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Autore: Fra_chan22    12/03/2020    1 recensioni
Sanji deve fare i conti con le scelte fatte a Whole Cake quando lui e Zoro finalmente si ricongiungono a Wano.
Traduzione italiana di "To Run" di Captainkrueger.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Sanji/Zoro
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Parte prima: Rompere

Sanji arrivò a Wano con un senso di sconforto che gli pesava sul petto e che aveva trovato dimora nel retro della sua testa; tra il caos subito nell’entrare presso l’isola isolazionista e il proprio tormento interno riguardante gli eventi che erano accaduti su Whole Cake, si era sedimentata l’idea che presto o tardi avrebbe dovuto affrontare Zoro, e quindi le conseguenze delle sue azioni.
Sanji voleva credere che Zoro avrebbe compreso e accettato il ritorno di Sanji con non più difficoltà di un veloce movimento delle sue spade, ma realisticamente parlando comprendeva che non sarebbe stato così semplice. D’altronde, era fuggito dalla ciurma con il pieno intento di sacrificare la sua felicità ai Vinsmoke e alle macchinazioni politiche di Big Mom in cambio della sicurezza della sua ciurma – e questo includeva Zoro e la serenità che lui e Sanji avevano intagliato per se stessi nel mezzo della Grand Line. Ovviamente Zoro non aveva preso la sua decisione così alla leggera; Sanji sarebbe stato fortunato ad uscirsene solo con il loro classico battibeccare giocoso.

Ciononostante si intrattené con questa futile speranza durante il tempo speso per raggiungere Wano e fino a quando lui e Zoro non furono a fianco l’uno dell’altro. Lo spadaccino non era apparso felicissimo nel vederlo, ma Sanji avrebbe potuto facilmente spiegarselo come conseguenza della situazione in cui si trovavano. Zoro semplicemente aveva lanciato la piccola O-Toko nelle sue braccia ed era corso dove il combattimento lo chiamava, e Sanji aveva deciso di approcciarlo più tardi.
 

 
Sanji finalmente trovò la possibilità di parlare con Zoro solo giorni dopo, con gli altri che stavano preparando il raid nel tempo di pochi giorni, e fu subito accolto con un: “Non voglio parlare adesso, Cuoco.”
“Cosa, sei impegnato, Marimo?” lo sfidò Sanji, volendo già superare questa coversazione cosicché potessero ritornare a bisticciare per poi sfuggire da tutti gli altri per qualche momento da soli.
“Più o meno?” replicò Zoro, guardandolo con occhi stralunati.
“Senti, idiota, volevo solo sapere dove stessimo tu ed io in questo momento.”
“Non abbiamo tempo per questo, San-“
“Questo è il motivo per il quale io sto cercando di trovarlo, il tempo!” esplose Sanji. “Se ti lasciassi continuare usare quella scusa, la guerra sarà qui prima che ce ne accorgeremmo e nulla sarà risolto.”
“Cosa c’è da discutere?” chiese Zoro, guardandolo impassivamente in un modo che gli fece stringere i denti per la frustrazione e nascere il desiderio di spaccare quella sua stupida faccia per non star considerando la cosa seriamente: “Ci hai lasciato e ora sei tornato.”
Sanji scosse la testa, incredulo:
“Sei arrabbiato con me, non è vero? Merda, Zoro, io sarei arrabbiato con me.”
“Oh, se sono arrabbiato, cuoco di merda” ammise Zoro: “Ma il mondo non finirà solo perché hai fatto qualcosa di stupido.”
Sanji continuava a fissarlo incredulo:
“Non vuoi litigare con me?” chiese, abbassando il tono di voce mentre realizzava che, forse, sarebbe potuto uscirne illeso da tutto questo:
“Dovrei?” replicò Zoro, fissandolo più da vicino, l’occhio che lo osservava con sospetto: “C’è qualcosa che ti sta mangiando dentro, Cuoco?”
Sanji strinse i pugni, calando lo sguardo sul terreno mentre le memorie della sua proposta di matrimonio a Pudding lo avvolgevano in una stretta viscida:
“Sanji.” Lo chiamò Zoro, la sua voce pericolosamente bassa e calcolata: “Che cosa hai fatto?”
