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Autore: Doux_Ange    08/03/2020    1 recensioni
Il primo di tanti passi importanti nella storia d'amore di Anna e Marco. Con lo zampino di qualcuno…
Per festeggiare così la festa della donna, una storia tutta al femminile, ambientata tra la undicesima e la dodicesima stagione. Buon 8 marzo!
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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THE FIRST NEXT STEP
 
Anna’s pov
 
È una tiepida mattina di ottobre inoltrato.
La mia giornata libera la sto passando, per una volta, a fare shopping.
Ma principalmente sono uscita per fare la spesa, ultimamente sono stata oberata di lavoro e il mio frigo si è quasi svuotato.
Dovevo provvedere comunque, a maggior ragione perché stasera Marco cena da me.
Da un paio di mesi a questa parte, da quel 14 agosto per la precisione, tutte le nostre serate (tranne nel caso del mio turno di notte), le passiamo insieme, a casa dell’uno o dell’altra, per recuperare il tempo perso.
Quello sprecato a negare i nostri sentimenti perché troppo orgogliosi e impauriti per ammettere che, nonostante le nostre differenze e le delusioni subite, non eravamo più colleghi o al massimo amici, ma qualcosa in più.
Molto di più.
Adesso, per fortuna, è tutto diverso.
Una volta terminati gli acquisti, rientro a casa.
Mentre metto a posto la spesa, decido di accendere la radio: un po’ di musica di sottofondo non può che far bene.
Quello che vado a beccare è il finale di una celebre canzone di Mia Martini.
 
“... Amore, gli uomini che cambiano
Sono quasi un ideale che non c’è
Sono quelli innamorati come te”
 
Mi fermo a riflettere su quei versi.
Ripenso alla mia storia, al mio presente, e a come un uomo innamorato come (e di) me sia cambiato con, e per, me. Mi sento fortunata.
Non che prima non lo fossi già, per mille motivi, ma questa è un’aggiunta non da poco.
Certo, se quella mattina in piazza mi avessero detto che mi sarei innamorata di quell’uomo in jeans, maglietta e giubbotto di pelle, avrei dato del folle a chiunque, Cecchini in primis, visto che sosteneva che mi sarebbe sicuramente piaciuto.
Ma col tempo, quell’uomo imbarazzante e impossibile era riuscito a scorgere quelle crepe apparentemente invisibili, a oltrepassarle e buttare giù quella corazza che mai nessuno prima aveva osato toccare. Lui non si era lasciato intimidire dal mio modo di fare, aveva guardato oltre, e così aveva scoperto la vera Anna. Quella incerta, fragile, emotiva. Tutto il contrario del Capitano. E la sorpresa era stata grande, quando lui non solo non si era tirato indietro, ma mi aveva teso la mano, aiutandomi a far emergere quel lato nascosto ai più.
Avevamo iniziato così a conoscerci meglio, e dal trovarlo insopportabile, ero passata ad anelare la sua compagnia più di quanto non osassi ammettere. Me ne stavo lentamente innamorando, anche se ero troppo orgogliosa per confessarlo. E, da orgogliosa, quando mi ero vista portar via ciò che più desideravo, avevo provato a reagire. Ma c’era un enorme problema: la mia rivale era mia sorella, e io non volevo ferirla. Mi ero fatta da parte, salvo poi scoprire per merito dell’uomo che adesso è il mio fidanzato, che i miei sentimenti erano corrisposti, e da mia sorella che la loro storia era finita perché anche lei se n’era accorta, di ciò che io e Marco provassimo l’una per l’altro.
Finalmente, avevamo potuto iniziare a vivere il nostro amore alla luce del sole, senza paura.
Finalmente, potevamo intraprendere quel viaggio sulla strada della nostra vita insieme.
Quel cammino in cui si perdono delle cose e se ne prendono altre, perché vale la pena rischiare.
Cambiando insieme.
A cambiare di più, in questi due mesi, è stato proprio Marco.
Si sta impegnando, e lo si nota moltissimo nei piccoli gesti, anche involontari, nei dettagli, nelle piccole cose.
Non potrei essere più felice, perché sta riuscendo a sbloccarsi, a venir fuori da quell’armatura che anche lui aveva indossato per proteggersi, ed è bello sapere che in qualche modo questo suo nuovo coraggio è un po’ merito mio. Che, dopo tutto l’aiuto che lui ha dato a me nei mesi scorsi, anche io sto riuscendo a fare qualcosa per lui.
I miei pensieri sono interrotti dallo squillo del mio cellulare.
Spengo la radio, leggendo poi il nome sul display: mamma.
Mando giù la leggera ansia che mi assale ogni volta che devo parlarle.
“Che vuole, a quest’ora?” mormoro tra me. È uno strano orario, in genere mi chiama più tardi.
Mi decido a rispondere dopo un profondo sospiro.
“Pronto, mamma?”
“Anna! Tesoro!” mi saluta lei, più euforica del solito. “Ma perché non me l’hai detto prima?” mi chiede con la sua voce squillante che prima o poi mi forerà un timpano.
Corrugo le sopracciglia, senza capire.
“Cosa, ti dovevo dire prima?”
“Ma come, cosa... che hai un nuovo fidanzato!”
Io mi sento gelare.
Come accidenti fa a saperlo?
“Che... come lo-lo...”
“Me lo ha appena detto Chiara! Oh, sono così felice!”
Io sono ancora pietrificata, immobile, appoggiata al tavolo perché le mie gambe hanno iniziato a tremare.
Perché mia sorella non si fa mai i fatti suoi? Glielo avrei detto, ma con calma! L’avrei deciso io, il momento, non... così!
“Ecco, io-”
Lei, come al solito, non mi lascia parlare.
“Ma quand’è che me lo presenti?”
Devo raccogliere tutta la mia forza di volontà per non abbandonare il telefono o chiudere la chiamata qui fingendo che non ci sia più linea.
Non può chiedermi di conoscerlo, è troppo presto!
Non sono pronta!
Affatto.
Non perché dubiti della mia storia con Marco, non lo diciamo nemmeno per scherzo. Io lo amo, da morire, e spero di poter condividere tutta la vita con lui, ma farlo sapere già a mia madre... ci sono molti motivi per cui avevo sperato di ritardare questo incontro ancora per un po’, uno su tutti.
Cerco velocemente una scusa valida per prendere tempo.
“Non lo so, è che per ora non ho t-”
“Ho un’idea! Questo week-end vengo a trovarti a Spoleto, lo dico anche a Chiara così facciamo le cose per bene, che ne pensi? È perfetto... Così finalmente mi fai conoscere il mio nuovo genero!”
Non riesco nemmeno a risponderle, perché stacca la chiamata senza attendere il mio consenso all’incontro.
Perfetto, appunto... ha deciso lei per me.
E io?
Avete presente il senso di panico, quando mia madre aveva frainteso sulla mia storia con Giovanni, e si era convinta che mi avesse chiesto di sposarlo?
Ecco.
Una cosa simile, ma moltiplicata per mille.
Perché in quel caso non c’era niente di vero, e la sua contrarietà poteva importarmi fino a un certo punto.
Stavolta no.
Perché io con Marco voglio continuare a starci, possibilmente per il resto dei miei giorni.
E temo che lei non ci renderà la vita facile.
Chiara, appena ti prendo, ti pentirai di aver aperto bocca.
 
