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Autore: Greynax    17/02/2020    6 recensioni
Tobias ha fatto del suo meglio. Il suo meglio fa schifo, ma è troppo stanco per accorgersene.
Storia partecipante al contest “Sincero (non mi odi più)” indetto da GiuniaPalma/LadyPalma sul forum di EFP”.
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eileen Prince, Severus Piton, Tobias Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Male alle mani
Tornava a casa, ogni volta, e si diceva "okay, è ancora incinta". Osava un respiro più profondo degli altri, era un sospiro di sollievo. Perché lei gli aveva spiegato la procedura: sarebbe scesa in strada, con la bacchetta in mano. Il Nottetempo era una risorsa base per maghi e streghe in difficoltà. L'avrebbe portata al San Mungo. Ma lui poteva entrare al San Mungo? Cristo, no. Era un Babbano. Faceva quasi rima con babbeo. Lui avrebbe dovuto far finta di niente, mentre suo figlio - suo figlio - prendeva i primi respiri, bello e buono e raggrinzito come una prugna. Si sarebbe ricordato di suo padre, se avesse avuto il permesso di vederlo? Come Babbano, come babbeo. Se ne sarebbe ricordato?
Le aveva detto di no. Lei aveva stretto le labbra, e all'improvviso ciao Eileen, era come al solito, era in tutt'altro mondo.
Tobias sapeva che avrebbe fatto come la gatte. Si sarebbe nascosta, come un animale, magari lungo il fiume. Avrebbe partorito, come una bestia, come una gatta, e Tobias avrebbe dovuto passare più di vent'anni con l'immagine di sua moglie - sua moglie - che staccava il cordone ombelicale con un coltello o con i denti, tra la sporcizia degli argini del fiume. Come un animale, come una gatta, come una strega.

Il bambino stava bene. E Tobias non aveva pianto, non esattamente, ma c'era qualcosa di scuro e cattivo come un tumore in fondo alla sua gola, qualcosa che non veniva né dalla fabbrica né dalla miniera, qualcosa di velenoso che veniva da Eileen. Lo fece scivolare giù con qualche birra di troppo, si scordò di loro due. Erano già un sabba per i fatti loro, erano già qualcosa di strano ed alieno. Eileen non sapeva neanche cambiarsi le mutande da sola, se non dietro qualche suggerimento più o meno gentile. E adesso avevano un figlio. Era troppo, era abbastanza troppo, era troppo per Tobias.

Non era molto, aveva detto 'Leen, quando si erano trasferiti. L'aveva detto con ottimismo. Prima della pancia gonfia, prima del figlio, prima di tutto. Posso aiutare, aveva detto, e aveva estratto quello che per Tobias era solo uno stecco, solo un pezzo di legno, senza nessun significato in particolare.
Non sono molto brava, aveva ammesso, poi, a fiamme spente. E Tobias, oh, era d'accordo. Non era molto brava, e la casa sarebbe rimasta com'era. Peggio di com'era. Sono una strega, aveva detto, e Tobias capiva. Era sempre stata strana. Una volta l'aveva fatta ridere forte, le era uscita la birra dal naso, mentre se ne stava seduta sulla sua coscia.
Rimase, per sempre, la cosa più umana che le avrebbe mai visto fare.


Severus era di troppo. L'avevano chiamato "Severus" perché Eileen diceva - era sicura - che gli avrebbero dato dei soldi per questo. Era il nome di suo nonno, gli avrebbero dato galeoni. Non di quelli che solcano i mari, qualcosa di più normale, delle monete stranamente grosse. Intanto che tutto andava male, intanto che lui era solo un fallimento e le monete piccine da Babbani non erano mai abbastanza. Ci daranno dei soldi, disse Eileen, e intanto lui le credette. Credette a lei, che non era capace né di cucinare né di pulire. Che lo lasciò tornare, anche anni dopo, a casa con un bambino che piangeva e puzzava, senza niente di caldo da mettere nello stomaco.
E se lo meritava, almeno un pochino, qualcosa di caldo. Perché quei galeoni non arrivarono mai, e il carbone non c'era per ovvi motivi, e tutti erano troppo magri e troppo cattivi, e lui era un fallimento. Ma lo sapeva da solo, non c'era bisogno di un promemoria. Non con la voce di Eileen.
Alzò le mani per farla smettere, il bambino si mise in mezzo. Il braccio orrendamente storto del piccolo non fu una sua decisione, fu un incidente. Voleva solo farla smettere. In privato, pianse giusto un pochino. Non era giusto. Non era lui il cattivo.

