Anime & Manga > Captain Tsubasa
Ricorda la storia  |      
Autore: Fire Gloove    22/02/2020    5 recensioni
Dal testo:
"Si appoggiò al lavandino del bagno, scrutandosi allo specchio. Che fosse stanco, era chiaro. Gli occhi scuri erano segnati da profonde occhiaie, e anche i capelli neri, di solito forti e lucidi, avevano un’aria un po’ spenta.
Ecco, pensò, quella era la prova.
Lui, Mamoru Izawa, non era fatto per i sentimenti. Nossignore."
Che Mamoru non sia bravo coi sentimenti è un fatto noto. Come avrà gestito la sua infatuazione per un certo portiere di nostra conoscenza?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Genzo Wakabayashi/Benji, Hajime Taki/Ted Carter, Mamoru Izawa/Paul Diamond, Teppei Kisugi/Johnny Mason
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Iron Sand & co'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
What you like

Notine notose: No, non ce l'ho fatta a lasciarli appesi. A grande richiesta, ecco dunque gli eventi post ritorno di Mamoru in Giappone!

Questa shot è il seguito della mia "What you like", è caldamente consigliato l'aver letto prima quella, o vi potreste trovare senza alcuni pezzi del puzzle.

Caught in the storm

 

 

Il pallone sembrò atterrargli tra le mani senza che lui dovesse muoversi.

“Hajime dai, sembra che tu manco ci stia provando a segnare!”

Malgrado il tono risoluto, non c’era traccia di nervosismo nella voce di Teppei, solo forse una leggera incredulità.

“Non è colpa mia, lui è il SGGK.” A queste parole, due dei tre ragazzi presenti scoppiarono a ridere, mentre sulla faccia del portiere si dipinse una finta smorfia contrariata. I suoi migliori amici non avrebbero mai smesso di prenderlo in giro per il modo con cui Genzo aveva cominciato a chiamarlo, ricalcando quasi perfettamente il soprannome con cui era noto lui.

“Come siete simpatici, me li scelgo proprio bene gli amici…”

Quell’affermazione sconsolata fu seguita da un altro scroscio di risate, e Yuzo scosse la testa rassegnato. Che adorabili idioti.

“Comunque fa un po’ troppo caldo per continuare a giocare… che ne dite di andare a cercarci un posto con dell’aria condizionata?”

La proposta fu accolta all’unanimità, e così lasciarono il loro campetto di fiducia alla ricerca di un bar dove bere qualcosa di fresco.

Un momento così normale e ricorrente nelle loro vite, quel giorno era tinto di un’insolita malinconia. A guardarli da fuori non si sarebbe mai detto, con Hajime e Teppei che si punzecchiavano come sempre, Mamoru che li ascoltava divertito e Yuzo, un passo indietro, che li guardava con affetto, ma il portiere sapeva in cuor suo che tutti e quattro stavano provando la stessa emozione.

Era quasi arrivato il momento delle partenze: i due attaccanti avrebbero lasciato Nankatsu il giorno dopo, rispettivamente diretti a Tokyo e a Osaka, e lui e il centrocampista si sarebbero fermati solo un giorno in più prima di raggiungere Shimizu-ku e Yokohama, le città che ospitavano i club di J1 per cui avevano firmato i contratti per la stagione successiva. Era la fine di un’epoca. Loro quattro avevano fatto praticamente tutto insieme fin da bambini: stesse scuole, stessa squadra, e dopo il diploma avevano vissuto l’avventura del World Youth fianco a fianco. Doversi salutare era doloroso, per quanto potessero far finta di nulla e vivere quell’ultima giornata come se niente fosse diverso da come era stato negli ultimi quindici anni.

Il ragazzo scosse la testa per scacciare quei pensieri tristi. Non voleva rovinarsi quelle che sembravano essere le ultime ore della loro adolescenza crogiolandosi nella malinconia.

Accelerò il passo e affiancò Mamoru, che si voltò a guardarlo con un mezzo sorriso.

“Cos’è quell’aria sconsolata, Morisaki? Non stiamo mica partendo per la guerra!”

La battuta fu pronunciata con leggerezza. Il ragazzo aveva sempre saputo leggere bene gli stati d’animo dell’amico, e cercò di infondergli un po’ di buon umore.

Il portiere passò un braccio attorno alle spalle del compagno.

“Non ho idea di cosa tu stia parlando. Giornata normalissima. Nulla di cui preoccuparsi. Mhmh.”

L’altro ragazzo scoppiò a ridere. Yuzo era sempre stato pessimo a nascondere le proprie emozioni, ma almeno aveva imparato a ironizzare sulla cosa.

A proposito di emozioni da nascondere…

Da quando era tornato dalla Germania, Mamoru continuava a rimuginare su quello che gli aveva detto il Capitano. Nelle ultime due settimane, più volte era stato sul punto di dire qualcosa, di fare una mossa, ma era sempre rimasto bloccato nella paura di un rifiuto, o peggio ancora di un allontanamento di quella che a tutti gli effetti era una delle persone più importanti della sua vita. E così se ne rimaneva fermo in questo impasse così lontano dal suo solito modo di gestire le cose, ascoltava musica depressa e si sentiva una quattordicenne. Ma non poteva rimanere nel suo mondo di sesso occasionale e ragazzine adoranti? Dannazione a lui, e dannazione anche a Yuzo che se ne stava lì al suo fianco, sempre al suo fianco, facendo finta di non essere triste per non farlo preoccupare. Ma perché doveva essere così adorabile? Gh.

Immerso nella sua disperazione adolescenziale si accasciò accanto al portiere su uno dei divanetti di vimini del loro locale di fiducia, e rimase ostinatamente a fissare il vuoto.

“Terra chiama Izawa. Izawa, ci ricevi?”

Una mano sventolata davanti alla sua faccia gli fece riportare l’attenzione alla realtà. Teppei lo guardava perplesso.

“Ehi, tutto bene? Non è da te tutto questo silenzio.”

“Sì, ragazzi scusate. È che sono vecchio, che vi devo dire, mi sa che ancora non mi sono ripreso bene dal jet lag del viaggio ad Amburgo.”

“Vuoi dire che non ti sei ripreso dal non aver dormito per una settimana, forse.”

Hajime accompagnò queste parole con uno sguardo ammiccante, facendo finalmente sorridere il centrocampista.

“Eh, sai, tutta quella gente bionda insieme… Non potevo mica farmi scappare l’occasione.”

I due della Silver Combi scoppiarono a ridere, rassicurati dal sentirlo fare le solite battutacce e già dimentichi del malumore che sembrava avvolgerlo fino a qualche istante prima. Non appena gli attaccanti ritornarono a una delle loro solite schermaglie verbali, Yuzo si girò a guardarlo con aria apprensiva.

“Ma che ti succede? Fino a dieci minuti fa stavi lì a dirmi di non disperarmi… Che fai, predichi bene e razzoli male?”

“Scusa, hai ragione. È che oggi sembra un po’ l’ultimo giorno di questo capitolo delle nostre vite, tutto qui.”

L’amico gli poggiò una mano sul ginocchio con aria comprensiva, e il suo cuore saltò un battito nel petto. Sentì le guance avvampare e si alzò di scatto, bofonchiando qualcosa sull’andare in bagno.

Mentre si allontanava sciorinò una sequela di imprecazioni contro sé stesso. Ma porcadiquellaputtana, possibile che non più di quindici giorni prima avesse flirtato come se nulla fosse con ragazze e ragazzi tedeschi mozzafiato, per non parlare di tutte le nefandezze che aveva fatto con Genzo, e ora bastava che Yuzo gli toccasse un ginocchio – un ginocchio, per Kami – per farlo arrossire come una ragazzina? Ma perché innamorarsi doveva fare così schifo?

Si appoggiò al lavandino del bagno, scrutandosi allo specchio. Che fosse stanco, era chiaro. Gli occhi scuri erano segnati da profonde occhiaie, e anche i capelli neri, di solito forti e lucidi, avevano un’aria un po’ spenta.

Ecco, pensò, quella era la prova.

Lui, Mamoru Izawa, non era fatto per i sentimenti. Nossignore.

Davvero non sapeva cosa fare. Come aveva detto a Genzo, c’era una parte di lui che era convinta che Yuzo potesse ricambiare i suoi sentimenti, e di solito non sbagliava queste valutazioni. Ma era anche vero che solitamente non aveva il cervello immerso nella bambagia, ed era molto più facile individuare le debolezze altrui quando non stavi affogando nelle tue. La sua mente continuava a tornare ossessivamente sullo stesso punto: aveva troppo da perdere. Però c’era anche una vocina che non smetteva di ricordargli quanto avesse da guadagnare. Sentiva di star letteralmente impazzendo.

Si schizzò il viso con un po’ d’acqua fresca per tentare di riprendersi e uscì dal bagno, più confuso di quando ci era entrato. L’ennesimo colpo al suo povero cuore fu inflitto dallo spettacolo che trovò quando tornò al tavolo. Yuzo era lì, e rideva. Come si permetteva di fargli questo? Di starsene lì, con quelle labbra e quegli occhi e la testa gettata all’indietro in un modo che scopriva il collo in maniera quasi oscena - o almeno, oscena collegandola alle idee che aveva costantemente in testa Mamoru?

Suo malgrado, il ragazzo non ce la fece più.

“Ragazzi scusate, mi ha chiamato mia mamma, devo tornare a casa a sbrigare un paio di faccende. Si vede che vuole sfruttarmi a dovere prima che sfugga definitivamente al suo controllo.”

I tre lo guardarono con aria perplessa. La signora Izawa aveva sempre lasciato una grande libertà ai figli.

“Non puoi restare neanche un altro pochino? È tipo la nostra ultima occasione per stare tutti insieme fino a chissà quando!”

Mamoru sapeva che Teppei aveva ragione, e gli piangeva davvero il cuore a sottrarsi alla presenza degli amici anche solo un secondo prima del dovuto, ma sentiva che non sarebbe sopravvissuto se fosse dovuto rimanere accanto a Yuzo ancora un altro istante senza poterlo baciare.

“Mi dispiace, ragazzi. Davvero. Se riesco a liberarmi faccio un salto a casa tua più tardi, Hajime. Tanto dopo andate lì, no?”

“Sì, ci trovi lì… Salutaci tanto i tuoi, mi raccomando. Dì a tua madre che mi mancheranno i suoi onigiri.

“Taki, è mai possibile che pensi sempre e solo a mangiare?!”

Mamoru, con un groppo in gola, voltò le spalle all’ennesimo battibecco della Silver Combi. Malgrado tutti gli improperi che aveva lanciato negli anni per le loro infinite scaramucce, gli sarebbero mancate anche quelle.

 

***

 

A Yuzo il comportamento di Mamoru era parso strano. Non riusciva a capacitarsi del perché si fosse ritratto in quel modo da loro, dai suoi migliori amici, da quelli che aveva sempre detto di considerare una famiglia. Dopo che se n’era andato la mattinata era trascorsa in modo tranquillo, ma tutti e tre avevano percepito la mancanza di qualcosa, come un tavolo che improvvisamente resta senza una gamba. Stava in piedi lo stesso, ma l’equilibrio doveva essere mantenuto con molta cautela.

Erano questi i pensieri che attraversavano la testa del portiere mentre stava steso sul letto della sua stanza a fissare il soffitto. Dopo pranzo, lui e la Silver Combi si erano salutati ed erano tutti rientrati a casa per finire di fare i bagagli. I suoi in quel momento giacevano sul pavimento in una pila confusa di valigie, libri e vestiti. Qualcosa lo turbava e non riusciva a concentrarsi, e lo star chiudendo in scatole troppo piccole gli ultimi diciannove anni della sua vita lo stava mandando ancora più in confusione.

C’era solo una persona che era davvero in grado di schiarirgli le idee quando si trovava in questo stato confusionario, e così estrasse il cellulare dalla tasca e dopo aver dato una rapida controllata all’orario, cominciò a digitare un messaggio.

 

Oi, so che lì è prestissimo ma… sei sveglio?

 

Le sue speranze di avere una celere risposta erano tutte riposte nella consapevolezza che spesso Genzo si svegliasse all’alba per andare a correre. E infatti…

 

Sveglio e operativo! Che succede?

– Mh, un po’ di pensieri pre partenza…

– C’è qualcosa di preciso che ti turba, mio giovane Padawan?

 

Yuzo sogghignò a quel soprannome. Tra lui e l’altro portiere c’era sempre stato questo rapporto di disparità, come tra mentore e allievo, e la cosa traspariva anche in questi dettagli stupidi e un po’ nerd.

