Altra fic
estremamente vecchia. L’ho risistemata un pochino, corretta e ora ve la posto.
Spero apprezziate!^^
Tiensen
I
Una cappa di calore insopportabile
aleggiava nella palestra appesantendo l'atmosfera e rendendo quasi impossibile
ogni passo.
L'estate era giunta e aveva portato
con se torrida afa che rendeva ogni respiro un impresa. Chiunque cercasse
refrigerio doveva starsene chiuso in casa di fronte a un condizionatore o un
ventilatore, ma, questa fortuna, non era data a tutti:
“Oggi fa un caldo
insopportabile!”sbuffò Ayako facendo sollevare un ricciolo scuro umido
scivolato alla stretta coda alta.
Sospirò nuovamente cercando un po'
di refrigerio sventolando il ventaglio nel tentativo di farsi un po' di aria
per alleviare quel senso di soffocamento intollerabile che la avvolgeva.
Non stava facendo nulla, eppure la
pelle era accaldata e umida e la maglietta bianca le si appiccicava addosso
come una seconda pelle rendendo insopportabile indossarla.
Sbuffò con insofferenza osservando
il sole fin troppo luminoso che splendeva in cielo.
Si lasciò cadere pesantemente sulla
panca incapace di reggersi in piedi, osservando i giocatori dello Shohoku
correre per la palestra in un lago di sudore.
Quelle mattina l'afa era talmente
insostenibile che i suoi scapestrati compagni aprivano a malapena bocca e i
loro passi erano strascicati e stanchi. Neppure Hanamichi aveva ancora sprecato
fiato per proclamazioni di genialità né per attaccare briga col gelido Rukawa.
Inutilmente la manager dello Shohoku
tentò di rinfrescarsi tamponandosi la pelle con una bottiglietta di acqua
fredda, mentre le tempie le pulsavano inferocite per l'incessante frinire delle
cicale che quella mattina sembravano essere più numerose che mai.
Il silenzio esausto e carico di
nervosismo a causa del gran caldo era interrotto dallo stridere delle suole
delle scarpe sul parquet e dal rimbalzare sordo della palla sul campo.
Insopportabile.
L'afa rendeva tutti nervosi, ma
tutti altrettanto esausti da non riuscire a sfogare i nervi.
“E stai più attento, cretino!”
sbottò Ryota quando Hanamichi, nel tentativo di impossessarsi della palla, gli
aveva colpito la mano.
“Taci, nanerottolo nevrastenico!”
sbottò piccato provando invano ad asciugarsi il sudore che gli colava sul volto
col dorso della mano altrettanto fradicio. Miyagi sbuffò insofferente senza
rispondere.
Ayako li guardò con pietà: quei
colossi erano stremati,e quel testardo del Gorilla ancora li faceva giocare!
L'allenatore aveva chiaramente detto
al capitano di non allenarsi in quella settimana fin troppo afosa, ma quello
stupido non aveva sentito scuse: gli allenamenti dovevano continuare.
Peccato che quella temperatura
rendesse gli esercizi impossibili.
La manager guardò preoccupata
Hanamichi: era tornato da poco dalla riabilitazione e nonostante sembrasse non
aver dimenticato nulla di quello appreso, il suo fisico era notevolmente
indebolito.
Lo osservò stiracchiarsi la schiena
stancamente e massaggiarsi le spalle con volto corrucciato da un probabile
fastidio alla schiena.
“Akagi!” sbottò seccata la manager
chiamando il capitano il quale la guardò stupito, ma, vedendo la sua
espressione risoluta, si avvicinò a lei dichiarando qualche minuto di pausa che
fu accolto da sospiri di sollievo.
“Cosa vuoi?” chiese cupo prendendo
una salviettina detergendosi il volto mentre il resto della squadra andava
negli spogliatoi a rinfrescarsi.
“Credo sarebbe meglio smetterla:
Hanamichi è distrutto, lo sai che non deve esagerare,e poi con questo caldo è
impossibile allenarsi! Finiranno per scannarsi per il nervosismo!”
“Non ci penso neppure! Abbiamo...”
“Oh al diavolo i campionati!!!” urlò
esasperata da tanta cocciutaggine “ Non sarà certo una settimana di pausa a
debilitare la squadra! Akagi, sono stremati! Non puoi costringerli ad allenarsi
in queste condizioni, finiranno per odiarlo questo sport se continui a
pressarli senza sosta!” Il capitano non ebbe modo di rispondere dato che la
voce di Hanamichi irruppe nella conversazione:
“'Fanculo!!”
urlò furioso il rossino osservando bieco la palla rimbalzare sugli spalti dopo
un suo tiro dalla forza non calibrata.
“Hanamichi cosa...”
“Ayako, non sono stanco, posso
farcela. Sono il Tensai dopotutto!” esultò con un
sorriso furbo diverso dal solito da sbruffone.
“Do'hao..” borbottò Rukawa entrando
in campo.
“Baka Kitsune! Se non facesse così caldo ti smonterei di botte!”
borbottò cominciando a salire le scale degli spalti per recuperare la sfera
arancione sfuggita al suo controllo.
“Hn...”
sbuffò Rukawa con gli occhi al cielo.
Faceva davvero troppo caldo anche
per azzuffarsi.
Sakuragi si inerpicava
svogliatamente sulle gradinate: ovviamente l'infida palla era finita nei posti
più alti oltre la ringhiera. Sbuffò pigramente mentre pensava che nonostante
l'afa era divertente trovarsi ancora lì, tra i suoi compagni di squadra.
Gli erano mancati quei momenti
quando era in clinica. Anche se le passeggiate in spiaggia erano rilassanti,
stare sempre chiuso nella sua stanza asettica e incolore sotto lo sguardo dei
medici che lo studiavano come una cavia era opprimente.
Il caldo era insopportabile, ma un
brivido freddo lo percorse al ricordo dei giorno trascorsi in vera e propria
cattività.
Si voltò ad osservare la sua
squadra: il Gorilla ancora litigava con Ayako, Miyagi le dava man forte, Mitsui
discuteva anch'esso con il Gorilla sostenendo che le parole del signor Anzai non potevano che essere sacre, Kogure faceva da
paciere e poi, c'era lui: Kaede Rukawa. Hanamichi lo fissò sospirando mentre il
volpino era intento a tirare a canestro e sembrava che nulla di quello che
avveniva in quella palestra fosse affare suo, neppure il caldo soffocante!
“Eccerto
che non ha caldo! E' un frigorifero!” mugugnò arrivando fin dove si trovava la
palla chinandosi ad afferrarla. Gemette infastidito dal pizzicore alla schiena
portandosi una mano al dorso. Anche attraverso la maglietta, poté avvertire con
le dita il solco della cicatrice che si era procurato con l'intervento alla
schiena: l'avevano operato due volte.
Questo ovviamente non l'aveva detto
a nessuno, solamente Anzai ne era a conoscenza e
aveva promesso di non farne parola agli altri.
“Ayako mi tirerebbe il collo se lo
sapesse...” constatò rabbrividendo al pensiero della furia omicida della
giovane se avesse saputo degli interventi: considerando la sua vena materna e
protettrice l'avrebbe costretto a letto e non l'avrebbe lasciato toccare un
pallone.
Sorrise: Ayako gli ricordava un po'
una madre, forse era per questo che nutriva un tale affetto verso di lei. Un
affetto che non era solo amicizia e neppure amore. Era più una sorta di
ammirazione e di dolcezza che gli faceva vedere in quell'esile figura dalla
forza prorompente la figura materna che gli era sempre mancata.
“Ti muovi Hanamichi?” lo rimbrottò
Miyagi riscuotendolo dalle sue elucubrazioni.
“Arrivo!” rispose secco in procinto
di scendere quando qualcosa oltre la finestra attirò la sua attenzione.
“Ma che...” si avvicinò cauto alla
vetrata tentando di capire gli sbarluccichii nel
cielo all'orizzonte a cosa appartenessero. Lasciò cadere la palla sconvolto
spalancando gli occhi quando comprese.
“Mio Dio..” sussultò sbiancando
indietreggiando terrorizzato. Le enormi vetrate andarono in frantumi, quando uomini
bardati con sofisticate tute vi si scagliarono attraverso con delle
spesse corde irrompendo nella stanza in un frastuono di vetri infranti e grida.
Istintivamente Hanamichi si coprì la
testa con le braccia voltando le spalle alle vetrate.
Non poteva star succedendo davvero!
Non potevano veramente averlo
scoperto!!
“Avanti!” Urlò un uomo in completo
scuro entrando nella palestra con un gruppo di tirapiedi che si sbrigarono a
puntare le sofisticate armi contro Hanamichi “Catturate il Tiensen!!!”
sbraitò ignorando il panico che aveva scatenato.
