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Autore: Mekkatorqueen    14/02/2020    2 recensioni
-La prego non glie lo dica!
La vocetta acuta e singhiozzante del giovane grifondoro zittì tutti.
-Come prego, dire cosa?
Neville tirò su rumorosamente col naso, ancora scosso e tremante.
-V-v-vi p-p-prego n-n-non ditelo a nessuno, f-farò qualunque cosa, starò in punizione per t-tutto l’anno prossimo, n-non volevo f-f-f…
-Cerca di rilassarti- disse incoraggiante Lupin, tornando a cingergli le spalle -e non avere paura di dirci nulla. Stiamo solo cercando di capire, siamo dalla tua parte.
-G-giuro n-non volevo, m-ma…vi prego, non ditelo a mia nonna che ho provato a…n-non avevo più voglia di…
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Neville Paciock, Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Remus strizzò appena gli occhi quando le sue labbra vennero in contatto con il liquido asprognolo contenuto nel calice, inspirò e in fine bevve tutto d’un fiato.

-Grazie, Severus. E anche stasera è andata- commentò fra l’ironico e l’allegro, ma Piton non sorrise. Rimanendo immobile come pietra, osservò il vecchio compagno di classe poggiare il calice sul tavolo, darsi una stirata al mantello e alzarsi.

Stava, a tutti gli effetti, caritatevolmente assistendo la salute di uno dei quattro coglioni che un tempo avevano riso beatamente della sua immagine smutandata sottosopra. Lui, uno dei suoi ex bulli, adesso pendeva dal suo aiuto.

-Brrr, non si può certo definire un aperitivo, eh?- continuò a scherzare il professor Lupin sentendo il saporaccio della pozione impastargli la bocca.

-Beh, è tardi, siamo in primavera ed è il periodo delle verifiche e delle interrogazioni, quindi ho un mucchio di compiti che mi aspettano nello studio…a proposito, come vanno le tue lezioni?

Piton inarcò un sopracciglio: ora pure questa?

Sapeva da sempre quanto avrebbe voluto la sua cattedra, eppure il licantropo non si faceva problemi a rincarare la dose.

-Le lezioni procedono- rispose con tono freddo e meccanico.

-Anche se continuo a essere dell’avviso che NON tutti meritino di studiare le fini arti del calderone. Anzi, qualcuno direi che si ostina a farne fuori, di quest’ultimi.

Lupin ridacchiò, ma senza malizia.

-Ti riferisci a Neville?- Piton inspirò dilatando le narici, le spalle ritte ritte.

-Ti pregherei- esordì -di riferirti agli studenti come si conviene, ossia usando il loro COGNOME. Vedi non siamo più a scuola come studenti, adesso e, a quanto pare, siamo dall’altra parte della cattedra.

-Sì, sì d’accordo- fece accomodante il mannaro.

-Ad ogni modo dovresti darti una calmata col ragazzo, sai?

Piton storse il naso.

-Andiamo, era solo un molliccio. E poi non mi meraviglierei, probabilmente gli sarai stato addosso tanto da diventare il suo peggiore incubo e questo è il risultato, no? Se solo tu non avessi calcato la mano a quest’ora questa storia non sarebbe successo e nessuno avrebbe riso di te.

-Molto bene-disse lentamente il maestro di pozioni-stendiamo un velo pietoso su tutta la faccenda e cerchiamo di ignorare per l’ennesima volta che il tutto è partito da te. Sapevi perfettamente di cosa aveva paura il ragazzo e lo hai fatto di proposito. Ma non importa, ignorerò la faccenda- disse facendo l’immane sforzo di restare calmo e non cruciare l’ex compagno di scuola.

-Bene- convenne Remus- direi che allora possiamo ritirarci per la notte, ah, un’ultima cosa, severus…

Severus si fermò davanti alla porta, fra il curioso e lo scocciato.

-Seriamente, vacci piano col ragazzo. Mi fa tanta pena vedere te che torturi te stesso.

Te che torturi te stesso.

Severus si era ritrovato a rimuginare su quelle insensate ma stranamente odiose parole. Cosa intendeva dire? Aveva osato paragonarlo a quella mezza calzetta di Paciock?

Lo avevano tormentato quando cercava inutilmente di riposare la nuca stanca sul cuscino troppo scomodo e sottile.

Lo avevano pizzicato mentre osservava la sua immagine riflessa lavarsi con vigore i denti.

Lo avevano tediato mentre sgridava due bimbetti del primo anno intenti a fare casino nei corridoi con un freesbee zannuto.

Lo avevano scocciato a pranzo, mentre masticava lentamente le sue uova e in fine, alla doppia ora di pozioni, il suo sguardo si pose sull’imbranato e balbettante esserino al quale Lupin aveva osato paragonarlo.

Paciock stava tentando di scastrare un lembo dei pantaloni dai cardini della porta quando la cricca di Malfoy pensò di “aiutarlo”.

-Oh, non preoccuparti, culo di piombo, ti aiutiamo noi!

Detto ciò, il giovane Malfoy schioccò le dita: i suoi due scagnozzi lo immobilizzarono e il biondino gli sganciò la cintura tirandogli di netto le braghe. Per finire Millicent Bulstrode lo spintonò facendolo cadere in avanti a faccia in giù.

Ci fu un immediato scroscio di risa che venne subito interrotto da uno schiocco.

Piton aveva sbattuto il registro sulla colonna, palesando la sua presenza alle spalle dei ragazzi. Ora regnava un silenzio di pietra e tutti gli occhi erano puntati su di lui, come a chiedersi che cosa sarebbe successo dopo.

Malfoy, Tiger, Goyle, mollate immediatamente Paciock. Bulstrode, rendi le tue spalle e i dorsali utili per una volta tanto e riattacca la porta e tu…-disse avanzando minaccioso verso Paciock

-Privaci subito della tua orrida e immonda visione, venti punti in meno a Grifondoro

Il ragazzo aveva un colorito terreo e gli occhi lucidi. Con le mani tremanti, afferrò le fibbie e si tirò su i pantaloni, coprendo i boxer decorati con improbabili e imbarazzanti foglioline verdi.

