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Autore: kuutamo    29/01/2020    0 recensioni
'Mystic Falls. L'aria che si respira in questa cittadina mi è sempre sembrata ambigua. All'inizio sembra di trovarsi in un posto normale, ma basta poco per scoprire che pullula di esseri immondi e crudeli, degli assetati di sangue. Io sono uno di loro.
Il punto è che questa volta Mystic Falls sembra davvero una normale cittadina, tranquilla e felice.
Forse dovevo davvero lasciar perdere e non tornare: forse tutti qui sono stati meglio senza il vecchio e cattivo Damon. Ma ahimè, la felicità altrui non mi è mai interessata molto.'
Gli eventi sono stati ambientati (e scritti) durante la 6a stagione: Elena e Damon si sono lasciati, lei non è caduta nel sonno di Kai e gli eventi della 7a e 8a stagione non sono avvenuti. Inizialmente partita come una one-shot (dal nome "Dressing coffins for the souls I've left behind in time") e ora diventata una long. Buona lettura!
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie Bennett, Damon Salvatore, Matt Donovan, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Feral


Dicono che ogni ragazza nasconda un’eroina dentro di sé, un essere spavaldo e fiero pronto ad attaccare, a mostrarsi invincibile.

Erano passate quasi quattro ore da quando Danaë aveva sfidato Ahkmara, ormai l’alba era arrivata da un pezzo. Man mano che i minuti passavano sentiva una strana energia intorno che, a mò di avvertimento, le faceva rizzare i peli sulle braccia: lei era vicina. La ragazza non sapeva se era davvero pronta a tutto ciò che la aspettava quel giorno: poteva essere l’ultima alba quella che si era appena fatta prepotentemente strada in mezzo all’oscurità della notte. Sentiva come una strana eccitazione, il genere d’inquietudine che precede ogni grande evento, che ti fa sentire pronta e insieme sull’orlo di una crisi di nervi.

Immersa nei suoi pensieri, ad un tratto vide comparire un’auto all’orizzonte, che lentamente strisciava verso di lei.

“Finalmente” sussurrò. In quel momento, come qualunque persona insicura, auspicò l’aiuto di qualcuno dall’alto, dio o antenato che fosse, non faceva troppa differenza. Scese dall’auto, indossando il suo sguardo più fiero, relegando le sue paure dietro le quinte di quella battaglia.

 

Quando lo vide uscire dall’auto, il sangue gli si gelò nelle vene. L’attimo dopo la rabbia lo fece ribollire, come se fosse magma primordiale. Gli occhi della ragazza, un attimo prima incerti, s’infervorarono provando quel sentimento nuovo e radicato nelle sue viscere. La strega aveva con sé Damon, proprio quell’unica persona che non avrebbe mai dovuto trovarsi lì.

“Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere averlo qui nel tuo ultimo giorno. Sai, l’ultimo desiderio non si nega a nessuno”

“Se proprio me ne devi concedere uno, allora lascialo andare. Ora”

Ahkmara la guardò bene in viso e con un ghigno fece un segno con il capo al suo scagnozzo.

Damon era imbavagliato, dalla sua bocca non uscivano che borbottii confusi, ma il suo sguardo a metà tra il livido e lo spaventato lanciava un messaggio chiaro: stavolta, in quella situazione, lui non era altro che un debole e patetico spettatore.

“Vedi - ripose, avvicinandosi viscidamente - le fiamme che leggo nei tuoi occhi sono esattamente il motivo per cui ho portato qui quel bamboccio. Voi umani non smettete mai di divertirmi con le vostre tempeste ormonali”

La donna non finì la frase che il suo uomo con un pugnale aprì uno squarcio nel petto del vampiro. Quest’ultimo soffocò un urlo di dolore e cercò di dimenarsi come meglio poteva.

Danaë attaccò immediatamente infliggendo dolore fisico alla strega “Phasmatos Morsinus Pyrox Allum!”

“Ah! Credi che soffra di questo solletico dopo tutti questi anni? Mia piccola ingenua” la donna pronunciò un incantesimo sottovoce, in una lingua sconosciuta con gli occhi fissi in quelli della giovane strega.