 

– Una cosa in realtà sì… Per caso hai sentito Mamoru di recente? È un po’ che si comporta in modo strano…

– Da quando è partito non l’ho sentito tantissimo, no. Strano tipo?

– Boh, dei momenti è super presente, e poi all’improvviso si fa distante. Oggi eravamo fuori con Taki e Kisugi ed è praticamente scappato. Non vorrei avergli fatto io qualcosa di male…

– Morisaki, mannaggia a te, mi stai mettendo proprio in una posizione del cazzo.

 

Yuzo rimase bloccato davanti a quell’ultimo messaggio. Lo rilesse tre volte per essere sicuro di aver capito bene. Ma di che diamine stava parlando Genzo?!

 

– In che senso scusa?

– Eeeeeeh… Ehm. Diciamo che posso assicurarti che non ce l’ha per nulla con te. A buon intenditore, poche parole. Ti consiglio vivamente di parlarci in privato prima di partire. Ora vado!

 

Era più confuso di prima. E meno male che voleva parlare con Wakabayashi per schiarirsi le idee…

Che intendeva dire il portiere con “A buon intenditore, poche parole”? Cosa gli stava sfuggendo? Lanciò il cellulare sul letto in un moto di stizza e si alzò, andando ad appoggiarsi al muro vicino alla finestra per scrutare il mondo di fuori.

Era una giornata stupenda: il cielo era terso, e un leggero venticello scuoteva le fronde degli alberi. Gli sarebbe tanto piaciuto che l’atmosfera interna al suo cervello fosse simile, ma là dentro invece c’era una specie di tifone. Se Mamoru non ce l’aveva con lui, allora perché da un mese a questa parte lo teneva a distanza? Ogni volta che lo toccava sembrava che lo ustionasse, tanto l’altro si allontanava in fretta. E dire che lui invece avrebbe voluto solo stargli più vicino. Molto di più di come non potesse fare come amico.

“Diciamo che posso assicurarti che non ce l’ha per nulla con te”.

Aspetta… Possibile che…? Nella testa del portiere si accese come un faro. Possibile che Genzo volesse dirgli quello che lui stava immaginando che volesse dirgli? Possibile che in realtà Mamoru ricambiasse i suoi sentimenti, e non si stesse facendo avanti solo per paura di ferirlo? Sotto questa nuova luce, molti dei comportamenti dell’amico assumevano finalmente senso. Yuzo si sentiva improvvisamente di ottimo umore. Doveva assolutamente parlare con Mamoru.

 

– Vediamoci al campetto, dopo cena.

 

Scritto quel messaggio, si rimise all’opera sulle valigie con una ritrovata energia.

 

***

 

Il cellulare del centrocampista vibrò due volte in rapida successione.

Se il messaggio di Yuzo lo mandò nel panico più completo, l’altro gli fece letteralmente ghiacciare il sangue nelle vene.

 

– Parlagli, rincoglionito. È convinto che tu ce l’abbia con lui.

– Genzo, che cazzo gli hai detto?!

– L’ho solo rassicurato sul fatto che non lo odi. Non faccio il lavoro sporco al posto tuo.

 

Bene, quindi Yuzo adesso era convinto che lui lo odiasse. Chissà se le parole di Wakabayashi erano riuscite a rassicurarlo… E soprattutto, a ‘sto punto, di che voleva parlargli?

L’umore di Mamoru, già grigio, era sulla buona strada per diventare nerissimo. C’era solo una cosa che poteva rasserenarlo, pensò, alzando lo sguardo dallo schermo per suonare il campanello di casa Taki. La porta si aprì di colpo, e il padrone di casa gli si parò davanti con aria allegra.

“Oh, ce l’hai fatta ad arrivare. Altri dieci minuti e avremmo iniziato senza di te.”

“Scusa Hajime, hai ragione, ma Okiku aveva preso possesso del bagno.”

“Sì, e metterci tre ore a prepararsi è all’ordine del giorno a casa Izawa. Non è vero, principessa?”

“Oh, ma piantala Taki. Non è colpa mia se voglio apparire sempre al meglio, e non avere in testa un cespuglio secco come il tuo!”

“La smettete di fare le prime donne sul pianerottolo e vi muovete, per favore?”

Teppei spuntò da dietro le spalle di Hajime per scrutarli con aria di rimprovero.