La lezione procedette come al solito: Granger sempre con la mano alzata, Finnigan che tentava di appiccicare la gomma sotto il tavolo, Parkinson che faceva le fusa a Malfoy e Malfoy che aveva la faccia di avrebbe preferito farselo tagliare piuttosto che uscire con una come quella.

Camminava a passo lento fra i tavoli, fra i fumi dei calderoni e il bisbigliare dei ragazzi, concentrati sulle loro pozioni.

Te che torturi te stesso.

-Ah…!

Severus distolse lo sguardo dal Paciock, come a voler scansare il fastidioso monito dalla sua testa.

“Davvero, Lupin, credi che io e quello là siamo la stessa persona?” pensò con rabbia.

Severus Piton, esperto in pozioni e difesa contro arti oscure, ex migliore allievo della sua generazione di Serpeverde, ricercatore del dipartimento pozionistico per cure e rimedi della facoltà alchemica, lui era stato paragonato a quello?

Il quello in questione, fra l’altro, pareva essere in una delle sue solite crisi di panico alla oddio-adesso-quale-ingrediente-ci-va.

Lo guardava mentre trafficava frenetico fra una fiala e l’altra, farfugliando sillabe sconnesse sotto voce.

Era troppo.

“Molto bene, Remus.” pensò in un definitivo moto d’ira il professore “ora vedrai quanto assomiglio a Paciock.”

A grandi passi si diresse verso il ragazzo, il quale, al suono di quest’ultimi aveva alzato gli occhi e stava ora attendendo la sua condanna.

-Calcestruzzo, Paciock-commentò aspro girando a fatica il mestolo -ha la consistenza di calcestruzzo. Per diamine, Paciock, cos’hai lì dentro? Abbaiò, mentre il Grifondoro si stringeva nelle spalle.

Ok, Severus, fermati, sei pur sempre un professore…

-Non ti è bastato far entrare qua uno dei più grandi criminali…

Severus, basta… hai già vinto

-Mettermi in ridicolo davanti a tutti? fondere il tuo quinto calderone?

Stop, non lo dire…

-Dimmi ti è rimasto lì dentro un po’ di cervello, oppure…

Non lo dire!

-…oppure dobbiamo far ricoverare anche te?

Merda!

I ragazzi intorno, per fortuna, non colsero l’allusione e continuarono con le loro cose, ormai abituati a questa scena.

Soddisfatto e allo stesso tempo sorpreso della sua perfidia, Piton allontanò il naso ossuto dal ragazzo, tornando dritto.

Se prima Neville era bianco, ora era trasparente.

Tremava, le sue nocche scricchiolavano mentre le sue dita si muovevano frenetiche, con le braccia incollate ai fianchi, la fronte era imperlata di sudore e il sopracciglio destro ballava a scatti. Sembrava sul punto di svenire, poi le sue labbra si mossero.

-D-d-d-d…

E alla fine successe in un nanosecondo; tutta la classe si girò allo sgradevole suono gutturale e subito dopo Severus si ritrovò i mocassini inondati dal pranzo malamente digerito da Paciock. Riconobbe il carpaccio e gli spinaci che quel giorno avevano servito, seguito a ruota dalla macedonia.

Dopo un minuto di silenzio, finalmente il professore parlò:

-Cinquanta punti in meno a Grifondoro per l’inatteso regalo. Stasera nei sotterranei da me, Paciock.

-Immagino sarai soddisfatto, vero?

La morbida poltrona scricchiolò appena mentre Lupin finiva di bere la sua pozione. Piton finì di ripulire il mestolo e lo riappese al muro, insieme agli altri.

-Lo sai cosa ho dovuto fare durante la mia lezione, questo pomeriggio?

-Non lo voglio sapere e non mi interessa

-Ho dovuto spedire Paciock da Madama Chips per farsi dare un calmante. Durante tutta la verifica non ha fatto altro che ticchettare col piede e la gamba, gli tremava il braccio e a fine lezione mi ha consegnato questo.

Lupin mise sotto al naso di Piton una pergamena di quello che pareva essere un compito, ne riconobbe la scrittura, ma le lettere erano tutta tremolanti e arzigogolate.

-Non è colpa mia se l’incapace si ritrova la calligrafia di un medimago.

-Non è questo il punto e tu lo sai…

-Il punto è che tu non devi proprio trattare punti, chiaro?

-Che punizione gli hai fatto fare stasera?

-Come, scusa?

-Ho detto: che tipo di punizione gli hai fatto fare?

Piton smise di riordinare le fiale nello scaffale.

Sospirò.

-Ti ricordi della scorta di barili di rospi cornuti che ho fatto arrivare giovedì scorso?

-Per Morgana, SEVERUS!- esclamò Remus schifato, voltando la testa

-Oh, non è un grave problema, sono sicuro che la signorina Granger conoscerà qualche incantesimo da insegnargli per scrostare tutto il rimanente da sotto le unghie.

-Insisto col dire che non è quello il punto.

-FINISCILA CON QUESTO MALEDETTO PUNTO!

Silenzio.

Remus alzò il calice vuoto, sventolandolo sotto il naso di Severus:

-Hey, calma…qua dentro sono io che ho bisogno di bere questa roba per essere normale. Quindi perché sei tu quello che ringhia?

-Sta’ zitto- sibilò il nero fumando da naso e orecchie, Lupin sospirò stancamente.

-Fa come ti pare, ma sappi che alla fine ci saranno delle conseguenze, sia per il ragazzo (anzi, per lui ci sono già le conseguenze), ma anche per te.

-Il corpo insegnante? Nessuno di voi può-

-Nessuno ti farà niente, non parlo di noi. Le conseguenze te le causerai da solo. Non riesci ad arrivarci da solo? Allora te lo spiego io: non tartassare troppo il nuovo mocciosus se non vuoi del tutto annientare il vecchio, chiaro?

-Fuori dal mio ufficio.

-Ma…

-FUORI!

