsi esattamente come la prima volta che ha messo insieme i fili,
vicino al letto di morte di Robert.
"Perché sei l'unica madre che ha conosciuto e grazie a te
ha scoperto l'amore di una donna verso i proprio figli, anche se mai diretto
nei suoi confronti."
*
La cella in cui lo hanno rinchiuso è buia e gelida. Ha visto ed
è sopravissuto a cose peggiori. L'unica tortura è non sapere cosa è successo a
Sansa e Arya.
E Jon.
Dei, cosa ho fatto?
Dopo quello che ha confidato alla Regina non c'è modo che lui
sopravviva. Nella migliore delle ipotesi è stato scaraventato in una cella
simile alla sua.
Quando la porta si apre - ore, giorni, mesi più tardi -, Ned
deve schermarsi gli occhi. La luce della torcia che uno dei due uomini ha in
mano è accecante. Non riesce a distinguere i loro visi, solo i contorni sfumati
delle loro figure.
L'uomo più alto porge la torcia all'altro e si inginocchia accanto
a lui. "Zio."
Per la prima volta dopo anni lui sente che potrebbe piangere. Cerca
di parlare, ma tutto ciò che riesce ad emettere è un verso strozzato. Ha la
bocca secca, le labbra come foglie sul punto di sbriciolarsi. Prova di nuovo e
gracchia: "Sansa? Arya?"
"Stanno bene," Jon lo rassicura e gli porge un otre.
Ned beve avidamente mentre Jon continua ad aggiornarlo sui recenti avvenimenti.
"Arya è scomparsa il giorno in cui sei stato imprigionato. Deve essere
fuggita. Sansa…" Jon esita impercettibilmente, evitando il suo sguardo.
"Sta bene. Starà bene."
Ned lo afferra per il polso. "Cosa non mi stai
dicendo?"
Per un attimo sembra che Jon non voglia dirglielo. Qualsiasi
cosa sia, non deve piacergli. Non importa quanto terribile, lui vuole sapere, deve. Jon sembra intuirlo perché
annuisce lentamente. Si volta verso il secondo uomo e finalmente Ned lo
riconosce. Lord Varys si fa avanti e comincia a parlare, svelando quello che
Jon avrebbe preferito non rivelargli: "Stamattina Lady Sansa ha implorato
il Re di risparmiarti e il Re ha graziosamente acconsentito per l'amore sincero
che lo lega a tua figlia. Ti grazierà e ti permetterà di diventare un Guardiano
della Notte, a patto che tu ammetta davanti all'intera Corte il tuo tradimento
e che Joffrey è il vero Re. Come amico ti consiglio caldamente di accettare
l'offerta. Così facendo proteggeresti tua figlia. Potrebbe essere regina un
giorno."
Non sa cosa lo preoccupi e disgusti maggiormente, se l'idea per
lui umiliante che Sansa abbia implorato, inginocchiandosi ai piedi del trono nel
tentativo di salvarlo, oppure che un giorno sia sposata al mostro che è Joffrey
Lannister. La sua opinione al riguardo deve essere evidente perché Lord Varys
sospira, un sospiro di rammarico, come se con esso volesse esprimere che
malgrado tutto lui ha tentato e che se ha fallito la colpa non è imputabile a
lui.
"Non ti grazierà," interviene Jon inaspettatamente.
"Come lo sai?" Lui domanda senza pensare. Poi ricorda
con chi sta parlando.
Il sorriso che Jon gli rivolge non gli raggiunge gli occhi.
Perché lo conosco, sembra voler dire. Perché sono cresciuto con lui. Perché so
cose che tu non sai e non saprai mai.
Ned si prende la testa tra le mani. Per la prima volta in vita
sua non sa che fare, cosa dire. Tutto ciò a cui riesce a pensare è che morirà.
È una questione di ore, forse giorni. Non prova paura, solo rimpianto. Il rimpianto
di lasciare Sansa indifesa e praticamente un ostaggio dei Lannister. Il rimpianto
di non rivedere Catelyn e di non veder crescere i ragazzi. Il rimpianto di non
avere un futuro, di non poter assaporare la vecchiaia che avevano sognato,
grigi e vecchi e circondati di nipoti. C'è un rimpianto, però, a cui può porre
rimedio. Una spina conficcata a fondo nel suo cuore e che potrebbe finalmente
eliminare.
