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Autore: Andrea Micky    02/02/2020    1 recensioni
[Zagor]
Ispiratomi ad uno dei miei film preferiti degli Anni '80, ho realizzato una storia con protagonista lo Spirito con la Scure.
ZAGOR and relative characters are copyright of BONELLI
Genere: Avventura, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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I Predatori della Notte
by Andrea Micky

Come spesso avveniva, Zagor e Cico dovettero lasciare la loro casa nella palude di Darkwood.
Il motivo della sortita era una delle solite commissioni per i comandati di un forte, situato nei pressi di Alphawolf City, una città di medie dimensioni, che si stava rapidamente espandendo.
Come sempre, Zagor aveva accettato di buon grado l’incarico, ignaro del fatto che lui e Cico avrebbero affrontato una delle loro avventure più spaventose. 

La grande gara di Cico
Dato che la commissione da svolgere richiedeva una certa dose di burocrazia, Cico dovette recarsi in città per consegnare dei documenti presso il municipio, fissando un appuntamento alle 5 del pomeriggio, mentre Zagor rimase presso l’avamposto militare, ad occuparsi della parte fisica del lavoro.
E visto che la faccenda sarebbe durata alcuni giorni, Cico pernottò in una locanda della città, grazie ad alcuni dollari dategli dal suo amico con la scure.
Ed anche in quell’occasione, il piccolo messicano ne combinò una delle sue.

Si avvicinava il mezzogiorno e Cico, dopo essersi informato sul prezzo del vitto, stava calcolando come ripartire i dollari rimastegli.
“Zagor é stato previdente a lasciarmi qualche soldo per l’alloggio, ma poteva concedermene un po’ di più per il vitto” pensò il piccolo messicano, dopo aver terminato il suo preventivo.
Ma la fortuna sembrò sorridere a Cico, in quanto una discussione piuttosto interessante giunse alle sue orecchie.

Il tavolo a cui era seduto Cico si trovava vicino ad una finestra, davanti a cui si fermò un carro carico di prodotti ortofrutticoli, il cui conducente (un uomo di mezza età con diversi capelli grigi) venne accolto dal direttore della locanda in persona.
“Salve, Nathan. Tutto bene?” domandò allegramente il direttore.
“Tutto bene. Qui ci sono i prodotti della mia fattoria che avete richiesto” rispose senza troppe cerimonie il conducente del carro.
“Suvvia, Nathan. Non sarai ancora arrabbiato per via della gara mangereccia” disse il direttore.
“Invece sì. La gola é uno dei 7 peccati mortali” rispose Nathan, facendosi ancora più arcigno.
“La gara é solo un piccolo svago, a cui però dovremo probabilmente rinunciare, visto che nessuno ha avuto il coraggio di sfidare Tito” disse il direttore, alzando le spalle.
A Cico parve di saperne abbastanza e decise di farsi avanti.

Con il fare più signorile di cui era capace, Cico chiamò il direttore, dicendogli “Mi scusi, buon uomo”.
“Sì? Che posso fare per lei?” domandò il direttore.
“Vorrei avere qualche delucidazione sulla gara mangereccia di cui state parlando” disse il piccolo messicano, proseguendo col suo atteggiamento da nobiluomo.
“Beh, c’é poco da dire: si tratta di un pranzo da 3 portate, che uno sfidante deve finire di mangiare prima dell’attuale campione in carica” spiegò il direttore.
“E quale sarebbe il menù del pasto?” volle sapere Cico.
“Sformato di verdure, arrosto con patate e torta di mele. Il tutto annaffiato da una bottiglia di vino” rispose il direttore.
“Ooooh! Tutta roba genuina, immagino” disse il piccolo messicano, leccandosi deliziato i baffi.
“Immaginate bene. L’iscrizione costa un dollaro e chi perde paga di tasca sua il pasto completo” aggiunse il direttore.
“Per me va bene” accettò Cico, estraendo dalla tasca dei pantaloni una monetina da un dollaro.
Il direttore annuì e ordinò “Avvisate Tito il Grosso che c’é uno sfidante per lui”.
“Puah! Crapulante” sbottò Nathan, guardando con disgusto il piccolo messicano.

La notizia delle sfida mangereccia si diffuse presto e a mezzogiorno in punto, Cico si trovava seduto al miglior tavolo del  locale, in attesa del suo avversario, mentre diverse persone interessate alla gara occupavano tutti i posti disponibili.
“Eh, eh! In cambio di un misero dollaro mi farò una mangiata da nababbo” pensò soddisfatto il piccolo messicano, sfregandosi le mani.
“Ecco che arriva Tito” avvertì uno dei presenti.
E di fronte al proprio avversario, Cico perse tutto il buon umore, in quanto Tito il Grosso era il doppio di lui, sia in altezza che in larghezza.
“Caramba y carambita! Che razza di bestione” pensò impressionato il piccolo messicano.
“Allora, dov’é il moscerino che vuole sfidarmi?” domandò Tito.
Tutti i presenti indicarono Cico, che deglutì rumorosamente.
“Considerati carne da macello, che il cuoco userà per lo spezzatino di stasera” minacciò Tito, mostrando i denti.
“Stasera ci sarà lo spezzatino? Buono a sapersi” sdrammatizzò Cico, sudando vistosamente.
“Ah, ah, ah!” rise divertito il pubblico.

Una volta che Tito il Grosso prese posto ad un tavolo fiancheggiante quello di Cico, un cameriere servi entrambi, mentre il direttore della locanda diede il via alla competizione.
Cico e Tito cominciarono a mangiare nello steso momento e grazie al suo appetito, il piccolo messicano riuscì presto a distanziare notevolmente il suo sfidante.
“Accidenti. Il nuovo arrivato si difende bene” notò uno dei presenti. 
“Già, ma non reggerà a lungo contro Tito” replicò il suo vicino.
Infatti, proprio in quel momento, dopo aver bevuto un sorso di vino, Cico cominciò a far ciondolare la testa, per poi crollare addormentato con la faccia nel piatto contenente l’arrosto.
“Ho fatto proprio bene a far “correggere” la bottiglia del mio avversario” pensò Tito il Grosso, trattenendo un sorrisetto soddisfatto.
Ma Tito non aveva fatto i conti con il formidabile appetito di Cico, che era ben lungi dall’essere sconfitto.

Il direttore stava per dichiarare “Il vincitore della gara di quest’anno é ancora una volta...”.
“Hey, guardate!” esclamò incredulo uno dei presenti, indicando Cico.
Tutti posarono lo sguardo verso il piccolo messicano, che, in stato di sonnambulismo, aveva ripreso a mangiare.
“Mai vista una cosa simile” pensò la maggior parte dei presenti.
Anche Tito il Grosso si stupì di quella scena, tanto più che il boccone che stava masticando gli andò di traverso, causandogli una violenta tosse; e nel tempo che il mangione impiegò a farsela passare, Cico finì il suo pasto, aggiudicandosi la vittoria.
“Il vincitore é il signor Cico” dichiarò il direttore.
“Accidenti!” brontolò Tito, battendo i pugni sul tavolo, che quasi si sfasciò.
Ma lo sbalordimento generale crebbe ulteriormente quando Cico, ancora in stato di sonnambulismo, si avvicinò al tavolo del suo rivale, per poi prendersi i suoi avanzi (mezzo arrosto con l’ intera torta di mele) e mangiare anche quelli.

“Ma questo é un pozzo senza fondo, non un uomo” sbraitò Tito, sollevando la sua sedia con l’intento di usarla come arma.
“No! Non bisogna mai svegliare un sonnambulo, perché lo shock potrebbe essere fatale” disse il medico della città, che si trovava fortuitamente fra il pubblico.
Capendo che non c’era niente da fare, Tito pagò il conto del suo pranzo e se ne andò umiliato, mentre il finalmente sazio Cico si spaparanzò comodamente sulla sedia, per continuare il suo pisolino fuori programma.

Ricordando le raccomandazioni del dottore sui sonnambuli, nessuno osò svegliare Cico, che dormì profondamente fino a pomeriggio inoltrato.
“Yawn! Che bella dormita mi sono fatto” disse il piccolo messicano, mentre si stiracchiava.
Ma mentre compiva tale operazione, lo sguardo di Cico cadde sul quadrante di un grosso orologio a muro, che segnava pochi minuti alle cinque.
“Caramba y carambita! Sono in ritardissimo per l’appuntamento in municipio” esclamò il piccolo messicano, scattando come una molla.
E dopo essere corso in camera sua per prendere i documenti da consegnare, Cico si diresse a tutta velocità verso il municipio.

Sfrecciando come una locomotiva impazzita, Cico uscì di corsa dalla locanda, travolgendo una giovane coppia che stava per entrare.
Ma quel gesto sgarbato venne punito come meritava, in quanto la donna sbatté contro una scala, sopra cui un uomo stava riverniciando l’insegna della locanda, finendo col far cadere il secchio di vernice proprio sul piccolo messicano, che si ritrovò con la testa intrappolata.
Non vedendo dove andava, Cico inciampò e cadde in un abbeveratoio, riuscendo però a non far bagnare i documenti, tenendo la busta che li conteneva fuori dall’acqua.
Ma quando riemerse dall’abbeveratoio, il piccolo messicano non riuscì a liberarsi la testa e sapendo di non poter tardare all’appuntamento in municipio, Cico si fece tutta la strada alla cieca, sbattendo contro qualsiasi cosa si trovasse sul suo cammino.

Nonostante quell’imprevisto, Cico giunse a destinazione in poco tempo e una volta riuscito a liberarsi la testa, il piccolo messicano trovò l’ufficio che cercava e si mise a bussare freneticamente sulla porta, facendo un gran baccano.
“Presto, aprite! La mia vita sarà in pericolo mortale, se non consegno questi documenti in tempo” sbraitò Cico, battendo violentemente i pugni sulla porta.
“Che diavolo succede?” domandò il responsabile dell’ufficio, un uomo pelato con baffi ed occhiali, aprendo la porta.
“Lei é Mister Clendennon? Io mi chiamo Cico e sono qui per le pratiche di Fort Willer” spiegò ansimando il piccolo messicano, mostrando la busta con i documenti da consegnare.
“Ah si! Ma siete in anticipo di parecchio, signore” replicò il funzionario comunale.
“Cosa? Ma l’orologio della locanda segnava quasi le cinque” disse confuso Cico.
“Quell’orologio non segna l’ora giusta da almeno vent’anni. E ora, se vuole scusarmi, sto già parlando con qualcuno” replicò infastidito Mister Clendennon, chiudendo violentemente la porta del suo ufficio.
A quel punto, Cico non poté fare altro che crollare stremato a terra, lanciando sottovoce la sua tipica sequenza di imprecazioni.

Nel frattempo, all’interno dell’ufficio, Mister Clendennon riprese il discorso interrotto con il suo visitatore: un giovane ragazzo dalla carnagione scura di nome Caleb Bryant, recatosi lì per ordine del suo capo.
“In questa busta, ci sono i documenti da lei richiesti” disse Caleb, porgendo una busta marrone di piccole dimensioni.
Senza proferire parola, Mister Clendennon aprì la busta, trovandovi dentro alcune banconote di grosso taglio.
“Tutto a posto. Dite pure al vostro principale che le sue magagne saranno presto risolte” assicurò l’impiegato comunale.

Agguato mortale nel buio
Scesa la sera, una volta terminato il proprio lavoro, Mister Clendennon se ne tornò soddisfatto a casa.
“Quelle di oggi è stata la giornata più fruttuosa della settimana. Peccato che ora mi siano rimaste solo le pratiche dei pezzenti da sistemare” pensò l’impiegato comunale, imboccando una strada piuttosto buia.
“Hisssr!” sibilò minacciosamente una voce.
Sorpreso, Mister Clendennon si guardò intorno, senza però vedere nessuno intorno a sé.
“Deve essere stato un qualche animale a fare quello strano verso” pensò l’uomo, accelerando il passo.
Ma all’improvviso, qualcosa ferì la caviglia di Mister Clendennon, facendolo cadere a terra; e subito dopo, l’uomo lanciò un grido di dolore, perché numerosi artigli affilati gli stavano lacerando le carni.

Dopo aver consumato una “magra” cena, Cico salì nella camera da lui prenotata.
“Beh, anche contando la faccenda dell’orario sbagliato, posso considerare la giornata di oggi chiusa in attivo” pensò il messicano, mentre si sdraiava sul letto.
Ma proprio quando Cico stava per scivolare nel sonno, nell’aria risuonò un urlo di terrore e il piccolo messicano, realizzando che il grido veniva da fuori, si affacciò alla finestra, urlando “Cos’è questa confusione? Qui c’è gente che vuole dormire, caramba y carambita!”.
“Hanno trovato un cadavere proprio in questa strada” spiegò una donna, andando di corsa.
“Cooosa?” domandò Cico, sorpreso da quell’inusuale risposta.
 
Pur sapendo che quella faccenda non lo riguardava, Cico si aggregò alla piccola folla riunitasi sul luogo del ritrovamento.
Dopo un rapido esame, lo sceriffo annunciò “Il cadavere ritrovato appartiene a Frank Clendennon, impiegato del municipio”.
“Mister Clendennon? Ma é l’uomo con cui ho parlato oggi” ricordò il piccolo messicano.
“Quando é così, venga con me per una deposizione. Insieme a tutti quelli che hanno visto la vittima viva nelle ultime ore” stabilì lo sceriffo.
Senza obbiettare, Cico e altri 3 uomini si avvicinarono all’uomo della legge, se non che, uno di loro notò “Un momento. Manca Nathan Thorn all’appello”.
“Chi?” domandò Cico.
“Il proprietario di una fattoria qui vicino -spiegò lo sceriffo- Qualcuno lo faccia venire da me e intanto, portate via il corpo”.
“Di quest’incombenza vorrei occuparmene io” si offrì un uomo vestito di nero, facendosi avanti.
“Come volete, Padre Finnegan” acconsentì lo sceriffo.
E mentre la salma veniva avvolta in un telo preso a prestito, lo sceriffo condusse Cico e gli altri nel suo ufficio; ma mentre il gruppo s’incamminava, il piccolo messicano notò un uomo in disparte, che osservava la scena in silenzio.
“Chi é quel tipo? -non poté fare a meno di chiedere Cico- A prima vista sembra un indiano, anche se i suoi abiti sono uguali ai nostri”.
“Si chiama Scure Veloce ed é un irochese che fa la spola fra la città ed il suo villaggio. Quando passa di qui, si veste come noi, per dimostrarsi d’accordo all’integrazione del suo popolo con il nostro” spiegò uno dei compagni d’interrogatorio.
“Capisco” rispose il piccolo messicano, senza smettere di osservare il peculiare indiano.
Ma costui non si accorse di nulla, in quanto l’attenzione di Scure Veloce era completamente rivolta al cadavere del povero Mister Clendennon, ormai affidato alle cure di Padre Finnegan.

Poco dopo, Cico e gli altri si trovavano nell’ufficio dello sceriffo, che pose a ciascuno di loro una serie di domande.
“Quindi, ciascuno di voi si é limitato a consegnare delle pratiche a Mister Clendennon” ricapitolò lo sceriffo Shallman a fine interrogatorio.
“Esatto” confermarono gli interrogati.
“E nessuno di voi ha un’idea sul perché Mister Clendennon sia stato assassinato?” domandò trucemente lo sceriffo.
“Io sì” rispose una voce indignata.
Sorpreso, Cico vide che quelle parole erano state pronunciate da un uomo entrato proprio in quel momento nell’ufficio dello sceriffo, ossia il contadino che aveva effettuato la consegna di prodotti ortofrutticoli alla locanda in cui il piccolo messicano alloggiava.
“Mister Clendennon era diventato un venduto” dichiarò Nathan.
“Uh, cosa intendete dire?” domandò lo sceriffo.
“Mister Thorn intende dire che la vittima intascava soldi per sveltire o ritardare le sue pratiche” spiegò uno dei presenti.
“Sì, era una voce che circolava già da un po’ in città” aggiunse un secondo interlocutore.
“Non si possono lanciare accuse senza prove -replicò lo sceriffo- E a meno che qualcuno non possa dimostrare la veridicità di queste voci, continuerò a considerarle tali”.
“Le prove deve averle trovate qualcuno, se ha fatto quello che ha fatto” rifletté uno degli interrogati.
L’interrogatorio si protrasse per un’ulteriore mezz’ora, al termine della quale, non essendo emerso nulla di nuovo, ognuno se ne tornò a casa propria.
“Spero che Zagor arrivi presto, perché l’idea di restare da solo in una città dove circola un assassino non mi aggrada per niente” pensò Cico, mentre tornava alla locanda.

Il giorno dopo, una tetra atmosfera era calata su Alphawolf City, i cui cittadini svolsero le proprie attività in un clima di tensione e sospetto.
Dal canto suo, Cico rimase chiuso nella sua camera tutto il giorno e ne uscì solo all’ora dei pasti.

Seduto in disparte, Cico stava consumando la sua cena, quando una donna piuttosto bella gli si avvicinò.
“Salve, straniero. Non sei di queste parti, vero?” domandò con fare civettuolo la donna.
“Ehm, no” rispose Cico, allontanandosi leggermente da lei.
“Io mi chiamo Trina la Bella e sono solita offrire un piccolo svago alla gente” spiegò la donna, ammiccando durante il discorso.
“Che genere di svago?” volle sapere il piccolo messicano, sempre più diffidente.
“Deliziosi piaceri a base di carne fresca, palpitante e profumata” rispose Trina, accarezzando maliziosamente la gamba di Cico.
Quest’ultimo, capendo finalmente l’antifona, deglutì imbarazzato e replicò “Mi spiace, ma per provare i piaceri della carne, mi basta una bistecca ben cotta”.
“Come vuoi” sbottò la donna, alzandosi sdegnata da tavola.

Frustrata per quell’affare andato male, Trina la Bella se ne tornò nella sua camera, completamente immersa nel buio.
“Maledizione. Devo trovare al più presto un pollo da spennare, o resterò a secco coi quattrini” pensò la donna, mentre cercava a tentoni qualcosa per farsi luce.
“Hisssrrr!” sibilò una voce all’interno della camera.
“Aaaah! C’é un serpente nella mia camera” strillò la donna, mentre correva terrorizzata verso la porta.
Ma fatti pochi passi, Trina inciampò in qualcosa, che la fece cadere a terra e subito dopo, una mano munita di artigli la graffiò sulla gola, zittendola brutalmente.

Nel frattempo, anche Cico era tornato in camera sua ed anche se la stanza era piuttosto buia, il nostro amico si accorse che il vetro della finestra era rotto.
“Ci mancava anche questa. Spero di non dover pagare il danno di tasca mia” brontolò il piccolo messicano, mentre accendeva una lampada per esaminare meglio la finestra rotta, realizzando così che il vetro pareva tagliato, piuttosto che rotto.
“Hissrr!” sibilò una voce minacciosa.
Sorpreso, Cico si fece luce con la lampada, vedendo di sfuggita un qualche animale nascondersi sotto il suo letto.
“Topi. Sono capitato in una locanda infestata” pensò disgustato il messicano, mentre alle sue spalle comparivano una decina di occhi rossi.
“Hisssrrr! Hisssrrr!” sibilarono delle voci alle spalle di Cico.
Quest’ultimo, sempre tenendo la lampada in mano, si voltò…
E subito dopo, urlando terrorizzato, Cico estrasse la pistola e si mise a sparare come un forsennato.