Il punto, il punto, il punto, te lo do io il punto! Stupido ritardato di un mannaro.

Severus camminava spedito per i corridoi, le pergamene sotto il braccio e la bisaccia di fiale a tracolla. Era sabato e davanti a lui si prospettava un weekend pieno di correzioni e biblioteca.

La sua mano cercò freneticamente qualcosa nella bisaccia.

Di correzioni, biblioteca e Hogsmeade, a quanto pare: aveva di nuovo finito la turpidea e il sudore di gerbillo.

Odiava quel posto, troppo colorato e chiassoso, ma era il punto di rifornimento più a portata di mano.

-Disponetevi in fila, mi raccomando, niente schiamazzi, prego!

La professoressa McGranitt cercava di creare un po’ di ordine fra la piccola folla di studenti visitatori, poi si rivolse a uno di essi.

-Mi raccomando- disse con tono severo -ti ho riammesso alle visite, ma fai entrare un altro criminale nella nostra scuola e allora ti espelliamo direttamente.

Piton guardò Paciock annuire piano a capo chino. La professoressa parve aver recepito e il gruppo, finalmente, si incamminò.

Subito sentì il suo corpo invaso da un’ondata d’odio: gli succedeva ogni volta che vedeva la faccia del ragazzo. Poi subentrava il forte desiderio di ferirlo e dopo, una volta finite le lezioni o le punizioni, Piton si ritrovava come svuotato e disidratato nell’anima. Passava la notte a fare incubi sui compagni che si beffeggiavano di lui ai tempi della scuola, si svegliava alle quattro, come al solito e si riaddormentava con la promessa di farla finita una volta per tutte. Ma il giorno dopo era punto e a capo: nuova perfidia, nuove punizioni, nuova autocommiserazione e nuovi incubi.

Più vedeva quella faccia disperata, più aveva voglia di infierire.

Il gruppo camminò compatto fino all’arrivo delle prime case e solo arrivati all’ingresso del paese, si sciolse in piccoli gruppi e gli schiamazzi e le risa si dissolsero, mescolandosi ai rumori del paese.

-dlindlin-

La campanella di ottone suonò quando il professore di pozioni spinse la porta per entrare nel piccolo emporio di riforniture.

-Aaah, Severus, cosa ti porta qui?

Il rubicondo e baffuto commesso fece il giro del bancone per andare a stringere la mano al professore.

-Non disturbarti, Bolek, sono qui solo per la turpidea e sudore di gerbillo, se ne avete- fece guardandosi intorno. Il negozio era pieno di fiale e barattoli che scintillavano densi di contenuti che andavano dal roccioso al molliccio. Un camaleonte fece capolino fra un contenitore pieno d’occhi e uno di lingue, scrutò Piton e scomparve dopo una veloce linguaccia.

-Sudore di gerbillo, hai detto eh…ho messo i gerbilli a lavoro un’oretta fa’, quindi qualcosa di buono deve esserne uscito, vediamo vediaaamo…

Si avvicinarono ad una teca di vetro illuminata da tre lampade caldissime. Al suo interno, su delle ruote dinamiche, quattro gerbilli marroncini zampettavano lanciati in un jogging sfrenato.

-Muoversi, muoversi, luridi scansafatiche!-li incitò servendosi di un fischietto e una mini bandierina a scacchi.

-Oh, per l’amor del cielo…ogni volta…

Piton si mise una mano in faccia imbarazzato, preferendo non guardare.

-Oooooh, sono già belli lucidi e sudaticci, beh per una fiala direi che può bastare.

Il venditore estrasse una mini fiala dalla tasca, scostò le lampade che illuminavano la teca e puntò la bacchetta:

-Accio sudore!

Lentamente, dalle pellicce madide degli animaletti si sollevarono tantissime goccioline, fino a formare un unico rivolo che si innalzava verso la punta della bacchetta. Con un elegante gesto di polso, il signor Bolek diresse il flusso all’interno della fialetta e la chiuse con un tappino di sughero.

-Per quanto riguarda la turpidea, venga sul retro con me.

Entrarono in un’umida mini serra con una marea di piante accatastate, quasi da far venire la claustrofobia.

-Via, sciò, lasciatemi lavorare!

Bolek scansò un paio di merli e da un grosso vaso espiantò un ciuffo fra il violaceo e il verdastro, tutto terroso e maleodorante.

-Con o senza radici?

-Con radici, grazie. Quanto? Il solito?

-Piccolo sconto oggi, sai ci sono le bancarelle…concorrenza, hehehe!

-B-bancarelle?

-Ma sì, i mercatini temporanei, staranno qua tutto il weekend! Hahahha, se solo penso alle cianfrusaglie e alla robaccia che smerciano! Eppure vendono, eccome se vendono! Pensi che per tenere la concorrenza, questa settimana il signor Regan si è fatto arrivare un pacco di giocattoli di gomma molto strani dal mondo babbano. Hanno delle grosse X sulle scatole e pare che piacciano un sacco ai ragazzi. Si dice che alcuni si muovano o addirittura vibrino!

-Basta, non voglio sapere altro!- lo fermò il professore. Sua madre d’altronde lo aveva cresciuto nel mondo babbano e non era del tutto sprovveduto.

Uscì dal negozio sospirando scocciato. Davvero Mugglemania si era messo a vendere certe robe pur di non chiudere? Dove stavano andando a finire?

Era distratto nei suoi pensieri quando qualcosa attirò la sua attenzione.

Vicino alla fontana, da solo, Paciock si stava tastando le tasche come in cerca di qualcosa. Un paio di serpeverde gli passarono accanto buttandolo a terra e ridacchiando. Poco distante, un gruppetto di grifondoro ignorò la situazione pur avendo visto tutto.

Torna al castello, Severus, hai tutti gli ingredienti.

Severus rimase immobile, mentre guardava Neville rialzarsi, il viso spento e rassegnato.

Basta Severus, fai dietrofront.

Severus mosse un passo avanti, Neville era a una distanza tale che non poteva ancora notarlo, fra un mercatino e un po’ di folla che passava.