"Tua madre-" inizia a dire rivolto a Jon e forse è
un'impressione, ma gli sembra pallido, il volto bianco come ossa. È soltanto un
ragazzo, pensa improvvisamente. Dovrei risparmiargli
questo peso. Non è ancora pronto. Dopotutto il segreto non morirà con lui.
Catelyn è la prossima custode.
"Lo so," Jon lo interrompe fermamente, ma non senza
una certa dose di gentilezza.
Lo sa? "Come?"
"Sapevi che sono cresciuto pensando di essere tuo figlio?"
Non è da Jon rispondere a una domanda con un'altra domanda.
Tuttavia l'assurdità di quanto gli ha appena detto rende la sua mente bianca e
desolatamente vuota.
Ti somiglia terribilmente, ricorda la voce di Catelyn. Più dei
tuoi figli.
Vorrebbe che fosse vero. Vorrebbe non aver ceduto a Robert e
vorrebbe averlo strappato dalle sue braccia con la forza, al diavolo le
conseguenze. Vorrebbe che Jon fosse cresciuto a Grande Inverno, protetto,
amato, al sicuro. Vorrebbe centinaia di cose, ma qui, alla bocca dei sette
inferni, mentre la morte lo guarda in faccia attraverso gli occhi di sua
sorella, non può mentire.
"Non sono tuo padre," dice, ogni parola gli raspa la
gola.
Jon si osserva le mani, il volto in ombra. "Ora lo
so." Non suona sorpreso. "Lo so da quando ti ho conosciuto. Da quando
ho visto come tratti i tuoi figli. Sto cercando di essere onesto perché-" deglutisce,
a corto di parole. Non l'ha mai visto così nervoso, agitato. Neppure quando ha
perso il suo metalupo ha reagito così. Di solito Jon è calmo, grave e posato.
Non in questo momento. Appare giovane e tormentato, come se non fosse padrone
delle sue emozioni e la novità lo destabilizzasse, lo rendesse incerto su come
procedere.
Ned lascia che riprenda il controllo. Sente di dovergli
quantomeno questo. Decidere come vuole affrontare la verità su se stesso. La
scelta è sua. Lui la rispetterà, qualunque essa sia. Non per dovere o per
onore, ma perché è giusto.
"Crescere con questa faccia, sapere che ti assomigliavo
più di quanto assomigliassi al mio presunto padre..." Jon fa un respiro
profondo e incrocia il suo sguardo con l'espressione di
Mio caro ragazzo. Cosa
ti ho fatto?
"Robert ti ha legittimato," prova a dire.
Jon annuisce, ma è un gesto privo di reale significato.
"Un bastardo rimane un bastardo anche con un nome diverso. Non sono mai
stato uno Stark, non davvero, altrimenti perché sarei stato costretto a
crescere qui? Anche se non è stato un esilio, è sembrato tale."
Quando tace, fissando il muro, Ned osserva i suoi occhi lucidi
e si sente sopraffatto dall'impotenza, da una disperazione cruda, da una
collera ruggente.
"Durante il torneo in tuo onore ho incontrato Edric
Dayne," ricomincia Jon. "È lo scudiero di Lord Dondarrion. Sembrava sorpreso
dalle mie domande su Lady Ashara. Non riusciva a capire i motivi del mio
interessamento. Era convinto che mia madre si chiamasse Wylla. È stata la sua
balia. Mi ha detto che eravamo fratelli di latte."
"È stata anche la tua per un breve periodo."
"Non sapevo più cosa pensare." Jon si passa una mano
tra i capelli. Ned riesce a immaginare cosa deve aver provato, la frustrazione
di non sapere e il bisogno di scoprire la verità, vitale e necessario.
"Ormai ero sicuro che tu non fossi mio padre. Ti avevo conosciuto. Avevo
visto il tipo d'uomo che eri. Non è ironico?" Jon ride. Ha un suono
deprimente, amaramente deluso. "Quando ho desiderato che tu fossi mio
padre, ho capito che era impossibile. Non ero tuo, perciò dovevo essere davvero
il figlio di Brandon. Rimaneva il mistero di mia madre. Chi era davvero? Per
fugare ogni dubbio ho scritto a Lady Allyria Dayne. Ha confermato i miei
sospetti. Sua sorella aveva partorito durante la Ribellione, era vero, ma una
bambina morta. Wylla era stata la mia tutrice, mi ha amato come una madre, ma
non mi ha partorito. Non ero chi credevo di essere."
"Non avresti dovuto scriverle," lo rimprovera con più
forza di quanto strettamente necessario. "È stata una mossa azzardata e
pericolosa. Cosa sarebbe successo se qualcuno avesse intercettato la
missiva?"
"Ho i miei mezzi," Jon risponde, minimizzando, ma i
suoi occhi si spostano inconsapevolmente verso la sua sinistra, là dove si
trova Lord Varys. Da quando? Quando hai
cominciato a tessere trame con il Ragno?
Non è davvero stupito. Il destino di Jon è stato segnato nel
momento in cui è stato costretto a crescere a Corte con la sola protezione del
Re. E che protezione è stata? Non è stato uno scudo, qualcosa che l'abbia
protetto dai sussurri, dalle occhiate. Un nome non ti rende meno solo quando
l'unico ragazzo con cui cresci è crudele e derisorio e gli altri troppo piccoli
per capire cosa sta succedendo, per agire. Quando gli adulti intorno a te ti
considerano un peso, una macchia, qualcosa da estirpare. Quando l'unico adulto
che ti mostra affetto è troppo distratto dal passato per prestare attenzione al
presente. Cosa puoi fare se non allenarti e diventare un abile spadaccino sotto
la tutela di Lord Barristan per riempire interminabili pomeriggi che non
sapresti come trascorrere altrimenti? Studiare e dannarti per dimostrare che
sei degno di rispetto, perché ti lascino in pace?
"Ho i tratti degli Stark, mi è stato dato il nome Stark,
ma non sono figlio tuo, non sono figlio di Brandon. C'è un altro fratello, ma è
un Guardiano della Notte. Quindici anni fa, sei tornato da Dorne con un
bambino, insieme a una balia da latte di nome Wylla e alle ossa di tua sorella,
dopo aver distrutto una torre. Dillo," lui ordina con uno sguardo che
potrebbe tagliare. "Il nome di mia madre. Dillo."
"Lyanna Stark."
"Targaryen," lui lo corregge. "Lady Dayne ha
scritto qualcos'altro. A quanto pare non sono mai stato un bastardo."
Sono troppe informazioni. Dopo giorni di silenzio e buio, sta
accadendo tutto troppo velocemente. Non riesce a ragionare. Si massaggia le
tempie, frastornato. "Perché dirmi tutto questo?"
"Per darti la possibilità di redimerti e di fare qualcosa
di giusto. Ti uccideranno. Joffrey può aver acconsentito a graziarti durante la
seduta di oggi pomeriggio, ma se non sarà oggi, sarà domani o un altro giorno.
Cambierà idea e si rimangerà la parola data perché è quello che fa, che gli piace.
Sai che è vero."
Sì. Sì, lo sa. Lo ha imparato a sue spese. "Cosa vuoi che
faccia?"
"Dì la verità. Dì quello che hai scoperto."
"Perché?"
"C'è onore anche nel modo in cui moriamo. Ci permetterà di
guadagnare tempo."
Ci?
Jon intuisce la sua confusione perché senza che lui debba
chiedere nulla, aggiunge in modo evasivo: "Joffrey non siederà a lungo sul
trono."
Chi? Ma la realtà è che non gli interessa, non gli è mai
interessato. L'unica cosa che lo preoccupa al momento è- "Cosa mi dici di
Sansa? Se faccio quello che mi hai chiesto, che ripercussioni avrà su di lei?
Sulla mia famiglia?"
"Ha ragione," interviene Lord Varys. "Sarà
guerra tra i leoni e i lupi."
"Sarà guerra a prescindere," replica Jon bruscamente.
"Ho conosciuto mio cugino. Convocherà i vassalli. Radunerà un esercito.
Marcerà a Sud, ma sarà bloccato molto prima di raggiungere la città."
Ned non vuole pensare a quello che succederà dopo la sua morte.
Il solo pensiero di Sansa è straziante. Pensare anche a Robb, alle
responsabilità che lo sta costringendo ad assumersi, rischia di spezzarlo.
Perlomeno lui potrà contare su Catelyn. "Mia figlia sarà sola," insiste.
"Dopo Lyanna avevo giurato a me stesso-"
"Non sarà sola," lo interrompe Jon, la fronte
aggrottata. "Non mi hai ascoltato? Hai già dimenticato? Avrà me."
Ned batte le palpebre, ma il mondo rimane coperto da un velo di
lacrime che lo annebbia. "Puoi perdonare un errore fatto in buona fede?
Puoi perdonarmi per averti abbandonato qui?"
"Non c'è niente da perdonare."
Ned lo vede allontanarsi. Quando è sulla porta, lo chiama. Jon
si volta e lui mantiene fisso lo sguardo, nonostante la luce della torcia gli
faccia bruciare gli occhi.
"Tua madre sarebbe stata fiera di te," dice.
"Come Robert. Non erano perfetti, ma ti hanno amato fino alla fine e hanno
cercato di proteggerti meglio che hanno potuto."
Per un attimo sembra che Jon voglia dire qualcosa. Ned non
riesce a leggere l'espressione sul suo viso. Poi lo vede scuotere la testa. La
porta si richiude dietro di lui, sbattendo sui cardini.
*
Il mio nome è Eddard
Stark, Lord di Grande Inverno e Mano del Re. Mi presento di fronte a voi tutti per
confessare il mio tradimento, agli occhi degli Dei e degli uomini. Ho tradito
la fiducia del mio amico Robert. Avevo giurato di proteggere il reame in suo
nome, ma ho fallito. Che l’Alto Septon e Baelor il Benedetto siano testimoni di
quanto affermo. Joffrey Baratheon non è il vero erede al trono. Frutto dell’incesto,
è il risultato della passione perversa tra la Regina e lo Sterminatore di Re -
*
La folla accalcata nella piazza grida e strepita. La spada
cala, una testa cade, il sangue sgorga e imbratta gli scalini di pietra del
tempio. Una ragazza sviene.
Il cielo rimane di un azzurro limpido, il sole splende ed è
accecante.
Jon Stark osserva il mondo che conosce e le persone che lo
circondano come se si trovassero su un palcoscenico e fossero attori che
interpretano una parte.
Sa cosa deve fare.
*
C'è la famiglia in cui nasciamo, a cui siamo legati dal sangue
e poi c'è la famiglia che creiamo nel corso della vita, che ci scegliamo.
Sansa è stesa nel suo letto. Una cameriera l'ha spogliata, le
ha sciolto i capelli che ora sono sparsi in una nuvola di fiamma sul cuscino.
La porta della camera è sigillata dall'interno, con due guardie posizionate nel
corridoio.
Jon è seduto al suo capezzale, la spada a portata di mano. Nel
crepuscolo si concede il lusso di studiare il suo profilo. Sono attimi rubati,
lo sa. Dopo lo spettacolo di oggi Joffrey vorrà reclamare altre lacrime, altro
orrore. Il dolore lo diverte, le urla gli danno piacere. Sansa dovrà essere
forte, indistruttibile o non avrà scampo. Adesso però- adesso lei dorme e lui
la osserva riposare, domandandosi quando ha cominciato a provare quello che
prova. Non si domanda perché. Quello lo conosce fin troppo bene. Forse ce l'ha
nel sangue.
"Jon?" chiama Sansa e Jon incrocia il suo sguardo,
occhi di un blu suggestivo in un volto esangue e teso, svuotato.
Non sembra sorpresa di trovarlo lì, al contrario è sollevata,
come se la sua presenza la rassicurasse, le fosse di conforto. Al pensiero non
è esattamente gioia quella che sta provando, ma qualcosa di molto vicino, molto
simile. Sente che il petto potrebbe scoppiargli.
"È stato un sogno?" Lei domanda e la nota di speranza
nella sua voce è un pugno nello stomaco.
Non risponde.
Il volto di Sansa si accartoccia come carta bruciata dal fuoco.
Si copre gli occhi con il braccio, ma la scia delle lacrime lungo le sue guance
scintilla nella penombra. Il suo pianto è quello di una persona trafitta,
schiacciata e colpita. Affranta da un dolore inimmaginabile. Lo colpisce al
cuore come la volta in cui l'ha vista singhiozzare per Lady.
Jon ripete almeno un'infinità di volte tutte le possibili variazioni
di, "Mi dispiace," e "Sono qui con te, Sansa."
Dopo quella che sembra un'eternità, lei sposta il braccio e il
suo volto riemerge, arrossato e gonfio e ancora umido.
Per un po' nessuno dei due parla. Sansa cerca alla cieca la sua
mano e quando la trova Jon la stringe tra le sue. Vorrebbe baciarle il palmo e
il dorso, le dita. Asciugare le lacrime con le sue labbra. Invece rimane
seduto, immobile come una statua, a sorvegliare che nessuno disturbi il suo lutto,
mentre le si spezza il cuore al pensiero del padre.
"Avevi ragione su di lui. Hai sempre avuto ragione,"
dice Sansa e nel dolore inconsolabile si apre una breccia. Jon riesce a
intravedere l'odio corrosivo al di sotto, la rabbia incandescente. Può accettarli,
ma non la disapprovazione con cui parla di se stessa, dei suoi errori.
Sansa volta la testa verso di lui. "Avrei dovuto
ascoltarti sin dall'inizio. Quando hai cercato di avvertirmi, dopo quello che
era successo con Lady, mi sono comportata in modo ignobile. Anche dopo. Volevi
mettermi in guardia." Gli occhi le si riempiono di lacrime. "Sono
stata così stupida."
"Non sei stata stupida." Vorrebbe scostarle le
ciocche di capelli che le sono cadute sulle tempie. "Non potevi
saperlo."
"Tu sì. Tu li conosci. Sei cresciuto con loro."
"Sì," lui ammette piano, come se le sue parole
potessero spezzare qualcosa tra loro, qualcosa a cui neppure lui sa trovare un
nome. C'è sempre stato, almeno da parte sua, ma ora nello sguardo di lei gli
sembra di intravedere la stessa luce abbagliata, anche se un po' sfocata.
"Sì, li conosco."
Sansa stringe le dita attorno alle sue con maggiore vigore. Jon
non si trattiene oltre. Accosta la sua mano vicino al viso e poggia le labbra
contro le sue nocche, delicatamente, sfiorando appena la pelle.
Sansa non arrossisce, non emette un fiato, ma i suoi occhi risplendono
come stelle e hanno
"Dimmi cosa succederà adesso. Cosa mi faranno?"
Nulla, non le faranno nulla finché avrà respiro in corpo.
Tuttavia non è ciò che ha chiesto. "Sei l'unica garanzia che hanno contro
la tua famiglia. Cercheranno un accordo e tu sarai parte dei termini. Non
possono ucciderti." Non dice a voce alta quello che sa, che ci saranno momenti
in cui lei vorrà morire, in cui sarà così stanca e si sentirà così disperata da
sperare in una morte veloce.
"Il mio fidanzamento con Joffrey-"
"Non è valido," lui la rassicura immediatamente.
"Tuo padre non l'ha mai firmato."
Lei lo osserva ad occhi sgranati, un lampo di comprensione li
attraversa. "È opera tua, presumo?"
Prima che lui possa dire qualsiasi cosa, lei lo previene. Sta
sorridendo, non un sorriso vero
"Ti ringrazio," lei dice e lui le stringe la mano.
Ormai è notte, l'unica luce nella stanza è quella naturale
proveniente dall'esterno. Sa che dovrebbe alzarsi per accendere le candele, ma
l'idea di allontanarsi da lei gli risulta odiosa.
"Nostra," dice Sansa, risvegliandolo dalla fitta
trama dei suoi pensieri. "Volevi dire la nostra famiglia."
All'inizio non capisce. Quando lo fa, si acciglia. "Non
sono davvero uno Stark."
Sansa si acciglia a sua volta. Lo guarda come se avesse appena
parlato in alto valyriano, ma allo stesso tempo con pazienza e affetto. Solo
un'altra persona lo ha mai guardato in questo modo, sempre per i motivi
sbagliati, non per se stesso, ma per la luce riflessa e i meriti di qualcun
altro.
Si inumidisce le labbra e sussurra lentamente, come se volesse
scandire le parole per farle attecchire più profondamente, come radici nella
sua mente, nel suo cuore, nella sua anima. "Lo sei per me."
Quietamente, fragorosamente, tutto ciò che lui credeva vero va
in pezzi.
N/a:
Recentemente mi sono accorta di essere stata incredibilmente
prolifica nell’ultimo anno, soprattutto considerando quella che è stata la mia
ossessione per la coppia Jonsa (quasi pari al mio inveterato amore per la Sherlolly <3).
Poco alla volta ho intenzione di recuperare tutte le storie che
ho pubblicato su AO3 e di pubblicarle anche su questo sito. Sarei più veloce se
non fosse per il fatto che non riesco a trovare i testi originali in italiano e
tradurre dall’inglese mi risulta assai più difficile del processo inverso xD