Gli spari di Cico svegliarono l’intera locanda, i cui clienti corsero subito alla stanza del piccolo messicano.
“Ma che sta succedendo la dentro?” domandò uno dei presenti.
“Aaah! C’é del sangue per terra” notò una donna, indicando delle impronte rosse sul pavimento.
“Ma queste vengono dalla camera in fondo al corridoio” disse un secondo uomo, indicando una pozza di sangue fuoriuscita dalla camera occupata da Trina la Bella.

Nonostante il terrore che provava, Cico non poté distogliere lo sguardo da ciò che vedeva.
Sopra la grossa cassettiera nella stanza, c’erano 6 piccole creature umanoidi di colore nerastro, con gli occhi rossi e le dita di mani e piedi simili agli artigli di un puma.
“Hisssrr!” sibilò una di loro, rivelando una bocca piena di denti aguzzi.
Terrorizzato, il piccolo messicano svuotò il suo caricatore contro di loro, ma i piccoli esseri (alti circa una trentina di centimetri) si dispersero rapidamente, mimetizzandosi perfettamente nel buio della stanza.
Guardandosi nervosamente intorno, Cico vide un paio di occhi rossi sotto il letto e sparò verso di loro.
Ma l’arma suonò a vuoto, facendo capire al piccolo messicano di aver esaurito le munizioni.
E notando che fuori dalla sua finestra c’era un carro di fieno, Cico prese una decisione drastica.

“Aaaah!” urlò Cico, mentre l’aria gli sferzava la faccia.
Fortunatamente, passato lo spavento iniziale, il piccolo messicano atterrò incolume nel fieno stipato nel carro sotto la sua finestra.
“Caramba y carambita! Che razza di atterraggio” pensò Cico, rialzandosi faticosamente.
“Hisssrrr!” sibilò una voce in alto.
Sorpreso, Cico alzò lo sguardo verso la sua camera, da cui una delle creature faceva cenno ai suoi compagni di attaccare.
Annaspando freneticamente, il piccolo messicano cercò di fuggire, ma finì con l’inciampare, dando così ai mostriciattoli il tempo di buttarsi di sotto e circondare il carro su cui si trovava.
“Mamma!” pensò il messicano, mentre i suoi strani inseguitori si facevano sempre più vicini.

Improvvisamente, un oggetto simile ad un’ascia saettò nell’aria, finendo col decapitare uno dei mostriciattoli, che esplose in una piccola fiammata violacea.
Sia Cico che le creature rimasero sorprese da quella svolta imprevista e ciò permise al proprietario dell’arma di lanciarsi all’attacco con un lungo coltello.
Un altro paio di creature esplosero, prima che il baccano dello scontro svegliasse il resto della città, costringendo così i mostriciattoli superstiti ad una frettolosa ritirata.
“Grazie, Zagor. Mi hai salvato la vita ancora una volta” sospirò sollevato Cico, mentre il suo salvatore recuperava l’ascia.
Ma con sua somma sorpresa, il piccolo messicano si accorse che il suo salvatore non era Zagor, bensì Scure Veloce, l’indiano visto di sfuggita la sera prima.

“Tutto bene, viso pallido?” domandò l’indiano.
“Sì, ma quelle creature...” volle sapere Cico.
“Te lo spiegherò dopo. Per adesso, non farne parola con nessuno” disse Scure Veloce, prima di dileguarsi.
In quel momento, sopraggiunse lo sceriffo Shallman, che domandò “Ma che sta succedendo qui? I vostri bagordi hanno svegliato l’intera città”.
“Sceriffo! Sceriffo! C’é un cadavere nella mia locanda: si tratta di Trina la Bella” rispose il direttore, uscendo di corsa dall’edifico da lui gestito.
“Voi ne sapete niente, signore?” domandò lo sceriffo a Cico, scoccandogli un’occhiata truce.
Temendo di essere incriminato, Cico raccontò della sua terrificante esperienza, col risultato di finire rinchiuso in cella, con le accuse di disturbo alla quiete pubblica ed ubriachezza molesta.
“Non si tratta così un onesto gentiluomo, caramba y carambita!” protestò il piccolo messicano. 

“Ti avevo detto di non parlare con nessuno di quei piccoli esseri” ricordò Scure Veloce, affacciandosi alla finestra della cella.
“Oh, sei tu. Ma perché non dovevo dire nulla di quei pericolosi mostriciattoli?” volle sapere Cico.
“Perché ti avrebbero preso per pazzo e non avresti potuto aiutarmi a fermarli” spiegò con fare serio l’indiano.
“Se hai in mente qualcosa di folle, aspettiamo il mio amico Zagor. Lui é esperto in atti eroici e mostri vari” disse Cico, rassegnato all’ennesima avventura fuori programma.
“Farò così. Tu, intanto, resta in cella, dove sarai al sicuro” rispose l’indiano, prima di congedarsi.
“Anche se volessi, non potrei certo andarmene” sbottò Cico, mentre si coricava sulla panca della cella.
Ma il piccolo messicano passò una notte insonne, in quanto il pensiero dei mostriciattoli visti poco prima lo tenne sveglio tutto il tempo, che il nostro pancione passò invocando l’arrivo del suo amico (e spesso protettore) Zagor.

Le preghiere di Cico furono ascoltate e il giorno dopo, Zagor percorreva la main street di Alphawolf City.
La prima cosa in cui lo Spirito con la Scure s’imbatté fu un carro diretto al cimitero, con sopra una bara, davanti a cui un prete stava recitando un piccolo sermone.
“Che strano funerale” commentò Zagor.
“Trina la Bella era una prostituta e perciò, nessuno ha ritenuto necessario porgerle l’ultimo saluto” spiegò una voce alle sue spalle.
Sorpreso, Zagor si voltò, trovandosi faccia a faccia con un indiano vestito con abiti tipici dei bianchi.
“Tu sei Zagor, vero?” domandò l’indiano.
“Si, sono io” confermò lo Spirito con la Scure.
“Il mio nome é Scure Veloce e sono qui per conto del tuo amico Cico” spiegò l’irochese.
“Cos’ha combinato stavolta quel pancione?” domandò rassegnato Zagor.
“É rimasto coinvolto in un grosso guaio che riguarda la città e mi ha detto che tu saresti utile per risolverlo” spiegò Scure Veloce.
“Portami da lui, allora” disse con tono risoluto lo Spirito con la Scure.

Grazie ai suoi legami coi militari, Zagor fece scarcerare Cico in pochi minuti, per poi ricongiungersi con Scure Veloce.
“Adesso che ci siamo tutti, potete spiegarmi che sta succedendo in questa città?” domandò lo Spirito con la Scure.
“Certo. Ma sarà meglio farlo in privato, se non vogliamo essere presi per pazzi” rispose Cico.
“Conosco il posto giusto per parlare senza essere uditi da orecchie indiscrete” disse Scure Veloce.
Dipendendo completamente dalle conoscenze dell’indiano, i 2 amici accettarono la sua proposta e lo seguirono.

La verità dietro la leggenda
Una volta terminato il funerale di Trina, Padre Finnegan usò il raro tempo libero a sua disposizione per ripulire la canonica della sua chiesa.
Seduto all’unico tavolo che possedeva, Padre Finnegan stava lucidando uno dei suoi pochi suppellettili, una croce di legno con una piccola gemma rossa al centro, quando dalla finestra vide arrivare Scure Veloce, in compagnia di Zagor e Cico.
“Salve, padre. Io e i miei amici potremmo usufruire del vostro alloggio per qualche minuto?” domandò gentilmente l’indiano.
“Ma certo. E restateci pure finché volete” disse il prelato, mentre si alzava da tavola.
“Grazie, padre. Dobbiamo discutere di una questione importante e abbiamo bisogno di riservatezza” spiegò Scure Veloce.
“Non devi giustificarti. So che non progetteresti mai qualcosa di disonesto” disse Padre Finnegan, mentre si spostava dentro la chiesa, assieme ai suoi pochi oggetti da pulire.
“Quel prete ti ha molto in simpatia” notò Zagor.
“Padre Finnegan é stato il primo uomo bianco a tendere la mano verso di noi. E anche se per la sua religione siamo dei pagani, ci ha sempre trattati con il rispetto dovuto ad un essere umano” spiegò Scure Veloce.

Dopo aver fatto accomodare Zagor al tavolo, Scure Veloce e Cico lo misero al corrente dei sanguinosi omicidi che avevano scosso Alphawolf City.
“Mi state dicendo che gli assassini a cui lo sceriffo da la caccia sarebbero dei piccoli mostri carnivori?” domandò Zagor a fine racconto.
“Proprio così. Io e Scure Veloce li abbiamo visti bene. E ci abbiamo anche combattuto” confermò Cico.
“Se le cose stanno così, posso sapere da dove vengono quegli esseri?” domandò lo Spirito con la Scure.
“Certo. Conosci la leggenda di Atotharo?” domandò Scure Veloce.
“Atochi?” chiese perplesso Cico.
Da esperto conoscitore della cultura indiana quale era, Zagor rispose “Certo: Atotharo era un cacciatore giovane e gentile, che, dopo essersi nutrito con le carni di un uccello dalle piume splendenti, nel cui corpo scorreva un potentissimo veleno, si trasformò in un perfido gigante dalla chioma serpentina, capace di fare del male anche con la sola forza della mente. Ma alla fine, perì per mano dell’eroe Hiawata”.
“Questa é solo una parte della leggenda -disse Scure Veloce- Quel che successe dopo é stato quasi dimenticato”.
“Raccontaci tutto” disse Zagor.
Facendosi serio, Scure Veloce raccontò “Le carni dell’uccello velenoso non infettarono solo Atotharo, ma anche una razza di piccoli roditori sotterranei. Costoro si trasformarono in degli esseri feroci dal colore scuro, che li rese praticamente invisibili nelle tenebre. Così, sfruttando la loro già acuta vista al buio, quegli esseri presero l’abitudine di uscire dalle loro tane solo dopo il tramonto, per cacciare in branco, straziando orribilmente le loro prede. E per via di queste loro caratteristiche, sono chiamati i Predatori della Notte”.
“E come si possono fermare quegli esseri infernali?” domandò Cico.
“Questo non lo so, purtroppo -rispose l’indiano- Ma se lo chiedessimo a Montagna Sapiente, lo sciamano della mia tribù, lui potrebbe aiutarci”.
“Bene! Andiamo da lui, allora” incitò Zagor, alzandosi in piedi.
”Al momento non é possibile. In questo periodo dell’anno, Montagna Sapiente si allontana dal nostro accampamento, per eseguire un rito propiziatorio, che terminerà domani” spiegò Scure Veloce.
“Vorrà dire che per stasera ci arrangeremo da soli. Sia che quelli esseri attacchino di nuovo il mio amico, che qualche innocente” stabilì Zagor, battendosi la mano nel pugno.
“Mamma mia” pensò Cico, che s’immaginava disteso sopra un enorme piatto, intorno a cui numerosi mostriciattoli, tutti muniti di coltello e forchetta, si apprestavano a banchettare.