Hanamichi sentì gli scatti con cui
le armi venivano puntate verso di lui e si guardò attorno cercando una via di
fuga.
Non ci voleva! L'avevano trovato!
Era decisamente nei guai.
Non solo lui rischiava grosso, ma
soprattutto i suoi compagni correvano rischi non indifferenti.
Rovistò nei meandri della sua mente
cercando di ricordare qualcosa riguardante le armi impugnate dai cecchini per
sapere quanto letali e terribili fossero, ma non trovò nulla.
Evidentemente i fucili erano di
ultima generazione, creati appositamente per la cattura di esseri come lui.
Si chiese distrattamente perchè
l'uomo sprecasse tanti fondi per creare armi per catturare loro, dopotutto
avevano vissuto insieme per millenni senza che gli esseri umani sapessero della
loro esistenza e, tutto ad un tratto, scoperta la loro presenza, li cacciavano
e li catturavano come se volessero distruggere il pianeta.
La verità è che l'uomo era avido di
fama e gloria e studiare un Tiensen avrebbe per un
po' placato la loro bramosia.
“Merda!” imprecò violentemente
quando, guardandosi istericamente intorno, non aveva trovato via di fuga.
Quelle specie di soldati erano
vestiti con pesanti e robuste divise nere come la pece, visiere fantascientifiche
e fucili sofisticati.
“Che cosa succede?!” strepitò
istericamente Ayako. Il respiro concitato dei ragazzi che osservavano sconvolti
e terrorizzati qualla marmaglia di uomini armati fino
ai denti che puntavano le loro sofisticate armi verso Hanamichi.
Akagi tentò di comportarsi
diplomaticamente, anche se la sua voce tradiva una nota di panico: “Si può
sapere cosa sta succedendo e cosa diavolo volete?”
L'uomo vestito in completo elegante
scuro rise con scherno mentre gli occhi neri rilucevano di brillante
soddisfazione. I capelli brizzolati scuri erano in contrasto con la pelle
olivastra e i lineamenti squadrati e duri distorti in un ghigno.
“Cosa voglio?” ripeté mellifluo.
“Voglio lui!” rispose semplicemente alzando il braccio indicando il rossino che
fissava torvo e furioso con le mani alzate in segno di resa gli uomini che lo
minacciavano coi fucili.
“Con tutto il rispetto dovuto al suo
rango, Man in Black” lo schernì stizzito Hanamichi
“Perchè non va a farsi... che ne so...” si finse pensieroso “...a farsi
fottere?” concluse sarcastico. A punizione della sua battuta la canna di un
fucile puntata alla sua schiena premette con più forza sulla sua colonna
vertebrale.
“Noto che la nostra cavia ha un bel
caratterino!” sghignazzò esaltato dalla sfida che gli si prospettava di fronte.
“Cavia tua sorella! Falli su di te i
tuoi esperimenti del cazzo!” rimbeccò alquanto offeso l'interpellato.
La situazione stava precipitando.
Decisamente, stava precipitando. Non
poteva reagire apertamente o quegli uomini avrebbero potuto sparare ai suoi
compagni.
E finché non conosceva il potenziale
di quei fucili non poteva fare mosse avventate.
Una goccia di sudore percorse la
schiena umida inglobando in se le piccole stille salate fino ad infrangersi
sulla stoffa costretta contro la sua pelle dalla canna del fucile.
Il caldo era soffocante.
Le tempie gli martellavano
furiosamente.
Nonostante la situazione precaria in
cui si trovava, sentiva le palpebre appesantiti dalla debolezza data dal caldo.
Il sudore gli bruciava gli occhi e i
suoi nervi stavano pericolosamente vacillando.
Non ne poteva più! Non potevano
quegli uomini irrompere li pretendendo di portarlo in chissà quale laboratorio
per studiarlo come una cavia.
“Cosa.. diavolo...?” balbettò Mitsui
osservando un tiratore accucciato poco lontano da lui con il fucile puntato su
Hanamichi.
“Avanti ragazzino! Ora con calma
scendi e vedrai che non ti sarà fatto del male.” lo blandì soddisfatto l'uomo
accendendo un sigaro con fare vittorioso di chi sta pregustando la sua più
grande conquista.
Hanamichi chiuse gli occhi. Non
avrebbe dovuto farlo davanti a loro, ma non poteva fare altro.
Non aveva altra scelta.
Avrebbe cancellato poi la loro
memoria.
Si sentì un verme per quel pensiero:
i loro amici, la sua 'mamma'... ingannarli così. Entrare nei loro più intimi
pensieri per rimescolarli, modificarli in modo da crederlo il solito idiota
Sakuragi.
Per quanto la cosa risultasse strana
gli dispiaceva soprattutto per Rukawa. Lui era l'unico con cui aveva un rapporto
particolare: se le davano sempre ma era un modo unico per comunicare, qualcosa
solo tra loro due.
Scosse la testa cercando di
eliminare quel pensiero assurdo e così facendo piccoli diamanti salati si
liberarono dalla ragnatela di fili di seta rossi.
A quel gesto barcollò leggermente,
vittima di quell'afa opprimente.
“Avanti muoviti!” lo incitò
malamente il soldato che gli puntava il fucile alla schiena incoraggiandolo con
un ulteriore colpo di canna.
Hanamichi sentiva il suo potere
ruggire nelle vene, la rabbia divorargli le interiora.
Il caldo era troppo intenso perchè
potesse mantenere il sangue freddo.
Il pulsare frenetico delle tempie
era decisamente insostenibile.
La canna del fucile era rovente e
puntata contro la sua schiena e aveva le braccia stanche, a forza di tenerle
sollevate.
Il sudore che colava sul suo corpo
gli creava un prurito fastidioso, quasi odioso.
Il fetore di gomma e polvere da
sparo gli irritava i nervi.
E allora, esplose usando la sua rabbia.
Con uno scatto si voltò colpendo il soldato con un pugno e facendolo cadere
pesantemente al suolo. Ignorò l'urlo dei suoi compagni che videro i cecchini
puntare i fucili su di lui caricando il colpo con un rumore metallico.
“Non fare idiozie!” urlò l'uomo che
sembrava aver perso la sua calma.
Inutile.
Hanamichi senza dare il tempo ai
cecchini di reagire, scavalcò il parapetto dandosi slancio col piede sulla
ringhiera, cadendo a volo d'angelo verso il suolo.
Ayako urlò terrorizzata mentre la
squadra tratteneva il fiato.
Ma Hanamichi non toccò terra.
Pochi istanti prima dell'impatto la
maglietta si lacerò mentre dalla schiena spuntarono, spalancandosi nella loro
magnificenza, due ali.
Due ali immense e luminose
ma...diverse.
L'ala destra era bianca come il
latte, fatta di soffici piume che si libravano nel cielo come piccoli batuffoli
di cotone.
Splendida e incantevole come erano
descritte le ali degli angeli.
La sinistra, all'opposto, nera come
la pece, scheletrica e demoniaca.
Cuoio scuro che ricordava le ali dei
diavoli dell'inferno.
In quel momento sembrava che tutta
la palestra avesse trattenuto il respiro.
Come se il tempo si fosse fermato a
contemplare quella splendida creatura dalle ali così particolari e ipnotiche.
Rimasero in silenzio a rimirare
l'essere dai capelli ancora più rossi del solito mentre il suo corpo scolpito
si inarcava aggraziato come una sirena che emerge dalle onde.
La luce bollente del sole sembrava
catalizzata tutta su Hanamichi, facendo risplendere le sue ali lasciando sulla
sua pelle dorata riflessi luminosi e tenebrosi che si infilavano in ogni
insenatura a sottolineare ogni muscolo guizzante sotto la sua pelle.
Ogni millimetro del suo corpo
risplendeva di tenebra e di luce accarezzato con riverenza da quella luce che
lo faceva sembrare un dio caduto in terra.
La maglia sbrindellata cadde a terra
con un fruscio quasi impercettibile, rompendo così la polla di estatica
ammirazione che avvolgeva la palestra.
“Kami sama...” ansimò Miyagi di fronte a tale spettacolo.
Il respiro uscì prepotente dai
polmoni riprendendo il suo corso naturale mentre le ali del giovane si
spiegavano a frenare la caduta libera in cui si era lanciato.
La brusca stoppata causò un leggero
vortice d'aria che avvolse il giovane in una trasparente crisalide che fece
sollevare le ciocche fulve dalla fronte a svelare le due polle di oro liquide,
iraconde.
L'uomo in nero si riscosse a viva
forza dallo shock in cui era caduto, quando lo sguardo furioso del rossino si
posò su di lui.
Quello non era un tiensen qualunque.
Un Ibrido. Forse l'unico esemplare
esistente al mondo.
Si ridestò dai suoi pensieri,
quando, con la stessa velocità di un fulmine, il giovane sfrecciò verso
l'uscita della palestra dandosi lo slancio con un solo, possente battito d'ali.
“Muovetevi branco di idioti!
Prendete l'Ibrido!” urlò furioso mobilitando il suo esercito che puntò le armi
su di lui sparando.
“Noooooo!!!!”
Urlò Mitsui protendendosi in avanti per fare chissà cosa, ma la presa ferrea di
Rukawa lo fermò.
“Fermo, e osserva” sentenziò gelido
mentre il tiratore da tre punti lo osservava allibito. Fece ciò che gli venne
detto e sussultò come i suoi compagni prima di lui avevano fatto: i proiettili
non raggiunsero Hanamichi. Come se ci fosse un muro di gelatina a fermarli, le
pallottole rallentarono fino a fermarsi del tutto, cadendo a terra inermi come
piccole biglie metalliche.
Hanamichi intanto era sempre più
vicino alla porta.
“Non passa..” ansimò Ayako col cuore
in petto che martellava furioso, me mani portate concitatamente alle labbra e i
suoi occhi scuri spalancati all'inverosimile mentre la consapevolezza che
quello spazio era troppo piccolo le si mostrava di fronte.
“Non ce la farà! Catturatelo!!” urlò
strepitando l'uomo.
Ma Hanamichi ghignò soddisfatto
osservando la porta avvicinarsi a velocità sorprendente.
“Sciocchi...” biascicò nell'istante
esatto in cui la sua figura attraversò la porta mentre le sue ali si ritiravano
altrettanto velocemente come erano comparse, permettendogli di attraversare lo
stretto varco.
Tutto accadde nel giro di una
manciata di istanti: Hanamichi oltrepassò a mezz'aria la porta verso la
libertà, ma una volta varcata, la gravità richiamò a se il suo corpo facendolo
abbassare bruscamente verso il suolo. Ma nuovamente le due enormi ali di luce e
tenebra si aprirono dalla sua schiena facendogli riprendere quota lasciando
solo che le dita della mano destra, tese verso il suolo, ne sfiorassero la
superficie bollente per poi seguire Hanamichi verso il cielo.
“Muovetevi!!! Non lasciatevelo scappare!
Catturatelo! Vivo o morto IO lo voglio!!” strepitò isterico l'uomo isterico
mentre assisteva al fallimento del suo piano.
I ragazzi della squadra corsero
fuori a vedere se il loro amico fosse riuscito a scappare.
Il sole di quell'estate afosa li
abbagliò all'uscita dalla palestra quando volsero le loro attenzioni al cielo
terso in cerca del rossino.
Si ripararono gli occhi con le mani
osservando i raggi dispettosi rilucere fin troppo luminosamente impedendogli la
vista.
Differentemente da loro, i soldati
con la visiera non erano infastiditi da tanta luminosità e puntarono con
precisione le loro armi esplodendo colpi letali verso Sakuragi.
Hanamichi si girò di scatto
nel'udire l'esplodere dei colpi dei suoi aguzzini.
“Merda...” imprecò sommessamente
spalancando al massimo le enormi ali e protendendo le mani di fronte a se e
osservò quasi soddisfatto i proiettili infrangersi contro la barriera creata
cadendo verso il suolo.
Non voleva ammetterlo a se stesso,
ma aveva paura.
Se lui fosse scappato quella specie
di scienziato avrebbe potuto fare del male ai suoi compagni pur di farlo
tornare.
Era stato un enorme errore quello di
scappare usando il suo potere. Avrebbe fatto meglio a farsi catturare e poi,
una volta nel laboratorio, fuggire e cancellare loro la memoria.
Ma quando era li dentro, quel caldo
asfissiante e la tensione gli avevano fatto perdere il controllo.
Guai a loro se provavano anche solo
a sfiorare con un dito la sua squadra! E se poi osavano torcere un capello a
Rukawa lui...
Ma che andava a pensare?
Non era quello il momento di...
I suoi pensieri andarono in frantumi
nell'incontrare due pozzi blu che da terra lo osservavano pieni di...ansia?
Rukawa, Rukawa lo stava guardando.
Uno sguardo intenso e pieno di preoccupazione nelle iridi blu come la notte.
I loro sguardi si fusero.
Un mare di oro e un mare in tempesta
che si fondevano insieme.
Hanamichi sentì il cuore pulsare nel
petto come mai aveva fatto prima.
Sentì sudore freddo percorrergli la
schiena lanciando brividi in tutto il suo corpo.
Avvertì distintamente qualcosa
spezzarsi in lui. Il fiato gli si mozzò in gola catturato come era da quello
sguardo così intenso.
Sentì le sue membra tremare quasi si
stessero tendendo per raggiungere quegli occhi, come se il suo corpo non
bramasse altro che fondersi con quell'essere dalla pelle diafana e quelle iridi
tentatrici.
Spezzò bruscamente il loro contatto
visivo avvertendo con terrore che le pallottole sparate dai sicari stavano
attraversando la barriera.
“Cosa...?” non ebbe il tempo di
porsi domande che con sommo orrore vide la barriera scomparire e i proiettili
riacquistare velocità verso il suo corpo.
La crivellata di colpi lo colpì in
pieno, mentre le ali si laceravano colpite.
Hanamichi sentì le palottole dilaniare le sue carni mentre la consapevolezza
di cosa fosse successo sopraffece per un istante il dolore lancinante.
Il tabù degli impuri.
La condanna degli Ibridi.
Sentì le forze abbandonarlo e le
palpebre farsi pesanti mentre i suo corpo si inarcava con un urlo muto che la
sua gola non era riuscita a lanciare.
Non era successo davvero.
“Non può essere...” ansimò con un
ghigno incredulo prima che il suo mondo diventasse nero e il suo corpo privo di
sensi precipitasse verso l'impatto col suolo.
Rukawa strinse i pugni con tutta la
forza che aveva conficcandosi le unghie nella carne per l'ansia.
Era sconvolto.
Non tanto per la natura del rossino,
anzi, per quello era rimasto piacevolmente sorpreso, ma per la sua abilità.
Volare in modo tanto agile con due
ali totalmente diverse, non era facile, anzi, era cosa quasi impossibile.
Non ne sapeva molto di Ibridi, anzi,
praticamente nulla.
Aveva solo distrattamente prestato
orecchio alle spiegazioni della madre a riguardo, non gli era mai interessato
molto l'argomento. Le uniche cose che ricordava era che gli ibridi erano molto
rari, non perchè non ne nascessero, ma perchè i più morivano in giovane età.
“Forza do'hao...” sussurrò a denti
stretti osservando le mirabolanti prodezze con cui Hanamichi schivava ogni
colpo.
Voleva aiutarlo, avrebbe
sinceramente voluto, ma avrebbe rischiato di mettersi anch'egli in enormi guai:
avrebbe scatenato un putiferio.
La sua coscienza e la sua razionalià stavano facendo letteralmente a botte.
Sentiva il potere ruggire nelle vene
furioso come mai era stato, potente come mai l'aveva sentito.
Trattenne il fiato quando Sakuragi
si voltò di scatto innalzando la barriera.
“Do'hao... scappa!!”sibilò quasi
implorante.
Vide con il cuore in gola le
pallottole infrangersi contro la sua barriera.
Vide Hanamichi con uno sguardo
preoccupato, arrabbiato, quasi pentito.
Lo vite scuotere la testa prima che
quei caldi occhi nocciola si soffermassero nei suoi.
In quel momento sentì un'energia
inspiegabile diffondersi in lui.
Osservò quegli occhi enormi
spalancarsi ancora di più.
Anche a quella distanza vide le
pagliuzze dorate che davano allo sguardo una calda tonalità nocciola.
Vide un mare di cioccolato caldo
tingersi d'imbarazzo e stupore.
Bramava un contatto con lui.
Non desiderava altro che fondersi
con quegli occhi dorati.
Annullarsi in loro.
Quegli occhi erano magnetici,
profondi.
Segnati da una forza straordinaria
velati di tristezza e paura.
Quegli occhi brillanti splendenti
della luce della vita.
E poi lo vide.
Qualcosa spezzarsi drasticamente.
Qualcosa spegnersi di botto.
Con terrore vide il suo potere
spegnersi e la barriera scomparire.
Con panico osservò i proiettili
colpirlo in pieno, mentre quegli occhi prima che spalancati per il dolore, lo
furono per la sorpresa.
Lo vide mormorare qualcosa e perdere
dolorosamente i sensi.
Osservò impotente la sua caduta
libera verso il suolo con l'ala candida macchiata di sangue.
Ad ogni metro la sua anima si
lacerava urlando.
Un angelo candido che dal cielo
cadeva all'inferno.
Continua…