Con le prime luci
dell’alba, la casa profumava già di
freschezza e purezza. Esme si affaccendava correndo da un lato
all’altro della
casa, talora portando vasi di fiori, talora libri da sistemare su uno
scaffale.
La televisione in sottofondo riprendeva una vecchia partita che Emmett
neanche
guardava. Rosalie ancora non era scesa, forse troppo affaccendata a
curarsi dei
suoi capelli, mentre Alice e Jasper sicuramente testavano ancora le
capacità di
Jasper di resistere al sangue umano. Come new
entry della famiglia, aveva ancora molto autocontrollo da
imparare e
sperimentare.
In tutta quella frenesia Esme si fermò un attimo e tutti
prestarono le loro
narici ad annusare
“Bella…” disse lei e corse sorridendo
verso la porta. Edward entrò con Bella
dall’ingresso, la quale sembrava molto più timida
della sera precedente. Esme
era sempre accogliente e dolce con chiunque entrasse nella sua dimora e
vita,
era un dono che aveva sin da bambina, ed era anche il motivo per il
quale un brutto muso come Edward
l’adorava tanto
da sentirla come la sua vera madre. Lui che era un solitario e amava la
sua
solitudine, non sapeva resistere ai dolci sorrisi di Esme.
Tutt’altro rapporto
aveva invece con Rosalie, la quale tendeva a voler essere sempre al
centro
dell’attenzione, ma non sempre riusciva a catturarla quando
Esme era nei
paraggi, soprattutto non aveva mai quella di Carlisle: i suoi occhi
erano solo
per la sua dolce metà.
“Lei è sempre così”
ridacchiò Edward. Esme riprese il suo da fare, raddrizzando
un quadro da una parte
“Hai fame Bella? Ci sono degli spuntini di
là”
“Oh no grazie io…”
“Esme si è data pena tutta la notte per preparare
quegli spuntini…” Edward a
volte sembrava molto più considerevole verso gli sforzi
della madre che quelli
di Bella. Lui sapeva quanto rischiassero tutti per il suo amore, ma
sapeva
anche che nonostante tutti avessero dubitato della fiducia di Bella,
Esme era
stata l’unica a spalleggiarlo senza remore, perché
sapeva bene quanto era
grande l’amore per quella ragazza.
“A dire il vero mi è venuta un po’
fame… magari un assaggino” Bella andò
in
cucina con Esme.
Sembrava non aver poi tanta paura della loro natura, o forse
semplicemente
aveva compreso che Esme quanto Edward non le avrebbe fatto mai del
male.
Sentiva come se fosse davvero parte della famiglia, al pari di tutti
gli altri
“figli” e che Esme riservava a lei un trattamento
forse più speciale,
sicuramente diverso da quello che aveva per Rosalie.
“Non farci caso Bella, sgambetta per tutta la casa tutto il
tempo. È sempre
molto affaccendata” Alice entrò danzando nella
stanza “Questa casa cambia
almeno dieci volte al giorno”
Esme le diede una lieve pacca sul sedere rientrando, aveva sentito le cattiverie che diceva di lei. Bella
sorrise per quella scaramuccia, tipicamente familiare mentre addentava
un altro
boccone del suo tramezzino. D’improvviso Esme si
bloccò, socchiuse gli occhi e
sorrise “Carlisle” sussurrò e corse
verso la porta.
“Non ha alcun potere se non quello di sentire Carlisle
imboccare il viale di
casa” disse Alice a Bella
“Amore… un sentimento al quale Esme è
sempre stata soggetta…” ribatté Edward
“Buon…”
Carlisle non ebbe il tempo di entrare dalla porta
che Esme gli saltò tra le braccia baciandolo
“Esme…” Edward aveva la faccia
sconcertata
“Impicciati dei tuoi pensieri Edward…”
replicò Esme
“Posso solo immaginare cos’abbia sentito,
buongiorno Bella. Come va oggi?”
“Ancora viva. La giornata è lunga…
potrebbe accadermi di tutto”
“Edward saprà avere buona cura di te, ne sono
certo… permesso un attimo!” diede
un bacio ad Esme per ritirarsi nella sua stanza preferita: il suo
studio, lì
dove nessuno, neppure la sua metà amata lo disturbava mai.
“Ed ecco cosa mi resta della giornata… sistemare
casa! Mi dai una mano Bella?
Quel quadro trovo che sia storto, che dici?”