Severus, basta con quest’ossessione!

Il ragazzo si dette una spolverata e si incamminò verso una delle viuzze che si diramavano dalla piazzola con la fontana.

Severus, vattene!

A distanza dovuta, Severus Piton incominciò a Pedinare Neville Paciock.

Merda!

Lo seguì in mezzo alla folla, le spalle strette e la schiena curva, mentre evitava le spallate e si stringeva alla sua borsa di pelle. Sui riflessi delle vetrine, l’aria spenta e triste del ragazzino cozzava con le espressioni animate e gioiose della folla. Loro due, a distanza di qualche passo, erano le due uniche pedine grigie in quella scacchiera gioiosamente ed esageratamente colorata.

Seguendo il ragazzo gli ritornò in mente ciò che gli aveva detto Remus: era forse davvero per quello che aveva quest’ossessione malata nel torturare Neville? Ci vedeva davvero se stesso da ragazzo e la paura di rivivere la sua giovinezza riflessa su qualcun altro lo portavano a fare ciò? Forse trattare male Neville era un po’ come un esorcismo scaramantico per dire: “Visto? Io non sono come lui! Lo tratto male perché è una cosa che non farei MAI a me stesso!”

Neville si fermò davanti a Mugglemania, esitante. Camminò avanti e indietro davanti alla porta con gli occhi a terra e le mani in tasca, alla fine inspirò e girò il pomello.

Piton aspettò un po’ prima di entrare, per dare il tempo al ragazzo di addentrarsi fra gli scaffali, poi entrò. Lentamente, Severus passò fra il reparto elettrodomestici e telefoni. Era pieno di cartelli promozionali e come “Compra un ventilatore, ti regaliamo un clacson!” o “Maxisconto su pile e citofoni!”.

Da dietro a uno scaffale, Severus fece capolino da una fila di paperelle di gomma, qualche scomparto più in là, vide il ragazzo avvicinarsi alle famigerate scatole con la X sopra.

Severus trattenne il fiato.

Neville procedette oltre.

Severus tornò a respirare.

Lo perse di vista per un po’, quando finalmente udì chiara la voce del signor Regan, alla cassa:

-Dimmi ragazzo mio, cosa ti serve?

Piton tese l’orecchio, ma proprio in quel momento…

-Hey, questo ventilatore non funziona, non fa aria!- si lamentò un ragazzo.

-Normale, avevo sentito parlare della marca Zeb, dicono faccia schifo!- convenne un compagno.

-Ma veramente ha le pale montate a rovescio!- intervenne un terzo.

Dannazione! Non aveva sentito la richiesta di Paciock!

Si spostò di posizione e finalmente, da dietro una fila di orribili pupazzetti multicolorati vagamente assomiglianti a dei gufi pelosi col becco di plastica, riuscì a vedere di tre quarti Neville e il signor Regan. Sul bancone fra i due c’era una scatola grigia, Neville la fissava attentamente, con lo sguardo un po’ fra il pensoso e il preoccupato. Piton aguzzò la vista, ma sopra pareva non esservi nessuna scritta.

-Ecco qua, un gran bel pezzo, non è vero?

-M-m-ma f-f-funziona davvero?- balbettò a bassa voce il grifondoro.

-Oh, no aspetta, per farla funzionare hai bisogno di questi.

Il signor Regan scomparve sul retro e Neville attese guardandosi nervosamente intorno. Per una frazione di secondo guardò nella sua direzione e Severus si acquattò facendo cadere il cartello vicino ai gufetti che recitava la scritta “Furby al 50%!”

-Aaah, rieccoci qua!

Il signor Regan era tornato con una scatolettina quadrata dello stesso colore della grande e ve la poggiò sopra.

-Ma dimmi ragazzo, per che cosa ti serve?

-V-verifica di b-babbanologia…a-a scuola- farfugliò Neville, ma anziché arrossire, come suo solito, divenne ancora più pallido.

-Molto bene, mi raccomando eh? Ti ricordi tutto quello che ti ho spiegato?

-S-sì…

-Allora siamo a posto- fece Regan prendendo i soldi nella sua mano -e in bocca al lupo per la tua ricerca!

Neville annuì, mise le due scatole in una sacca di tela e si avviò verso l’uscita, facendo di tutto per evitare il contatto visivo con gli altri.

Un paio di grifondoro del suo anno lo urtarono senza salutarlo, ma a Neville non dispiacque, anzi: parve addirittura sollevato dalla cosa.

Bizzarro, pensò il maestro di pozioni, come il ragazzo riuscisse in una delle magie più difficili senza nemmeno usarla, la magia: essere invisibili agli altri.

Lo seguì a distanza fino alla fontana, per poi riprendere la via verso il castello e solo allora Piton realizzò che aveva perso il sabato a pedinare uno dei suoi peggiori allievi, non era riuscito a non farlo e non sapeva nemmeno il perché.

Fantastico.

Lo guardava camminare solo a capo chino, ogni tanto fermarsi e stringersi la sacca al petto mentre si guardava a destra e sinistra. Ora, sulla via isolata verso Hogwartz, era diventato più difficile pedinarlo. Ogni tanto esitava, come se volesse tornare in dietro e riconsegnare il pacco a Regan, ma poi inspirava e, quando vedeva le sue spalle riabbassarsi, procedeva col cammino.

Neville deviò verso la capanna del guardiacaccia, la oltrepassò e arrivò all’ingresso della foresta proibita.

Ma che diavolo aveva in mente?

Fortunatamente Neville si fermò ai primi alberi, ne scelse uno e si inginocchiò posando la sacca. Da dietro un tronco Severus lo vide, tremante e sudato nonostante avesse fatto un cammino tranquillo.

Era pallido e i suoi occhi lucidi.

Dalla sacca, con mani tremanti e tirando su col naso estrasse quello che sembrava un album fotografico. Severus vide il ragazzo sfogliarlo lentamente mentre ogni tanto si passava il dorso della mano sulle guance imperlate di lacrime. Se lo strinse al petto e lo rimise nella sacca, inspirò profondamente ed estrasse la scatola.

Stette un po’ di tempo a guardarla, metterla e rimetterla nella sacca indeciso. Alla fine la aprì e Piton colse un argenteo scintillio provenire da dentro.

Neville mise una mano dentro e, ad occhi chiusi, mosse freneticamente le labbra, balbettando qualcosa di non udibile a quella distanza e sempre più scosso dai tremori.

Prese la scatola più piccola e Piton rivide lo scintillio di prima.

Se si fosse avvicinato si sarebbe fatto vedere e questo Severus non lo voleva.

Versato il contenuto metallico nella scatola più grande, Neville incominciò ad armeggiare. Da lì non riusciva a vedere il contenuto.

Una cosa era chiara: anche se ancora non era riuscito a vederlo, quello non era di certo un oggetto per la ricerca di babbanologia.

E poi, finalmente lo vide.

Con le mani ormai fuori controllo e scosso da forti singhiozzi, Neville estrasse l’oggetto, saldamente impugnato nella mano destra e Severus rivide il forte scintillio argenteo di prima, mentre il ragazzo appoggiò la fredda superficie metallica contro la sua tempia, ad occhi chiusi.

Poi avvenne tutto come a rallentatore: Piton si alzò di scatto dal cespuglio vicino al tronco, la bacchetta puntata, sentendo già l’urlo partire dai polmoni, passare per la gola ed infine squarciare il silenzio nell’aria:

-ACCIO PISTOLA!

L’oggetto schizzò via dalla mano sudaticcia del ragazzo, roteò in aria per poi atterrare nell’erba, in mezzo a loro due.

Con un calcio Severus la allontanò ulteriormente e corse verso Neville, il quale era rimasto in ginocchio, gli occhi sbarrati e la mano ancora alzata.

-Razza di sconsiderato, folle e incompetente di un grifondoro, alzati subito!- ringhiò troneggiando sopra la sua figura inginocchiata, i suoi occhi erano ancora spalancati e il ragazzo non si mosse di un millimetro.

-Alzati ho detto!-abbaiò, ma ancora niente.

Con forza lo agguantò da sotto le ascelle e solo allora Neville parve collaborare, ma lo fece in modo meccanico e abulico.

-Non hai idea, IDEA della quantità di burocrazia e scartoffie a cui si andrebbe in contro se uno studente tirasse le cuoia in territorio scolastico, CAMMINA.

Piton si sentiva tremare, pronunciava con rabbia quella che doveva essere una classica ramanzina, ma molto probabilmente le parole dovevano arrivare ovattate al ragazzo e, con un certo stupore, si rese conto che arrivavano insignificanti e ovattate anche a lui.

Camminavano a grandi passi mentre Severus stringeva con forza il braccio di Neville, il quale si lasciava condurre con il solito sguardo demente, perso nel vuoto. Era bianco come un lenzuolo e aveva le ciocche di capelli appiccicate alla fronte.

Tutti e due, in un silenzio di piombo, percorsero il sentiero fino al parco e le serre, arrivarono al portone, attraversarono la sala grande dove un paio di persone si girarono incuriosite bisbigliando, stavano per imboccare le scale, quando…

-Severus!? Si può sapere cos’è successo?

Piton si bloccò, rizzando le spalle e girandosi. Dietro di loro, con un fresbee zannuto sotto braccio e un altro paio di oggetti ritenuti vietati in mano, c’era la professoressa McGranitt e un paio di ragazzini del primo anno.

-Cornwell, Peterson, mi spiace ma questi li prendo io…potete andare.

I due ragazzetti si volatilizzarono balbettando qualche scusa e ora rimasero solo loro tre.

-Tutto a posto, signor Paciock?...Paciock?

Minerva sventolò una mano davanti alla faccia del ragazzo, che non reagì minimamente.

-Severus, posso sapere che cosa ci fate insieme e perché Paciock ha smesso di funzionare?

-A quanto pare il cretino qui ne ha combinata un’altra delle sue, occorre scortarlo in infermeria. Ah, a proposito, credo che a breve un negozio di Hogsmeade sarà costretto a chiudere.

-Ma cos…

-Mmmh…

Gli occhi attenti di madama Chips indagavano sul viso pallido e lucido del giovane grifondoro. Neville, la divisa stropicciata, la cravatta allentata e le gambe ciondoloni, era seduto su una branda con gli occhi fissi, sempre persi, a un centimetro dal naso adunco di madama Chips. Quest’ultima aveva provato a schioccare le dita senza successo per quasi un minuto e solo ora il ragazzo aveva iniziato piano piano a reagire.

-Un sorso d’acqua, Paciock?-propose la donna porgendo al ragazzo un calice. Timidamente il ragazzo annuì, mentre la sua mano tremolante prese tremolante il calice per portarlo alle labbra.

-Situazione critica, mai avrei potuto pensare che un negozio di Hogsmeade, pur di battere la concorrenza si mettesse a vendere diavolerie simili- commentò preoccupata Minerva, rigirandosi la pistola fra le mani.

-Già- convenne la medimaga -di questo passo non sapremo più quali altre armi potrebbero arrivare a vendere.

Non fecero in tempo ad aggiungere altro che la porta si spalancò.

-Dov’è? Fatemelo vedere subito!

Il professor Lupin attraversò di corsa il corridoio fino a raggiungerli.

-Madama Chips mi ha subito mandato un messaggio…dovresti vergognarti, Severus, qualunque cosa tu abbia fatto HAI PASSATO IL LIMITE!

-Calmiamoci!- intervenne la McGranitt

-Per ora abbiamo una priorità, ossia che Neville ritorni ad avere a pieno tutte le sue funzionalità.

Ma Remus la ascoltò solo a metà: cinse subito con fare paterno le spalle del ragazzo e gli passò una mano sulla fronte.

-Neville- sussurrò col tono più calmo e rassicurante che gli potesse venire -non preoccuparti, a noi puoi dire cos’è successo. Sappi che non ti succederà niente, lo promettiamo.

-Parla per te!- ribattè acido Piton

Neville si girò verso Lupin, stavolta con lo sguardo un po’ più lucido di prima.

-Se ci dirai tutto Madama Chips saprà come aiutarti al meglio.

Passarono alcuni minuti di silenzio in cui la professoressa McGranitt estrasse il contenuto della sacca.

-Allora, dunque…- incominciò -Un album fotografico con…oh!

-Aspetta, la raccolgo io.- si offrì la Chips raccogliendo lo strano pezzo di carta.

-Un incarto di bolle bollenti?

Sembrava molto vecchio e stropicciato, infatti i colori erano sbiaditi e la grafica sembrava essere quella di parecchi anni fa.

L’album aveva, sì, qualche foto di famiglia, un paio di disegni di qualche pianta rara, ma era per lo più costellato di centinaia di incarti simili, tutti diligentemente incollati con data e luogo sotto ognuno di essi.

-Questa?

La piccola scatolina conteneva strani piccoli oggetti metallici a base cilindrica e punta affusolata.

-Proiettili babbani?- commentò stupito Lupin prendendone uno in mano.

-E per finire…questa- concluse Piton con tono calmo e severo, sfoderò la bacchetta e diede un veloce movimento di polso. Tutti guardarono esterrefatti l’arma galleggiare piano nell’aria e arrivare fra le mani di una sconvolta Minerva.

-I-io non…io non so cosa…ragazzo mio cosa diavolo stavi cercando di fare con questo marchingegno? Ma soprattutto ti rendi conto del suo utilizzo? Evidentemente no, in quanto purosangue, ma…

-La prego non glie lo dica!

La vocetta acuta e singhiozzante del giovane grifondoro zittì tutti.

-Come prego, dire cosa?

Neville tirò su rumorosamente col naso, ancora scosso e tremante.

-V-v-vi p-p-prego n-n-non ditelo a nessuno, f-farò qualunque cosa, starò in punizione per t-tutto l’anno prossimo, n-non volevo f-f-f…

-Cerca di rilassarti- disse incoraggiante Lupin, tornando a cingergli le spalle -e non avere paura di dirci nulla. Stiamo solo cercando di capire, siamo dalla tua parte.

-G-giuro n-non volevo, m-ma…vi prego, non ditelo a mia nonna che ho provato a…n-non avevo più voglia di…

Ma i tremiti e i singhiozzi erano troppi e Neville si coprì il viso disperato, mentre Lupin gli massaggiava la schiena.

Piton sospirò prima di prendere parola per spiegare loro la situazione e, dopo una breve descrizione, concluse:

-…ed è per questo che credo che gli affari di Mugglemania non dureranno oltre il prossimo mese, se sporgiamo subito denuncia.

Poppy e Minerva avevano ancora le mani alla bocca e gli occhi spalancati. A Minerva soprattutto sembrò risvegliarsi da un brutto sogno: come aveva fatto a non accorgersene? Il nipote della sua migliore amica aveva davvero tentato di suicidarsi? In effetti, in tre anni di scuola, non lo aveva mai visto sorridere troppo o socializzare e parlare se non per cose basilari come “buongiorno”, “permesso” o “sai mica dov’è l’aula X?” o cose simili.

-Ma come è possibile? Perché mai avrebbe voluto fare una cosa simile?- continuò a chiedersi la McGranitt. Piton avrebbe voluto piantarla nel terreno con un cazzotto, ma evidentemente come avrebbe potuto capire una persona che mai aveva subito il bullismo, che mai si era sentita ridere dietro mentre cercava disperatamente di cavalcare un scopa impazzita o di non cadere capovolto con le mutande all’aria, di sopportare le risa, i dispetti, l’incessante solitudine e la costante consapevolezza che tutto ciò non avrebbe mai avuto fine.

-Molto bene, direi che è una spiegazione esaustiva quanto inaspettata da te, Severus- osservò stupita la McGranitt. Sorpreso e incredulo, Severus fece un passo in dietro: tutto ciò che aveva pensato si accorse solo ora che lo aveva appena detto davanti a tutti.

Il silenzio venne solo interrotto da un lento e solitario applauso del professore di difese contro arti oscure:

-Complimenti, Severus. Ci sei arrivato al punto, finalmente.

-Vai al diavolo, Remus.

Riposero tutto il contenuto nella sacca (tranne la pistola) e la riposero nel comodino accanto al letto di Neville. Il ragazzo aveva ancora il viso nascosto tra le mani e le discostò solo quando Madama Chips arrivò vicino a lui con un altro calice:

-Stanotte la passerai qui, vestiti e avvertimi quando hai fatto- agirò la bacchetta e gli lasciò il suo pigiama ai piedi del letto, il ragazzo annuì, tirò le tendine intorno a sé e in poco tempo fu pronto. Minerva si avvicinò a lui scrutandolo: oltre alle occhiaie violacee e gli occhi arrossati, solo ora notava trasparire un’amarezza e una rassegnazione che fino ad ora aveva visto in pochissimi adulti.

-Neville- sussurrò usando il suo nome di battesimo -non scriverò nulla a tua nonna, come promesso. Ma se dovesse per caso capitare, non so, qualcosa…ecco…ti invito, in quanto direttrice della tua casa, a scrivermi o a, ehm, farmelo sapere, insomma.

Non era brava coi sentimentalismi ed era difficile essere contemporaneamente la sua professoressa e la migliore amica di sua nonna.

-O-okay- balbettò pianissimo lui, a capo chino.

-Molto bene- intervenne la Chips con fare sbrigativo -stenditi e poi bevi.

Ma nella confusione e stanchezza, Neville bevve subito dal calice. I suoi occhioni neri si spalancarono per un istante e subito dopo, ciondolò crollando in avanti, le braccia penzoloni e il viso affondato nella spalla di Minerva che, prontamente, lo sostenne.

-Diamine, Paciock! Le avevo detto di stendersi prima: l’effetto è immediato!

Lo stesero e stettero in attesa un paio di minuti mentre la Chips gli misurò qualche parametro mentre una piuma d’oca annotava da sola temperatura, polso e tutto il resto su un blocchetto sospeso a mezz’aria.

-Non ha niente, solo lo shock per l’episodio.

Lo coprì con le lenzuola e, mentre recuperava piuma e blocchetto, lui farfugliò un paio di frasi sconnesse con parole come “mi scusi”, “fiamma alta” o “già mescolato”.

Piton inarcò un sopracciglio.

Dopo aver sistemato le tendine intorno alla branda di Neville, Madama Chips li scortò tutti all’ingresso.

-Mi occuperò di scrivere una lettera per avvertire il ministero del negozio- si offrì Lupin -mi sa che sequestreranno anche quelli strani giocattoli gommosi che-

-Remus!- sibilò Piton a denti stretti, fra l’adirato e l’imbarazzato.

-Molto bene, ottimo Lupin, ci affidiamo a te- lo ringraziò sbrigativa la McGranitt, sentendo il suo viso avvampare -direi che qua abbiamo finito.

Madama Chips aprì il portone e fece per salutarli:

-Domani Paciock sarà già in grado di riprendere parte alle lezioni e…Minerva, siete sicura che non debba scrivere nulla a sua nonna?

La professoressa di trasfigurazione guardò in direzione delle tendine che nascondevano il letto di Neville, sospirò e infine annuì.

-Sì, Poppy, ci penso io- la rassicurò, rivedendo nella sua mente i lineamenti spigolosi e lo sguardo duro di Augusta.

-Credimi, è meglio così.

Gli altri magari non se ne rendevano conto, ma Minerva sapeva bene che quello a cui avevano assistito era l’effetto collaterale di una rigida e fredda educazione improntata sul voler a tutti i costi trasformare una persona in qualcun altro contro il suo volere.

Che Augusta lo volesse o no, Neville non sarebbe mai stato Frank e 13 anni di visite +all’ospedale, assenza di amici, solitudine e costanti paragoni, rimproveri e punizioni avevano portato il ragazzo ad una pessima considerazione di se stesso, a stress, ansia e la totale incapacità di gestire quest’ultimi.

Minerva si chiuse il portone alle spalle, trasse un profondo e sconsolato respiro e finalmente si avviò verso la sala grande, sentendo già lo spensierato chiacchierare dei ragazzi che si avviavano a cena.

Nulla a quell’ora tarda prossima alla cena avrebbe disturbato la quiete tipica delle verdi e silenziose serre.

La tavola di legno era ingombra di libri di pozioni e appunti zeppi di bizzarre e complesse formule. Sopra tutti, troneggiava l’unico libro non rilegato in pelle: la copertina in carta spessa e lucida dai colori vivaci e insoliti per un libro del mondo magico mostrava una scritta a caratteri cubitali e un complesso intreccio di strane forme sferiche collegate fra loro fra complessi legami.

Il giovane Severus lo prese fra le mani e lo rigirò con fare pensoso. Dietro, accanto a un breve riassunto, faceva capolino la foto in bianco e nero di un uomo dalla barba incolta, la fronte stempiata e lunghi capelli crespi e bianchi.

La fotografia era immobile.

Severus lesse a bassa voce il nome scritto accanto e poi tornò a guardare il liquido all’interno del bicchiere vicino ai libri.

Se ciò che questo tal Dmitri Mendelejev spiegava nel libro era vero, allora lui si trovava in possesso di una dose di arsenico abbastanza grande da stendere una persona.

Quintus Fortebraccio, professore di babbanologia, si era lasciato convincere e aveva prestato il libro al giovane Piton, dopo che questi gli aveva detto che aveva intenzione di condurre uno studio sulla pozionistica babbana (a quanto pare i babbani chiamavano questo universo col nome “chimica”) insieme al professor Lumacorno.

Ovviamente quel libro non era mai arrivato a Lumacorno; il professore era sì un tipo apparentemente snob e festaiolo, ma non era affatto stupido e, soprattutto, era uno fra i migliori legilimans del regno unito.

Stupido ingenuo di un Fortebraccio! Se solo avesse saputo per cosa lo avrebbe usato non glie lo avrebbe lasciato nemmeno con la minaccia di un cruciatus puntato alla tempia. Per imbonirselo Piton aveva detto che voleva fare degli esperimenti sul cibo e i sapori e Fortebraccio, avendo un cugino gelataio, si era lasciato convincere.

-Moccioooooosus!

Severus allontanò subito il bicchiere dal naso e si affrettò a nasconderlo dietro al primo vaso di terracotta che gli capitò a tiro. Riconobbe subito quella fastidiosa e acuta vocetta nasale.

-Vattene, Minus, se non vuoi morire fra atroci sofferenze.

-Come vuoooi, capello extravergine, ma sappi che sono solo passato ad avvertirti che fra un po’ i cocchini della prof passano a chiudere le serre, quindi ti conviene darti una mossa.

E detto ciò, lo schifoso ratto si volatilizzò nel nulla, ridacchiando.

Severus sospirò, riprendendo il bicchiere da dietro al vaso. Inspirò sentendo l’odore penetrargli le narici, chiuse gli occhi e di nuovo rivide gli occhi di Lily chiudersi mentre le sue labbra sfioravano quelle di James.

Era successo tre giorni fa e per lui era stata la ciliegina sulla torta, un’orrenda e disgustosa torta fatta di un’infanzia grigia e un’adolescenza passata fra una delusione e l’altra. Era arrivato alla conclusione che, con delle memorie come le sue, sarebbe stato impossibile evocare un patronus, anche con tutta la buona volontà del mondo.

Chiuse gli occhi, avvicinò il labbro al bordo e…

-Che cos’è?

CRASH

Severus era sobbalzato al sentire quell’improvvisa vocina vicinissima al suo orecchio e adesso guardava fra lo stupito e il disperato la pozzanghera piena di pezzi di vetro ai suoi piedi. Si mise le mani nei capelli e, ancora sotto shock, si girò per vedere la proprietaria della voce.