Danaë non riusciva a capire: non sentiva nulla di diverso dentro di sé, non aveva avvertito nessun colpo o attacco, quando poi capì. Ahkmara stava scagliandosi su Damon, che, alle spalle della strega era diventato più pallido del solito e aveva smesso di strepitare e scalciare. Mai come in quel momento lei avrebbe voluto sentirlo di nuovo imprecare per sapere che stava bene, che era il solito, vecchio Damon. Invece non dava nessun segno, a tal punto che l’uomo che lo teneva legato con una corda imbevuta di verbena gli tolse il bavaglio liberandogli la bocca.

 

“Sai Danaë ho cercato di venirti incontro, di non arrivare a questo. Parliamoci fuori dai denti: a me non interessa nulla di quest’insulso vampiro maleducato - si voltò verso di lui - e senza alcun gusto nel vestire. L’unica cosa che desidero, ce l’hai tu. Tuttavia… mi hai fatto fare così tanta strada per averla, che adesso ho deciso che anche la vita di Damon è affar mio” sorrise falsamente.

Quello era il momento. Danaë non poteva permettersi di fare la dura, non quel giorno, non più. La presenza di Damon aveva cambiato tutte le carte in tavola. “ No. Non lo farai. Prenderai me e soltanto me”

Un’autentica risata interruppe il clima teso dello scontro, ma solo per pochi secondi.

“E cosa ti fa pensare di avere voce in capitolo?” le rispose Ahkmara.

“Semplice - disse Danaë tirando fuori un coltello e puntandoselo al cuore - senza il mio cuore, l’organo più importante, non potrai appropriarti della mia energia, e avrai fatto un viaggio a vuoto”

“Vuoi farmi credere che ti ucciderai? Tu, una ragazzina che gioca a piccole streghe?”

“Sai, Ahkmara, mi stupisce di quanta poca saggezza hai fatto tesoro in tutto questo tempo che hai avuto a disposizione… Hai portato qui lui per interdirmi, per impedirmi di combatterti perché sapevi che lui è la chiave per arrivare alla mia resa incondizionata. Cosa ti fa pensare di sapere di cosa io sia capace o meno, una volta averlo perso?” Mentre pronunciava quelle parole, le vocali di ognuna si schiudevano su una cornice di denti digrignati.

Ahkmara era interdetta, il suo istinto le diceva di crederle, ma lei voleva tutto, ora lo esigeva. Doveva essere lei a dettare le regole, a prevalere.

In quel momento soffiò, senza abbassare lo sguardo dalla ragazza, e dalle labbra ormai livide di Damon iniziò a uscire una sostanza impalpabile bianca, fluttuando leggera come fosse fumo.

Appena Danaë provò a lanciare un incantesimo d’isolamento per Damon la strega la colpì con un’esplosione “Vados!” e poi altre, in serie fino a farla cadere sulle ginocchia e gettare la lama a terra.

Finché la ragazza invocò uno scudo protettivo, mentre cercava di rialzarsi. Nel frattempo il fumo bianco continuava a uscire dalle labbra del vampiro, sempre più vicino a dove si trovava la strega Ahkmara.

“Ahkmara, prendimi. Lascialo stare” la implorò la ragazza. Sperava di rallentare le azioni della strega ed intanto guadagnare del tempo prezioso.

Sulla stessa mano che prima impugnava la lama, la ragazza si era inferta un taglio, nascondendolo dietro la schiena. Mentre continuava a supplicare Ahkmara, aprì il palmo rivolto al cielo e con la voce della mente, quella più potente ed oscura di tutte, iniziò a pronunciare un antico incantesimo chiamando a gran voce tutti i suoi antenati. Aveva poco tempo per incanalare tutta la forza necessaria.

“Mi hai delusa molto Danaë, non c’è che dire. Tutta quell’aria da spavalda ed ora supplichi prostrata ai miei piedi come il più sudicio dei ratti. Mi ero sbagliata su di te, sei come tutti gli umani. Debole”

 

‘Eccola’ pensò Danaë. Si accasciò violentemente al terreno, come se fosse letteralmente precipitata dal cielo. Poi, dapprima lentamente, e poi sempre più prepotentemente, una risata isterica si fece largo dentro di lei, facendo scuotere su e giù la gabbia toracica. Quando il volto riemerse era in lacrime. Piano, a fatica, si rimise in piedi.