Marco’s pov
 
Questa sera sono a cena da Anna.
Le serate con lei sono ormai la quotidianità, eppure mi sembrano sempre un regalo incredibile. Mi sento come fossi l’uomo più ricco del mondo, ogni volta come se fosse la prima.
Quanti mesi passati a rinnegare i miei sentimenti per lei... il male che aveva fatto quel suo definire “un errore” il nostro primo bacio. La sofferenza nel vederla baciare Giovanni quando l’avevano salvata dal furgone, e io non avevo nemmeno potuto permettermi di abbracciarla, perché frequentavo Chiara.
Ma adesso è diverso. Adesso stiamo insieme.
E sono finalmente felice, libero di amarla.
Ogni giorno gli abbracci, i baci, i ti amo di Anna sono per me. Ogni sera, è con me che condivide il suo tempo.
Come avevo potuto privarmi di tutto questo senza lottare, ancora non me ne capacito.
Come facevo a vivere senza il suo amore, prima?
Non era vita... sopravvivenza.
Sono contento che alla fine un cupido tremendamente imbranato in divisa da carabiniere si sia intromesso e mi abbia fatto ragionare, quella mattina davanti al municipio.
Certo, la mia paura aveva tentato di nuovo di ostacolarmi, ma grazie a Chiara che aveva intuito tutto e allo stesso folle cupido che aveva affermato, alla radio, che per amore si può e si deve cambiare, avevo capito che dovevo trovare quel coraggio che mi era mancato. L’ultima spinta me l’aveva data un costume da Babbo Natale in pieno agosto, anche se barba e panzetta sarebbero dovute sparire.
Non che fosse chissà quale sacrificio, ma il travestimento completo aveva generato la risata più bella che esista, e anche solo per quello era valsa la pena di rischiare.
Per Anna, so che farei perfino le cose più assurde.
Anche andare bendato su un ponte, se dovessi. Ma per il momento, mi limito a seguirla sul divano, dove ci accomodiamo dopo la cena squisita preparata dall’allieva migliore del mio corso.
Non solo perché è l’unica - che ho e che vorrei - o perché l’allieva in questione bacia benissimo e non è un fattore da poco, ma perché in breve tempo è riuscita a superare il maestro (non che lo ammetterò mai a voce alta, ho pur sempre un minimo di orgoglio maschile da preservare, ehi!).
Ce ne stiamo così, a parlare, con lei accoccolata tra le mie braccia, per non so quanto: perdo sempre la cognizione del tempo quando sono con lei.
Mi sembra un sogno, poterla stringere così, senza barriere, senza timore.
Accarezzarle i capelli, sentire le sue mani su di me.
Poterla baciare ogni volta che voglio.
La parte più difficile delle serate insieme è che, a un certo punto, dobbiamo separarci.
Non sempre, in realtà.
Cioè, anche se stiamo insieme da poco, forse per tutto il tempo passato a rinnegare i nostri sentimenti, perfino l’idea di trascorrere qualche ora lontani, a volte, è insopportabile, soprattutto per quelle giornate in cui io sono in tribunale e Anna in caserma e riusciamo a vederci solo per cena.
È capitato che io restassi a dormire da lei, o lei a casa mia, e fatico sempre a chiudere gli occhi, perché temo di stare sognando.
Svegliarmi con lei al mio fianco credo sia la sensazione più bella del mondo.
Anche lì, l’unico ‘problema’ è che siamo pur sempre un Pubblico Ministero e un Capitano dei Carabinieri, quindi la mattina inevitabilmente il dovere chiama.
Quando vado via, mentre torno a casa in auto - l’aria è fresca e minaccia pioggia da un momento all’altro, e Anna ha insistito perché prendessi la sua macchina - ripenso alla serata appena trascorsa.
A tratti, Anna mi è sembrata strana, come se qualcosa la turbasse. Non saprei dire cosa, però, perché tutto durava appena qualche istante e so che, qualsiasi cosa sia, me ne parlerà quando lo riterrà opportuno.
Alzo il volume dello stereo, quando riconosco una frase del brano che stanno trasmettendo.
 
“Perché forse ti ho dato troppo amore
Bella stronza che sorridi di rancore”
 
Incredibile come, in due versi, riesca a rileggerci dentro tutta la mia storia con Federica. Colei che mi aveva fatto perdere la fiducia nel gentil sesso, fino a farmi credere che tutte le donne fossero come lei.
Ma mi sbagliavo, eccome.
Perché esistono donne molto diverse, e io lo so bene.
Una volta a casa, mi cambio per mettermi a letto. Domani, in tribunale, sarà una lunga giornata, e dovrei davvero riposare.
Ma il sonno sembra non voler arrivare, per cui decido di prendere il cellulare e ascoltare un po’ di musica, sperando che qualche brano possa servire da ninnananna.
Io amo il rock, ma non mi sembra il genere più adatto a farmi addormentare prima, quindi opto per altro, a caso.
Finisco in una playlist di musica italiana, contenente nientemeno che canzoni d’amore e altre che parlano di donne.
Ma quella fase in cui rifiutavo entrambe le cose l’ho superata da un pezzo, in più adesso sono un uomo innamorato e mi ritrovo, senza nemmeno rifletterci, a cercare tra le parole, quelle che mi raccontano di Anna e della nostra storia.
 
