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Autore: LadyPalma    07/02/2020    22 recensioni
Prima classificata al contest "Generi a catena" indetto da Dark Sider sul forum di EFP e partecipante alla "Drabble challenge: Le mani" indetta sul Giardino di EFP
| Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2022 indetti sul forum Ferisce più la penna
Pansy Parkinson, impiegata al Ministero, si ritrova tra le mani la fiala dei ricordi di Dolores Umbridge e decide di dare un'occhiata al Pensatoio. Tentativo di raccontare tutta la vita di Dolores dall'infanzia fino alla prigionia a Azkaban dopo la guerra.
[Alastor/Dolores e piccoli accenni Pansy/Blaise]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Alastor Moody, Dolores Umbridge, Pansy Parkinson | Coppie: Blaise/Pansy
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
- Questa storia fa parte della serie 'Alastor&Dolores'
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La storia del rospo rosa
 
 
 
 
 
28 luglio 2014

Pansy Parkinson non sapeva cosa la spinse esattamente a indugiare sul file di Dolores Umbridge, solo una tra le tante streghe morte quel mese.
Forse la noia.
Lavorare nel dipartimento Anagrafe non era divertente e di certo non il massimo a cui aspirava.
Rilesse la strana domanda scritta sull’involucro: Esiste un sentimento più illusorio dell’amore?, e poi estrasse la fiala di ricordi che la donna aveva lasciato prima di morire.
Nessuno li aveva mai visti, ne era certa, perché a nessuno importava.
Si alzò e uscì dal suo ufficio in cerca di un pensatoio, portandosi dietro anche la fotografia allegata.
 
**


 
Dolores ricordava benissimo le reazioni della sua famiglia di fronte alla sua prima manifestazione di magia.
Un flusso colorato di energia dalla piccola mano e la consueta lite tra i suoi genitori si attenuò bruscamente.
Il piccolo Donald era spaventato, sua madre sorpresa e suo padre estasiato.
"Tesoro, tu sì che sei speciale. Non come quella fallita di tua madre" le sussurrò il signor Umbridge, stringendola in un abbraccio.
Dopo anni di muta indifferenza, si sentì considerata. La magia – questa era la parola – era ciò che la rendeva finalmente degna di attenzione.
Il giorno dopo si accorse di osservare sua madre e suo fratello con superiore distacco.
 
"Quindi tu non ami Donald e la mamma?"
Orford Umbridge guardò sua figlia a lungo prima di rispondere, il tempo di scartare vuote rassicurazioni e dolci bugie. Aveva undici anni: era abbastanza grande per capire, dopotutto.
"Non esiste un sentimento più illusorio dell'amore. Non dimenticarlo mai, Dolly".
Le strinse la mano con fermezza e oltrepassò la soglia di casa, dando le spalle alle feroci lamentele della moglie.
Dolores riempì l'altra mano con la sua bambola preferita – quella con il vestito rosa – e ignorò la lacrima che le scorreva sul viso.
Lasciò per sempre sua madre, l'unico amore che avesse mai conosciuto.
Senza voltarsi indietro.
 
Hogwarts non le piaceva. Era una marea di ragazzi speciali dove lei, piccola conchiglia scheggiata, rimaneva invisibile.
Voti mediocri, volti poco amichevoli.
Non importava quanto cercasse di farsi notare, il suo capocasa la trattava con sufficienza e per i suoi compagni era sempre e solo "faccia di rospo".
Era quasi finito il primo anno quando entrò in contatto con un'altra stramba conchiglia.
Stava cenando nella sua bolla di isolamento al tavolo Serpeverde quando si sentì afferrare bruscamente un braccio. Sussultò e sgranò gli occhi spaventata di fronte allo sguardo duro del ragazzino più grande.
"Stai attenta, bamboluccia. Ti hanno messo le pasticche vomitose nel piatto. Vigilanza costante!"
 
La loro era un'amicizia particolare, fatta di lamentele, borbottii e confidenze casuali.
"MacNair mi ha dato buca, un'altra volta. La verità è che non troverò mai nessuno perché sono una Mezzosangue e sono brutta e..."
Alastor roteò gli occhi al cielo, seccato. Ma poi le posò un dito sulle labbra, più che altro per farla stare zitta.
"Piantala, Doll!"
"Ora non dirmi che non è vero che sono brutta".
"Certo che sei brutta" confermò lui tranquillamente, "però questo non significa nulla. Io tipo ho sempre avuto il gusto dell'orrido".
Dolores ridacchiò incredula. Non sapeva se fosse la cosa più brutta o la più bella che le fosse mai stata detta.
 