“Cosa hai da ridere tanto?” disse in tono irato.

Danaë non le diede il tempo di schiudere di nuovo le labbra che iniziò a sussurrare la sua nenia, la stessa che stava ripetendo nella sua testa da ormai qualche minuto.

“Bruciare supe terram, faciendo ignis ga praemium. Bruciare supe terram, faciendo ignis ga praemium - le sue parole si fecero sempre più chiare e distinte, e la strega si allontanò di qualche passo preparandosi ad attutire il colpo, perfettamente a suo agio, tranquilla. Ignara. - Bruciare supe terram.. faciendo ignis ga praemium. Ahkmara” pronunciò il suo nome aspirando la radice di quella parola così antica, che alla strega sembrò quasi di essere tornata indietro nel passato.

E in quel preciso istante, guardando gli occhi di Danaë diventare dapprima cerulei e poi completamente di un bianco opaco, Ahkmara ebbe per la prima volta davvero paura di lei.

Quando l’onda di energia incendiaria colpì il suo corpo, la strega capì ma ormai era troppo tardi. La forza e i poteri di centinaia di antenati si scagliarono sulla sua pelle, inondandola di fuoco, per poi arrivare man mano in profondità, sino alle sue viscere ormai putride. Nei suoi occhi comparve quel sentimento di paura che almeno una volta coglie tutti gli uomini, la paura di morire. Non percepiva più l’aria entrare attraverso le narici, i polmoni erano in fiamme, ma nonostante tutto quel dolore riusciva ancora ad urlare e a vedere. Quella piccola ragazza torreggiava su di lei e la osservava con uno scintillio maligno negli occhi, soddisfatta, ma anche incredula di fronte a quello che aveva appena fatto.

“Penso che così possa bastare” disse la ragazza rivolgendo uno sguardo allo scagnozzo di Ahkmara, al quale bastò guardarla negli occhi per pochi secondi per salire in auto e filarsela - Ora facciamola davvero finita Ahkmara. Phasmatos ossox, casser les os, ma chere” pronunciò ghignando.

A quelle parole ogni osso del corpo di Ahkmara andò in frantumi, dal più piccolo, al più grande, fino ad arrivare all’osso del collo. Ciò che rimaneva di lei era ormai un cumulo di cenere e frammenti ossei.

Danaë poteva tornare a respirare senza affanno né cuore in gola. Quando si avvicinò a Damon vide con grande sollievo che stava iniziando a riprendere un pò di colorito. Allora lo slegò dalla corda imbevuta di verbena e le ferite ai polsi iniziarono subito a risanarsi. Lo trascinò fino all’auto, non con poca fatica. Se non si fosse sentita così sfinita e priva di forze lo avrebbe fatto lievitare, pensò scioccamente. Ora potevano tornare a casa. Accese il motore e con il vampiro ancora in fase di convalescenza, partì, mentre nell’aria il vento spargeva cenere malvagia e primitiva come a voler bilanciare naturalmente bene e male.

Finalmente era finita.

 

 

La strega ci era andata giù pesante, perché Damon non riprese conoscenza se non ormai a pochi chilometri da Mystic Falls. Era una sensazione strana, ma appena lui aveva aperto gli occhi, Danaë aveva avuto l’impressione che quelle interminabili ore in cui non aveva fatto altro che osservarlo indisturbata non sarebbero tornate mai più. Aveva sempre avuto un certo imbarazzo a guardare Damon per più di qualche minuto negli occhi, anche se non gli aveva mai dato la soddisfazione di dirglielo apertamente. In quei momenti lo aveva visto indifeso come non mai.

“Ce l’hai fatta a svegliarti” lo prese subito in giro.

“Ma dove siamo?” disse spaesato lui.

“Quasi a casa”

Forse si era davvero ripreso, perché a quelle parole rimise su la sua maschera da cinico e scontroso che tanto lo contraddistingueva.