“Siamo così
È difficile spiegare
Certe giornate amare, lascia stare
Tanto ci potrai trovare qui
Con le nostre notti bianche
Ma non saremo stanche
Neanche quando
Ti diremo ancora un altro sì”
 
Sorrido.
Mi tornano in mente tutte le volte in cui, passando davanti alla caserma la sera tardi, vedevo la luce accesa nell’ufficio di Anna, intenta a lavorare fino a chissà che ora.
O quella volta in cui la trovai, sempre lì, a piangere per la fine della sua storia col suo ex.
Giovanni aveva appena deciso di entrare in seminario (anche se in seguito se n’era pentito), e la sua scelta aveva inevitabilmente condizionato la vita di Anna. Non eravamo ancora molto in confidenza, ci conoscevamo da poco e quella scena mi aveva destabilizzato. Anche se devo ammettere che c’è una cosa che avevo già capito di lei: se sul lavoro non si lasciava mettere i piedi in testa da nessuno, ben consapevole delle proprie capacità, la sua vita privata era un disastro.
Come me, insomma.
Innamorata di un uomo che l’aveva lasciata perché tormentato da un errore in cui lei nulla c’entrava, ignorando il consiglio - giusto - che lei gli aveva dato, e che anzi le aveva scaricato addosso gran parte della colpa.
La verità è che tu non ascolti”, l’aveva accusata una mattina.
E lei quella colpa se l’era presa, cercando di dimostrare a lui e a se stessa che poteva migliorare. Peccato si trattasse di un difetto che non le apparteneva nemmeno lontanamente, perché se c’è una cosa di lei che mi era stata chiarissima fin dal giorno in cui ci siamo conosciuti, è proprio la sua capacità di ascoltare gli altri. Di andare a fondo, comprendere. Guardare oltre l’apparenza, non fermarsi a un giudizio superficiale.
Lei si lascia commuovere.
Non capisco come la gente faccia a non accorgersene. Molti, con lei, si fermano alla facciata da dura, senza nemmeno chiedersi chi sia non il Capitano, ma Anna.
Questo avevo detto alla signora Elisa, sua madre, quel giorno in piazza, me lo ricordo benissimo.
Forse avevo fatto una figuraccia, dopotutto non erano affari miei e non avrei dovuto intromettermi, ma non ero riuscito a trattenermi.
Le canzoni continuano a scorrere.
 
“Donne, du du du
Pianeti dispersi
Per tutti gli uomini così diversi
Donne, du du du
Amiche di sempre
Donne alla moda, donne controcorrente”
 
 
Questa, invece, si adatta bene a quella chiacchierata a bordo piscina, quando lei mi aveva confessato che, se fosse stata un po’ più principessa, magari, le cose con Giovanni sarebbero forse andate diversamente. Mi era apparsa molto fragile, in quel momento, lontana anni luce dal Capitano altero a cui ero abituato.
Ma non avevo esitato un attimo a dirle che non valeva la pena, cambiare per gli altri, per compiacere un desiderio che non dovrebbe esistere. Che il suo essere Zorro non la rendeva meno bella, (soprattutto quella sera, con quel vestito che le stava bene bene bene bene) o meno donna. E lei aveva capito.
Ripetere lo stesso messaggio ad Elisa, qualche settimana dopo, era stato forse superfluo, ma avevo voluto lo stesso ribadire come Anna, pur facendo un lavoro da uomo, sia più donna di tante altre.
Donne controcorrente? Beh, non saprei scegliere definizione più azzeccata per lei.
E non per il mestiere o le maniere. Ma perché è una che non si uniforma alla massa, e non ci bada. Non si sforza di essere qualcosa che non è e non vuole diventare, senza per questo sminuirsi o criticare gli altri per la ragione opposta.
Ha sempre ragionato con la sua testa, decisa a raggiungere tutti gli obbiettivi che nel tempo si è prefissata. Caparbia come poche.
Ed è anche per questo che io mi sono innamorato follemente di lei.
 
“Cercare un equilibrio che svanisce
Ogni volta che parliamo
E fingersi felici di una vita
Che non è come vogliamo
[...]
E ora penso che il tempo
Che ho passato con te
Ha cambiato per sempre
Ogni parte di me”
 
 
Forse la mia non sarà la chiave di lettura più giusta, ma cavolo, sembra la descrizione perfetta del tempo sprecato con Federica. Perché sì, è stato solo tempo perso, quello con lei. Fatto di bugie, passato a fingermi felice con lei, che mi aveva cambiato completamente fino a stancarsi di quel nuovo Marco che lei stessa aveva creato. Senza capire che già non c’era più niente. Che entrambi volevamo qualcosa che forse non era mai esistito. E sposarci sarebbe stato uno sbaglio a prescindere, col senno di poi.
Comunque, dopo aver scoperto che bella stronza fosse, avevo deciso di dire basta all’amore e alle donne. Perché convinto che le fiabe a lieto fine non esistevano, e le principesse fossero tutte frutto di una fantasia perversa che non aveva riscontro nella realtà.
Ma poi, nella mia vita era arrivata, come un fulmine a ciel sereno, un altro genere di fanciulla. Una principessa molto ribelle che non si lasciava aiutare da nessuno, e al posto degli strati di pizzo e tulle indossava una divisa da carabiniere. Proprio lei aveva di nuovo ribaltato tutte le mie certezze, facendomi realizzare che non tutte le donne sono come Federica, che insistono a cambiarti per renderti ‘migliore’, ma migliore per chi? Lo avevo chiesto anche alla signora Elisa, quando aveva osato affermare che la figlia l’avesse delusa.
La voleva diversa, anche lei, senza rendersi conto che Anna fosse perfetta proprio così com’era.
E glielo avevo spiattellato in faccia senza troppi giri di parole, senza riuscire a frenare la lingua.
Perché il vero cambiamento, lo si fa insieme.
Perché Anna non ha bisogno di cambiare a forza per essere amata.
Perché io l’amo esattamente com’è.
E se non fosse ancora chiaro a qualcuno, sono pronto a gridarlo al mondo intero.
Mi addormento così, pensando a lei, con un sorriso sulle labbra e la musica che risuona ancora.
 