“Non sono semplicemente scappato, Zoro, io... ho chiesto la mano alla donna con cui ero fidanzato.”
“Beh, sì” disse Zoro, i tratti del volto nuovamente rilassati: “E’ questo quello che fai quando sei fidanzato, giusto? Tieni alte le apparenze.”
“No.” Ribatté Sanji con tono lieve, scuotendo il capo lentamente, ancora fissando il suolo, un albero vicino, ovunque tranne che Zoro: “Voglio dire che le ho chiesto di sposarmi... in privato. Nessun altro attorno. Ma non significava niente, lei non era quello che diceva di essere, l’ho fatto nell’enfasi del momento, e sono tornato indietro – e io non l’avrei fatto, ciononostante. Questo deve contare pur qualcosa, giusto?”
Sanji alzò lo sguardo quando Zoro non rispose e vide l’altro uomo stare lì, con i suoi occhi chiusi, un profondo cipiglio delieato sulla sua fronte. Anche da questa distanza Sanji poteva notare il lieve tremolio che pervadeva la sua figura, e irrigidì i suoi muscoli per un attacco che mai arrivò.
Zoro finalmente aprì il suo occhio non appena il suo volto si liberò dalla rabbia, la sua espressione illeggibile, lo sguardo freddo e vuoto di emozioni:
“Non seguirmi” ringhiò girandosi e incamminandosi lontano.
Con una smorfia, Sanji trattenne il fiato aspettando che succedesse qualcosa, finché il suono del metallo che sferzava l’aria e il rumore di qualcosa di grosso che cadeva al suolo non rimbombarono nelle vicinanze.
Sanji si maledì sottovoce e si disse che avrebbe approcciato Zoro un’altra volta.
 

 
Trovare Zoro appena sveglio da uno dei suoi riposi letargici non l’aveva messo in un più disponibile umore come Sanji aveva sperato. La rabbia istantaneamente aveva dissipato il topore del sonno dall’occhio di Zoro mentre guardava Sanji e scattava in piedi.
“No” disse prima di girare i tacchi e provare ad allontanarsi.
“Potresti solo fermarti?” chiese Sanji tra i denti, afferrando la spalla di Zoro e bloccandolo.
Zoro si irrigidì sotto il suo tocco, guardandolo oltre la sua spalla e lanciandogli uno sguardo omicida:
“Che diavolo vuoi?”
“Non lo so!” esplose Sanji: “Qualcosa! Prendimi a pugni, prova a farmi a fette, urlami addosso – qualsiasi cosa, così che io sappia che siamo a posto!”
“Non lo siamo.”
“Okay.” ansimò Sanji. “E’ un inizio.”
“No, è tutto quello che c’è da dire.” replicò Zoro: “Non so come potrei andare avanti con te dopo tutto ciò.”
“Non ti fidi di me?” gli chiese il cuoco, con tono più accusatorio di quello che intendeva assumere. Si era aspettato una litigata ma sicuramente potevano superarla. Sanji era qui, provando a risolvere le cose con Zoro, e non a Whole Cake sposato con una donna che a malapena conosceva. Zoro doveva capirlo:
“Io ti affiderei la mia vita” gli rispose lo spadaccino, guardando blandamente Sanji, come se stesse recitando comuni conoscenze che non dovrebbero essere ripetute. Se salti nell’oceano, ti bagnerai, Sanji. “proprio come la affiderei a chiunque sulla nave.”
“Non è quello che intendo!”
“Lo so. È solo che è una domanda così stupida che preferivo non l’avessi chiesta.” Replicò Zoro ostinatamente.
“Sei impossibile!” ringhiò Sanji, afferrando i suoi capelli in un moto di frustrazione: “Volevo dire che tu non ti fidi che io non possa scappare!”
“Non è perché sei fuggito, idiota!” esclamò Zoro, una mano ad afferrare il materiale della veste di Sanji, tirandolo a sè più vicino finché non potesse sentire il suo caldo e furioso respiro sulla faccia. L’occhio di Zoro brillava di una tale bianca e incandescente intensità che fece deglutire ansiosamente Sanji, come se lo spadaccino potesse strappargli di dosso gli artifizi e vederlo davvero per quello che fosse con un singolo sguardo. Strappargli la maschera, l’impudenza, e cosa rimaneva? Qualcuno che stava affogando, realizzò.