-S-scusami, non volevo rovinare la tua bevanda…s-sono venuta a chiudere.

E detto ciò, la ragazza dal viso rotondo e dalla lunga e folta treccia nera mostrò un mazzo di chiavi. Piton guardò e i suoi occhi grigi chiusi a fessura fulminarono rabbiosi quelli enormi e neri della ragazza.

-Levati di mezzo, stupida culona- ringhiò avendola riconosciuta -hai rovinato il mio esperimento!

Si girò verso lo sgabuzzino, prese una scopa e incominciò a levare i cocci da terra, sperando che lei non notasse i suoi occhi divenuti improvvisamente umidi.

Non poteva nemmeno morire in pace che venivano tutti a disturbarlo: prima Minus e poi quella stupida sfigata dell’amichetta di Lily. In realtà Lily era l’unica che a quanto pare le rivolgesse la parola. Di solito veniva bullizzata da tutti per la sua impopolarità e un po’ per i suoi fianchi un po’ mediterranei. Di conseguenza era Lily l’unica persona dalla quale la cosiddetta “stupida culona” andava per leccarsi le ferite. Anzi, peggio; era Lily ad accorrere in suo aiuto, prima che questa chiedesse aiuto e questa era una cosa che mandava Severus in bestia.

Lui e solo lui doveva essere il reietto consolato da Lily e non ammetteva che qualcun altro avesse questo ruolo.

-Beh, cos’è quella faccia? Ti hanno alzato la gonna e non hai trovato Lily per consolarti?

-D-devo chiudere, s-sono quasi le…

-Ho quasi fatto, non mettermi fretta.

-O-ok…

Severus rimise a posto il tutto in silenzio avendo cura di nascondere per primo nella cartella il libro di chimica babbana.

-Ok, fatto, puoi chiudere…e non disturbarmi più- sbottò.

Diamine, ora quanto tempo avrebbe dovuto aspettare prima di ritrovare un’altra dose di quel rarissimo liquido e per di più senza farsi sgamare?

-…giornata di merda…- borbottò a denti stretti, mentre lei chiudeva a chiave la serra.

-Non direi- si permise di obbiettare la ragazza -non saresti ancora vivo se il bicchiere non si fosse rotto, vero? Anzi, lo siamo tutti e due- e detto ciò sfoderò un tenero, caldo e smagliante sorriso, mai visto prima ad ora. Solitamente aveva il viso intimorito, in lacrime o triste.

Piton lasciò cadere la cartella, sgranando gli occhi. Come diavolo lo aveva capito?

-Il libro che hai messo via per primo, l’ho letto. Ho cercato anche io quella roba, ma quando sono andata allo spaccio clandestino per procurarmi una fiala ho saputo che un ragazzo di serpeverde aveva preso l’ultima fiala il giorno prima. E allora ho pensato che non potevi che essere tu!

-M-ma come facevi a sapere che volevo…

-Lo volevo anch’io. E poi tre giorni fa c’eri anche tu a spiare Lily e James al parco.

Piton raccolse la cartella senza staccarle lo sguardo di dosso.

-Mi stai dicendo che tu…a te piace…

Lei annuì arrossando.

-Sì, esatto.

-T-ti piace Potter? Quel James Potter? Ma cosa diavolo ci tro-

-Ma no, no! Che hai capito?- lo interruppe lei ridendo.

-Io odio James Potter.

E, sotto lo sguardo stupito di Severus, scartò una Bolle Bollenti e la masticò serafica.

-Oh, a proposito, reietto. Io sto andando dal guardiacaccia, visto che vai dalle parti del castello, me la butteresti appena trovi un cestino? Grazie.

E senza aggiungere altro gli lasciò nella mano l’incarto vuoto e fece per avviarsi.

-Hey, tu, non puoi- provò lui scaraventando l’involucro, ma venne interrotto subito:

-Tieni- disse e gli rimise l’incarto in mano -e la prossima volta allora ci penserai due volte prima di chiamarmi stupida culona, ok?

E così Alice ne andò via canticchiando fra sé e sé un motivetto a lui sconosciuto, lasciandolo lì, spiazzato, con l’incarto ancora fra le mani.

La fioca luce della luna penetrava dalle vetrate dell’infermeria, illuminando fiocamente il viso pallido e sudaticcio del ragazzo. Gli occhi erano chiusi e il respiro lento e regolare.

Piton aggrottò la fronte: “lento” e “regolare” era uno aggettivi fin troppo indulgenti e gentili e per un istante si chiese come diavolo facessero Potter, Finnigan, Weasley e Thomas a dormire ogni notte con lui senza scagliare un incantesimo silenziatore sul suo baldacchino.

Estrasse l’orologio dal taschino: le tre di notte.

-Maledetto d’un Paciock- sibilò fra i denti.

-Stupido, idiota, cretino d’un inetto purosangue…

Ci fu un fruscio e Neville si girò rannicchiandosi in posizione fetale, dandogli le spalle.

Si alzò dalla sedia, si girò e fece per andarsene, ma a metà strada, infilò le mani in tasca, chiuse gli occhi e sospirò, tornando sui suoi passi.

-Lumos

Dallo scrittoio più vicino prese una piuma, la intinse e, facendo luce sul comodino di Neville, aprì l’album pieno di incarti. Andò all’ultima pagina. L’ultimo pezzo da collezione, se così lo si poteva definire recitava la seguente scritta:

25 dicembre 1993,

quarto piano,

ospedale San Mungo

Il professore estrasse dalla tasca sinistra un logoro e sbiadito incarto di Bolle Bollenti, lo attaccò a fianco all’ultimo e sotto, ben attento a camuffare la sua calligrafia annotò:

10 maggio 1976,

serra numero quattro

scuola di magia e stregoneria di Hogwartz

Richiuse l’album e lasciò che la luce sulla punta della sua bacchetta si affievolisse.

-A quanto pare adesso siamo pari, Alice- disse.

-Una vita per una vita.

E stavolta si incamminò verso l’uscita, varcandola definitivamente.

  
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