Un
aitante energumeno tatuato e un crostaceo
Sull’isola
Moturongo alcuni uomini stavano
pescando tranquillamente. ‘Che strano’
pensò Rawiri. ‘Oggi non abbocca neanche
un pesce’. Il suo amico Etera se ne stava sdraiato nella
canoa con aria annoiata.
Improvvisamente sentì tirare la rete. “Ehi, Etera,
sta abboccando” “Cosa?
Davvero?” “Si!” La rete diede uno
strattone. “E sembra bello grosso”
Cominciò a
tirare, ma la rete non si muoveva di un centimetro. Confuso
raddoppiò gli
sforzi, ma ancora niente. Ora i muscoli delle braccia erano talmente
tesi che
Etera pensava che il tatuaggio del suo amico a seforma di pesce
trombetta fosse
diventato un pesce palla. Tutto a un tratto, con uno strillo sorpreso,
Rawiri
fu risucchiato in acqua. Etera spalancò gli occhi e si
gettò a guardare dal
parapetto della barca. Non vide niente se non il profondo blu
dell’oceano. Un
rumore d’acqua scaturì alle sue spalle, la luce
del sole coperta da un’ombra
enorme. Etera si girò lentamente. Davanti ai suoi occhi
spaventati comparve un
gigantesco granchio dalle palme violacee, con un sorriso storto pieno
di denti
lunghi, incrostati dai molluschi. Rawiri si trovava svenuto tra le
chele della
bestia. “Salve”. