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Autore: Arya di Dragon Age    28/01/2020    1 recensioni
One shot erotica partorita sulle note di Gabri di Vasco.
Genere: Erotico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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TRADIMENTI
 
Adesso ascoltami
Mi gridi contro di smetterla di parlare, che adesso basta, adesso è diventato il tempo di ascoltare.
MI blocchi i polsi tra le mani, mi agganci con i fianchi contro il muro e io voglio morderti e urlarti di lasciarmi andare, perché in fondo io non ne voglio più sapere niente di questo continuo andarsene e tornare.
 
Non voglio perderti
E poi te ne esci con le uniche tre parole che avrei sempre voluto sentirti dire, una conferma che anche tu ci tieni a me, che non sono un gioco, che non siamo solo frutto della mia immaginazione.
Eppure ti conosco, so che diresti qualsiasi cosa pur di calmarmi e stringo gli occhi con sospetto, temendo che magari questa volta ti sei spinto un po' più in là, solo perché hai capito che me ne sto andando davvero.
Sospiri quando vedi che tiro un respiro e taccio anch’io e lentamente poggi la tua fronte sulla mia.
 
Però non voglio neanche, neanche
Illuderti

Ti scosti appena dalle mie labbra e sento questa distanza pesarmi addosso come se tutta l’acqua dell’oceano volesse schiacciarmi verso il basso.
Mi fai male in ogni centimetro di pelle, sia quando mi sfiori, che quando ti allontani. Mi privi del tuo odore e poi mi mandi in assuefazione.
 
Quest'avventura è stata una follia
Mi sorridi, i tuoi occhi brillano e io sento questo formicolio su per le braccia e la schiena che vorrebbe strapparti dalle tue farneticazioni e riportarti tra le lenzuola dove consumavamo il nostro peccato, dove assecondavamo ogni nostro vizio o desiderio.
Mi mordo un labbro per non baciarti, mi mordo un labbro per non lasciare che l’orgoglio abbandoni la mia bocca e che io cada inerme tra le tue braccia.
Ma tu sospiri forte e liberi quella povera porzione di pelle martoriata con le tue dita. Le passi sulle mie labbra, poi con il pollice ci premi leggermente contro.
Io sento di poter resistere poco oltre, sento il tuo fiato su di me e divento calda quanto te, smetto di respirare e ti supplico, ti supplico di ridarmi il respiro.
E perché forse, forse esiste un Dio, decidi di poggiare le tue labbra sulle mie, ti intrufoli in spazi caldi e bagnati dove già sei passato, dove hai messo radici, ma poi ti ritiri e lasci questa casa, che è il mio corpo e che è tuo, vuota.
 
 
 
 

È stata colpa mia
Tu hai sedici anni ed io
Ed io

Se mi vuoi lasciare fallo e basta. Ho poco altro da dirti, voglio andarmene nelle mie stanze a piangere il mio dolore, voglio sprofondare in un abisso senza colori e tappare il mio udito in eterno a qualsiasi risata che non sia la tua.
Vattene dunque, senza trovare scuse. Sappiamo entrambi che lei ti sta aspettando.
 
Ma adesso spogliati
Che voglio morderti
Voglio sentire ancora il tuo piacere esplodere col mio

Imprechi sottovoce, mentre mi abbassi le spalline e mi alzi per i fianchi.
Di repente io ti avvolgo per non cadere e tu sei la mia roccia, la mia ancora mentre percorri quel poco che manca a quel letto contaminato di amore e bugie.
Gemo, quando con le tue mani tracci nuovi confini sul mio corpo, quando con le tue labbra ami superfici sensibili e sconosciute.
Sei la mia dannazione, mormori nel mio orecchio, prima di mordermi, prima di punirmi perché
- i tuoi occhi sembrano essere stati inventati per mandarmi all’inferno - mi dici.
E in un secondo messo lì per sbaglio, perfettamente stonato in mezzo a tutti gli altri, ti vibra il cellulare.
Tu lo guardi e leggi lei, lei che ti sta cercando, lei che ne ha il diritto, mentre io, che sono niente per te, ti giaccio davanti, con la testa riversa all’indietro e negli occhi la speranza, che pur essendo niente, tu mi scelga di fronte al tuo tutto.
Mi guardi e io faccio lo stesso, ma ti rifletto. Non leggerai in me risposte che non mi appartengono.
Al diavolo, ringhi, mentre scagli il tuo telefono lontano.
Bastava silenziarlo.