Si spostarono tutti e tre in salotto, dove si sedettero fianco a fianco sul divano per onorare uno dei capisaldi della loro amicizia: giocare a Mario Kart finché non avessero avuto gli occhi troppo stanchi per continuare a guardare lo schermo.

Dopo tre o quattro partite, la maggior parte vinte da Kisugi al grido di “Mangiate la polvere, sfigati!”, l’umore del centrocampista era nettamente migliorato. Si disse che, visto che i suoi migliori amici avevano sempre il potere di farlo sentire meglio, forse avrebbero potuto anche aiutarlo con il problema che lo affliggeva al momento.

“Ragazzi, c’è una cosa di cui vorrei parlarvi.”

Due teste si girarono a guardarlo contemporaneamente, la stessa espressione perplessa dipinta su entrambi i volti.

“So che mi perculerete per il resto della mia esistenza ma temo che alla fine sia successo anche a me…”

“Mamoru, che hai combinato?”

Il ragazzo portò una mano al petto e con fare drammatico, per cercare di stemperare la tensione con l’ironia, e annunciò:

“È un giorno triste per l’umanità. Il mio ritiro dalla carriera di seduttore potrebbe essere vicino!”, poi, con voce decisamente meno stentorea, “Mi sa che mi sono preso una sbandata seria…”

Hajime gli scoppiò letteralmente a ridere in faccia. Teppei, sempre il più posato tra i due, riuscì a mantenere un’espressione più composta, ma era chiaro che stesse facendo uno sforzo madornale.

Passato il primo momento di ilarità, anche per evitare che Izawa li soffocasse con un cuscino, iniziarono a fare domande.

“Chi è la fortunata?”

“Ehm… il fortunato. E lo conoscete bene.”

Dopo qualche istante di silenzio perplesso, sulla faccia di Kisugi si disegnò un’espressione di incredulità.

“Aspetta, ma è chi sto pensando io? Ecco perché ultimamente ti comporti sempre come se avessi il pepe al culo quando c’è lui!”

Mamoru annuì, sentendosi arrossire.

“Già… capisci in che situazione del cazzo mi sono cacciato?”

Taki era ancora palesemente perso.

“Mi volete dire di chi state parlando? Ti piace qualcuno della Nazionale?”

Davanti al silenzio del centrocampista, fu l’altra metà della Combi a rispondergli.

“Yuzo, scemo che non sei altro. Gli piace il nostro amichevole portiere di quartiere.”

“AH!”

“Eh.”

“Vogliamo andare avanti con tutte le vocali dell’alfabeto o mi dite che devo fare secondo voi?”

Mamoru li guardava con aria leggermente irritata. Vedi un po’ se dovevano mettersi a battibeccare anche in quel momento, invece di concentrarsi sul suo problema.

“Lo sai che Yuzo è super riservato, da quel punto di vista. Per quanto ne sappiamo, potrebbe essere anche follemente innamorato di te, riuscirebbe tranquillamente a non farlo trasparire.”

Teppei, sempre la voce della ragione. Perché doveva essere sempre così equilibrato su queste cose? Mamoru affondò la faccia tra le mani.

“Però io ho avuto l’impressione che ti cerchi di più del solito. Me ne sono accorto perché ogni volta che ti tocca, tu salti come se ti avesse morso qualcosa…”

“Ora che me lo fai notare, è vero. Morisaki sta sempre a cercare il contatto fisico con te nell’ultimo periodo. Dovrebbe essere un buon segnale, no?”

Mamoru li guardò con un briciolo di speranza negli occhi.

“Voi dite?”

“Potresti interessargli, sì… l’hai detto a qualcun altro?”

“A Genzo.”

“Ah, e sei ancora vivo per raccontarlo?!”

Mamoru fece il verso ad Hajime, che però sembrava veramente incredulo.

“Ma sì, all’inizio un po’ voleva uccidermi, ma poi anche lui mi ha detto che forse potrei avere una possibilità…”

“Beh cazzo, cos’è che vuoi di più, oltre alla benedizione del Capitano? Se c’è una persona che conosce bene Yuzo, è lui.”

Il centrocampista annuì pensoso.

“Yuzo mi ha scritto che sta sera mi vuole vedere… penso abbia parlato con Genzo, anche se lui giura di non avergli detto nulla.”