“Io per la prima volta nuovamente
Mi sentirei così come mi sento
Ancora un’altra volta nuovamente
Starei proprio così
Come sto adesso:
Innamorato”
 
 
Anna’s pov
 
È venerdì.
Sono alla stazione, ad aspettare il treno di Chiara e mamma.
Dire che sono nervosa è poco... mi tremano le mani.
E le gambe.
Sto in piedi per inerzia, ecco.
Non ho ancora detto niente a Marco, del loro arrivo, tantomeno il motivo della visita.
È che non so come gestire la situazione.
Perché, se da una parte non vedo l’ora di poter rivelare a mia madre che sono finalmente innamorata e felice, e so che anche lei ne sarebbe contenta, dall’altra ho paura di dirle che l’uomo in questione è Marco.
E non perché, come ho già precisato, io abbia dubbi sul mio amore per lui, ma perché l’ultimo incontro/scontro tra mia madre e Marco non è che sia stato un momento particolarmente positivo, diciamo. Cioè, il commento di mamma in seguito alle parole di Marco era stato tutto fuorché comprensivo, non aveva apprezzato granché quella sua presa di posizione così schietta e in mia difesa davanti a quello che secondo lei era stato un gesto estremamente deludente. E da quel momento, i due non si erano più visti. Ogni volta che mia madre è passata a trovarmi, si è trattato di visite brevissime, e lontane dalla caserma.
Marco lo sapeva, ma è sempre stato d’accordo con me sul fatto che fosse ancora presto, conoscere ufficialmente le nostre rispettive famiglie.
Per questo adesso ho paura di cosa potrebbe succedere, quando dovrò dirle la verità su di noi.
Non so nemmeno se mi conviene sperare nell’appoggio di Chiara.
Uno, perché lei sapeva benissimo dei miei timori, eppure ha spiattellato comunque gli affari miei senza prima chiedere.
Due, Chiara e Marco si sono frequentati, anche se per poco, e mia madre non solo non lo sa, ma quando aveva incontrato lui in caserma, aveva pure suggerito di presentarlo a mia sorella perché secondo lei sarebbero stati compatibili. Come no.
Morale della favola: che faccio io, ora?
 
Prima che la mia mente possa pensare a qualche idea (stupida, perché che accidenti di giustificazione posso darle, per evitare?), ecco giungere il treno.
Inspiro a fondo, cercando di calmare i battiti e il tremore alle mani. Non sarebbe un buon inizio, mostrarmi così nervosa.
Mentre attendo che il convoglio si fermi, penso a come il genere femminile, in noi tre, sia rappresentato in tutte le sue sfaccettature.
Così diverse, eppure così simili.
Con le nostre debolezze, i difetti, ma anche i pregi e le nostre forze. Ognuna con una storia che parte dallo stesso punto ma si è evoluta in direzioni totalmente opposte, e tuttavia accomunate da un legame che non potrà mai essere spezzato.
Mamma scende dal treno di corsa, mentre noto due uomini che aiutano sia lei che Chiara a portar giù... quattro valigie. Per tre giorni. Naturalmente.
“Eccola, la mia bambina!” esclama, abbracciandomi di slancio.
Io ricambio la stretta: niente da fare, non riuscirà mai a vedermi come una donna, sarò sempre la sua piccola Anna per il resto della vita.
Arriva anche Chiara, che saluto allo stesso modo.
“Tranquilla,” mi sussurra, prima di allentare la presa.
Ha già capito tutto, garantendomi il suo aiuto in una sola parola.
Le aiuto a portare i bagagli, caricandoli in macchina, per poi tornare a casa tutte e tre.
Come previsto, mia madre non aspetta neanche un attimo per esplicitare il suo entusiasmo e l’impazienza.
“Tesoro, sapessi come sono felice di poter conoscere il tuo fidanzato! Ancora non capisco perché hai aspettato a dirmelo. L’ho dovuto sapere da tua sorella!”
Chiara si becca un’occhiataccia, a cui risponde con un’alzata di spalle.
“Ehm... volevo aspettare il-il momento giusto per...” esito, la voce che si spegne.
Cavolo, Anna, controllati! Che devi fare, con questa voce che trema?
“Sì, sì, certo...” mi interrompe, “ma adesso ci siamo! Finalmente!”
Cerco di ricambiare il suo sorriso quando si volta a guardarmi, ma non so cosa sia uscito fuori, temo più una smorfia terrorizzata.
La risposta che si rifiuta di uscire dalle mie labbra.
“Beh, allora?” chiede. “Non mi dici niente di lui?”
“Che ti devo dire?” mormoro, mentre mia sorella ridacchia. “Quando lo conoscerai, ti farai un’idea tua a prescindere da quello che dico, no?”
“Naturalmente. Ma - oh! Sono proprio contenta, Anna! Ti avevo sentita... diversa, al telefono, ultimamente, più felice... e ora capisco perché! Avrei dovuto intuirlo, che c’era un uomo nella tua vita! Non vedo l’ora di sapere chi è. Chiara non ha voluto dirmi niente, se non che è convinta che andremo d’accordo.”
Guardo di nuovo storto mia sorella. Lei sa tutto, ovviamente, ci mancava solo che infierisse.
Mamma continua col suo interrogatorio, ed è complicato sviarla ed evitare di rivelare troppo. Ma è peggio di un detective, quando vuole. Ma non ero io, il Carabiniere, tra le due? Mi viene da ridere. Forse, l’attitudine alle indagini l’ho presa da lei, in fondo.
Mentre lei continua a ripetere quanto sia contenta, io sento la tachicardia tornare.
Perché so già che, nella mente di mia madre, io e Marco potremmo sposarci anche dopodomani, se lui passa il test di gradimento.
Lei non vede l’ora di vedermi indossare l’abito bianco, così come secondo lei non è mai troppo presto per avere dei nipotini.
Me l’avrà ripetuto non so quante volte, in questi anni, e so che stavolta sarà anche peggio.
Dal suo entusiasmo, capisco che Chiara le avrà confermato che si tratta di una cosa seria.
E se da un lato questa consapevolezza mi rende felice, dall’altra mi terrorizza.
I veri problemi iniziano quando arrivo a casa e parcheggio perché, davanti al portone del palazzo, c’è Marco, il casco in mano, appoggiato alla sua moto.
Tutte le mie paure si materializzano nel vederlo.
Che ci fa, qui?
 