“Perché sei andata via?”

“Cioè tu hai appena assistito alla battaglia del secolo e non mi chiedi nulla?” domandò falsamente indignata, consapevole del suo debole tentativo di cambiare argomento.

“Fermati. Fermati ora.” disse categorico.

La ragazza sospirò, guardo nello specchietto retrovisore ed infine accostò. Damon scese dall’auto con aria infuriata e aspettò che anche lei uscisse dall’abitacolo, appoggiandosi alla carrozzeria.

Nei suoi piani lei non aveva previsto questo momento, pensava che l’incombenza di dare spiegazioni faccia a faccia non le sarebbe toccata. Infondo era di gran lunga più facile e codardo dire le cose con un biglietto, o per telefono.

“Cosa vuoi sentirti dire Damon? Perché tutto ciò che sentivo di dirti l’ho scritto in quella lettera”

“Ti sei proprio presa un gran bel disturbo - disse ironicamente - Che bisogno c’era di andartene? Potevamo affrontare quella stronza insieme”

“Non voglio intaccare la tua immagine da supereroe macho, ma in realtà non potevi fare granché. E neanche io, non fosse stato per i miei antenati” disse, provando a smorzare i toni della conversazione.

“Se ti fosse successo qualcosa.. Lo sai” disse Damon voltandosi improvvisamente verso di lei.

“No, non lo so. Dimmelo” azzardò lei con tono seccato.

“Sai che cosa sei per me”

“No, so che cosa significhi tu per me, ma io… di te in realtà so poco o niente”

Damon la guardò nella stessa maniera in cui la osservava sempre quando lei non se ne accorgeva. Pensava che al mondo non poteva esistere creatura più pura e diabolica di Danaë. Lo aveva fatto in punta di piedi, involontariamente insistente come una goccia che logora la roccia calcarea, giorno dopo giorno, ma alla fine lei era penetrata nella maglia della sua corazza e lo aveva in pugno.

Nessuno, che lei ricordasse, l’aveva mai guardata con quegli stessi occhi. L’unica persona che lo aveva fatto era davanti a lei, e la stava guardando proprio come quella prima notte in cui voleva cibarsene. Aveva fame di lei, entrambi avevano fame, ma non osavano fare un passo verso l’altro.

“Perché non me l’hai..” Iniziò lui.

“Mai detto? - lo interruppe - non volevo. Anche se io ti piacessi, io non posso permettere di esporti”

“Ma cosa dici? Hai detto che Ahkmara è morta, è tutto risolto ora” disse Damon scuotendo la testa.

“È vero, lei non ci darà più fastidio Damon…”

“Ma? Perché c’è un ma, non negarlo” la invitò a continuare.

La ragazza, nonostante avesse da poco recuperato parzialmente le forze, si sentì nuovamente sprofondare.

“Ce ne saranno altri, altri come Ahkmara o anche peggiori. Ogni dannata volta che uso i poteri è come se attivassi un radar, un segnale pulsante che attrae ospiti indesiderati e pericolosi”

“Allora non usare i tuoi poteri” propose lui, egoisticamente.

“Pensi che io voglia tutto questo?” disse esterrefatta.

“Sì - rispose deciso, cogliendola di sorpresa - Noi due ci assomigliamo. Non fraintendermi, all’apparenza sembri un agnellino, ma infondo sei una creatura che brama la vendetta, come me”

“Questo non c’entra però. Io non voglio i miei poteri, ma anche se scelgo di non usarli, questi sono talmente forti da permettere di localizzarmi, anche se con più difficoltà e lentezza. Ed io non posso proprio restare qui” concluse la ragazza, distogliendo lo sguardo davanti a sé e accennando a rientrare in auto.

Damon la precedette richiudendo lo sportello “Non puoi andartene” disse arrabbiato, spalancando gli occhi. Ma ormai Danaë aveva imparato a leggere quello sguardo, lo sguardo di quando il vampiro aveva paura.