“Ehm io…” alle volte Bella temeva che
eventuali risposte contrarie alle
aspettative portassero a molta rabbia, scaricabile con la sua morte
sotto i
loro denti
“E’ la sua testa ad essere storta Bella, non farti
ingannare…” Alice schioccò
un bacio sulla guancia di Esme
“Sì Bella, stai attenta o ti assumerà a
tempo pieno per fare le pulizie a
casa…” anche Emmett provò a coccolare
Esme, ma ricevette solo uno sguardo inceneritore e una pacca sulla
spalla.
“Non trattate male la madre che vi
accudisce…” Carlisle scese dalle scale
riservando ad Esme il solito privilegiato trattamento di un innamorato:
le
diede un bacio sulla fronte e fece scivolare la sua mano lungo il
braccio di
lei, provocandole quella sensazione che solo lui sapeva darle.
“Io me lo ricordo com’era… prima che
tutti voi arrivaste. Era sempre feste e
danze. Da divertirsi…” Edward strappò
Esme dalle braccia di Carlisle, facendola volteggiare per il grande
salone
ridendo insieme. Inizialmente Carlisle, aveva provato molta invidia per
Edward,
per quel suo modo di essere così spontaneo con Esme, per
sentirsi un figlio, suo figlio. Ma
con il tempo aveva
imparato che la compagna, la sua metà scelta, aveva amore da
dare a tutti e che
non ne aveva mai abbastanza, ma soprattutto che la gratitudine che gli
dava per
averla “salvata” non avrebbe mai potuto spiegarla:
Esme si sentiva grata a
Carlisle per averle dato il sogno che aveva sempre voluto. Un figlio,
Edward,
che non avrebbe mai potuto perdere!
Edward ed Esme danzavano a ritmo di una melodia che risuonava nella
testa di
lei
“I nostri ospiti non la sentono come te Edward…
non siamo scortesi. Che cosa ti
ho insegnato?”
“Onorare l’ospite prima di ogni
cosa…”
“Bravo il mio ragazzo!” volteggiarono fino al
pianoforte “Adoro sentirlo
suonare” Esme si rivolse a Bella
“Ed io anche di più quando sono accompagnato, ti
prego!” Edward le porse la
mano. Esme fu ben felice di fargli d’accompagnamento
musicale. Si guardarono
negli occhi sorridendo. Esme finse di sgranchirsi le dita ed Edward
lanciò uno
sguardo ammaliatore a Bella.
Da molto tempo non suonavano più insieme: la loro canzone,
era sempre la prima
del repertorio Moonlight Sonata
“Sai Bella, a suo tempo dovevi pregarli di
smetterla” disse Carlisle
“E’ geloso perché io ora posso starti
vicino e lui no” sussurrò Edward ad Esme
“Non farmi ridere Edward, concentrati”
“Sono concentratissimo. Anche Carlisle pensa e la maggior
parte delle volte a
te…”
“Edward…”
“I tuoi soffici e morbidi capelli, il tuo profumo, le tue
mani…”
“Ti prego smettila…” Carlisle sapeva
benissimo che Edward lo prendeva in giro,
un po’ come faceva tempo addietro, quando lui ed Esme si
sedevano al pianoforte
e suonavano ininterrottamente per ore senza curarsi del mondo
circostante.
Quando c’erano solo loro due e una melodia da comporre.
All’inizio Edward
faceva come i bambini, svogliato e presuntuoso, diceva di saper fare ma
si
annoiava a farlo. Esme aveva faticato molto per convincerlo ad imparare
in modo
serio e il risultato era stato ottimo. Tra le tante cose che avevano
condiviso,
il pianoforte era un perfetto incontro di entrambi: le loro mani
scivolavano
insieme, quasi danzando, senza mai scontrarsi. Ognuna si dedicava alla
sua
parte, al suo da fare, ma nonostante non si toccassero sapevano di
condividere
tanto. Una condivisione alla quale Carlisle era estraneo, alla quale
tutti lo
erano ed entrambi non permettevano che fosse altrimenti. Sia per Esme
che per
Edward, la musica rappresentava quel qualcosa di madre e figlio, che
nessuno
avrebbe mai potuto violare. Era la loro cosa.
Tra le risate, gli scherzi, le prese in giro e le note che facevano da sfondo, arrivò anche il crepuscolo, il tempo per Bella di addormentarsi e per Esme di riprendere la sua vita frenetica per l’eternità.