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Autore: Infected Heart    05/03/2020    1 recensioni
Il quarto capitolo della long "Ti Chiamerò Hanami". Drammi teatrali e fumosi locali che sanno di New Orleans. Gli altri capitoli di questa storia improvvisata (letteralmente e narrativamente), potete trovarli sul mio profilo.
Cherry e Hanami vi aspettano, per costruire insieme un futuro di avventure.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Tolgo la suoneria al cellulare, mentre fisso lo schermo, che imperterrito fa risplendere il suo nome.
Nome fittizio, ci tengo a ricordare, perché basterebbe bloccare, cancellare il numero… e lei non sarebbe mai esistita.
Potrei far finta di nulla, e continuare ad andare avanti con la mia vita.
Facile come un click.
Peccato che l’aria non riesce ad entrarmi nei polmoni, e tremo da capo a piedi, mentre mi appoggio al muro di una viuzza della Bari antica.
Sembra inverno, tanto ho freddo.
Chiudo gli occhi per tentare di regolarizzare il battito del mio cuore, che corre come le immagini nella mia mente.
Infinite diapositive non cessano di proiettarmi un film dai risvolti apocalittici: il bacio, una passeggiata, noi che facciamo l’amore, noi che ci innamoriamo, io che me ne torno a casa, lei che mi tradisce, io che mi stufo, “Eh, ma non ci sei mai”, “Eh, ma non mi chiami”, “Sei troppo distante”, “Eh, ma ho il lavoro qui”, “Cosa credevi, che fosse una cosa seria?”, “Eh, ma sono fidanzata”…


Un cuore che sente tutte queste cose prima ancora che siano accadute.
Loredana aveva ragione: una relazione a distanza è ciò che di più dannoso possa esistere per la sottoscritta, ma io, testarda come un’ariete non le ho dato ascolto.
Ora non mi resta che comportarmi da immatura e fare un passo indietro.
Per non morire.
Per non portare la mia vita sul binario di un treno dal deraglio sicuro.


Ricaccio il telefono in borsa e raggiungo il negozio di mia sorella, che da dietro al bancone del suo centro estetico mi lancia un’occhiata stupita, con annesso punto interrogativo aleggiante sulla sua testa.


Finisce di fare la manicure alla cliente, e nell’istante in cui questa mette piede fuori dalla beauty room, si precipita.


-Ehi, ma non pensavo di vederti così presto! Come è andata?- la sua preoccupazione è malcelata, dietro alla sua consueta “resting bitch face” degna di un giocatore di poker.


-E’ andata bene…- cerco di dire, con tono più naturale possibile. Ora come ora non riuscirei a reggere uno dei suoi “I told you so”, proprio no.


-E’ andata bene, e… ?- mi imbocca lei, scrutando nei miei occhi lucidi.


Basta, non ce la faccio. Non quando alza il sopracciglio a mo’ di “ti conosco, mascherina”.


-… e l’ho baciata.-


In questo momento vorrei avere il coraggio di prendere in mano il telefono sepolto, per immortalare la sua espressione di impagabile shock.


-Ok, questa non me l’aspettavo.-


-Nemmeno io, credimi.-


-E poi cos’è successo? Ti ha respinta? O se no non si spiega…-


Scuoto la testa in diniego.


-No, no… è… è stata molto dolce. Mi ha stretta a sé, abbiamo iniziato a conoscerci, e… semplicemente non ce l’ho fatta. Me ne sono andata.- Prendo un lungo respiro, per evitare di scoppiare in lacrime, e proseguo con voce traballante.


-Io… insomma, tra poco torno a casa, e tu sai cosa succede quando mi innamoro. Quel sentimento mi invade le vene, fino ad infettare il cuore. La distanza non… Il pensiero di non riuscire a portare avanti un rapporto… avevi ragione tu, ok?-


Abbandono la testa tra le mani, perché in questo momento proprio non riesco a guardare il mondo.
Mi fa troppa paura.
Come mi fa paura Lei, là fuori, che sicuramente mi sta cercando confusa.
O forse no.
Forse se ne frega, e io avrei avuto ragione ad abbandonare tutto prima di ritrovarmi spiaccicata sull’asfalto come un gatto.


“Ok, basta.”


Mi ammonisco mentalmente, per l’ennesima volta. Perché diciamolo, ho la tendenza a drammatizzare, e non è il caso di farlo in un luogo pubblico.




-Va bene, potrei anche avere avuto ragione io, ma cavolo, l’hai lasciata lì appesa al nulla, con un comportamento all’apparenza da psicopatica. E anche piuttosto maleducato. Pensaci.-


Lascio andare un lungo, infinito e sonoro respiro, e alzo il viso per ritrovarmelo riflesso nello specchio ovale del saloon. Due palle rosse iniettate di sangue mi restituiscono il saluto e porto la mano sulla fronte. Scotto.