“Posso e lo farò Damon”

“Col cavolo che lo farai”

Danaë ci mise qualche secondo in più a capire le intenzioni di Damon e prima che potesse sfuggirli le loro labbra si unirono, da subito prepotenti ed affamate. La loro danza era primitiva e disperata e mentre cercavano di divorarsi a vicenda, non smisero di guardarsi.

C’era voluto tanto tempo per aprirsi l’uno all’altro, ma in quell’istante capirono di aver sprecato tutto quel tempo a rincorrersi, negare e soffocare ogni pensiero.

Quando ripresero aria, il cuore della ragazza faceva lo stesso chiasso assordante e pulsante di una batteria con doppio pedale. Sentiva la testa leggera, il viso accaldato e le membra aggrovigliate: voleva di più, e sapeva che quindi quello sarebbe stato il momento perfetto.

“Damon.. - alzò lo sguardo e trovò quello di lui che aveva la stessa potenza accecante del sole - Grazie… Sono così dannatamente fortunata ad averti trovato, vorrei che questo frammento di vita durasse per sempre, sai quanto..”

La ragazza aveva gli occhi lucidi, le gambe le tremavano. Poi si schiarì impercettibilmente la voce e continuò.

“Ti sei sempre definito un mostro, ma non lo sei. La vita, tante vite, ti hanno reso come sei oggi, e io amo ogni parte del <>. Non potrei mai spezzarti il cuore.. - accarezzò una guancia di Damon, fino a tracciare i contorni più esterni ed ossuti - Ed è per questo che tutto tornerà alla normalità, a come erano le cose prima di conoscermi. Ti sembrerà di sentire un vuoto all’inizio, di non ricordare cose, fatti o eventi che altri ricordano, ma è solo perché hai bevuto troppo bourbon in questi mesi” fece un sorriso amaro.

Damon era incapace di muoversi, ma capiva tutto ciò che lei gli stava ordinando di ricordare “ti prego, non farmi questo” disse, e una lacrima gli rigò il volto. Lei la baciò, la asciugò e la assaporò tra le sue labbra. Tornò sul suo volto e gli baciò gli occhi, il collo, le mani. Strinse queste ultime tra le sue, accarezzandole con lentezza, per ricordare tutto. Poi gli mise attorno al collo una collana con una pietra di malachite, il simbolo della sua famiglia, infusa con il suo potere ed un incantesimo di protezione. Dopodiché tornò di nuovo alle sue mani, sfilando via l’anello d’argento che Damon portava all’indice. Voleva assolutamente qualcosa di suo perché a lei spettava il compito di ricordare per entrambi, forse quello più arduo.

“Tra non molto, un giorno ti sveglierai accorgendoti di esser stato capace di riaprire il tuo cuore a qualcuno, nonostante tutto, ma quella persona non posso essere io. E nel profondo lo sai. Amerai ancora Damon, lo leggo nella finta freddezza del tuo sguardo cinico. Sarai felice e ti sentirai di nuovo pieno. Dedisco, Damon. Dedisco. Dimenticami, ma tieni con te il calore del mio amore” Danaë finì l’incantesimo e ormai in lacrime posò un ultimo bacio casto sulla bocca di lui.

“Torna a casa e vivi.. stavolta davvero”

Il vampiro si allontanò con fare meccanico dalla ragazza e quando si riscosse si guardò intorno per capire dove si trovasse.

 

“Stavo per prenderti in pieno - Danaë fece uno sforzo sovrumano per pronunciare quelle parole - ma vedo che stai bene. Io allora vado”

“Ma certo che sto bene. E tu chi sei?” chiese il vampiro.

“Passavo per caso. Non sono di qui” la ragazza risalì in auto e sistemò lo specchietto, come sua abitudine. Quando alzò di nuovo lo sguardo sulla strada, Damon non c’era più.

 

Dicono che ogni ragazza nasconda un’eroina dentro di sé, ma chi di noi può davvero dire di averla trovata? Tra le stanze del cuore, lì dentro, quel giorno Danaë aveva fatto l’atto più coraggioso, fiero ed altruista che un’eroina possa compiere: lasciare andare chi si ama, per la seconda volta.



Note:

https://www.youtube.com/watch?v=49MYJkEazIg&feature=youtu.be

  
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