Domani sarà tardi per rimpiangere la realtà
È meglio viverla
È meglio viverla

Così mi prendi e io ti urlo addosso il mio piacere. Tu mi soffochi i gemiti con le tue mani, mentre spingi, spingi e io ti lascio entrare.
Lo so che quando lo facciamo non vuoi sentirmi parlare e allora prendimi, prendimi
con le tue labbra smettila di marchiarmi, mi dimeno, ma questa è la parte che ti piace di più
quella in cui mi forzi, senza forzarmi davvero, quella in cui ti sembra di aver messo a tacere il diavolo e di poter prendergli, qualsiasi piacere possa offrirti,
se non la perdizione.
 
Ma adesso fermati
Ti supplico e sfinito mi rotoli di fianco, dandomi la schiena.
Voglio avvicinarmi, ma ringhi e sferri un pugno al materasso. Sobbalzo. E con le lacrime agli occhi ti accarezzo.
 

Non voglio perderti
E lo penso davvero. Ti restituisco l’amo a cui hai agganciato il mio cuore e lo hai preso con te.
Io non voglio vivere senza di te.
Ma tu te ne stai immobile, non mi guardi, come sempre in questi momenti preferisci odiarmi.
E io affondo la mia testa nel cuscino, ti nascondo tutti i miei pianti, mentre sul corpo ho i segni evidenti dei nostri peccati trascorsi.
 

I tuoi sorrisi adesso non nasconderli
E la fai facile tu, che prima vieni da me per lasciarmi, poi per sradicarmi dalla mia solitudine, affondandoci dentro, facendoti spazio dove per te conservo tutto l’oro del mondo.
Vuoi consolarmi, ma non sai come prendere il diavolo fra le mani e farlo calmare come un angelo.
L’unico modo che conosci per starmi vicino è scatenare il futuro dal nostro destino e fingere che un domani non arriverà, che fare del bene non ripagherà, che essere fedeli in fondo non è altro che una stupida costrizione, nonostante con gli altri ti prologhi in lodevoli parole d’amore.
Mentre con me sei bestemmie, sei ideali infranti e mi sta bene finchè ritorni.
Osservo i muscoli del tuo braccio rianimarsi, i tuoi addominali contrarsi, le tue cosce tendersi mentre ti ributti tra le mie gambe.
MI chiedi se sento le tue dita, se sento la tua lingua e io urlo da non sentirmi più nemmeno io, mentre tu affondi senza lasciarmi pace

Con le mie mani tra le gambe
Diventerai più grande

E io invoco in nome di Dio, di prendermi ed essere mio, ma una strana luce balena nel tuo sguardo, mentre mi tocchi e mi spalanchi le gambe.
Non crederai mai più in niente che non sia io, mi mormori fra le labbra

E non ci sarà più dio
Perché ci sono io

Scintille. Scintille ovunque. Dietro le mie palpebre chiuse, tra le mie gambe strizzate attorno ai tuoi fianchi, negli angoli di gola esposti che ti lascio martoriare.
Sento ogni tuo centimetro di pelle che profana la mia e mi contraggo, mi spalanco, poi ti ribalto e scendo ad adorarti, tu che adesso dici di essere il mio nuovo Dio.
 
Non t'ho insegnato io
Quello che stai facendo adesso da dio

Ti trascino verso l’alto, poi riscendo negli abissi e di nuovo risalgo.
Prego, nell’unico modo in cui io sappia pregare e tu ti aggrappi le lenzuola, mentre io ti tirò giù dal paradiso e ti porto all’inferno con me.
 

Mi fai tremare il cuore mi fai smettere di respirare
Le orecchie mi pulsano, mentre ormai ti prendo per intero, ti bacio, ti aspetto e ti accolgo quando ringhiando ti svuoti tra le mie labbra.
Indolenzita dai tuoi sguardi massacranti, che ora mi incolpano di tutti i tuoi peccati, mi allontano da te e mentre mi avvolgo tra le coperte ti sussurro:

Domani sarà tardi per rimpiangere la realtà
È meglio viverla


 
   
 
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