-Finirò mai di fare danni?-


-O la smetti di compatirti o ti tiro un ceffone.-


Certo, i suoi metodi sono poco diplomatici, ma d’effetto inconfutabile.
Mi stringe il viso tra le mani, e mi fissa nelle iridi infiammate con le sue, verdi e sincere.


-Ora ti dai una calmata e poi la chiami. Mi sembra il minimo. Chiaro?-


Una parte di me rifiuta il solo pensiero, ma l’altra, quella più razionale, sa che ad Hanami, almeno una spiegazione gliela devo.


-Agli ordini, maresciallo.- Porto una mano sull’attenti e alzo gli occhi al cielo.
Insieme ridiamo e l’atmosfera sembra più leggera.


Mi vado a lavare il viso, e l’acqua gelida brucia come ghiaccio sul calore della mia pelle esausta dalla troppa emotività e dal calore estivo.


Mi osservo in un altro specchio e mi chiedo cosa voglio davvero.
Ogni imperfezione della mia vita salta fuori dai pori e traspare in un volto sfigurato che non vuole altro che sentire un’altra volta il profumo di quel fiore nato per caso.


A fatica, faccio scorrere le dita sul touch screen del cellulare, ma prima che io possa cambiare idea, la chiamata è già partita.


Non so cosa sperare: il totale rifiuto oppure una voce arrabbiata.


Dopo innumerevoli secondi…


-Dove sei finita?!- Eccola lì, la seconda opzione. Anche adesso, con la faccia distrutta e l’angoscia nel cuore, riesce a farmi sorridere. Nemmeno un “Ciao”, niente di niente. Nessuna distanza. Mi parla come se ci conoscessimo da sempre, e per me è quasi una barzelletta.


-Scusa, dammi pure della pazza. Hai ragione. Ma… ci sono delle cose che devi sapere. Oggi lavori?-


Sento uno sbuffo scocciatissimo ( e giustificatissimo) dall’altro capo del telefono.
Una lunga pausa in cui mi sembra di vederla espirare il fumo nervoso di una sigaretta.


-Faccio il turno del pranzo, ma stasera possiamo vederci per cena. La fortuna aiuta gli audaci, ma non tirare troppo la corda. Ciao.-


Ma allora è proprio un vizio, quello di concludere le telefonate ad effetto.
Beh, d’altronde è un’attrice, non mi devo stupire che sia brava nell’improvvisazione.


Per quanto riguarda me, io invece rimango sospesa, con sguardo perplesso, mentre osservo lo schermo del telefono risucchiare e catalogare il suo nome nelle chiamate ricevute e ormai già nel passato.


Nella mia interdizione, appare un messaggio: “Via Giulio Petroni 127. Ore 20. PUNTUALE!!!”


-Ok, lo giuro.- sussurro, tra me e me, rigirandomi il telefono dalle mani, e non sapendo cosa aspettarmi.


……………………………………………………………………………………


-Vuoi stare ferma?! O vuoi che ti sbavo tutto il kajal?!-


Sono insofferente al tocco di Loredana, che con tutta la maestria del suo mestiere sta cercando di truccarmi.
Perché, a detta sua, per farmi perdonare da Hanami, devo essere perfetta.
E’ il suo modo di dimostrarmi affetto, e io lo accetterei volentieri, se solo in questo momento non avessi la stabilità emotiva di una bilancia rotta.


Io non dico una parola e cerco di respirare piano. Porto il mento verso l’alto per facilitarle il compito, e quando ha finito, apro gli occhi.
Loi mi sta guardando soddisfatta, con tutto l’amore che una sorella può trasmettere.
Mi sorride, incoraggiante.


-Vedrai che la lascerai senza fiato.-


Faccio per abbracciarla, ma lei fa un passo indietro, scattante come un puma.


-Alt! Volevo farti un buffetto sulle guanciotte, ma rischierei di rovinare il mio capolavoro.- Sbatte le ciglia e fa svolazzare i capelli castani all’indietro, in maniera comica.


-Sei stata bravissima, su questo non c’è dubbio.- le strizzo un occhio per provocarla. -Grazie sorellona.-


-Ora tocca a te fare la brava. Mi raccomando.- i suoi lineamenti si fanno d’un tratto seri, e ora so che parla davvero.


-Promesso.-


Suggello le mie intenzioni con questa parola e me ne vado, curiosa di raggiungere il misterioso luogo d’incontro.
Perché sì, non ho voluto sciuparmi la sorpresa, cercando che cosa fosse localizzato all’indirizzo che mi è stato dato.


