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Autore: Little Firestar84    30/01/2020    2 recensioni
Ognuno è un genio nel proprio campo. Patrick Jane sarà pure bravo a mandare in galera i criminali, ma, tutto sommato, Stan Lisbon come muratore non se la cava niente male. Conosce un mucchio di trucchetti. E soprattutto, conosce una regola importantissima: mai prendere per oro colato quello che ti dice un agente immobiliare.
Genere: Comico, Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Patrick Jane | Coppie: Jane/Lisbon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Stan e Jimmy Lisbon non conoscevano bene Patrick Jane; tuttavia, era comunque chiaro – soprattutto dopo anni e anni di racconti da parte della sorella maggiore – che se c’era qualcosa che per il tizio era davvero difficile fare era chiedere aiuto. Per qualsiasi cosa.

Eppure, meno di 24 ore dalle fatidiche parole che lo avevano legato per sempre alla loro famiglia (Teresa non gli avrebbe mai permesso di sgarrare, dopo tutte le tribolazioni che le aveva dato negli anni), avevano la netta sensazione che aiuto fosse esattamente ciò di cui il biondino aveva bisogno. Per lo meno, questo suggeriva il suo sguardo perso in direzione della catapecchia e la sua totale incapacità di formulare un pensiero coerente nonostante la sua bocca sembrasse aprirsi.

“Siamo qui per fare qualcosa o no?”  Jimmy chiese, petulante come un bambinetto, mentre si abbracciava per riscaldarsi un po’. Era primavera, ed Austin era pur sempre in Texas, ma un temporale la sera prima aveva fatto calare drasticamente le temperature, trovando gli invitati al matrimonio impreparati.  “No, perché detesto passare per un bimbetto rompiballe quando tra un po’ mi sposo pure io. Però, ecco, secondo me ci sono cose decisamente migliori da fare a questa stramaledetta ora della domenica.  Che ore sono, a proposito? Quando ci hai buttato giù dal letto non ho neanche guardato l’orologio!”

Jane alzò gli occhi al cielo. Non era una “stramaledetta ora”, come aveva detto Jimmy. Erano quasi le nove. Anche se aveva la netta impressione che in vacanza i fratelli Lisbon (i maschi, almeno) fossero uomini di poche pretese: sesso, alcool, cibo e nanna.

“Siamo qui, miei cari signori, perché ho recentemente scoperto di avere un assoluto bisogno dei vostri servigi.”  Sorrise, di quel sorrisetto arrogante di chi sa di essere irresistibile e che, nonostante tutto, la farà sempre franca, un po’ come il tenero gattino che si è pappato in un solo boccone il canarino della nonnina, ma che viene sempre perdonato perché non sono forse adorabile? Aveva la schiena rivolta verso la catapecchia,  e guardava in faccia i neo-cognati. Era davvero divertente. Jimmy era terrorizzato che se ne uscisse con qualcuna delle sue idee strampalate, mentre invece Stan, che era quello con cui Teresa parlava di più, faceva segno di no con la testa e lo guardava quasi deluso, quasi fosse preparato a gestire le sue idee folli. Cavolo- lui e Teresa erano proprio uguali, anche nel modo in cui teneva le mani sui fianchi onde evitare di mettergliele intorno al collo e strozzarlo!

“Jane…” Stan prese un profondo respiro, si schiarì la gola e si corresse. “Patrick. Ascoltami bene. Non abbiamo la benché minima intenzione di partecipare ad uno dei tuoi folli piani. Non faremo nulla di illegale solo per farti contenti, va bene? Soprattutto lui.”  Senza guardare Jimmy, si limitò ad indicarlo, neanche fosse un appestato.

“Come potete pensare una cosa simile di me? Che io possa volervi sfruttare per qualcosa di moralmente riprovevole?” Si pose una mano sul cuore, enunciando le parole con falso stupore.