Una volta terminata la loro piccola riunione, i 3 uomini passarono davanti all’ufficio dello sceriffo, intento a parlare con un ragazzo dall’aspetto familiare.
“Hey, ma quel tipo l’ho visto ieri in municipio” ricordò Cico.
“Si chiama Caleb Bryant e lavora per George Finch, un ricco proprietario terriero. É molto giovane, ma é già uno dei suoi uomini di fiducia…soprattutto quando si tratta di picchiare” spiegò Scure Veloce, pronunciando sottovoce l’ultima parte del discorso.
“Capisco” si limitò a rispondere Zagor.
“Ringrazia pure Mister Finch, ma digli che mi ci vorrà un po’ di tempo per valutare la sua offerta” disse lo sceriffo.
“Lo farò” promise Caleb, prima di correre via, con una smorfia contrariata sul viso.
Scuotendo la testa, lo sceriffo fece per rientrare nel suo ufficio, quando notò gli sguardi perplessi del trio.
“Che succede, sceriffo? Problemi?” domandò Scure Veloce.
“No: semplicemente, Mister Finch voleva aiutarmi arruolando qualche pistolero con cui organizzare delle piccole ronde di vigilanza notturna” spiegò l’uomo di legge.
“Una buona idea” commentò Cico.
“Più che altro un investimento, visto che io o il sindaco avremmo dovuto rimborsarlo” precisò lo sceriffo.
“Se permettete, io e i miei amici vi aiuteremo gratis” si offrì Zagor, sorridendo gentilmente.
“Visto che conoscete i responsabili di Fort Willer, accetto il vostro aiuto. Ma non combinate qualche mascalzonata abusando della mia fiducia” si raccomandò lo sceriffo.
“Svolgeremo le nostre indagini in modo conforme alla legge” promise lo Spirito con la Scure.
Dovendo collaborare con lo sceriffo, Zagor e i suoi compagni presero dimora nel suo ufficio, con la sola eccezione di Cico…che si fece rinchiudere nuovamente in cella, visto che era il solo modo per farlo sentire al sicuro.

Il sole era ormai calato e Zagor era in attesa dei suoi futuri nemici, mentre Scure Veloce si era concesso un breve riposo, in vista delle fatiche notturne.
“Hey, anche se sono un carcerato, ritengo di meritare qualcosa di più” brontolò Cico, quando gli venne servito il misero desinare. 
“Mi scusi, maestà. Ma il vitto per i carcerati é questo” replicò lo sceriffo, prima di andare a farsi un goccetto al saloon.
“Porta pazienza, pancione mio. Una volta finita questa storia, ci concederemo un buon pranzetto” promise Zagor.
“Spero, nel frattempo, di non diventare IO il pranzo di quei piccoli mostri” si augurò Cico, ripensando ai fatti della notte precedente.

Improvvisamente, Scure Veloce cominciò a agitarsi nel sonno, per poi riaprire gli occhi ansimando.
“Che succede?” gli domandò preoccupato Zagor.
“Una visione. Montagna Sapiente si é messo in contatto con me attraverso i sogni” spiegò l’indiano.
“Ho vissuto anch’io quell’esperienza in passato (1). E cosa ti ha detto il tuo sciamano?” volle sapere lo Spirito con la Scure.
“Mi ha indicato dove i Predatori della Notte colpiranno fra poco” rispose Scure Veloce.
“Muoviamoci, allora” incitò Zagor.
“Vengo anch’io” disse Cico.
“Tu rimani lì, visto che i Predatori della Notte vorranno sicuramente completare la caccia di ieri” lo informò Scure Veloce.
“Come dici tu” rispose il piccolo messicano, rabbrividendo.

Ritornato a casa dopo una giornata di duro lavoro, Roy Stevenson si era sdraiato sul suo letto con l’intenzione di riposare, quando qualcuno bussò leggermente alla porta.
Con il cuore in gola, l’uomo andò ad aprire, trovandosi davanti la sua amata Margareth.
“Ce l’hai fatta a venire” disse felice Roy.
“Sì, ma mi sento in colpa -disse la donna- Penso ai miei figli. E penso anche a mio marito, che pur essendo opprimente...”.
“Sssth. Pensiamo solo a noi, ora” la zittì Roy, baciandola dolcemente sulle labbra.
Nel giro di pochi secondi, i 2 amanti clandestini erano sdraiati sul letto ad amoreggiare, ed erano talmente presi dalla passione da non accorgersi di alcune piccole sagome che li spiavano dalla finestra.

Seguendo Scure Veloce, Zagor si ritrovò in una stradina dall’aspetto tranquillo.
“É questo il posto?” domandò lo Spirito con la Scure.
“Sì. Perciò, teniamo gli occhi aperti” rispose l’irochese.
In quella, da una finestra poco distante, il cui vetro pareva tagliato con qualcosa di affilato, giunsero delle grida di dolore.
“Ci siamo” disse Zagor, impugnando la sua scure, con cui abbatté il telaio della finestra.

Una decina di creature stava attaccando un uomo ed una donna, distesi seminudi in un letto, quando Zagor e Scure Veloce intervennero in favore della sfortunata coppia.
“Aahyyaaakkk!” gridò lo Spirito con la Scure, mentre si lanciava all’attacco.
Colti di sorpresa, i Predatori reagirono, ma il primo colpo sferrato da Zagor spazzò via metà di loro, mentre gli altri vennero falciati dal tomahawk di Scure Veloce.
Ruggendo, uno dei mostriciattoli tentò di azzannare l’irochese ad una gamba, ma lui fu più svelto e inchiodò l’essere al pavimento con una coltellata in pieno cranio.
Servendosi del buio nella stanza, uno dei mostriciattoli tentò di attaccare Zagor alle spalle, ma lo Spirito con la Scure se ne accorse e rispose con un violento pugno, che scagliò il Predatore contro il muro.
Sibilando infuriati, i mostriciattoli superstiti tentarono un attacco in gruppo, ma Zagor estrasse la pistola e freddò parecchi di loro, i cui corpi esplosero senza lasciare traccia.
“Per mille scalpi! Questi mostri esplodono” esclamò sorpreso lo Spirito con la Scure.
“Per celare la loro presenza e favorire ulteriori attacchi, i Predatori della Notte usano le ultime forze per autodistruggersi” gli spiegò Scure Veloce, mentre decapitava uno degli esseri.
“Astuti questi piccoli mostri” riconobbe Zagor, mentre si preparava ad un nuovo assalto nemico.
Ma un concitato scalpiccio fece capire ai 2 uomini che le creature superstiti avevano preferito una ritirata allo scontro.

“Tutto bene qui?” domandò Padre Finnegan, mentre lui ed una piccola folla si radunavano davanti alla finestra rotta.
“Padre, qui ci sono 2 persone ferite da soccorrere subito” rispose concitatamente Scure Veloce, notando che le persone soccorse respiravano ancora.
“Ma voi che ci fate qui?” volle sapere Zagor.
“Ho fatto visita ad alcuni miei parrocchiani e stavo tornado in chiesa” rispose il prelato.
“Capisco” replicò lo Spirito con la Scure, non del tutto convinto da quella risposta.
 
Nel frattempo, Scure Veloce era corso nel corridoio della casa e aveva aperto la porta d’ingresso, permettendo così ai soccorritori di entrare.
“Hey, ma quello è Roy Stevenson, uno dei braccianti di Nathan Thorn” notò uno dei soccorritori, una volta davanti al letto su cui giacevano le 2 vittime.
“E la donna con lui è Margareth Thorn, la moglie di Nathan” notò qualcun altro.
“Allora, dobbiamo avvertilo di questa infelice scoperta” sospirò Scure Veloce.
“Ci penso io -si offrì Padre Finnegan- Dopotutto, Nathan é uno dei miei parrocchiani più fedeli”.
Le 2 vittime vennero caricate sopra una barella improvvisata e portate di corsa nel gabinetto del dottore, che giudicò le loro feriti guaribili in alcuni giorni.