Questa volta sono io a fare avanti e indietro per mezzora, di fronte al Dexter Art Bistrot, e la gente inizia a guardarmi con aria accigliata.
Decido di aspettare ancora una decina di minuti, mentre frugo nella borsa e tiro fuori le cuffiette rosa fluo da attaccare al cellulare: la musica rende tutto più sopportabile.
Mi appoggio con la schiena al muro di fianco all’entrata, e scorro la playlist, che al momento sta suonando una vecchia canzone di Tori Amos.
Mi ritrovo a mormorarne le parole nel tentativo di non pensare ad altro e, quando la canzone è quasi alla fine, la voce dell’usignolo sfuma, sostituita da un’altra che mi sussurra nelle orecchie.


-Poi mi dici che canzone è, intanto entriamo.-


Un brivido mi scende lungo la schiena, e Dio, non sono decisamente abituata a questi interventi al cardiopalma.


Mi prende la mano, e mi conduce dentro al locale. E’ solo quando ci sediamo ad un tavolo in disparte, che posso osservarla davvero: un’elegante coda di cavallo le fa risaltare i lineamenti pieni e mediterranei, e il top bianco con scollatura a cuore evidenzia la sua abbronzatura da fierissima donna del sud.
Accavalla le gambe, sotto la lunga gonna di jeans, e mi rivolge uno dei sorrisi sornioni di chi sa di avere il coltello dalla parte del manico.


-Sei dello Scorpione?- le chiedo, quasi senza pensarci. Lei spalanca gli occhi, quasi stupita.


-Sì, perché?-


-La vendetta ti si addice.-


Questa volta la sfido, sostenendo il suo sguardo in maniera incrollabile, e potrei giurare di averla vista vacillare.


-E tu lo sai che uccidi le persone con quegli occhi?-
Vorrei abbassarli, ma dissimulo, girando la cannuccia tra il ghiaccio del bicchiere che ci hanno appena portato.


-Ehi, parlami!- mi fa sobbalzare, quando alza la voce all’improvviso. Incontro il suo sguardo sofferente, quasi agonizzante, e il senso di colpa mi taglia l’anima. Eccolo lì, quel coltello invisibile, che oltrepassa gli strati dell’Essere.


Questa volta sono io a fermarle le mani, che stritolano la tovaglia in una morsa strettissima.


-Hai ragione, ti devo più di una spiegazione. Non era mia intenzione farti stare male.-


Lei si guarda attorno, furtiva, e si nasconde dietro un fintissimo colpo di tosse.


-Bene, per favore però parla, perché non so se riuscirò ancora a reggere molto.-


Ok, è l’ora della verità. E non è nemmeno ancora arrivato l’antipasto.
Avrò bisogno di parecchio alcool per arrivare alla fine della serata.


-Senti, mi sono fatta prendere dal panico. Appena abbiamo iniziato a conoscerci, intendo davvero, io… Ho semplicemente avuto paura. Sai, non vivo a Bari, e nel fine settimana tornerò a casa, in Piemonte. Mi sono vista passare di fronte agli occhi tutti gli eventuali sviluppi della nostra relazione, e non me ne è piaciuto nemmeno uno. O almeno, nessuno di quelli possibili.-


-E poi sarei io l’esperta in arti drammatiche…-


Scrollo le spalle, e porto lo sguardo sul pianoforte oltre alle sue spalle. Finalmente mi accorgo di essere in un club di musica dal vivo, ed è incredibile che prima di allora non mi avesse nemmeno dato all’occhio. Hanami è così potente, quasi da far passare in secondo piano la ragione della mia vita, e ciò non succede MAI.
 
-Hai scelto bene… - con un gesto morbido mostro l’ambiente circostante, nel tentativo di cambiare discorso.


-Lo so, volevo metterti a tuo agio. Ma visto che siamo piuttosto di fretta, mi sembra giusto scoprire le carte a mia volta. Io sono fidanzata. E per la cronaca: non mi importa.-


Non riesco nemmeno a guardarla in faccia, mentre con tono glaciale le rispondo.
-Ecco uno degli scenari che citavo giusto tre secondi fa.-


Sento la sua mano quasi fare esplodere la mia, mentre mi risponde.