"Stato di sangue?"
"Purosangue. Mio padre era un pozionista, mia madre una Medimaga. Morti entrambi".
"Risultati dei M.A.G.O.?"
"Eccezionale in tutti gli ambiti, esattamente come durante tutta la mia permanenza a Hogwarts. Lumacorno diceva sempre che ero la sua alunna preferita".
Sorrideva e sorseggiava educatamente il tè, mentre mentiva con disinvoltura. O forse diceva la verità, quella versione perfetta di realtà a cui aveva sempre sognato di appartenere.
Quando il funzionario del Ministero le comunicò l'esito positivo del colloquio, uscì quasi ballando dall'ufficio. Nel corridoio, sventolò esageratamente la mano in direzione della figura triste e incolore che aveva riconosciuto essere suo padre.
Sarebbe stata l'ultima volta che lo avrebbe fatto.
 
"Dolores, tesoro, perché ti comporti come se non mi conoscessi? Mi incontri per i corridoi e ti giri dall'altra parte!"
Orford, nella sua divisa da semplice lavoratore magico, appariva disperato.
Sua figlia prese con calma un sorso di sherry prima di sorridere in modo glaciale.
"Il modo per risolvere la situazione è semplice: va' in pensione e sparisci dalla mia vista..."
"Ma, Dolly, io sono tuo padre. Abbiamo legami di sangue... E di amore, no?"
Lei fece un risolino e gli posò una mano sul viso, in una carezza priva di affetto.
"Curiosa scelta di parole, papà. Sei stato tu a insegnarmi che non c'è niente di più illusorio dell'amore".
 
Non credeva che l'incontro casuale in Ministero avrebbe avuto un seguito, ma poi Alastor si era infilato nel suo ufficio.
Erano almeno cinque anni che non si vedevano e ora lui la teneva pressata contro il muro come se fosse una criminale.
"Vedo che te la cavi bene" le sussurrò ruvidamente, sollevandole il viso con due dita per tenere i loro visi vicini.
"Moody, allontanati!" sibilò lei, visibilmente agitata.
"Che c'è? Dicono che fai carriera aprendo le gambe a tutti... Ora hai paura di un vecchio amico?"
Un lampo di orrore le attraversò gli occhi.
Il suo gesto successivo tradì la sua origine babbana. Uno schiaffo in pieno viso.
 
Era ironico come, dopo anni di silenzio, in una sola settimana si fossero visti per ben due volte. Nuovamente era lui a cercarla, ancora nel suo ufficio.
"Moody, si può sapere cos'altro vuoi?"
Con la tazzina di tè ferma a mezz'aria e un sorriso nervoso, Dolores era furiosa. Lentamente portò anche la mano alla bacchetta. In onore della vigilanza costante.
Alastor borbottò qualcosa, prima di avvicinarsi di scatto e baciarla senza preavviso.
"Volevo riallacciare i rapporti. Forse ho sbagliato approccio. Beh, sai dove trovarmi".
Mentre lui andava via, lei si guardò le mani.
Sporche di inchiostro, per una lettera scritta a uno dei superiori da cui ambiva di farsi sposare.
 
Tre mesi dopo Alastor Moody le aprì la porta con aria guardinga e un bastone stretto nella mano, segno della perdita che nel frattempo aveva subito.
"In nome di Salazar!" abbaiò, pieno di sincera sorpresa. "Che accidenti ci fai qui, Doll?"
Bastò quel nomignolo famigliare per farla avanzare, gettandoglisi letteralmente addosso. Se l'uomo non perse l'equilibrio fu proprio grazie a quel maledetto bastone.
Lo spinse contro il divano della stanza e prese a baciarlo con foga.
"Che significa questo? Vuoi farti fottere per compassione?"
Dolores batté le ciglia e poi emise un risolino, guardando il suo viso ora pasticciato di rossetto rosa.
"Oh, Alastor, dovresti saperlo. Non provo mai compassione".
 