La convocazione dello sciamano
Nella sua cella, Cico era sul punto di addormentarsi, quando una gran confusione in strada lo destò.
“Caramba y carambita, in questa città non si riesce proprio a dormire tranquilli” borbottò il piccolo messicano, mentre si affacciava alla finestra, per vedere cosa stesse succedendo.
“Hisssrrr!” sibilò uno dei Predatori, sbucando improvvisamente davanti alla finestra.
Colto di sorpresa, Cico barcollò all’indietro urlando, per poi cadere rovinosamente a terra, mentre la creatura, che aveva tentato invano di passare in mezzo alle sbarre, si ritirava, emettendo una serie di sibili rabbiosi.
Estraendo la sua pistola, Cico si affacciò cautamente alla finestra, da cui proveniva un rumore di passi concitati, indicando che il mostriciattolo si preparava ad un nuovo attacco.
Con le orecchie ben tese, Cico si preparò a sparare il primo colpo, se non che un rumore alle sue spalle lo fece voltare, facendogli così scoprire 3 mostriciattoli, intenti a frugare nella scrivania dello sceriffo.
“Hey, che state combinando voi?” domandò il piccolo messicano, puntando la pistola verso il trio di creature.
Per tutta risposta, uno dei mostriciattoli infilò la mano in uno dei cassetti, da cui estrasse trionfalmente la chiave della cella di Cico.
Capendo le intenzioni dei suoi aggressori, il piccolo messicano prese la mira e si preparò a sparare, sebbene le sue mani tremassero visibilmente.

In quel momento, la porta si spalancò e lo Sceriffo Shallman entrò nell’ufficio, assistendo così alla strana scena.
“Fiamme dell’inferno! Che sta succedendo qui?” domandò sorpreso l’uomo della legge.
“Glielo avevo detto ieri sera di questi piccoli mostri assassini. Spari, presto” incitò Cico.
Agendo più per istinto che per altro, lo sceriffo estrasse la sua pistola, ma quando si apprestò a sparare, le creature si erano già dileguate nel nulla. 
“Questo é strano. Di solito, quei mostriciattoli non sono così arrendevoli” disse Cico, abbassando la sua arma.

“Cico! Sceriffo! che succede?” domandò Zagor, irrompendo sulla scena insieme a Scure Veloce.
“I Predatori della Notte erano qui, fino a poco fa. Ma ora se ne sono andati” spiegò Cico.
“Strano: I predatori della Notte non fuggirebbero senza combattere. Sopratutto, se le prede sono solo 2” notò Scure Veloce.
“Inoltre, la loro azioni erano troppo curate per degli animali senza cervello -aggiunse il piccolo messicano- Era come se…come se…”.
“Come se quegli esseri fossero comandati da qualcuno” lo anticipò Zagor, ripensando ai fatti di poco prima.
“Ma da quel che so, i Predatori della Notte sono troppo feroci per essere controllati” disse Scure Veloce.
“Sono sicuro che lo sciamano della tua tribù saprà delucidarci a sufficienza su questa storia” rispose Zagor.
“Fate quello che dovete. Io, invece, mi scolerò un’intera bottiglia di whisky, dopo aver visto quegli esseri” disse lo sceriffo, mentre si dirigeva barcollando verso la sua scrivania.
“No, sceriffo -lo fermò Zagor- So che quello che avete appena visto vi ha sconvolto, ma ora voi dovete mantenere la vostra mente lucida, in modo da proteggere adeguatamente i vostri concittadini, come il vostro dovere v’impone”.
“Avete ragione giovanotto- concordò lo sceriffo, rinsavendo- Del resto, neppure scolandomi tutto il torcibudella del nostro paese potrei dimenticare quegli esseri spaventosi”.

Fuori, perfettamente mimetizzati nel buio di un vicolo, i 4 mostriciattoli neri erano in attesa dello sceriffo, per vendicarsi della sua intromissione.
“No. Lo Sceriffo Shallman non é un peccatore e finché manterrà pulita la sua anima, dovrete lasciarlo stare” ordinò una voce nelle loro menti.
Sapendo di non poter disubbidire, i mostriciattoli tornarono alla loro tana, in attesa di nuove vittime da colpire.

Il mattino dopo, alle otto in punto, Zagor, Cico e Scure Veloce si diressero verso il villaggio irochese fuori città.
“Facciamo con calma: Montagna Sapiente non sarà di ritorno dal rito propiziatorio prima di mezzogiorno” disse l’indiano.
“Orario piuttosto congeniale per una visita di cortesia” si compiacque Cico, sfregandosi le mani.
“Vedo che questa storia non ti ha smorzato l’appetito” notò Zagor.
“Un uomo in lotta con il male deve mantenersi in forze per poter combattere al meglio” replicò con fare solenne il piccolo messicano.

Dopo un paio d’ore di buona marcia, il trio avvistò un’alta palizzata di forma circolare, al cui interno si trovava il villaggio irochese.
“Ci siamo. Quello é il villaggio della mia tribù” annunciò Scure Veloce.
“Chi é la?” domandò una sentinella.
“Sono io. E ho portato degli amici” rispose l’indiano, agitando la mano in un cenno di saluto.
“Bentornato, Scure Veloce. Il nostro capo ti sta aspettando” disse la sentinella, mentre la porta del recinto si apriva.

Poco dopo, i 3 uomini si trovavano al cospetto del capo tribù Dente Affilato.
“Bentornato, Scure Veloce. Montagna Sapiente mi aveva avvertito del tuo ritorno” disse il capo degli irochesi.
“Il nostro sciamano é già tornato?” domandò sorpreso Scure Veloce.
“No: mi è apparso in sogno, dicendo che un grande pericolo incombeva sia sui visi pallidi, che su di noi” spiegò Dente Affilato.
“Purtroppo é così: i Predatori della Notte sono tornati e sto cercando di fermarli con l’aiuto di questi 2 bianchi” spiegò Scure Veloce, indicando i suoi compagni.
“Io sono Zagor e lui é il mio amico Cico” si presentò lo Spirito con la Scure. 
“Chiunque voglia aiutarci é il benvenuto. Per adesso, aspetteremo il ritorno di Cima Sapiente. Poi, dopo averlo interpellato, decideremo il da farsi” stabilì il capo tribù.
“Mi sembra la strategia migliore da adottare” concordò Zagor.

Zagor e gli altri attesero il ritorno dello sciamano nella capanna del capo tribù, che offrì ai suoi ospiti un piccolo pasto a base di cacciagione assortita.
Il gesto compiacque molto Cico, che ripulì in paio di minuti uno spiedo su cui era stato arrostito un animale non meglio identificato, il cui sapore lo fece classificare come coniglio.
“Questo coniglio arrosto era veramente delizioso, sopratutto per via del suo insolito sapore” dichiarò il piccolo messicano.
Con un certo orgoglio, Dente Affilato spiegò “É stata la prima preda del figlio di Freccia Saettante, uno dei nostri migliori arcieri. Ma non si trattava di un coniglio, bensì di un topo muschiato”.
“Proprio così. All’inizio,li cacciavamo solo per la pelliccia, ma poi abbiamo scoperto che sono anche una selvaggina prelibata” spiegò un indiano, intento a servire gli ospiti.
Udendo quelle parole, Cico diventò verde e si mise una mano sulla bocca, soffocando una serie di rigurgiti.
“Il tuo amico non si sente bene?” domandò Scure Veloce.
“No, ha solo bisogno di una tisana digestiva” gli rispose Zagor, leggermente divertito da quella situazione.
“Grande capo, Montagna Sapiente é tornato proprio in questo momento e chiede di vedervi tutti nella sua capanna” avverti un indiano, arrivando di corsa.
“Digli che arriviamo subito” ordinò Dente Aguzzo, alzandosi da tavola insieme ai suoi commensali.

Poco dopo, Zagor, Cico e i 2 indiani erano seduti in una delle capanne più grandi del villaggio, davanti ad un vecchio irochese dall’aspetto solenne.
Questi, con tono serio, disse “Ieri notte, mentre eseguivo l’annuale rito propiziatorio, ho avvertito qualcosa di maligno fra le case dei bianchi. E subito dopo, ho avuto una visone che annunciava il ritorno dei Predatori della Notte”.
“Proprio così -confermò Scure Veloce- Ma il loro comportamento era troppo elaborato per gli animali descritti nelle nostre leggende”.
“Questo perché era una mente umana a guidare le loro azioni. Una mente umana avvelenata dall’assoluta convinzione di essere nel giusto” spiegò lo sciamano, agitando severamente un dito.
“Come si può essere nel giusto togliendo la vita a delle persone?” chiese Zagor.
“Ma soprattutto, come si possono controllare quei piccoli mostri?” domandò Cico.
“A quest’ultima domanda, può rispondere la leggenda della Pietra di Sangue” disse lo sciamano, socchiudendo gli occhi.
“La Pietra di Sangue?” ripeté Zagor.
“Già. Una pietra magica così chiamata per via del suo colore rosso, piovuta dal cielo millenni fa e capace d’influenzare il comportamento di alcune specie animali” spiegò lo sciamano.
“Una pietra rossa? Ma noi non abbiamo visto nulla di simile ad Alphawolf City” disse Cico.
“Ti sbagli -obbiettò Zagor- Ne abbiamo vista una, anche se molto piccola. Ed era incastonata nella croce di legno di Padre Finnegan”.
“Impossibile. Padre Finnegan é un uomo giusto e non si macchierebbe mai le mani con il sangue della sua gente” obbiettò Scure Veloce, alzandosi in piedi.
“Però, ieri notte era stranamente sul luogo dell’ultima aggressione” ricordò Zagor.
“Ed ha anche voluto occuparsi delle salme delle prime 2 vittime” aggiunse Cico.
“Io posso solo dire che nella mia visione, ho visto questo simbolo, usato dai visi pallidi per fini religiosi” concluse Cima Sapiente, disegnando una croce per terra.
“No. no. Questo non è possibile” disse incredulo Scure Veloce.
“So che ammiri molto quel viso pallido, ma devi essere pronto ad affrontare anche una terribile verità” intervenne con voce triste Dente Aguzzo.
“Io conosco bene Padre Finnegan e non riesco a crederlo capace delle vostre accuse. Ma giuro che se lui é davvero colpevole, sarò io stesso a punirlo come merita” promise Scure Veloce, impugnando il suo tomahawk.
“So che lo farai” sentenziò Dente Aguzzo.
“Ehm, allora che si fa per fermare i mostriciattoli?” domandò Cico.
“Fermate colui che li controlla e bloccate la loro via d’accesso verso la superficie” rispose lo sciamano.
“Lo faremo. Adesso, però, torniamo in città” disse Zagor, alzandosi in piedi.
“Concedetevi qualche altra ora di riposo prima e risparmiate le forze per stanotte. Ne avrete bisogno per chiudere definitivamente questa storia” suggerì Montagna Sapiente.
“E noi della tribù che faremo?” domandò Dente Aguzzo.
Dopo una breve meditazione, lo sciamano stabilì “Visto che i bianchi non crederebbero a ciò che sta accadendo nella loro città, lasceremo che siano Scure Veloce e i suoi amici ad agire. Ma se falliranno, toccherà ai nostri guerrieri impugnare le armi contro i Predatori della Notte, cercando nel frattempo di non entrare in conflitto coi visi pallidi”.
“Sia come hai detto” concordò il capo tribù.
Così, agendo come concordato, Zagor e i suoi riposarono qualche ora nel villaggio irochese e verso metà pomeriggio, tornarono ad Alphawolf City, a bordo di un carro appartenente ad un mercante, che spesso faceva affari con la tribù.