Marco’s pov
 
Sono sotto casa di Anna.
Il maresciallo, sempre dalla mia parte, mi ha raccontato dell’imminente arrivo di Chiara e sua madre Elisa.
Ecco, cos’aveva di strano la mia fidanzata.
È sempre nervosa quando si tratta della madre, succede ogni volta che la chiama o che si vedono. Ma non capisco perché stavolta non mi abbia detto nulla, avrei potuto accompagnarla a prenderle alla stazione. O comunque tranquillizzarla come faccio ogni volta che viene a trovarla.
Quando però la vedo scendere dall’auto, e scorgo sul suo viso lo stupore di vedermi lì e l’angoscia di avere le mani legate, allora diventa tutto chiaro.
Anna aveva paura di questo incontro tra me e sua madre, e non ha tutti i torti, in fondo.
Diciamo che, dopo un inizio alla grande, quella mattina in caserma, il nostro ultimo faccia a faccia, davanti al Duomo, non era stato proprio idilliaco.
Mi pento di essere venuto qui, l’ho messa in una situazione difficile, e io mi sono cacciato in un guaio.
Che accidenti dico alla mia (si spera) futura suocera dopo la mia fantastica figura di quella volta? Mi scusi? Mi dispiace per essermi intromesso? Quello che ho detto non lo pensavo davvero, ho esagerato?
No, perché sarebbero tutte bugie.
Non ho nulla di cui scusarmi, a parte forse i toni, ma di certo non per il contenuto. Né tantomeno mi pento di essermi messo in mezzo. E su una cosa sono assolutamente certo: quelle cose le pensavo allora, e continuo a pensarle adesso.
Solo che questo non aiuta la situazione, anzi.
Quando il mio sguardo incrocia quello di Anna, la mia paura e la sua si fondono.
Non c’è modo di scappare, ora. Se solo lei me ne avesse parlato...
Il nostro dialogo silenzioso va avanti per un po’, fino a quando una voce non ci fa sobbalzare.
“Allora, avete intenzione di andare avanti ancora a lungo, oppure il Dottor Nardi viene a salutarci?” domanda Elisa, facendomi arrossire un po’.
Cominciamo male, se ci becca così.
Ed è positivo o negativo, che si ricordi come mi chiamo?
Comunque sia, mi do una mossa e raggiungo le tre donne.
“Madame,” saluto la signora Olivieri, con un baciamano, come quella mattina in ufficio.
“Buongiorno a Lei! È un piacere rivederla,” replica lei con entusiasmo.
Speriamo sia altrettanto magnanima quando saprà il resto.
Saluto anche Chiara con un abbraccio amichevole, e lei mi lancia uno sguardo d’intesa, quasi a volermi dire che non mi sono comportato da idiota, che sembra più una minaccia che altro.
Io e Anna ci scambiamo appena un sorriso, non so chi sia più in tensione tra noi due.
Di nuovo, è sua madre a interromperci.
“Visto che è qua, ci darebbe una mano a portar su i bagagli, da vero gentiluomo qual è?”
Ignoro il rossore sul viso di Anna, accettando al volo il peso di quel lavoro (letteralmente - ma quanti bagagli si sono portate dietro?! Per tre giorni scarsi?). Sarei pronto a soddisfare tutti i desideri di mia suocera, se necessario, pur di sapere che, anche se il suo ricordo di me non dovesse essere positivo, posso farle cambiare idea e dimostrarle chi sono davvero, e soprattutto che amo sua figlia.
 