“Avrei potuto perdonarlo.”
Zoro avrebbe potuto benissimo colpirlo al centro dello stomaco con l’elsa della Wado, l’effetto sarebbe stato lo stesso.
Stringendo i denti, Zoro abbassò lo sguardo e liberò Sanji dalla sua presa, spingendolo via in disgusto, un’altra volta. “Avrei potuto perdonarlo” ripetè. “Certo, sarei stato seccato e ti avrei lasciato sbollire, ma poi l’avrei superato.”
Lo fissò con sguardo penetrante, e Sanji si domandò se quello era un occhio lucido per lacrime non ancora formate: “Ma quello che non posso perdonarti è che ti sei fatto avanti con lei. Non per mantenere le apparenze, ma perché lo volevi. Questo è ciò su cui non posso passare oltre, Sanji-“
“Stavo cercando di trarne il meglio da una situazione di merda!” protestò vivamente il cuoco, interrompendo Zoro prima che potesse scendere nel dettaglio nei modi in cui lo aveva ferito, sperando che se si fosse semplicemente spiegato, Zoro avrebbe accettato le sue spiegazioni e si sarebbe tranquillizzato. “Non pensavo vi avrei più rivisto!”
“Oh, ma per favore!” sbottò Zoro, distruggendo le disperate illusioni di Sanji che tutto questo potesse anche solo essere relativamente aggiustato: “Lo sai dannatamente bene che Rufy non si sarebbe mai e poi mai girato e lasciato che qualcuno gli portasse via uno dei suoi compagni. Lo devi aver saputo.”
“io-“
“Lo sai cosa penso?” premette Zoro, prevaricando il tentativo di Sanji di poter parlare. E nonostante le sue proteste, Zoro non osava guardarlo. Mostrò di calmarsi: inspirò rumorosamente, liberò le proprie spalle dalla tensione, distese le dita così da non essere più piegate in pugni. Erano questi i momenti in cui Sanji sapeva di essere nei guai. Zoro non si calmava così, non ove la situazione riguardasse Sanji; estraeva le sue spade cosicché i due potessero combattere finché non si liberavano dalla pressione creatasi tra loro.
Ma Zoro ora non lo stava facendo.
“Penso che fosse quello che hai desiderato per davvero.” Disse lievemente, alzando lo sguardo su di lui con considerevole difficoltà. Uno sguardo di realizzazione si stava diffondendo su tutto il suo volto fino a stabilizzarsi e mutare in una smorfia di rassegnazione. A Sanji non piaceva quello sguardo sul volto dello spadaccino: “Penso che tu sapessi che lei era tutto ciò che desideravi per il tuo futuro. E... io non lo sono.”
“Zoro...” mormorò Sanji, un tremoliò sfuggito nella sua voce.
Zoro fissò Sanji con sguardo misurato mentre posava la mano sulla sua spalla: “Troverai l’All Blue un giorno, porterai lì il Baratie, e troverai una brava donna che potrai adulare e viziare. Ti sposerai e probabilmente avrai un milione di bambini. Avrai una bella vita, Sanji.”
Solo non con me, sottintese.
“Ma io voglio te, Zoro! Sono solo un idiota!” gridò Sanji, afferrando disperatamente l’avambraccio dell’altro con entrambe le mani, anche se avrebbe voluto fare molto di più di questo – stringere i loro corpi assieme, vincolarlo al pavimento, tutto per evitare che se ne andasse.
C’era così tanto che Sanji avrebbe voluto dire, ma non ne era capace. Le parole si formavano da sè a metà, prima di unirsi assieme in un paludoso groviglio, lasciandolo senza parole, tutto perché Zoro, nonostante il dolore e la rabbia che doveva star provando, stava cercando di trattarlo in modo così gentile, quando era l’ultima cosa che meritava.
Con la rabbia, Sanji ci poteva convivere, l’avrebbe capita. Ma questo no.
Zoro lo osservò tristemente, il pomo d’Adamo che si alzava e si abbassava nella sua gola mentre deglutiva con difficoltà. Strinse brevemente la spalla di Sanji prima di lasciarla finalmente andare, ritraendo la mano lentamente per dargli il tempo di mollare la presa. E Sanji, nonostante il suo intero essere protestò, la allentò con un lieve brivido, il tocco fantasma della mano di Zoro che bruciava superando il vestito sulla sua pelle.