Il massacro continua
Una volta tornati in città, Zagor, Cico e Scure Veloce videro lo sceriffo parlare con un uomo sulla sessantina, grassoccio e quasi pelato.
“Woah! Quello è George Finch, il ricco uomo per cui lavora Caleb”  disse Scure Veloce.
“Evidentemente, lo sceriffo deve aver accettato il suo aiuto” ipotizzò Zagor.
E a conferma di quella parole, Mister Finch sorrise soddisfatto, prima di salire su di una carrozza, che partì a tutta velocità.
“Sceriffo, perché parlavate con Mister Finch?” domandò Scure Veloce.
“Perché ho deciso di accettare il suo aiuto, visto che non posso gestire la situazione da solo. Non dopo gli “sviluppi” emersi ieri sera, intendo” rispose tristemente l’uomo di legge.
“E gli avete detto dei…noi sappiamo cosa?” domandò sottovoce Cico.
“No. Gli ho solo detto che i suoi pistoleri dovranno stare attenti a degli strani animali di piccole dimensioni mai visti prima” rispose sempre sottovoce lo sceriffo.
“E che cosa vi ha chiesto in cambio del suo aiuto? -domandò Scure Veloce- Si sa che Mister Finch, quando si presenta l’occasione, non disdegna metodi poco puliti per fare soldi”.
“Ha detto che dovremo rimborsargli le spese da lui sostenute per ingaggiare i pistoleri” rispose lo sceriffo.
“Non dovrete rimborsare quasi nulla, perché stanotte chiuderemo definitivamente questa faccenda” promise Zagor.
“Ma prima, dobbiamo parlare con una certa persona” disse con una certa tristezza Scure Veloce.

Zagor, Cico e Scure Veloce si recarono alla chiesa della città, trovando però la porta chiusa.
“Padre Finnegan non c’é” li avvertì una vecchietta di passaggio.
“E dov’é andato?” domandò Cico.
“A compiere un miracolo, ossia convincere Nathan Thorn a perdonare la moglie” rispose l’anziana.
“Nathan Thorn? L’ho visto un paio di volte e non mi é parso un tipo molto ragionevole” ricordò Cico.
“Impressione giusta, giovanotto. É un tipo rigido come una sbarra di ferro, che avrebbe dovuto fare il predicatore anziché il contadino” sbottò l’anziana, prima di allontanarsi.
“E allora? Che si fa adesso?” volle sapere Cico.
“Visto che non possiamo interrogare il nostro sospettato principale, procuriamoci qualcosa con cui fermare i Predatori della Notte -decise Zagor- E dato che quei mostriciattoli vivono sottoterra, potremmo sigillare il loro passaggio per la superficie con dell’esplosivo”.
“Conosco un cercatore di metallo giallo che scambierà un po’ della sua polvere nera per un paio di bottiglie di acqua di fuoco” disse Scure Veloce.
“Andiamo da lui, allora” esortò Cico.
Lo scambio andò a buon fine e Zagor ricevette un sacchetto di polvere pirica in cambio di 2 bottiglie di whisky.

Quella notte, una dozzina di pistoleri venuti da fuori si aggiravano per le vie della città, facendo attenzione ad ogni singolo rumore.
Sfortunatamente, per chi li aveva ingaggiati, gli assassini avrebbero colpito altrove.

Seduto nel suo studio, George Finch stava brindando insieme a Caleb la futura riuscita del suo piano.
“Ad un nuovo affare andato in porto” esultò Mister Finch.
“Pensa che il municipio la rimborserà completamente?” domandò Caleb.
“Forse no. Ma in tal caso, anziché i soldi, accetterò anche una concessione mineraria del ricco terreno qui vicino” disse Mister Finch, con un sorriso maligno sul volto.
“E se qualcuno farà storie, ci penserò io a farlo tacere” assicurò Caleb, facendo scrocchiare le nocche.

CRACK!
Improvvisamente, nell’aria echeggiò il rumore di vetro rotto, allarmando i 2 interlocutori.
“Che cos’è stato quel rumore?” domandò Mister Finch, alzandosi in piedi.
“Vado a vedere” disse Caleb.
Dato che in quel momento la sola stanza illuminata della casa era lo studio, il ragazzo si avventurò con fare guardingo nel corridoio buio, mentre il suo datore di lavoro estraeva una pistola dal cassetto della scrivania.
Ma così facendo, nessuno dei 2 notò una piccola mano nera tagliare il vetro della finestra con le affilate unghie delle sue dita.

“Aaaaahh!” gridò all’improvviso Caleb.
Allarmato, George Finch si affacciò all’uscio della porta, vedendo così il suo sottoposto arrancare verso di lui, con delle strane creature nerastre aggrappate al corpo.
Caleb ebbe solamente il tempo di lanciare un’invocazione d’aiuto, prima che uno dei mostriciattoli lo azzannasse ferocemente alla gola, facendo zampillare uno spruzzo di sangue contro il muro.
Inorridito, Mister Finch chiuse a chiave la porta del suo studio e corse a nascondersi sotto la scrivania, tremando come una foglia.
Ma subito dopo, George Finch sentì qualcosa respirargli sul collo e nel giro di pochi secondi, le sue grida di dolore risuonarono per tutta la casa.

Nel frattempo, ignari di tutto, Zagor, Cico e Scure Veloce avevano atteso il calar delle tenebre per tornare in chiesa.
Con fare prudente, Zagor aprì la porta dell’edifico, trovando così Padre Finnegan inginocchiato davanti all’altare, intento a recitare una preghiera.
“Oh, Signore. Fa che questa dura prova a cui la città é sottoposta finisca presto e che la pace ritorni fra le nostre case” stava dicendo il prelato, tenendo le mani ben congiunte.
“Mi scusi, Padre, ma le dobbiamo parlare” lo interruppe Zagor, facendosi serio.
“Ma certo figlioli. Che posso fare per voi?” domandò Padre Finnegan, sorpreso da quella visita.
“Parlarci della pietra rossa che avete trovato” rispose Scure Veloce, cercando di usare un tono rispettoso.
“Quale pietra rossa?” domandò perplesso il prelato.
“Quella con cui comandate i piccoli mostri che stanno trucidando gli abitanti di questa città” rispose con tono accusatorio Cico.
Padre Finnegan fece per dire qualcosa, ma venne zittito dalla porta della chiesa, che si chiuse inspiegabilmente da sola; e subito dopo, dentro l’edifico sacro echeggiò un frenetico scalpiccio, accompagnato da dei minacciosi sibili.
“Sono qui” disse Zagor, impugnando la sua scure.
“Chi é qui?” domandò spaesato Padre Finnegan.
Per tutta risposta, Scure Veloce sollevò il suo tomahawk e lo scagliò con fare deciso verso il prelato.

TUNK!
Saettando nell’aria, l’arma indiana si conficcò nel corpo di uno dei mostriciattoli, che stava per assalire Padre Finnegan alle spalle.
“E quelli che cosa sono?” domandò sorpreso il prelato, vedendo alcuni dei mostriciattoli fare capolino da dietro l’altare.
“Eh? Volete dire che non siete voi a comandarli?” gli domandò sorpreso Cico.
“Ne parleremo dopo, Cico” disse Zagor, mentre usava la sua scure per respingere un mostriciattolo sbucato da sotto una panca.
“Dietro di me, Padre” disse Scure Veloce, mentre sfoderava il suo coltello.
Il prelato non se lo fece ripetere e dopo aver recuperato l’arma del suo amico indiano, corse al suo fianco.
Durante la corsa, alcuni mostriciattoli sbucati da sotto le panche della chiesa cercarono di saltare addosso a Padre Finnegan, ma vennero freddati dalla pistola di Zagor, mentre Scure Veloce ne abbatté alcuni che si erano buttati giù dal soffitto.
Cico invece si ritrovò davanti un gruppetto di creature, che  preferirono tentare di assalire nuovamente Padre Finnegan anziché lui.
Ma il gruppetto di mostriciattoli si scontrò contro la difesa costituita da Zagor e Scure Veloce, che li falciarono con poche mosse delle loro armi.
“Adesso, non dovrebbero essercene più” disse Zagor, dopo alcuni secondi di calma.
“Lo penso anch’io” concordò Scure Veloce, mentre alzava impercettibilmente il tomahawk.
“Hisssrrr!” sibilò un mostriciattolo, balzando fuori all’improvviso e mirando alla gola di Padre Finnegan.
Ma con un colpo deciso, l’indiano decapitò il piccolo predatore, che bruciò in una fiammata violacea, senza lasciare traccia di sé.
“Adesso é finita” dichiarò Scure Veloce.
“Bene. Così, potrete spiegarmi che cosa sta succedendo” sospirò Padre Finnegan, mentre si sedeva sopra una panca.

