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Autore: MissRosalie42    17/03/2020    0 recensioni
La cosa più importante da sapere su Sam è anche l'unica che nessuno conosce. Il ragazzo può vedere i fantasmi.
Nulla di particolarmente esaltante, per lui. Può vederli e parlare con loro da sempre, ci è abituato.
Quando però si trasferisce in una nuova casa e la trova infestata da un ragazzo morto alla sua età pochi anni prima, le cose cambiano.
Sam sarà costretto ad affrontare tutto ciò che lo spaventa e che aveva sempre evitato: la sua famiglia, le sue insicurezze, i suoi sentimenti. A quale prezzo imparerà ad essere se stesso?
Genere: Drammatico, Fluff, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Amici non vivi

Primo giorno di scuola dopo le vacanze natalizie.
Sam se ne stava seduto su una panca da solo, fissandosi le scarpe, nel largo corridoio del James E. Walker, l’istituto superiore privato più costoso e competitivo dell’intera regione. La retta annuale pagata dai suoi genitori, entrambi medici, avrebbe potuto coprire le spese annuali di vita di un’intera famiglia. Tutto, in quel luogo, trasmetteva ricchezza. L’edificio era molto antico, e da quando era diventato una scuola per snob veniva ristrutturato tutte le estati. C’erano aule grandi, in condizioni perfette, con il parquet a terra e neppure una crepa sul muro; corridoi spaziosi con armadietti grandi e panche di legno intarsiate sotto ogni finestra; un cortile che era un vero e proprio parco, con campi da tennis e da calcio, e una mensa che sembrava un ristorante.
Solo il meglio per Samuel Clark Robertson, futuro medico che avrebbe provveduto alla sua futura famiglia esattamente nello stesso modo in cui i signori Robertson stavano provvedendo al loro unico figlio.
Sam, ovviamente, aveva ben altro a cui pensare. Ad esempio al fatto che aveva buoni voti ma che erano comunque i peggiori della sua classe in quasi tutte le materie, che la divisa color grigio sbiadito con inserti verde smeraldo faceva a pugni con la sua carnagione chiara e con i suoi occhi azzurri, oppure che si sentiva male alla vista del sangue, persino quando si faceva un piccolo taglio sul dito con un foglio di carta. Per non parlare del fatto che non aveva amici. Amici vivi, quantomeno.
“Bentornato, Samuel. Mi siete mancato” disse all’improvviso una voce femminile molto dolce.
E poi c’era quel piccolissimo dettaglio che lo accompagnava da tutta la vita: vedeva i fantasmi. E parlava con loro, anche.
Sam alzò la testa dai propri piedi e sorrise alla figura eterea che gli stava davanti. “Anche voi, Rose.”
Ormai non si preoccupava neanche più del fatto che i suoi compagni lo vedessero parlare da solo.
Rose era una giovane donna con i capelli scuri e non dimostrava più di venticinque anni. Viveva al Walker da sempre. Sam l’aveva incontrata il terzo giorno del suo primo anno in quella scuola, quattro anni prima, ed erano subito andati d’accordo.
La donna indossava un abito ottocentesco blu molto sfarzoso, con una gigantesca macchia di sangue sul corsetto, e aveva un pugnale che le spuntava dal petto all’altezza del cuore. Era stato un po’ traumatico il primo incontro tra di loro. Sam aveva solo tredici anni e non aveva mai visto il fantasma di qualcuno ucciso in maniera così brutale, prima d’allora. Ma Rose si era dimostrata così gentile e pacata che lo aveva messo a suo agio in un batter d’occhio.
“Posso?” la giovane indicò il posto accanto a lui sulla panca.
“Certo” le sorrise Sam.
Rose si accomodò con tutta l’eleganza possibile vista la sua condizione di morta accoltellata. In realtà non si sedeva davvero, perché non passare attraverso la panca avrebbe richiesto uno sforzo enorme che la povera Rose non era in grado di compiere, ma fingere di sedersi le dava un senso di normalità, e lo faceva spesso. In realtà, quello che faceva davvero era svolazzare a mezz’aria piegando il corpo come se fosse seduta e restare sospesa a filo con la superficie di legno della panca. A volte però si distraeva e vi sprofondava un po’ dentro.