Elisa’s pov
 
Eccoci finalmente a Spoleto.
Così potrò conoscere il nuovo fidanzato di Anna.
Oddio, ‘conoscere’ forse non è il termine più appropriato, perché so già chi è.
Non che abbia avuto bisogno di chissà quali indizi per capirlo, perché Chiara non mi ha detto molto quando mi ha rivelato la novità, e Anna tenterà di sviare le mie domande in ogni modo, conoscendola.
Certo, durante il viaggio in treno, ho cercato di ottenere più informazioni dalla mia figlia maggiore per verificare se le mie supposizioni fossero esatte, e l’unica risposta che è ottenuto è stata che il fidanzato di sua sorella è un panda, un uomo in via d’estinzione.
Una definizione a dir poco buffa, ma non ci ho fatto caso più di tanto perché Chiara è sempre stata molto più superficiale di Anna in questo senso, la dimostrazione più lampante nelle numerose e fallimentari relazioni che aveva avuto negli anni, la più lunga delle quali, se non ricordo male, quella con Sasà il caprone.
Vorrei davvero che seguisse l’esempio di sua sorella, che mettesse finalmente la testa a posto. In parte forse ha cominciato, perché si è laureata e ha trovato anche un lavoro, ma sul piano sentimentale continua a perdere tempo con queste storie blande senza capo né coda. Anche se so che forse questo comportamento è il riflesso del mancato rapporto col padre. L’assenza di Carlo ha portato in lei la paura a fidarsi, che la blocca dall’instaurare un vero rapporto con un uomo. È più insicura di quando non dimostri, finisce sempre per tentare di compiacere gli altri senza mostrare chi è davvero. Perché io mi lamento di come si comporta, ma Chiara è una brava ragazza, in fondo, e vale più di quanto non creda lei stessa. E in questo io ho la mia parte di colpe, perché le ho sempre detto che dovrebbe cambiare e non accettarsi, quando invece è l’opposto che dovrebbe succedere. Non ci dovrebbe essere bisogno di cambiare se stessi per piacere agli altri, e questo l’ho capito bene un giorno in piazza a Spoleto, quando qualcuno me lo aveva fatto notare senza giri di parole, ma applicato ad Anna.
Non mi erano piaciuti affatto i toni di quella conversazione, dopotutto quell’uomo nemmeno mi conosceva e si permetteva di rivolgersi a me in quel modo. E non conosceva nemmeno Anna, o così credevo, eppure non aveva esitato a difenderla a spada tratta da quelle che aveva ritenuto accuse immotivate.
Io sono solo un collega, eppure l’ho capito subito”, aveva detto.
Certo, come no... collega.
Non mi piace evidenziare la mia età ma, caro il mio giovanotto, sono su questa terra da abbastanza tempo da poter affermare che quello che mi aveva fatto non era per niente un discorso da collega, ma da uomo innamorato.
Non era un’arringa difensiva, ma una dichiarazione d’amore in piena regola, sebbene nessuno dei due probabilmente se n’era ancora reso conto.
Come previsto, il terrore sul viso di Anna non appena scendo dal treno è un chiaro segnale di quanto vorrebbe evitare il momento, e in macchina fa l’evasiva come immaginavo.
Ma, come dicevo, io so già tutto, e non mi stupisce affatto vedere lo stesso giovanotto, o panda, come dice Chiara, appoggiato a una moto sotto casa di Anna.
La paura negli occhi di entrambi è lampante, e mi viene da ridere, ma mi trattengo.
Sono evidentemente spaventati all’idea di dovermi dire del loro rapporto, immagino proprio per via di quanto successo quel giorno. Decido quindi di cavalcare l’onda, per vedere fin dove sono disposti ad arrivare.
Certo che, anche se non avessi avuto il minimo sospetto su di loro, l’avrei capito comunque dallo sguardo che si sono scambiati.
Ne approfitto, salutandolo e obbligandolo a portar su i nostri bagagli. Lui accetta senza fiatare, sicuramente per fare una buona impressione.
Mentre saliamo, decido di punzecchiarlo un po’.
“Come mai era qui, Dottore? Cercava Anna?”
Lui abbassa lo sguardo, mentre lei arrossisce.
“Ehm, sì, dovevo... consegnarle un fascicolo,” mormora.
Immagino, il tipo di fascicolo, sì, ridacchio tra me.
“Capisco... io sono venuta a trovare mia figlia perché, sa, ha un nuovo fidanzato! E finalmente me lo farà conoscere... Tutto bene?” gli chiedo, fingendomi preoccupata quando tossisce e sbianca di botto, preso in contropiede dalla notizia.
“Sì, sì...” assicura, debolmente.
“... a tal proposito, avete già deciso come?” mi rivolgo poi ad Anna, che evita il mio sguardo. “Organizziamo un aperitivo? Una cena?”
Lei sembra a corto di parole, per cui interviene Chiara.
“Mamma, che ne dici se prima sistemiamo le valigie e poi ne parliamo?” tenta di dissuadermi, senza successo, ovviamente. Mi sto divertendo troppo.
“No no, ho bisogno di saperlo adesso, che motivo c’è di attendere? Così vediamo come organizzare anche il resto del week-end!”
Marco se ne sta in silenzio, a guardare di sottecchi Anna.
Visto che la mia bambina sembra non riuscire a prendere una decisione, stranamente, cambio interlocutore.
“Lei che ne pensa? Secondo Lei quale sarebbe il modo migliore per fare la conoscenza del mio nuovo genero?” chiedo a bruciapelo a Nardi.
Il panico invade anche lui per essere stato interpellato su una questione così delicata, e che lo coinvolge direttamente, per giunta.
“Ehm, forse... a cena?” risponde lui, che almeno ha ritrovato la voce, così decido di cogliere la palla al balzo e incastrarlo per bene.
“Ottima idea! E sarebbe perfetto farla proprio a casa del tuo fidanzato, Anna... chi lo sa, magari si rivela anche un bravo cuoco!”
Chiara accenna un sorrisetto, mentre gli altri due spalancano gli occhi. Che strana reazione... indagherò.
“Deciso, allora! Riferiscilo al tuo fidanzato, tesoro, direi per... domani sera, visto che è sabato. Mi sembra il giorno ideale!”
Mi rivolgo di nuovo al PM.
“Il suo aiuto è stato molto apprezzato, la ringrazio. Buona giornata, spero di rivederla presto!” Mi congedo, godendomi la sua espressione imbarazzata, mentre Chiara prende le chiavi dalle mani della sorella, che sembra ancora incapace di articolare suono, e apre la porta.
Io la seguo in casa, fingendo di non notare i due innamorati prendersi un istante per mano prima di salutarsi.
Domani sera sarà molto interessante.
 
Marco’s pov
 
Non riesco a credere di essermi fatto incastrare così.
Preparare la cena è la parte meno difficile... è la ragione, quella complicata: presentarmi a mia suocera come il fidanzato di Anna. Dover aprire la porta e trovarmela davanti.
Ma, come ho già detto, per Anna sono pronto a tutto, e quindi eccomi qui, di buon ora di sabato mattina, impegnato a pulire casa e più tardi mettermi ai fornelli.
Come sempre, il sottofondo musicale non manca, almeno mi distraggo un po’.
 
