Note dell’Autrice
Durante questo periodo un po’ arduo, Ile_W ha avuto una bellissima idea e ha proposto un prompt al giorno fino alla fine della quarantena (sperando che non la prolunghino ulteriormente); ecco dunque una raccolta in cui ogni capitolo è a sé stante e tratterà di diversi personaggi e, nella maggior parte dei casi, diverse coppie.
Non vedrete esattamente una storia al giorno, in quanto ho deciso di esplorare (e intasare) anche altri fandom, ma potete comunque aspettarvi un aggiornamento costante. Cercherò di non scrivere solo Stucky… ci riuscirò? Fate le vostre scommesse, signore e signori.
(Ho deciso di non inserirvi i prompt usati, perché nella metà dei casi li ho riarrangiati a mio piacimento e non volevo proprio espormi di fronte a tutti quanti oof)
Buona lettura,
Federica ♛
Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia non appartengono a me, bensì a Stan Lee e alla Marvel. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, ma solo per puro divertimento.
EVERYTHING I HOLD DEAR (RESIDES IN THOSE EYES)
#1 – DIFFERENT SIMILARITIES, SIMILAR DIFFERENCES
Thor si guardò intorno, cercando di identificare le attività consone a una festa Midgardiana. Da quando era arrivato, tutto ciò che aveva potuto osservare erano state persone già ubriache che tentavano di flirtare con lui e uomini con un cipiglio che lo fissavano con aria disdegnosa, quasi a voler mettere in discussione la sua stessa presenza.
Thor non poteva dire di esserne sorpreso; ovunque andasse era accolto dagli stessi comportamenti quasi monotoni che iniziavano a metterlo a disagio. L’unica ragione per cui aveva deciso di presentarsi era…
“Thor!” La voce del Capitano Rogers irruppe sopra il frastuono della musica – senz’altro scelta da Stark, a giudicare dal genere – e, quando si voltò, lo vide farsi largo tra una folla di terresti che lo stavano guardando allontanarsi con un’espressione troppo vicina a un broncio per persone adulte.
“Steven!” rispose, rallegrato nel vedere una faccia famigliare.
Negli ultimi tempi, i due avevano stretto un rapporto di reciproca fiducia e rispetto; certo, nel loro campo di lavoro, era impensabile non averne, ma il Capitano si era rivelato ben presto essere un amico fidato, sempre disposto ad aiutare.
“Come stai? Come vanno le cose su Asgard?”
Thor si incupì leggermente. Si schiarì la gola nel tentativo di dare una nota positiva a pensieri cupi, e disse: “Non bene, le cose con mio padre si sono fatte… tese.”
Steve sospirò rumorosamente, guardandosi intorno. L’assenza di metà team non sfuggì al Dio del Tuono.
“Credo lo stesso si possa dire qui. Questa storia di Ultron… be’, diciamo che non concordiamo sul da farsi.”
“Deve essere dura per te,” asserì immediatamente Thor, notando la postura rigida dell’altro e la presa un po’ troppo stretta che aveva intorno al suo bicchiere di plastica rosso.
Steve gli rivolse un sorriso sincero. “Tu capisci tutto subito, eh?”
“Semplicemente ho imparato a conoscerti, so che porti il peso del mondo sulle spalle. Credo che in questo possiamo definirci simili.”
“Già,” ammise il Capitano. “Entrambi liberi di prendere il comando, ma entrambi prigionieri dei nostri doveri e delle persone che dobbiamo comandare…” Poi scosse la testa, sorridendo debolmente. “Mi dispiace, non volevo rovinarti la festa.”
Thor posò una mano sul braccio muscoloso di Steve, aumentando lievemente la morsa in quello che sperava essere un gesto rassicurante.
“Rovinare qualcosa è l’ultima cosa che potresti mai fare, Steven,” lo rassicurò.
“C’è qualcosa che posso fare per aiutarti?”
Thor lo guardò, pensieroso, mentre valutava in silenzio il risvolto della sua decisione a venire.
“Ti va di farmi fare un giro per New York? Chissà, potrei anche farti provare a sollevare Mjölnir,” propose con un ghigno scaltro.
Steve scoppiò in una risata genuina, prima di annuire. “Non posso certo tirarmi indietro di fronte a una sfida,” ammise. “Andiamo.”