Poi, ci furono gli uccelli. Era una buona notizia. Voleva qualcosa di meglio per Severus, ma l'unica cosa buona della sua vita non sarebbe venuta da lui. No, sarebbe venuta da sua madre. Sua madre che non faceva mai nulla di buono, sua madre che se ne rimaneva seduta sulle sue chiappe, sua madre che lo lasciava girare con una camicetta come una ragazza, e non ci vedeva niente di male. E Tobias era troppo stanco per farci qualcosa. Era troppo stanco per la sfilata dopo Diagon Alley, quando suo figlio - suo figlio, per la miseria - fece una giravolta nel mezzo del salotto, che era troppo piccolo e troppo sudicio, con i piedi scalzi e una roba nera addosso che pareva un sacco per le patate. Scolorito e da ragazza, anche questo, una gonnellona. Tutti i maghi indossavano vestiti? Okay, ma anche suo figlio? In quella catapecchia di Spinner's End, con i vicini a destra e a sinistra? Cosa pensava di fare, per la miseria? E qual'era il suo futuro, in quel mondo nuovo, in quel mondo che non era suo?
Avrebbe voluto dirgli di trovarsi anche un lavoro normale. Un lavoro per mangiare, un lavoro per sopravvivere. Ma aveva Eileen aggrappata al braccio come un fottuto chihuahua, e la voce non era di molto meno irritante, e colpì - e Severus era lì, come al solito, a beccarsi una gomitata come per sbaglio. Non voleva fargli del male. Ma doveva imparare. Sua madre viveva con metà testa in un altro mondo, e non era un mondo buono. Era un mondo che incendiava ciò che non doveva bruciare, era un mondo che dava un odore strano alla cucina. Era un mondo pericoloso, e Severus l'avrebbe imparato - e il colpo successivo non era un incidente, era una promessa. Avrebbe voluto evitare di farla.

A un certo punto, tutto smise di avere senso. Chi non era con lui era contro di lui. Lui, che fumava ogni pacchetto di sigarette due volte. La prima, beata ed innocente, se la fumava come tutti. La seconda era quando pescava dal portacenere - o dalla strada, senza vergogna o quasi - i mozziconi. Li accendeva, faceva un paio di tiri a occhi chiusi, li spegneva di nuovo, quando il filtro gli grattava la gola. Tutto per loro, per quel paio di sterline extra. Ci sto provando, voleva dirgli.
Ma loro erano in cucina e la voce non era giusta. Sentiva parole, non le riconosceva, la voce era strana. Due alieni intorno a un calderone e lui da solo, davanti a una televisione per cui aveva risparmiato troppo, e prendeva anche male. Il chiacchericcio dallo schermo, il chiacchericcio alle sue spalle. Aconito, pietra di luna, qualcosa e qualcos'altro. Si sentiva superfluo, non era giusto, aveva fatto... qualcosa. Non era sicuro di cosa. Qualcosa. Qualcosa di buono, c'era di peggio. La maggior parte degli uomini sarebbero scappati, ma non lui. Lui era lì, fino alla fine, anche se alle sue spalle, in cucina, c'era qualcosa di sbagliato e le sue mani non erano abbastanza per porci fine.

'Leen non sorrideva più. Le mancavano tre denti, li vedeva, uno, due, tre. Forse gliene mancavano altri, ma Tobias non lo sapeva: Eileen non sorrideva più. Al massimo arricciava le labbra e sputava veleno, aveva senso: il suo personalissimo sabba aveva una preferenza per qualcosa che si chiamava Serpeverde, e Tobias non lo capiva, ma non gli sembrava un buon segno. Non lo era. E con le mani non riuscì a cancellarlo

Tobias credette che, a un certo punto, il ragazzo avesse cercato di reagire. Non come quando era piccolo, quando si limitava a mettersi nel mezzo e a lasciarsi calpestare, quando forse si beccava una ginocchiata in faccia ma solo per sbaglio. No, questa volta si era trovato le sue mani aggrappate alla camicia. Era abbastanza sicuro che avesse usato le unghie, come un ragazza, un po' troppo vicino ai suoi occhi.
Ma, alla fine del grande circo, sapeva solo che gli facevano male le nocche. E un po' il viso, ma soprattutto le nocche. E che tutto era normale e triste, nell'ennesima casa di Spinner's End, una tra le tante, meno normale di altre, e sapeva che mai nessuno si sarebbe sognato di protestare.
Severus lo guardava quasi con odio, e nessuna madre gli avrebbe mai lavato la maglietta. Si sarebbe portato dietro il sangue e lo schifo, non c'era nessuno. Avrebbe voluto esserci lui, però era troppo stanco.
E andava bene anche così, forse... anche se gli facevano ancora male le mani.


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NdA: non so se è un esercizio di stile solitamente raccomandato in qualche contesto buono e produttivo, ma c'è un suo fascino nel cercare di descrivere il punto di vista di qualcuno che fa qualcosa di imperdonabile.
Per quanto sia "interessante", spero sia ovvio che non giustifico nessun aspetto della trama.
  
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