Zoro posò la mano sulla Wado:
“No” mormorò in una voce roca che avrebbe perseguito le notti future del cuoco: “No, non penso che tu lo sia.”
Detto questo, Zoro tirò su col naso mentre si voltava e si allontava, lasciando Sanji indietro.
 

 
Il momento del raid arrivò e passò, con Rufy che si erse vittorioso e Kaido e Orochi desposti, ormai incapacitati dal continuare a ferire il paese. L’isola e la gente traumatizzata di Wano avrebbero avuto bisogno di tempo per ricorstruire e guarire, ma stasera sarebbe stata una notte di baldorie e celebrazioni, con Rufy e gli alleati di Cappello di Paglia come ospiti d’onore.
Sanji, ora che aveva trovato tempo di respirare e pensare in modo appropriato, sorrideva distratto ai suoi amici ed alleati mentre ci davano dentro con i festeggiamenti. Lui, comunque, era rimasto ai confini della festa nell’osservarli, incapace di prendere parte all’allegria del momento. Zoro lo approcciò durante le baldorie, gli disse di seguirlo e gli inviò uno sguardo che rifiutava un no come risposta, come se Sanji a questo punto potesse opporre resistenza.
“Ehi, dimmi una cosa.” Gli disse quando ebbero trovato un posto tranquillo.
“Cosa?”
Zoro lo osservò di nuovo abbastanza a lungo da farlo sentire senza forze. Sanji non riusciva a guardarlo per molto tempo senza sussultare, ultimamente. Decise di distrarsi accendendo una sigaretta, la mano che tremava leggermente nel moto per farla raggiungere alle labbra.
“Se lei si fosse dimostrata ciò che fingeva di essere, saresti davvero tornato?”
“Sei stato abbastanza chiaro sul fatto che non vuoi ascoltare ciò che ho da dire, idiota!” disse Sanji tagliente, esalando il fumo dal naso come un drago furioso, il che probabilmente rendeva ancora più difficile prenderlo sul serio.
Zoro lo guardò blandamente, per nulla impressionato e scosso dalla scenata di rabbia. “Cerca solo di venirmi incontro, puoi?” disse stanco, invece di ribattere come avrebbe fatto prima che tutto fosse andato a rotoli. Zoro guardò in lontananza e il silenzio si pose tra i due abbastanza a lungo da risultare scomodo, prima che lo spadaccino ricominciasse a parlare: “Ho bisogno di saperlo.”
Sanji esitò, desiderando di aver tasche in cui poter infilare le mani. Invece si occupò di inspirare ancora un tiro della sua sigaretta. Trattenne il fiato, la sigaretta posata tra le sue dita mentre rivolgeva lo sguardo nella direzione di un monte in lontanza, come se stesse riflettendo. Rilasciò il respiro lentamente, provando ad espellere la tensione che aveva trovato posto al centro del suo petto da quando aveva lasciato Whole Cake. Tutto inutile.
“Hai davvero” disse lentamente, scivolando il suo sguardo verso Zoro: “così poca considerazione di me, Marimo?”
Una piccola e testarda parte di lui voleva istigare Zoro a litigare, solo in nome dei vecchi tempi, ma la sua voce mancò di asprezza e finì per risultare più malinconica di quanto avesse voluto.
Zoro indurì la mascella, fissando Sanji ineffabilmente, un piccolo cipiglio a delineargli i connotati.
Sanji chiuse gli occhi, prendendosi del tempo per il suo sucessivo respiro. Zoro non avrebbe abboccato all’amo in ogni caso:
“Ho fatto qualcosa di stupido, Zoro.” mormorò, abbassando lo sguardo: “Penso che tu abbia compreso come io abbia alcune oscure, segrete fantasie sul diventare l’eroe martire che dà la sua vita per le persone che ama.”