-Senti, non sono stupida. So benissimo anche io che le premesse sono terribili, ma credimi. Era troppo, troppo tempo che non mi sentivo così. Da quando ti ho vista, io… niente è più lo stesso. Già la mia storia con Alessia era un tira e molla estenuante e infinito. Poi è successo… sei capitata tu, e non ci ho capito più niente. Non sapevo se ti avrei mai rivista, ma ti ho pensata ogni singolo giorno.-


-Anche io. Ma questo non cambia le cose.-


-Lo sai che esiste il libero arbitrio, sì? Possiamo decidere noi che svolta dare alla nostra vita.-


-Pure filosofa?- Sta iniziando a darmi sui nervi, e ho bisogno di una boccata d’aria.
Come se qualcuno dall’alto avesse ascoltato le mie preghiere, annunciano la jam session della serata, e io non esito ad approfittare dell’insperata via di fuga. Mi segno per prima sull’elenco dei partecipanti, e mi avviso verso il palco, senza nemmeno degnarla di uno sguardo. Sento la schiena bruciare, per quanto mi sta fissando, ma sì, mi ricordo del libero arbitrio e scelgo che non mi importa.
Comunico la tonalità del brano ai musicisti, e iniziamo a suonare una “Life On Mars” in La minore, un grande classico che rende tutti più tranquilli. Specialmente la sottoscritta, visto che è il mio cavallo di battaglia.
Mi lascio trasportare in un’altra dimensione: Il suono del contrabbasso mi dà sostengno, il pianoforte mi culla, e per cinque minuti tutto sembra al suo posto.
Anche Hanami, che si asciuga una lacrima alla fine della prima strofa, e cerca di nascondersi dietro allo schermo del cellulare.
Respiro nell’assolo strumentale, e mi godo le armonie eteree con cui i musicisti jazz stanno ornando Bowie, mentre il mio cuore riprende a battere in maniera regolare.
Applausi, complimenti, e lascio il testimone (in questo caso il microfono) al prossimo cantante, uno spilungone dalla pelle olivastra che propone un’interessantissima “Aguas de Março”. 


Torno al tavolo, e dopo interminabili minuti di silenzio, finalmente mi rivolge la parola:


-Vorrei averti ogni sera. Solo tu e il pianoforte. Solo per me.-


-Anche io vorrei tante cose.- L’acidità si è impossessata di me, nonostante l’intervento del Duca Bianco, e me ne rendo perfettamente conto.


-Aspetta…- ce la farò a salvarmi in corner? - Riavvolgo il nastro, che se no la serata degenera, e non è per questo che ho accettato di uscire con te.-


Porto una mano in avanti per difendermi, e continuo a blaterare frasi che si confondono tra le note e il cocktail di benvenuto ormai sul fondo dell’abisso.


-Non importa, solo… ne parliamo con calma? Io voglio sapere tutto di te.- Mi implora, quasi con una dolcezza disarmante.


-Ti ho ordinato una specialità del posto, devi proprio assaggiarla. Spero non ti dispiaccia.-


E io, come posso dire di no ai due occhi di cioccolato più sinceri dell’Universo?


Crollo definitivamente, e anche se già so che me ne pentirò, accantono per un attimo ogni tragica conseguenza, ogni corsa contro il tempo.
La ascolto parlare dei primi stage di recitazione, di come si fosse spaccata il canino sinistro proprio durante la prima del suo esordio nei panni di un villan… casualmente Dracula.
Io le racconto di quando mi è caduto il leggìo improvvisato, durante il mio primissimo concerto, e si sia frantumato in mille pezzi rovinando completamente l’esibizione.
Ridiamo, e beviamo, io le sfioro la mano, lei la coscia. Il ritmo lascivo e coinvolgente del trio musicale crea un tappeto sonoro degno di New Orleans. Lei è bella, troppo bella, con quel sorriso che sa di ambrosia.
Ci ritroviamo tra la luna, il mare e un affresco sbiadito sotto l’arco di un vicolo antico.
I suoi denti sul mio collo, le mie mani sotto la sua gonna, e tutto il mondo che gira.
Lei che si accascia sul mio seno, e io che mi aggrappo mentre muoio.
Ci salutiamo, attraverso i finestrini dell’ultimo treno per Bitonto, e nessuna delle due ha voglia di sorridere.
Sicuramente non io, che chiudo gli occhi e sento le sue dita scendere sempre più giù.
Finché non mi sveglio e sono nella stanza, con Loredana sommersa sotto le coperte di Hello Kitty, e un silenzio assordante.


N.d.A: Eccoci qui, alla fine di un altro capitolo, che vi annuncio subito essere il penultimo. E’ stato piuttosto faticoso da scrivere, non lo nascondo, e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. Che emozioni vi ha suscitato?
Non credevo di portare così avanti la storia, e ora vi faccio una domanda: preferireste che raccogliessi tutti i capitoli in un link unico per facilità di accesso e lettura?
Grazie come sempre per essere passati di qui. Ogni commento o recensione è graditissimo.
A presto con il gran finale… voi cosa vi aspettate?
Un mega abbraccio,
Infected Heart.

 
  
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