“Ti darò certezze contro le paure
Per vedere il mondo oltre quelle alture
Non temere nulla, io sarò al tuo fianco
Con il mio mantello asciugherò il tuo pianto”
 
Riconosco il brano, Guerriero. Ma mi sento tutto tranne che quello, al momento.
In qualsiasi altra circostanza sarei già scappato, perché questo è un passo gigantesco e veramente impegnativo in una relazione. Rende tutto più reale e serio, e se ho accettato senza esitazioni, è proprio per Anna. Perché per lei, per amore, vale la pena combattere e in alcuni casi rischiare e cambiare, ma solo se lo si vuole davvero e non perché costretti. Così come ho imparato che non bisogna vergognarsi di mostrare ciò che si prova, e di piangere, se c’è una spalla pronta ad accoglierti. Io stesso l’avevo detto ad Anna quando la sua storia con Giovanni era giunta al capolinea.
Quanto al mantello, sembra una bella metafora di come entrambi ci fossimo nascosti dietro il nostro ruolo per tentare di lenire il dolore, o celarlo. Ma non era servito a niente. Fingere, rimandare faceva solo stare peggio.
E io lo avevo capito grazie a lei.
Il cinismo che avevo adottato dopo la rottura con Federica, il mio diffidare delle donne, non avevano guarito la ferita, l’aveva solo resa più profonda. Perché avevo continuato a permettere alla mia ex di controllare la mia vita. E solo dopo essermi sfogato, dopo aver buttato fuori tutto quel dolore mi ero ripreso.
Dopo aver conosciuto quella testona in divisa che porta il nome di Anna Olivieri avevo capito di non dover fare di tutta l’erba un fascio.
Che dietro quella maschera, siamo davvero uno, nessuno e centomila.
Il vero io esce fuori solo con accanto la persona giusta.
E Anna, con me, ci è riuscita: mi aveva fatto sbloccare, mi aveva fatto tornare in me, e migliorare.
Lo avevo capito una sera, tra un bicchiere di vino e una risata, con noi due seduti sullo stesso divano che ora sto sistemando, mentre sullo schermo della tv scorrevano foto che avevano perso ogni significato, che il destino ci aveva condotti fin lì.
Non per far incontrare due casi umani per decidere chi fosse messo peggio in amore, ma per farci comprendere che avevamo trovato il nostro posto nel mondo, uno accanto all’altra, e non molto tempo dopo l’avevamo perfino ammesso a voce alta.
 
“Io e te, io e te
Seduti sul divano
Parlar del più e del meno
Io e te, io e te
Come nelle favole”
 
La nostra favola è stata (e probabilmente continuerà ad essere) una montagna russa, ma ciò che conta è che adesso stiamo insieme. E non permetteremo a nessuno di impedire che questa folle corsa continui.
Perché non ho mai amato nessuno come amo Anna, e non voglio perderla per nessuna ragione al mondo.
È per questo che quella di stasera sarà una serata perfetta, per dimostrare ad Elisa quanto io ami Anna e ciò che sono pronto a fare per lei.
 
Anna’s pov
 
Sono quasi le 20.
Io, Chiara e mamma siamo appena arrivate davanti casa di Marco, per la cena.
Sono terribilmente nervosa.
Continuo ad aggiustarmi questo dannato tubino nero che mia madre mi ha costretto a mettere.
Io non volevo, non mi sento a mio agio vestita così, e Marco lo sa. Mi ha detto mille volte che per lui sono bellissima con qualsiasi cosa addosso, che sia la mia adorata divisa, shorts e canotta o in pigiama.
Il fatto è che lui mi fa sentire bella in ogni istante, a prescindere da cosa indosso.
Comunque mia madre ha insistito a lungo e io ho accettato per non farla arrabbiare, anche se avrei preferito fare di testa mia.
Una volta al cancello, suono il campanello e la serratura scatta quasi all’istante.
Mia madre prosegue senza badare a me e Chiara, che siamo rimaste indietro.
Io sono terrorizzata.
“Anna, tranquilla,” mi sussurra mia sorella, stringendomi le mani con fare rassicurante. “Marco ti ama, è pazzo di te, e non penso che mamma vi si metterà contro. Andrà tutto bene.”
Adoro questi momenti con Chiara. Parlare con lei mi aiuta sempre. Siamo totalmente opposte, è vero, ma so di poter contare sul suo appoggio per qualsiasi cosa.
Solidarietà tra sorelle, ma anche tra donne.
Inspiro a fondo, ma quando mi giro per decidermi a compiere l’ultimo passo, mi sento quasi mancare.
Perché mia madre è già sulla porta, aperta, e sta salutando Marco.
Non capisco se vorrei scappare, scavarmi una fossa, o volatilizzarmi.
Sicuramente non vorrei essere qui.
Mamma mi fa segno di avvicinarmi, e solo ora mi accorgo che non sembra arrabbiata, tutt’altro.
Sorride.
Confusa, la raggiungo.
Una volta al suo fianco, mi rendo conto che tutte le mie paure erano infondate perché lei, con un gesto che vale più di mille parole, prende la mia mano e quella di Marco e le unisce in mezzo alle sue.
Poi prende la parola.
“Mi dispiace tanto per avervi provocato quest’ansia, non era mia intenzione.” si scusa. “La verità è che non sono mai stata veramente arrabbiata con Lei, Marco. Ho capito fin da subito, quel giorno in piazza, che a parlare non era solo un collega, ma un uomo innamorato... Probabilmente era presto perché voi stessi ve ne accorgeste, ma a una madre certe cose non sfuggono. E non potrei essere più felice di sapere che non mi ero sbagliata, e che Lei ama mia figlia. Erano bastate poche parole a fare una buona impressione su di me, sa? E mi aspetto che tutto ciò venga mantenuto soprattutto adesso che è mio genero”, afferma in tono gentile, rivolgendosi a Marco con un sorriso affettuoso prima di voltarsi verso di me. “Devo delle scuse anche a te, tesoro, per quello che ti ho detto quella volta e non solo, ma un uomo saggio mi ha confidato che non è la divisa che indossi a determinare o meno la donna che sei... e in realtà l’unica cosa che conta, per me, è che tu sia felice. E da quel che vedo, lo sei. Te l’ho detto, ieri mattina... da un po’ di tempo, al telefono, ti sentivo diversa, più serena, come non eri più da non so quanti anni. E io non posso che essere felice per te. Per voi.”
Sia io che Marco siamo a dir poco stupiti dalle affermazioni di mia madre, non avremmo potuto sperare in qualcosa di più bello di questo.
Sento le lacrime pizzicare, perché davvero non me lo aspettavo.
“Non ci provare nemmeno,” mi mette però in guardia mamma, “perché se piangi tu, inizio pure io e non ne usciamo più. E comunque, sappiate che vi tengo d’occhio,” dice poi in tono minaccioso, rivolgendosi a Marco e dopo un’occhiataccia a Chiara, che ricambia interdetta, “se pensate di nascondermi le cose, tutti e tre, scoprirete che non serve a niente. Sì, lo so che vi siete frequentati per un breve periodo, voi due,” puntualizza, con un dito puntato contro il mio fidanzato e mia sorella, che indietreggia, “ma io per prima sapevo che non avrebbe funzionato. La paura a volte gioca brutti scherzi, l’importante è che lo abbiate capito. E se Lei si lascia scappare Anna, è un idiota.”
Chiara scoppia a ridere, mentre io e Marco ci scambiamo un sorrisetto imbarazzato.
Questa l’abbiamo già sentita...
 