“Beh dai, allora stai per avere la risposta a tutti i tuoi dubbi. Guardala così, se va bene, bene, e se va male, tra due giorni metterai centinaia di chilometri tra te e lui e non pensarci sarà più semplice.”

Mamoru annuì alle parole di Teppei. Il nodo d’ansia allo stomaco c’era ancora, ma era meno marcato di quanto non fosse stato dal giorno del suo ritorno in Giappone.

“Bene, sviscerato questo simpatico problema da quattordicenne depressa, possiamo ricominciare a fare cose più importanti?”

Hajime pronunciò quella frase provocatoria con la voce piena d’affetto. Aveva già ripreso in mano il controller e si apprestava a far cominciare un’altra partita.

Mamoru lo fulminò con un’occhiataccia.

“A chi hai dato della quattordicenne? Vedi come ti faccio mangiare la polvere, Taki!”

Il pomeriggio proseguì tra battutacce e risate, e il centrocampista riuscì a rilassarsi molto di più di quanto avrebbe pensato possibile fino ad un paio di ore prima.

 

***

 

Il sole era tramontato da poco quando Mamoru raggiunse il campetto. Yuzo era già lì, sempre più puntuale di lui, seduto a terra con la schiena contro uno dei pali della porta. La struttura sembrava quasi chinarsi su di lui per proteggerlo, e si vedeva che quello era il luogo in cui si sentiva più a suo agio al mondo. Il ragazzo ebbe il tempo di osservarlo bene, studiare le gambe lunghe, che lo sembravano ancora di più stese in quel modo, le spalle ampie e rilassate, il viso sereno. Il portiere sembrava perso nel suo mondo, concentrato sulla musica che fluiva dalle cuffiette che stava indossando. Mamoru si chiese se davvero si sentisse così tranquillo, o se la superficie calma che lui vedeva fosse solo un sottile velo che nascondeva un animo in agitazione tanto quanto il proprio. Si avvicinò lentamente per non spaventarlo, e quando l’altro aprì gli occhi gli sorrise. Il portiere si alzò con un gesto fluido e mise via il cellulare.

“Ehi.”

“Ehi…”

Rimasero in silenzio per un po’, la tensione palpabile tra loro, entrambi spaventati dal dare inizio al discorso. Alla fine, fu Yuzo a vincere l’insicurezza.

“Perché ultimamente mi eviti?”

“Cosa?! Non è vero che ti evito!”

“Izawa, non so dove tu voglia andare a parare, ‘sta sera, ma almeno non prendermi per il culo.”

Il tono di Yuzo si era fatto duro. Aveva tante speranze per quella conversazione, ma se Mamoru si metteva a fare muro non sarebbero arrivati da nessuna parte.

“Ok, sì, scusa. Forse un po’ è vero… Non lo so nemmeno io, il perché…”

“Se ho fatto qualcosa per offenderti dimmelo, così risolviamo. Siamo amici da una vita, mi sembra stupido cominciare a non dirci le cose adesso.”

Il centrocampista lo guardò incredulo.

“Offendermi? Ma che offendermi! Al massimo il contrario, sono io che rischio di offendere te…”

Nel pronunciare questa frase, abbassò gli occhi con aria mesta.

“Ehi, siamo amici. Non credo tu possa dirmi nulla che mi farà allontanare da te, anzi…”

“Anzi cosa?”

“Beh… oggi ho parlato con Genzo…”

Mamoru infossò ancora di più la testa nelle spalle.

“E…?”

“E mi ha detto una cosa che mi ha fatto pensare. Non è stato di molte parole, non lo è mai, però sa sempre come centrare il punto.”

“Che punto?”

“Mi ha detto che non ce l’hai assolutamente con me. Che a buon intenditor, poche parole. Ti va di dirmi secondo te che significa?”

Al centrocampista si formò un groppo in gola, e parlare divenne più difficile di quanto già non fosse. Così, giocò in difesa. Era quello che gli veniva meglio, d’altronde.

“Tu cosa vorresti che significasse?”

Yuzo sbuffò. Non poteva credere che qualcuno sempre così sicuro di se come era l’amico stesse facendo fare a lui tutta la parte difficile. Però era una persona determinata, e così decise di fare l’unica cosa possibile.

“Vorrei che significasse che se ora ti baciassi, non mi tireresti un pugno.”