La prima cosa che Sam aveva imparato sui fantasmi era quanto sembrassero vivi, nonostante tutto. Rose, ai suoi occhi, era perfettamente visibile. Non poteva vedere attraverso di lei, nonostante fosse pallidissima: morendo aveva perso molto sangue. Poche cose la distinguevano da un altro essere umano. La prima era un alone che la circondava, come un’aura, una tenue luce di cui era la fonte e che a volte era talmente forte da dare l’impressione che la giovane donna fosse fatta solo di quello, di luce. Succedeva a tutti i fantasmi quando provavano emozioni molto forti. L’altra era la leggerezza, la grazia con cui si muoveva, letteralmente fluttuando a pochi centimetri dal pavimento quando si scocciava di imitare una camminata come quella dei vivi. I fantasmi potevano volare, ma stranamente non amavano allontanarsi troppo dal terreno. Però potevano anche attraversare i muri, e quello lo facevano con piacere, perché, al contrario di ciò che suggeriva il loro aspetto, erano inconsistenti. O meglio, quasi inconsistenti, ma era difficile da capire e da spiegare, persino per Sam.
C’era anche un altro fantasma, lì al Walker, morto un paio di secoli prima di Rose, ma né lei né Sam sapevano il suo nome o come fosse morto. Pareva un uomo di circa quarantacinque anni, non aveva ferite visibili e il suo aspetto era perfettamente sano. Sam ipotizzava fosse morto d’infarto o qualcosa di simile. Comunque, non parlava mai con nessuno, se ne stava immobile seduto in un angolo della classe di storia dell’arte e dava le spalle a Sam ogni volta che lo vedeva. Rose e il ragazzo lo avevano soprannominato ‘il Professore’, perché non lasciava mai l’aula, anche se quell’edificio era una scuola soltanto da pochi decenni. Prima era stato un ospedale, e Rose non riusciva a ricordare per cosa fosse utilizzato quando lei era in vita.
I fantasmi perdono la memoria, ecco un’altra cosa che Sam aveva imparato nel corso degli anni trascorsi a parlare con i morti.
Rose non riusciva a ricordare neppure chi l’avesse uccisa e per quale ragione.
“Come avete trascorso il Natale, milady?” chiese Sam gentilmente, sussurrando per non attirare l’attenzione degli altri studenti che facevano avanti e indietro nel corridoio.
“Come sempre, caro. Annoiandomi!” rise la ragazza.
“Non siete riuscita a convincere il Professore a rivolgervi la parola?”
“Tristemente, no. Mi ha tirato un gessetto in testa!”
Sam strabuzzò gli occhi. “Davvero?! Ti sei fatta ma- voglio dire, vi ha ferito, milady?”
Rose sorrise bonariamente. “Certo che no, Samuel. Si è infranto contro la porta, però mi ha attraversata proprio in mezzo alla fronte. Ha una gran bella mira, quell’uomo. Voi, invece? Vi siete già trasferito con la vostra famiglia nella nuova dimora?”
“No. Non l’ho neppure vista. Stasera i miei genitori finiranno il trascolo e ci trasferiremo ufficialmente domani.”
“Cosa?” domandò una voce maschile.
Sam si pietrificò. Strinse gli occhi e le labbra, maledicendosi, e spostò lo sguardo da Rose, ovvero dal muro, sul ragazzo che aveva parlato.
Si trattava di Thomas. Non lo conosceva benissimo, avevano in comune solo la classe di letteratura, però qualche volta si erano scambiati gli appunti. Il poverino sembrava molto confuso. Passando doveva aver creduto che Sam stesse parlando con lui.
“Nulla, canticchiavo tra me e me” rispose Sam, con le guance in fiamme. Era la risposta standard per tutte le volte che veniva sorpreso a parlare con un fantasma, ed era sicuro non fosse la prima volta che la propinava a Thomas stesso.
“Sei sicuro?” domandò il ragazzo, dubbioso. Si sedette al posto di Rose, anzi, sopra di lei!
La ragazza fantasma si alzò con espressione indignata e si mise in piedi davanti al nuovo arrivato.
“Dovreste vergognarvi! Chi vi ha insegnato le buone maniere?!”
Sam trattenne a stento una risata. Rose si voltò verso di lui e gli rivolse un sorriso complice.
Thomas posò in grembo i libri che aveva con sé e poi si strofinò le braccia con le mani, con una smorfia di fastidio, come se fosse stato attraversato da un improvviso brivido di freddo.
I fantasmi avevano una consistenza molto simile a quella dell’acqua. Un vivo poteva passare attraverso di loro, ma non senza rendersi conto di star attraversando qualcosa.
 “Sì, sono sicuro. È tutto a posto” disse finalmente Sam al compagno, evitando di guardarlo negli occhi.
“Questa settimana ti trasferisci, giusto?” insistette l’altro, senza abbassare lo sguardo neppure una volta.