Zoro assunse uno sguardo torvo nel sentire Sanji recuperare vecchie memorie sul patto dello spadaccino con Orso, ma non disse nulla. Neanche Sanji disse nulla. Lo stesso era successo anche a Thriller Bark: si erano scambiati insulti una volta che Zoro si era svegliato e poi, avendo trovato un momento da soli, si erano baciati aggressivamente perché era tutto ciò che Zoro riusciva a fare al suo stato – fino a che Chopper non li aveva trovati, aveva urlato loro contro e spinto Sanji via mentre gli diceva di trovarsi qualcos’altro da fare – e quello era stato. Forse era quello il loro problema, Sanji riflettè: non si parlavano qunado le cose iniziavano ad essere difficili.
Sanji esalò lentamente: “Questo è solo... un altro modo per esserlo.”
“Pensi davvero che Rufy avrebbe-“
“Io non stavo pensando.” Lo interruppe Sanji, ancora fingendo di guardare il terreno: “Non lo capisci, Zoro? Non stavo pensando quando stava accadendo e nemmeno quando ho fatto... quello che ho fatto con Pudding. Lei era l’unica che mi mostrasse un minimo di gentilezza quando tutti gli altri stavano trovando scuse per ammazzarmi di botte e io...”
Sanji si bloccò, sospirando nel realizzare quanto debole la sua spiegazione suonasse, anche se era la verità.
La verità.
Si crucciò. La verità era che Sanji era così disperato di diventare un martire modello, che aveva agito senza riflettere. Allo stesso modo, ovviamente sapeva che Rufy e gli altri non l’avrebbero lasciato  andare. Non avevano abbandonato Robin quando il Governo Mondiale aveva tentato di pretenderla. Perché con lui dovrebbe essere stato diverso?
Fece una smorfia. Era una domanda che non volle ponderare troppo a lungo, così decise di spingere quel pensiero da parte. Tirò su col naso:
“Puoi odiarmi se vuoi.”
Anche io mi odio.
“Non ti odio, lo sai.”
Sanji guardò Zoro. Provò a sbattere le ciglia per allontanare le lacrime che si erano accumulate nei suoi occhi e, maledizione, Zoro non lo stava rendendo per nulla più facile.
Lo spadaccinò inspirò ed espirò lentamente attraverso il naso, spostando lo sguardo da un’altra parte: “Non ti odio. Renderebbe tutto ciò un sacco più facile se lo facessi.”
Sanji non disse nulla mentre portava la sua sigaretta nuovamente sulle labbra, aspettando di vedere se Zoro potesse dire qualcos’altro. Il peso che sentiva nel petto peggiorò nel osservare l’uomo che amava, notando che il suo dolore era tanto quanto quello di Sanji, e sperò che potesse farci qualcosa per allontanarlo da entrambi.
“Io non ti ho mai odiato, Sanji.” Zoro continuò: “E non penso che ci sia niente che tu possa fare per farti mai odiare da me.”
“Non farlo.” disse Sanji, con voce spezzata, abbassando il capo. Strinse gli occhi, cercando e fallendo di evitare il tremolio al labbro inferiore mentre due lacrime sfuggirono al suo controllo. Non ricordò di aver mollato la sua sigaretta, ma non era più tenuta dalla sua mano: “Non dirlo. Di’ che mi odi e che non vuoi più vedere la mia faccia. Renderebbe le cose più semplici.”
Sanji sentì Zoro muoversi più vicino, sentì due calde, callose mani prendergli il volto e voltargli la testa per osservarlo. Zoro lo stava guardando con tale preoccupazione che Sanji non ce la fece più; il suo respirò diventò convulsivo, le lacrime scesero copiose dalle sue gote senza che potesse porvi rimedio, le sue spalle tremarono mentre piangeva dinnanzi a lui.
Forti braccia lo avvolsero e lo strinsero al forte, stabile muro che era il petto di Zoro. Sanji non si oppose; afferrò a piene mani lo yukata dello spadaccino finché non riuscì a darsi un contegno, ma non si mosse, ricurvo com’era sul suo petto:
“Perché sei così gentile con me?” chiese, cercando di trovare un piccolo accento di indignazione a cui si poteva affidare. Era più semplice essere arrabbiati. Quindi perché non ci riusciva? Perché Zoro non ci riusciva?
“Perché, cuoco di merda” rispose Zoro, usando uno dei vecchi soprannomi di Sanji per la prima volta da quando aveva chiuso con lui, e la cosa rese il dolore sul suo petto ancora più acuto: “non mi piace vederti così.”