Mamoru alzò la testa di scatto per guardare l’altro negli occhi. Aveva sentito bene? A giudicare da quello che lesse negli occhi dell’amico, un misto di paura, affetto e eccitazione, pareva di sì. Improvvisamente si riscosse dal suo torpore. Ora che aveva la sicurezza di non star facendo una cazzata, la sua faccia tosta ricomparve. Fece un paio di passi avanti, portandosi nello spazio vitale portiere che, malgrado la sicurezza ostentata fino ad un attimo prima, indietreggiò, trovandosi intrappolato tra lui e la porta. Mamoru alzò una mano e gli accarezzò il viso. Poggiò il palmo sulla guancia tiepida del portiere e gli accarezzò il labbro inferiore con un pollice. Si avvicinò ancora, facendo in modo che il suo petto aderisse a quello di Yuzo. Gli occhi dell’altro ora erano pieni di aspettativa. La mano del centrocampista dalla guancia si spostò sulla nuca, tirando con dolcezza il portiere verso di sé. Le mani di quest’ultimo andarono a poggiarglisi timidamente sui fianchi.

“Niente pugno, non preoccuparti.”

Mamoru sussurrò queste parole a pochi millimetri dalla bocca del compagno, per poi colmare anche quell’ultima distanza e baciarlo. Fu un bacio lungo e pigro, pieno di affetto più che di passione. Per quella avrebbero avuto tempo.

Le mani del portiere si erano spostate sulla schiena di Mamoru, mentre quelle di quest’ultimo erano entrambe fra i capelli corti di Yuzo. Si tenevano stretti, come se entrambi temessero che l’altro potesse scomparire all’improvviso.

Si baciarono per qualche minuto, e nel mentre scivolarono a sedersi sull’erba. Quando finalmente si staccarono, avevano tutti e due un’espressione di pura felicità negli occhi.

Una mano del portiere andò ad appoggiarsi sulla coscia di Mamoru, ora mollemente seduto al suo fianco.

“Adesso non scappi più, mh?”

Il centrocampista sorrise alla provocazione.

“Direi che non ho più bisogno di allontanarmi da te per evitare di saltarti addosso.”

Rimasero così, appoggiati l’uno all’altro e rilassati, finché un sospiro di Mamoru non spezzò la magia del silenzio. Yuzo si voltò a guardarlo con aria interrogativa.

“Improvvisamente, la prospettiva di trasferirmi a Yokohama non mi sembra più così rosea…”

“Lo so, anche io sono triste di partire, ma troveremo il modo di vederci, ne sono sicuro! E poi, preferisco stare con te a distanza che non averti proprio…”

Mamoru guardò il compagno con un sorriso dolce sul viso.

“Ah, su questo non ci sono dubbi.”

Rimasero lì seduti a chiacchierare dei loro progetti per chissà quanto tempo, interrompendosi solo di tanto in tanto per scambiarsi un bacio. Ad un certo punto, il portiere si lasciò scappare una risatina. Allo sguardo interrogativo dell’altro, rispose:

“Genzo è proprio un uomo dai mille talenti… Tra le tante cose per cui ringraziarlo, immagino di dover aggiungere anche questa. Chissà, magari un giorno riusciremo a ricambiare il favore.”

A quelle parole un ghigno si disegnò sulle labbra di Mamoru. Ripensò alla vacanza in Germania, e ai commenti che il Capitano si era lasciato sfuggire più volte su una certa persona. Chissà che il momento che aspettava Yuzo non fosse più vicino del previsto.

“Vedremo, vedremo… ho già un’idea. Però, per quanto voglia bene al Capitano, in questo momento ho cose ben più interessanti a cui pensare.”

E con queste parole, catturò la bocca di Yuzo nell’ennesimo di un’infinita sequenza di baci.

 

 

 

 

 

Notine notose pt.2: Ce l'hanno fatta. Sì, lo so, Mamoru è scemo, non prendetevela con me XD

Ah, il titolo l'ho rubato alla canzone "Caught in the storm" dei Goo goo dolls.

Ringrazio tanto tanto tanto Melanto, che è stata appresso a tutti i miei scleri.

Non vi faccio grosse anticipazioni ma... al prossimo giro ci vedremo a Nagoya. E per sbrogliare quella, di matassa, ci vorrà ben più di una shot ;)

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Fire Gloove