Il vero nemico
In breve, il trio di uomini mise l’ex sospettato al corrente delle loro scoperte.
“Perciò, voi credevate che io controllassi quei mostri?” domandò Padre Finnegan, alla fine del resoconto.
“Sì e mi dispiace di avervi sospettato ingiustamente” si scusò Zagor.
“Non scusatevi: avete solo fatto il vostro dovere e se le prove conducevano a me, era lecito sospettarmi” replicò il prelato.
“Beh, ci é comunque rimasta la pista della pietra rossa da seguire” notò Cico.
“Temo che non sia così -obbiettò Padre Finnegan- Quella che voi ritenevate essere la Pietra di Sangue é solo un pezzo di vetro, che…che…”.
“Che vi succede, Padre?” domandò Scure Veloce, notando che il prelato era impallidito.
“Quella croce me l’aveva regalata il falegname -spiegò Padre Finnegan- E mi ha detto che l’ispirazione per la gemma rossa gli era venuta dopo aver visto una pietra dello stesso colore nel campo di Nathan Thorn”.
“Cosa?” domandò Cico.
“Beh, Nathan sta eseguendo alcuni lavoretti nella sua fattoria e mentre stava scavando un nuovo pozzo, mi hanno detto che ha trovato una strana pietra di colore rosso” spiegò Padre Finnegan.
“Mmm, anche a costo di sbagliare nuovamente, direi che dovremmo approfondire questa storia” disse Zagor.
“Se permettete, vorrei venire con voi, visto che Nathan ha un carattere molto difficile” si offrì Padre Finnegan.
“D’accordo” acconsentì lo Spirito con la Scure.

Marciando di buon passo, il gruppo raggiunse presto la fattoria di Nathan Thorn.
“Vado io per primo” disse Padre Finnegan, passando davanti ai suoi compagni.
Così, il prelato bussò alla porta di casa, che venne aperta da un ragazzino di 12 anni, in compagnia della sorellina di 4 anni più giovane.
“Oh, salve Padre Finnegan” lo salutò il ragazzino.
“Salve, Josh. Salve, Evelyn. Vostro padre é in casa?” domandò il prelato.
“No. É nel fienile a pregare” rispose il ragazzino.
“Davvero?  É un posto strano per farlo” notò Padre Finnegan.
“Beh, lo fa già da qualche giorno. Per essere precisi, da quando ha trovato quella strana pietra rossa” disse la bimba.
“Padre, si chiuda in casa con quei bambini e non apra finché uno di noi non glielo dirà” si raccomandò Zagor.
“E chiuda bene porte e finestre” aggiunse Scure Veloce.
“Ma che sta succedendo?” domandò Josh.
“Dobbiamo chiedere a tuo padre alcune cose” rispose Padre Finnegan, apparendo molto preoccupato.

Con passo deciso, Zagor e gli altri raggiunsero il fienile, la cui porta era chiusa.
“Signor, Thorn, possiamo entrare? Dovremmo chiederle alcune cose” disse lo Spirito con la Scure.
“Venite pure” rispose una severa voce dall’interno.
Con fare guardingo, i 3 uomini entrarono nella stalla, dove, sotto la luce di 2 lanterne appese a dei ganci, Nathan Thorn dava loro le spalle, stringendo qualcosa al petto.
“Oh, il crapulante, il pagano rosso ed uno straniero. Cosa volete da me?” volle sapere il contadino, parlando con voce disgustata.
“Vorremmo parlare con lei dei recenti omicidi avvenuti in città” rispose Zagor, tenendo gli occhi fissi sul suo interlocutore.
“Omicidi? Quelle erano punizioni divine -precisò Nathan- Mister Clendennon era un barattiere, che trattava le sue pratiche in base al denaro ricevuto dai diretti interessati. Trina la Bella era una meretrice, che per denaro vendeva il suo corpo ai lussuriosi. Il vostro amico qui presente era invece dedito ai peccati di gola, ma ha evitato la meritata punizione. Così come la mia adultera moglie ed il suo amante, a cui avevo generosamente offerto lavoro nella mia fattoria. Una fattoria che rischiavo di perdere a causa dell’avidità di George Finch, ormai condannato alle fiamme dell’inferno insieme a Caleb, un ragazzo che usava la violenza per imporre la volontà sua e del padrone sugli altri”.
“E Padre Finnegan quali colpe aveva commesso per meritare di essere punito?” domandò a bruciapelo Scure Veloce.
“Era diventato troppo indulgente verso i peccatori -rispose adirato Nathan- Ha perfino osato fare il funerale ad una prostituta. Ed ha anche cercato di farmi perdonare mia moglie, di cui dovrò presto occuparmi in modo definitivo”.
“Ha solo fatto ciò che il suo dovere di religioso e la sua coscienza gli dicevano di fare -replicò l’indiano- Inoltre, il quinto dei vostri comandamenti vieta ad un uomo di prendere la vita altrui”.
“I testi sacri dicono anche di lapidare chi commette empietà. E quelle persone erano colpevoli agli occhi del cielo” replicò Nathan, voltandosi verso i suoi visitatori, rivelando così la pietra rossa che teneva in mano.
“La Pietra di Sangue!” esclamò Cico.
“Già. Questa pietra mi é stata mandata dal cielo, affinché io punissi coloro che lo meritavano” dichiarò Nathan, ormai delirante.
“Pazzo fanatico! Quella pietra non é un dono divino, ma qualcosa che un uomo comune non dovrebbe mai maneggiare” disse Zagor.
“Silenzio, peccatore -intimò Nathan- Tu sei empio come gli altri e perciò, sarai punito come gli altri”.
A quel punto, la Pietra di Sangue brillò e dai mucchi di foraggio stipati nel fienile, emersero numerosi Predatori della Notte, richiamati dal loro padrone umano.
“Siamo nei guai, caramba y carambita!” gemette Cico, guardandosi intorno.
“Venderemo comunque cara la pelle” assicurò Zagor, impugnando la sua scure.

Nel frattempo, in Casa Thorn, Padre Finnegan stava frettolosamente chiudendo tutte le finestre del pianterreno.
“Padre, che sta facendo?” domandò preoccupato Josh, stringendo a sé la sorellina.
“Non ho tempo per spiegarvi. Dovete solo fidarvi di me” rispose il prelato, mentre si dirigeva verso le scale che conducevano al piano di sopra.
Ma prima ancora di appoggiare il piede sul gradino, Padre Finnegan si accorse che alcuni Predatori della Notte stavano scendendo le scale, tenendo gli occhi puntati su di lui.
La piccola Evelyn urlò terrorizzata, mentre suo fratello cercava di tirarla indietro.
“Tranquilli, piccoli. Sono io quello che vogliono” disse Padre Finnegan, frapponendosi fra i bambini e i mostriciattoli.
Ma proprio nel momento in cui questi ultimi stavano per attaccare…

“Aaahhyyyaaakkkk!” gridò Zagor, lanciandosi nella mischia.
“Fermate quel peccatore. Sbranatelo insieme ai suoi blasfemi compagni” ordinò Nathan Thorn.
Ubbidendo all’ordine ricevuto, i Predatori della Notte cominciarono a stringersi fra di loro, per poi avventarsi sui 3 umani.
“Se volete la guerra, l’avrete” assicurò Zagor, colpendo in pieno il suo primo assalitore.
Sibilando rabbiosi, parecchi mostriciattoli neri si avventarono sullo Spirito con la Scure, ma questi, combattendo con il consueto ardore, riuscì a respingere i vari assalitori, sebbene alcuni di loro riuscirono a graffiarlo coi loro artigli.
Scure Veloce non fu da meno e tenendo fede al proprio nome, l’indiano eseguì una serie di rapidi movimenti con il suo tomahawk, grazie ai quali eliminava anche 3 nemici alla volta.
Cico, invece, nonostante la tremarella, riuscì ad estrarre la pistola, mettendosi poi a sparare contro tutti i mostriciattoli che gli si paravano davanti.
“Fatevi sotto, bestiacce. Provate sulle vostra pelle la furia del grande Cico” dichiarò il messicano, sparando a casaccio.
Ma ai mostriciattoli neri bastò disperdersi per evitare la raffica di colpi, che andò del tutto a vuoto.
“Sleali. Restate fermi” protestò Cico, subito prima di sparare una seconda raffica.
“É inutile resistere. Non sfuggirete al meritato castigo” disse Nathan, riparatosi dietro una trave di sostegno del fienile.
Ma la seconda raffica di pallottole sparata da Cico ebbe una conseguenza imprevista, in quanto uno dei proiettili centrò in pieno una delle lanterne usate per l’illuminazione, facendola esplodere; e le fiamme da essa scaturite si andarono a posare sui foraggi, dando così origine ad un incendio.
Inoltre, una scheggia di vetro vagante colpì Nathan in piena faccia, facendogli sfuggire di mano la Pietra di Sangue, che cadde a terra.
Mugolando sommessamente, Nathan si chinò per raccoglierla, senza però tenere conto di Zagor.

