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Autore: Harira    04/08/2009    8 recensioni
Quante volte vorremmo non essere imprigionati nel ruolo che è stato scelto per noi?
E quante volte siamo stati proprio noi ad intrappolarci in quel ruolo?
La lotta per toglierci la maschera è cominciata, ora non ci resta che fare quanto di più difficile esiste: essere noi stessi.
Genere: Romantico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rin, Sesshoumaru
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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La necessità di essere sempre fedele ad un codice di comportamento autoimposto rendeva Sesshomaru nervoso e intrattabile.
Possibile che fosse arrivato al punto di sottostare forzatamente a regole che lui stesso si era dato? Era possibile arrivare ad un simile grado di inettitudine? Sicuramente alcuni lo avrebbero definito incredibilmente maturo e responsabile per essersi dato delle regole quando di fatto nessuno era abbastanza forte o significativo per potergliele imporre, tuttavia Sesshomaru sentiva che quelle erano solo sciocchezze e che la verità era una soltanto: solo uno scemo può illudersi di fare la cosa giusta mentre si incatena con le proprie mani.
E lui, incredibilmente, era stato quello scemo.
Aveva creduto, sin da piccolo, che cose come la forza fisica, l'intelligenza, la razza, le capacità fossero determinanti nello stabilire il ruolo di una persona.
Per questo, per diventare il guerriero più potente del mondo, più potente persino di suo padre, aveva fatto di tutto e di più per essere il più forte, il più abile, il più astuto ed il più distaccato, cosicchè nessuna debolezza lo avrebbe trascinato verso l'inettitudine nella quale aveva visto il proprio fratellastro navigare sin dalla nascita.
Non sarebbe mai stato come Inuyasha. Mai.
E nemmeno mai come suo padre che era stato sì forte e intelligente, ma debole. Aveva lasciato che un sentimento come l'amore, per di più l'amore per una sciocca umana , lo intrappolasse, lo legasse e gli impedisse di essere solo e soltanto il guerriero invicibile e libero che avrebbe potuto essere.
Questi erano stati i pensieri di Sesshomaru da quando era stato in grado di pensare al momento in cui, per la prima volta, si era reso conto che, contrariamente a tutti i suoi piani, una persona si era affezzionata a lui.

Semplice no? Essere intrattabile con tutti, altero e insondabile. Gli era riuscito perfettamente bene per tutti quegli anni, e per tutto quel tempo era riuscito a preservarsi nella sua solitudine.
Certo, c'era Jaken a seguirlo, ma Jaken era per lui l'incrocio tra un servo e un cane, che senso aveva occuparsene? Jaken era il suo servo, perciò era logico che si dimostrasse fedele ed umile nei suoi confronti, desideroso di compiacerlo e leccapiedi. La loro non si poteva definire una relazione, di nessun genere.
Era tutto ridotto a Sesshomaru che dava ordini, Jaken che tentava di eseguirli entro i limiti delle sue capacità.
Se Jaken fosse morto, Sesshomaru si sarebbe forse dispiaciuto?
Avrebbe, Sesshomaru-sama, versato una lacrima anche solo metaforica per il suo servo defunto?
Il glaciale signore non ne era affatto convinto. Probabilmente, non si sarebbe dispiaciuto per la morte di quel servo, fedele sì, ma nulla di più.
Sesshomaru non aveva bisogno di amici, lui si bastava. Dopotutto, chiunque non fosse stato lui stesso avrebbe potuto tradirlo, no? Ma come può un uomo, anzi, un demone come lui, eccelso per intelligenza, grazia, bellezza e potenza, arrivare a commettere una stupidaggine di proporzioni epiche come tradire sè stesso?
Di certo, non sarebbe mai accaduto.

Perciò, nessuna falla nel piano perfetto per il raggiungimento dei suoi scopi. Certo, c'era stata quella piccola pecca nella distribuzioni dell'eredità paterna, una quisquiglia che lo aveva privato della Zanna che lo avrebbe reso giusto erede della potenza paterna, ma Sesshomaru non era il genere di persona che si lascia sconfiggere da un simile qui pro quo.
Non era forse sempre stato potente anche senza quella spada? Non aveva forse ottenuto Tokijin, la Zanna che aveva spezzato quella di suo padre, confermando, se ce ne fosse stato bisogno, che l'allievo aveva superato ampiamente il maestro.
Infondo, aveva riflettuto Sesshomaru, di spade che portano devastazione ce ne sono a milioni, ed a milioni ne verrano forgiate. Ma quanti possono vantare il possesso di una Zanna che ridona la vita anzichè toglierla? Di certo, la rarità di quell'oggetto, valeva il sacrificio fatto per ottenerlo.

Facendo questo bilancio del suo passato, Sesshomaru si passò una mano nei capelli argentati e osservò le figure addormentate a pochi metri da lui, pallide sotto la luce fioca della luna.
Certo il suo piano era stato perfetto fino al momento in cui l'aveva incontrata.
Da quel momento in poi, qualcosa si era fatto strada lentamente all'interno della sua integra persona, qualcosa di stranamente tiepido, quasi irradiante un piacevole tepore.
Era colpa di quel qualcosa se si trovava in quel grosso guaio, ne era certo. Colpa di quel qualcosa se si era pentito, per la prima volta in vita sua, delle sue scelte e se non sopportava più le regole che si era imposto.
Il muro di ghiaccio che separava il rigido cuore del principe dal resto del mondo non si era sciolto, no, resisteva ad ogni colpo.
Ma una manina, piccola, tiepida, gentile, appoggiandosi ad esso lo aveva lentamente ammorbidito ed i raggi di un pallido sole ora in qualche modo trapelavano fino all'animo assopito della creatura spaventandolo.
Possibile che il suo cuore, dopo centinaia d'anni di silenzio, avesse improvvisamente fatto sentire chiaramente l'eco di un battito?
  
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