Jimmy, appena un po’ terrorizzato, non sapeva più dove guardare. Stan, invece, dimostrava ancora una volta di essere il fratello di Teresa. Aveva pure la sua stessa espressione di quando lui le raccontava idiozie e palpabili bugie, pretendendo che lei pendesse dalle sue labbra senza battere ciglio.

“Va bene, potreste avere ragione e io potrei avere la tendenza a manipolare le persone a fare quello che voglio, giusto un po’. Ma stavolta, giuro su Dio che non è nulla di illegale.” Jane fece una pausa ad effetto, e si voltò verso la catapecchia, guardando con tenerezza e orgoglio la sua nuova proprietà. Nessuno disse nulla, perché Jane credeva davvero che i cognati ci sarebbero arrivati da soli, alle loro conclusioni. Erano parenti di Teresa dopotutto, no?

“Allora?” Stan gesticolò nell’aria, scandendo la parola quasi sillabe per sillaba, neanche Jane fosse uno dei suoi pargoletti. Jane spalancò gli occhi, fissando i cognati neanche avessero avuto due teste ciascuno. Davvero erano così tonti da non capire di cosa avesse bisogno? Eppure era così lampante!

Prese un profondo respiro, leggermente seccato dal dovere sempre spiegare ai Lisbon cosa volesse fare e di cosa avesse bisogno (anche se, a sua discolpa, Teresa non lo faceva per stupidità. Tutt’altro. Era semplicemente sempre sorpresa dai livelli di bassezza e manipolazione a cui Jane sapeva scendere per far trionfare la giustizia.)e si girò a fissare la sua proprietà. Sua. Da quanto non aveva qualcosa che fosse solamente suo e non la gentile concessione di un ente governativo?

“Dimmi Stan, hai presente tutti quei bei soldini che Teresa ed io ti abbiamo prestato?” Stan deglutì, passando dal seccato allo spaventato nel giro di un millisecondo.  Ricordava ogni singola cosa che Teresa gli avesse mai raccontato di Jane. L’unica bugia che la sorella gli avesse mai raccontato sul suo consulente era sul fatto di non esserne innamorata, ma tutto il resto, ogni aneddoto, tutte le idiozie, i piani pericolosi, era tutto sacrosantamente vero.

Avrebbe dovuto ascoltare Teresa. Avrebbe dovuto sapere che accettare un prestito da Patrick Jane era la cosa più stupida che un essere umano potesse anche solo lontanamente concepire.

“Sul serio, Stan? Davvero? Hai così poca considerazione di me?” Jane si morse le labbra. Anche se era un po’ seccato col cognato, doveva ammettere che lo stava a dir poco divertendo. Leggere i Lisbon era sempre uno spasso, per lui. “Rilassatevi, ragazzi. Non vi farò prendere parte a niente di illegale. Né vi chiederò di aiutarmi con qualcuno dei miei piani. E no, Stan- puoi rilassarti. Non sono uno strozzino. Non voglio un interesse del 100% né spaccarti le ginocchia.”

“Che è esattamente quello che mi diceva il mio strozzino. Roba da non credere, eh?” Jimmy sbottò, ridacchiando ed inserendosi nella conversazione per la prima volta.  Ma lo sguardo incredulo e da maestrine deluse del fratello e del cognato lo fecero ricredere. Forse, forse, non era stato divertente e spiritoso come sperava di essere. “Come non detto. Ho capito. Chiudo il becco prima di peggiorare la situazione. Va bene. Messaggio ricevuto.”

“No, davvero, anche se riguarda i soldi. Il fatto è che mi servono. Ma, e qui viene il bello, non voglio indietro il denaro. Il fatto, Stan, è che desidero che tu mi ripaghi in natura.” Jimmy non sapeva dove guardare, Stan invece era terrorizzata e a disagio pure lui.