"È da due mesi che andiamo avanti così, Doll..."
"E allora?"
"Niente" borbottò Alastor, la sua espressione era tra l'imbarazzato e l'infastidito. "Dico solo che dovremmo chiarire quello che siamo.... Stiamo insieme solo per fottere oppure vuoi, non so, ufficializzare il nostro rapporto... Insomma, hai capito, in nome di Merlino, accidenti!"
Dolores si rigirò tra le lenzuola, stiracchiandosi come una gatta pigra e paffuta.
"Stai chiedendo la mia mano, Moody?" domandò, con il suo risolino irritante, senza degnarlo di uno sguardo.
Alastor, che invece era un cane da caccia, ringhiò indispettito.
Disse precipitosamente di no perché sapeva che, in ogni caso, lei non avrebbe mai detto di .
 
Casa Moody era tetraggine con un tocco di rosa, il rifugio di uno scorbutico Auror che si trasformava lentamente in una casa delle bambole.
la bambola si insinuava con la grazia di un elefante e un segreto sciame di confuse emozioni.
Le piaceva tornarci ogni sera dal Ministero e le piaceva conoscere la parola d'ordine.
E più di tutto le piaceva – no, adorava – appropriarsi del letto e della dolcezza inaspettata delle dita di lui che le sfioravano la pelle.
Erano gioie temporanee, ma erano quelle che avrebbe rievocato a ogni Expecto Patronum.
Perché erano i momenti in cui l'assioma diventava domanda. 
Esiste un sentimento più illusorio dell'amore?
 
Si era precipitata al San Mungo appena aveva saputo, con il muscolo nel petto che le pulsava più del solito.
Lo vide finalmente steso sul letto. Cicatrici, gamba di legno, e ora occhio fasciato.
Cadeva a pezzi dopo ogni scontro, sempre meno bello e sempre più animale. Eppure, curiosamente, a lei non importava. Non vedeva ciò che mancava, solo ciò che c'era: lui, vivo.
Cercò la sua mano ma ritrasse all'improvviso la propria senza avere il coraggio di sfiorargli i polpastrelli immobili.
Batté in ritirata prima che lui si svegliasse.
Non era disgustata da lui e come appariva.
Ma da se stessa e quello che provava.
Orrore. Si era innamorata.
 
Guardò la mano che il ministro le porgeva provando un'emozione difficile da contenere. Nessuno aveva mai riconosciuto il suo valore quanto aveva appena fatto Cornelius Caramell con quattro semplici parole: Inquisitrice suprema di Hogwarts.
Sarebbe tornata nella sua vecchia scuola, condividendo la tavola con gli stessi professori che l'avevano ignorata e comandando su una nuova generazione di stupidi bulli.
Sarebbe stata proprio lei, l'invisibile, a dettare legge.
Fece il migliore dei sorrisi – forse per una volta spontaneo, anche se venato di cattive intenzioni – e strinse la mano del ministro per suggellare l'accordo.
Con il pretesto di rimettere ordine, avrebbe scatenato il caos.
 
Si infilò un anello prima di voltarsi e dare inizio alla recita.
"Alastor Moody, quanto tempo!"
"Il tempo per diventare il terrore di Hogwarts, a quanto pare. Cosa pensi di fare, Dolores, hm?"
"Non peggio di te. Un anno in un baule. Avevi dimenticato la vigilanza costante?"
Si scrutarono a vicenda, con diffidenza, come se non fossero mai stati altro che ciò che erano in quel momento: niente.
"Mi hai lasciato" ringhiò lui all'improvviso. "Mentre stavo morendo, senza dire una cazzo di parola. Sei sempre stata un mostro, non è così?"
Lei si sfiorò l'anello, suggerendogli un falso significato.
"Pensavi davvero che sarei rimasta con un uomo mediocre come te?"
 
Il caos le si era ritorto contro all'improvviso, quando l'avevano spodestata dal trono usurpato e gettata in pasto ai centauri.
Provvedimenti, ispezioni necessarie e piacevoli torture: di questo era stata lastricata la strada che da professoressa l'aveva fatta diventare preside.
Tanto brillante era stata l'ascesa, quanto dolorosa e umiliante la caduta.
L'ambizione sfrenata l'aveva lasciata solo con la faccia sporca di fango e figure ibride che le nitrivano attorno.
Il rosso aveva macchiato il rosa e il sangue, che tante volte aveva visto sulle mani degli studenti, le scorreva ora sulle dita.
"Qualcuno mi aiuti!" strillava invano.
Nessuno l'aveva mai aiutata.
Come del resto, lei non aveva mai aiutato nessuno.
 