Ok, forse aveva sentito più del dovuto e aveva capito che non stava affatto canticchiando.
“Sì, nella villa degli Hendricks, sono andati via prima di Natale.”
“Avevo sentito. Però non sapevo chi l’avesse comprata. Figo, avrai anche una piscina.”
“E tu come lo sai?” domandò Sam, incuriosito.
“La figlia maggiore degli Hendricks è amica di mia sorella, sono stato ad un paio delle sue feste di compleanno” rispose Thomas, con un sorriso sghembo. “Non sono entrato dalla finestra per rubare il televisore, se è questo che pensavi.”
“No, assolutamente no!” si affrettò a chiarire il ragazzo. “Lo so ch-”
Ma Thomas stava già ridendo.
“Ti prendevo in giro.” Abbassò lo sguardò e si mise a sfogliare un quaderno, da cui estrasse alcuni fogli. “I tuoi appunti.” Glieli sventolò davanti finché l’altro non li afferrò. “Grazie ancora, mi hanno salvato durante queste vacanze.”
“Di nulla…” mormorò Sam, ancora imbarazzato.
“Ci si vede” lo salutò Thomas, alzandosi.
Rose si spostò per non venire attraversata di nuovo. Non era piacevole neppure per lei.
Sam si limitò a fare un cenno con la testa e lo fissò per un po’ mentre si allontanava lungo il corridoio.
“Quel giovane è un vero bugiardo professionista” disse Rose, fingendo di stendere alcune pieghe dell’abito intriso di sangue e sedendosi nuovamente al suo posto.
“Cosa intendete?” sussurrò Sam, cercando di non guardarla e posando gli appunti nello zainetto.
“Messer Thomas non ha affatto bisogno dei vostri appunti, ne prende più che in abbondanza da sé, e sempre molto precisi.”
“È questo che fate quando vagate in aula durante le mie lezioni? Spiate me e i miei compagni?” chiese il ragazzo, cercando di infilare una nota d’indignazione nella voce.
“Mi annoio molto, lo sapete.”
“Bè, se mi chiede gli appunti evidentemente gli servono.”
“Giovanotto, siete molto ingenuo. Vi voglio bene, non intendo recarvi offesa, ma siete consapevole che i vostri voti sono molto deludenti. Non c’è un insegnante in questa scuola che sia completamente soddisfatto del vostro rendimento. Messer Thomas d’altra parte brilla in ogni materia! Non ha bisogno dei vostri appunti.”
Sam cominciò a fissarsi i piedi. Rose non aveva tutti i torti. Thomas era stato trasferito all’inizio dell’anno dalla scuola pubblica alla Walker con una borsa di studio per meriti accademici, ed era entrato subito in competizione con i migliori alunni dell’istituto.
In realtà, per questa ragione lo detestavano quasi tutti, e quel disgusto da parte dei loro compagni era una cosa che i due ragazzi avevano in comune. Thomas era la feccia venuta dalla strada che non meritava di indossare la stessa divisa degli illustri figli dell’alta classe della città, anche se era molto più bravo di loro. E Samuel, seppur dello status sociale giusto, era uno sfigato che preferiva parlare da solo piuttosto che con gli altri studenti e si portava dietro quell’aria così malinconica che lo rendeva facile bersaglio di ogni tipo di presa in giro.
“Mi dispiace, Samuel. Non volevo incupirvi” mormorò dolcemente Rose, posando una mano su quella del ragazzo, per stringergliela.
Sam avvertì il tocco. Quando volevano, i fantasmi potevano concentrare della solidità in alcune parti del loro corpo. Era così che il Professore si era reso abbastanza robusto da poter scagliare un gessetto contro la testa della povera dama. Ed era così che una volta, un paio d’anni prima, una donna fantasma era riuscita a dare uno schiaffo a un uomo che stava importunando una ragazza in un parco. Per fortuna quello schiaffo venuto dal nulla, seppur molto debole, era stato abbastanza spaventoso da costringere il seccatore a ritirarsi, visto che le intimazioni di Sam non erano servite a molto. Proprio come ora, anche a quindici anni era un ragazzo mingherlino e per nulla minaccioso.
“Non è colpa vostra, Rose. Sono incupito per varie ragioni in questi giorni.”
Si passò una mano tra i capelli biondo cenere con fare nervoso e poi cercò di ripettinarseli con le dita.
“Qualcosa non va con la vostra famiglia?”
Sam sospirò. “C’è sempre qualcosa che non va con la mia famiglia” rispose.
In quel momento suonò la campanella e il ragazzo dovette tornare a lezione.
   
 
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