“Jane… Teresa lo sa che vuoi avere un’orgia con i suoi fratelli? Perché… cioè, io non sono interessato, ma io non giudico nessuno. Solo, ecco, hai mai detto a Teresa dei tuoi… gusti? Lo sa? Perché credo che, appena sposata… non lo so. Non è un po’… degradante?” Stan gli mise una mano sulla spalla, stringendola. Un po’ a disagio. Nemmeno Jane gli avesse voluto mangiare il braccio a morsi.

“Cosa? Ma siete scemi? Non voglio venire a letto con voi!” Jane si scrollò la mano del fratello di dosso, ferito nell’ego. “E con la casa che mi serve aiuto! Ho detto a Teresa che avrei fatto tutto da solo, ma c’è troppo da fare e io sono un novellino, e ho solo più sette mesi di tempo per finire i lavori!”

“Perché? Cosa succede tra sette mesi?” Jimmy chiese. Stan si passò una mano sul volto, prima di dare uno scappellotto al fratellino.  Jimmy era davvero troppo stupido e lento, per essere un giocatore di poker.  O forse, diversamente da Stan, non aveva ancora avuto la “fortuna”  di  essere stato intorno a donne incinte. Se lo sguardo radioso di Teresa significava qualcosa- e Stan era certo che lo significasse- la sua sorellina aspettava un pargoletto da Jane. E se conosceva bene Teresa – e la conosceva – avrebbe scommesso che lei non gli aveva detto nulla fino a dopo la cerimonio, neanche fosse stato un regalo di nozze.  Non che lui avrebbe aperto bocca. Erano fatti di Teresa.

Fissò la casupola, e ridacchiò tutto contento. Le cose andavano meglio di quanto sperato. Non avrebbe dovuto ridare un centesimo a Jane. A dirla tutta, era quasi del tutto certo che mettere a posto quella… cosa… sarebbe costato a Jane almeno il doppio, se non il triplo, di quello che gli doveva.

“Ok, ci sto, ma a due condizioni. Tu non ti avvicini al cantiere perché ho la netta sensazione che tu sia un disastro ambulante con degli attrezzi da carpentiere, e non voglio casini con certificati di rischio e assicurazione perché in cantiere c’è un tizio incapace che non fa parte della mia ciurma. Senza offesa, eh.”

Jane mugolò. Gli dispiaceva, ma non aveva scelta, non con un bambino in arrivo e la casa da finire. “E la seconda?” Non presagiva nulla di buono. Stan era davvero troppo come Teresa.

… e difatti si prese una bottarella in testa. “E questo per cos’è?”

Stan ridacchiò. “Mi dovrai pagare, Patty. E pure parecchio. Quello che ti devo non copre minimamente quello che c’è da fare con quella catapecchia!”

“Dici? Ma l’agente immobiliare mi aveva detto che…”

Stan, tutto contento e pomposo arrogante, indicò la struttura davanti a loro. “Vedi come pende sulla sinistra? Vuole dire che ci sono problemi di stabilità… suolo, fondamenta, entrambi. Quindi, dovremo buttare tutto giù e iniziare da zero. E dato che dovrò ingrassare un po’ di ingranaggi per velocizzare il tutto e finire i lavori per la nascita del tuo pargoletto, penso proprio che mi dovrei pagare un piccolo extra….”

“Ma l’agente immobiliare aveva detto che era solo…. Storta. Che era tutta una cosa ottica.”

Stan diede delle pacchette sulle spalle di Jane. Un po’ gli faceva pena, ma giusto un po’. Quasi per nulla, a dirla tutta. Non è che gli mancassero i soldi per una costruzione in tempi record, eh.

“Sai, Jane, non riesco a credere che tu sia così ingenuo. Regola numero uno del mercato immobiliare: mai ascoltare gli agenti immobiliari. Mentono sempre. Ti ho mai raccontato della volta che ho dovuto ricostruire una casa quasi da zero perché il tizio che l’aveva comprato aveva ascoltato il consiglio del suo agente, e buttato giù un muro per farsi un mega-salotto? Peccato che nessuno dei due sapesse che quello era un muro portante!”

   
 
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