Il suo punto più basso venne l'estate successiva, mentre trafugava un cadavere.
"Madame Umbridge, si sente bene?"
Caracollò all'indietro quasi inciampando nei suoi stessi tacchi. Doveva scappare, ma non poteva. Del resto, rintracciare il cadavere di Alastor Moody era stata una sua idea.
Non si era aspettata però che quell'occhio finto fosse ancora così vivo.
"Sì, Percy caro, continua tu" rispose in un fil di voce, prima di voltarsi.
Per precauzione, nascose anche il viso tra le mani.
Non voleva proprio vedere e soprattutto non voleva che lui vedesse lei.
E neanche farsi vedere dai colleghi nel suo turbamento.
Non stava piangendo, ma le veniva da vomitare.
Ecco tutto.
 
Quando i dissennatori si avvicinavano un po' troppo, Dolores si fissava sempre le mani. Erano diventate rugose, e i capelli grigi.
Essendo brutta, non aveva mai indugiato a lungo davanti allo specchio, ma ora non aveva bisogno di vedersi per sapere che era diventata davvero vecchia.
Quasi per reazione, alzava allora lo sguardo e si metteva a fissare quelle creature orrende.
Puntualmente, le veniva in mente Alastor: che cosa ridicola.
Ridacchiava allora, quasi istericamente.
Ridacchiava talmente forte da finire per piangere.
Mentre il suo tempo si consumava, a tenerla a galla non era l'effimera gloria come preside.
L'amore non era il sentimento più illusorio, dopotutto.
Era, invece, tutto ciò che restava.


 
**
 
Pansy riemerse dal pensatoio con le lacrime agli occhi. Non piangeva per Dolores Umbridge, piangeva per se stessa. Anche lei, nel tentativo di ripulire la propria giovane immagine dopo la guerra, era rimasta invischiata nel desiderio di fare carriera e negli assurdi tentativi di risultare simpatica a tutti.
Da quanto tempo non rispondeva alla lettera di Blaise? Il pensiero la colpì all’improvviso, lasciandola senza fiato per un attimo.
Si ritrovò a correre fino all’ufficio.
Sull’altro lato dell’involucro c’era la risposta alla domanda: Sì. L’ambizione.
Ridacchiò da sola e si rovesciò l’inchiostro sulle dita nell’impeto di scrivere a Blaise.
Faccia da carlino non avrebbe fatto la fine di faccia da rospo.










 
NDA: Torno nuovamente a scrivere su questa coppia e sul personaggio di Dolores, che in questo periodo è mia fonte massima di ispirazione. Questa storia è uno dei miei lavori più incerti, ma devo dire che è anche uno di quelli che mi ha investito di più emotivamente, forse perché nato a poco a poco in un momento di grande sconforto verso la scrittura (e la storia credo ne risenta in alcuni punti) e anche perché Dolores è quel tipo di cattivo che tutti potremmo diventare. E' la "banalità del male", per citare Hannah Arendt.
Il titolo è un riferimento al capitolo 33 del settimo libro: "La storia del principe". Come infatti lì si viene a scoprire la vita di Piton attraverso i suoi ricordi nel Pensatoio, ho tentato di fare lo stesso qui con Dolores Umbridge.
La scelta di far scoprire i suoi ricordi a Pansy Parkinson è dovuta al fatto che, tra tutti i coetanei di Harry, mi sembra la più simile a Dolores.
Ho attinto informazioni dai libri, ma soprattutto da Pottermore, inventando di sana pianta solo la relazione tra Dolores e Alastor Moody e la coincidenza di farli capitare insieme a Hogwarts (non abbiamo di nessuno dei due una data precisa). 
Riguardo alla struttura, la storia è una oneshot composta da 19 drabbles, ogni paragrafo (nessuno supera le 110 parole) è rispondente a un prompt della challenge "Drabble challenge: Le mani" del Giardino di EFP.
Il pacchetto a me assegnato nel contest (da parte di Setsy, alias meiousetsuna) era: genere angst + “Esiste un sentimento più illusorio dell’amore?”
   
 
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