Infatti, nonostante l’assedio dei mostriciattoli e la lontananza dal suo nemico, Zagor aveva colto il momento giusto per colpire e afferrato un utensile che aveva sotto mano, lo Spirito con la Scure scagliò l’attrezzo verso la pietra, allontanandola dal fanatico contadino.
“No! Quella pietra é mia. Mi serve per punire i peccatori” disse Nathan, che, nella foga del delirio, non si accorse che la trave vicino a cui si trovava stava cedendo a causa delle fiamme, che si stavano diffondendo sempre più rapidamente nel fienile.
“Attento!” lo avvertì Zagor, dopo aver calcolato la traiettoria di caduta.
Ma Nathan badò solo a recuperare la pietra rossa, col risultato che, quando la pesante trave crollò, l’uomo venne schiacciato  insieme alla preziosa roccia, che andò in mille pezzi.
“Che brutta fine” pensò lo Spirito con la Scure.
Chi non si dispiacque di quella tragedia improvvisa furono invece i Predatori della Notte, che festeggiarono la ritrovata libertà con un lungo sibilo collettivo, il cui volume cresceva istante dopo istante.

“Che stanno combinando questi mostriciattoli?” domandò Cico.
“Ora che Nathan non li controlla più, sono liberi di agire come vogliono –spiegò Scure Veloce- Probabilmente, stanno chiamando a raccolta dei loro simili, per attaccare in massa la città”.
“Per mille scalpi! Dobbiamo fermarli in qualche modo” disse Zagor.
E proprio in quel momento, la porta del fienile si spalancò e sulla soglia comparve lo Sceriffo Shallman, insieme ad una mezza dozzina di pistoleri.
“Forza, gente. Massaggiamo questi mostriciattoli con un po’ di piombo caldo” incitò lo sceriffo.
Sebbene impressionati, i pistoleri fecero come detto loro e aprirono il fuoco sui mostriciattoli neri.
Questi ultimi provarono a mimetizzarsi, ma ogni loro tentativo fu inutile, in quanto il riverbero delle fiamme illuminava ormai ogni singolo centimetro del fienile.

La maggior parte dei mostriciattoli venne colpita dalle pallottole, mentre i rimanenti tentarono un contrattacco o la fuga.
Approfittando della confusione, uno dei predatori si arrampicò lungo il muro con le sue unghie e una volta trovato un punto debole, si mise a tirare, aprendo così un varco verso l’esterno.
“Zagor, uno dei predatori sta fuggendo all’esterno” avvertì Scure Veloce.
Muovendosi a velocità sorprendente, Zagor scagliò la sua scure contro il fuggitivo, che sgusciò fuori pochi secondi prima che l’arma del nostro eroe colpisse il muro.
“Se quel mostro raggiunge i suoi simili, saremo daccapo” disse Zagor, mentre recuperava la sua scure.
“Nathan aveva trovato la Pietra di Sangue mentre scavava un nuovo pozzo. Perciò, la tana dei Predatori deve essere lì” rifletté Scure Veloce.
“Allora, giocherò d’anticipo” replicò lo Spirito con la Scure, lanciandosi all’inseguimento.

Grazie alle tenebre notturne, il Predatore fuggitivo raggiunse il nuovo pozzo della fattoria, collegato al cunicolo da cui lui e i suoi simili risalivano in superficie.
Ma una volta giunto a destinazione, il mostriciattolo vide che un essere umano vestito di nero stava versando il contenuto di alcuni contenitori nel pozzo, mentre la luce emessa da una lampada ad olio illuminava la zona circostante.
Quell’uomo era Padre Finnegan, che, salvatosi grazie all’intervento dello sceriffo e dei suoi, si era fatto dire dai figli di Nathan il punto preciso in cui la Pietra di Sangue era stata trovata, per poi decidere di bloccare l’uscita usata dai piccoli mostri con del fuoco, in cui gettare successivamente dell’esplosivo, che avrebbe sigillato l’uscita usata dai Predatori della Notte.
“Signore, fa che questo fuoco blocchi quelle creature fino all’arrivo degli altri” pensò il prelato, mentre si apprestava a gettare la sua lampada nel pozzo.
Avvertendo un pericolo per i suoi simili, il Predatore emise un lungo sibilo simile a quello del fienile, prima di avventarsi sull’umano.
 
“Padre, attento!” avvertì Zagor, irrompendo sulla scena.
Sorpreso, il prelato si voltò giusto in tempo per vedere la scure di Zagor colpire sulla testa uno dei Predatori, che si dissolse nella consueta fiammata violacea.
Ma proprio in quel momento, nel sottosuolo si udì lo scalpiccio di numerosi piedi, che si facevano sempre più vicini.
“Per mille scalpi! A giudicare dal rumore, la sotto devono esserci centinaia di quei mostriciattoli” disse allarmato Zagor.
“Allora, fermiamoli una volta per tutte” replicò Padre Finnegan, mentre gettava sul fondo del pozzo la sua lampada ad olio.
La lampada precipitò proprio al centro del pozzo, che venne presto illuminato da una gran fiammata, causata dal liquido infiammabile gettatovi pochi istanti prima dal prelato.
Capendo le intenzioni di Padre Finnegan, Zagor si cavò di tasca il sacchetto con la polvere pirica e lo gettò in mezzo alle fiamme, causando così una violenta esplosione, che fece tremare l’intera fattoria.
 
Sottoterra, non appena sentirono la volontà di Nathan Thorn svanire nel nulla, centinaia di Predatori della Notte cominciarono a radunarsi e quando il verso di un loro compagno li raggiunse  grazie all’eco sotterranea, la schiera di piccoli mostri marciò compatta attraverso il cunicolo che collegava la loro tana alla superficie.
Ma quando l’uscita per la superficie fu in vista, i Predatori della Notte vennero abbagliati da un’improvvisa fiammata, a cui seguì una violenta esplosione, che fece tremare l’intero cunicolo.
E all’esplosione seguì una frana, che sigillò l’uscita, intrappolando nel sottosuolo i piccoli mostri, che sfogarono la loro rabbia emettendo un lungo sibilo.

Quando il terreno smise di tremare, Zagor e Padre Finnegan esaminarono lo stato del pozzo, constatando che il buco scavato nel terreno si era riempito di terra.
“Zagor! Padre Finnegan! State bene?” domandò Scure Veloce, sopraggiungendo insieme a Cico e agli altri.
“Sì, ringraziando il cielo” rispose Padre Finnegan.
“E i Predatori della Notte sono nuovamente dove devono stare” aggiunse Zagor, indicando il pozzo occluso.
“Noi, invece, abbiamo sistemato i mostriciattoli nel fienile, che é crollato a causa dell’esplosione di poco fa, seppellendo eventuali superstiti” disse lo sceriffo.
“Ma lei, come sapeva dove trovarci?” domandò Cico.
“Ci ha visti mentre lasciavamo la chiesa” rispose Scure Veloce.
“Esattamente. Un mio concittadino ha sentito rumore di lotta in chiesa ed è venuto subito ad avvertirmi –spiegò lo sceriffo- Così, sono andato a controllare di persona, origliando la vostra conversazione con Padre Finnigan. E nel tempo che avete impiegato per arrivare qui, io ho organizzato una piccola posse con alcuni dei pistoleri assoldati da George Finch”.
“Che sono intervenuti giusto in tempo per salvare me ed aiutare voi” aggiunse Padre Finnegan.
“Ma cos’erano quegli strani esseri?” domandò uno dei pistoleri.
“La prova che certe leggende hanno un fondo di verità” rispose Scure Veloce.
“E che il fanatismo è un veleno letale per gli uomini, indipendentemente della causa che si vuole difendere” aggiunse cupamente Zagor.

Dopo l’orrore
Un paio di giorni dopo, in compagnia dello sceriffo Shallman, di Scure Veloce e di Padre Finnegan, Zagor e Cico erano in attesa della diligenza che li avrebbe riportati a Darkwood.
“Siete sicuri che sia tutto a posto e che noi 2 possiamo partire tranquilli?” chiese Zagor.
“Certo: abbiamo coperto il punto dove c’era il pozzo con una colata di solida calce, cintata poi col miglior filo spinato in commercio” rispose lo sceriffo.
“Inoltre, Montagna Sapiente ha recuperato tutti i frammenti della Pietra di Sangue, che conserverà nella sua capanna, dove nessuno potrà prenderli” aggiunse Scure Veloce.
“Hai notevolmente contribuito a salvare la nostra città, Zagor. Spero solo che quest’esperienza non abbia minato la tua fede in Dio” si auguro Padre Finnegan.
“Non lo ha fatto, Padre. Penso ancora che la fede sia una cosa importante, perché guida gli uomini verso una vita onesta e giusta verso i propri simili. Ma come in tutte le cose, bisogna stare attenti a non varcare il labile confine fra sana devozione e cieco fanatismo, in quanto quest’ultimo tradisce quegli stessi principi che s’illude di servire” rispose lo Spirito con la Scure.
“Amen” disse solennemente Cico.

“Ecco la vostra diligenza che arriva” avvertì lo sceriffo, notando un gran polverone all’orizzonte.
“Peccato che non possiate restare: Dente Aguzzo voleva ringraziarvi del vostro aiuto invitandovi ai nostri festeggiamenti per la grande battuta di caccia di quest’oggi” disse Scure Veloce.
“Già, un vero peccato. Ma Darkwood necessita della nostra presenza e non possiamo farla aspettare” replicò Cico, memore del precedente pasto consumato al villaggio irochese.
“Capisco. Vorrà dire che i cervi che abbiamo catturato ce li mangeremo da soli” sospirò Scure Veloce, capendo l’antifona.
“Ce…Cervi?” domandò sorpreso il piccolo messicano.
“Già: degli splendidi esemplari, che definirei anche piuttosto in carne” confermò l’indiano.
“Acc…! Dannaz…! Malediz…!” brontolò Cico, pensando all’occasione perduta.
“Ah, ah! Non preoccuparti, pancione mio: le occasioni per abbuffarti non mancheranno di certo in futuro” lo confortò Zagor, mettendo una mano sulla spalla del suo vorace amico.

FINE

(1) “La furia di Zagor” Zagor 21

   
 
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