Il respiro di Sanji tremò, mentre abbandonava la propria fronte contro la spalla di Zoro: “Non so come rendere le cose migliori, Zoro.”
Lo spadaccino sospirò accanto all’orecchio di Sanji mentre muoveva le dita tra i capelli del cuoco. Sanji lentamente alzò il capo, guardando nel suo occhio, le sue labbra separate per lo shock. Zoro posò la mano sulla sua guancia, prima di usare il polpastrello del pollice per asciugare il percorso di una lacrima sul volto del cuoco.
I due continuarono a guardarsi negli occhi e Sanji si domandò se Zoro stesse trattenendo il respiro come stava facendo lui in questo momento. Quasi tutti i muscoli del collo si indurirono per la tensione in una ansiosa anticipazione, mentre aspettava qualche tipo di indizio da parte sua.
Zoro si avvicinò e pose le labbra contro la sua fronte. Sanji si pietrificò. Si divincolò dallo spadaccino, guardandolo con sguardo perso mentre questi volse lo sguardo in un’altra direzione, poi sul terreno, compiendo un passo indietro:
“Mi dispiace” mormorò. “Sono solo- non lo so. Non so nemmeno cosa provare. Ho bisogno di tempo. Avevo solo bisogno che tu sapessi, Cuoco, che qualsiasi cosa succeda, mi dispiace. Su tutto questo.”
Sanji annuì, sentendosi spaesato e disconnesso dai movimenti che il suo corpo stava facendo. Divertente. Era lui che si sarebbe dovuto scusare:
“Già. Anch’io.”
Zoro guardò nuovamente in direzione della festa, posando la mano sull’elsa della Wado:
“Torno indiero, ora.”
Sanji si stava già accendendo una nuova sigaretta nel vedere Zoro allontanarsi, mormorando qualche distratta risposta tra i denti. Se Zoro lo stava ancora guardando, lui non lo sapeva.
Sperava lo stesse facendo.
E fu qui che la sua parte più sensibile si fece spazio tra i muri della mente di Sanji.
Parlaci, idiota!
“Ehi, Zoro?” disse, domandandosi se potesse anche solo sentirlo.
Zoro guardò dietro di sé, la mano ancora posata sulla Wado:
“Sì?”
“M- mi manchi, lo sai.” disse Sanji, con tono abbastanza alto affinché lo sentisse. Realizzò che forse non era tutto ciò che voleva dire; forse stava usando la parola “mancare” perché stava tentando di evitare una parola che ora pesava ad entrambi ricorrere.
Uno sguardo di dolore si diffuse sul volto di Zoro e Sanji realizzò che doveva aver pensato la stessa cosa. Lo spadaccino si rigirò e continuò ad allontanarsi:
“Anche tu mi manchi, sopracciglio a ricciolo.”
Quando era certo che Zoro se ne fosse andato, Sanji alzò la testa indietro nel guardare alto in cielo. Osservando le stelle e la vasitità dello spazio, Sanji tirò su col naso mentre una lacrima solitaria si faceva spazio e correva sul suo volto, seguita da un’altra e un’altra ancora. La pelle della sua fronte bruciava per la memoria di dove Zoro lo aveva baciato, e Sanji chiuse gli occhi mentre inspirava profondamente, cercando di ricordare come fosse stato, prima che il suo respiro sobbalzasse senza avvertimento e lui iniziasse a piangere nuovamente, singhiozzando spasmodicamente sulla sua mano mentre la sigaretta rimaneva appesa fiaccamente tra le sue dita.
“Oh, Dio.” mormorò.
Oh, dio. Oh, dio, ti prego, oh oh oh...
Fine Primo Atto.
 
Note
Non avendo più inventiva, ahimé, mi sono data alla traduzione, conscia del fatto di non riuscire a dare la stessa intensità che questa autrice dà alla sua opera nella versione originale. Per fortuna lei ha più fiducia nelle mie capacità. Io mi sono totalmente innamorata del suo modo di impostare i dialoghi. 
A chi fosse interessato, lascio il link dell'opera in lingua originale qui sotto:

https://archiveofourown.org/works/22404460/chapters/53527681
A presto!
 
  
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