La cena va più che bene.
Mia madre ha scoperto che Marco è davvero un ottimo cuoco e che, tra le altre cose, ha insegnato anche a me a cucinare.
Mamma è estasiata da questi aneddoti.
Confermo: fosse per lei, potremmo sposarci anche domani.
E la cosa mi riempie di gioia.
La sorpresa più grande della serata è vedere lui comportarsi in maniera così disinvolta con tre donne.
Se penso a quanto fosse restio, quando ci siamo conosciuti... a vederlo, ora, sembra un’altra persona. Niente più difensiva a tutti i costi.
Ogni tanto noi due perdiamo il filo del discorso condotto da mia madre, troppo presi l’uno dall’altra per ascoltarla davvero, anche se a nessuno dei due sfuggono i riferimenti al matrimonio che, a quanto pare, lei sta già immaginando, come previsto.
Ma per il momento non importa.
Per ora, vogliamo soltanto goderci il nostro amore appena sbocciato.
Ci sarà tempo, per quel passo. Stasera, ne abbiamo già compiuto uno che, si spera, porterà in quella direzione.
 
Marco’s pov
 
Sono da poco passate le 23 quando riaccompagno le tre signore a casa con l’auto di Anna.
Una passeggiata, al ritorno, mi farà bene.
Scendiamo dalla sua jeep blu e, dopo aver salutato mia suocera e Chiara, che ci strizza l’occhio, rimango da solo con Anna. Finalmente.
Quando torno a guardarla, ricevo in risposta un sorriso enorme, i suoi occhi verdi che brillano nonostante la poca luce dei lampioni in strada. Davanti a me, la bellezza della donna che amo, che non dipende da ciò che indossa, ma da ciò che è.
 
“Se la tua bellezza è
Furiosa e nobile
È qualcosa che somiglia
Alla parte migliore di me”
 
Il suo bacio è dolce come miele sulle mie labbra, sublime come un’oasi nel deserto, caldo come i raggi del sole all’alba.
L’amore che ci lega indissolubilmente.
La stringo tra le braccia, beandomi di poterla avere così vicino come se fosse la prima volta.
La felicità per la serata appena trascorsa, per le belle parole che Elisa ha speso per noi e per la fortuna che il destino ci ha dato, facendoci incontrare.
Perché il nostro amore è finalmente libero.
Non ha barriere, non ha più ostacoli.
Adesso possiamo finalmente essere noi, ed è bellissimo.
 
Stasera più che mai è difficile lasciarla andare, ma so che domani non tarderà ad arrivare.
Mentre torno a casa, mi viene da sorridere per un motivo in più.
È stata una serata molto al femminile. Ho avuto modo di approcciarmi a tre donne che ho conosciuto, e sto continuando a conoscere, che mi hanno aiutato ad aprire gli occhi.
Tre donne uguali, ma profondamente diverse.
Uniche, ognuna a modo proprio.
Dolcemente complicate, ma senza di loro la mia vita sarebbe di certo differente, e un po’ più povera.
Chiudendo la porta alle mie spalle, risuonano nella mia mente le parole di un altro brano.
 
“Premetto che prima, alla parola amore, tremavo...
Ora che vivo la storia più libera del mondo
Che sento nell’aria il bene più profondo
A volte ho paura che crolli tutto quanto
 
Non è razionale, non lo puoi spiegare
Tremano le gambe mentre ride il cuore
Chiudi la finestra, che c’è troppo sole
Anche quando piove
 
Meraviglioso amore mio...”
 
Niente più di questi versi descrive meglio la mia storia con Anna.
All’inizio, c’era solo il terrore di essere ferito nuovamente.
Adesso, non potrei immaginare la mia vita senza di lei, perché solo con lei riesco ad essere davvero me stesso. A volte sembra tutto troppo bello per essere vero, ma poi mi basta averla accanto, sfiorare le sue dita per rendermi conto che è tutto reale.
È nato tutto così, contro ogni aspettativa, fuori da ogni pensiero razionale. E non basterebbero tutte le parole del mondo per spiegare il nostro amore.
Non sono mai stato così felice.
E adesso so anche perché.
In fondo, basta solo trovare qualcuno che ti faccia stare bene quando tu stai male, e viceversa.
 
Ciao a tutti!
Come promesso, per questo 8 marzo un po’ particolare, quest’anno, io e Martina abbiamo pensato per voi una storia tutta al femminile.
Per tenervi compagnia in questo periodo complicato per il nostro paese (nella speranza che voi che ci leggete e le vostre famiglie stiate tutti bene), e per riprenderci dalla tragedia che è stata questo ottavo episodio.
Ritorniamo alle gioie tra l’undicesima e la dodicesima stagione, che ci servono!
Tra qualche giorno pubblicheremo anche la versione alternativa del settimo episodio, che vi piacerà di sicuro!
Per l’ottavo, vediamo. Due puntate in una settimana hanno reso le cose complicate, e il tempo di mettere insieme il testo ci vuole, quindi pazienza.
E il videoclip di “Sembro matto”!!! La gioia che speravamo di avere ma non ci aspettavamo così splendida!
Magari sarà di buon auspicio per il finale.
A presto!
 
Mari
 
 
 
   
 
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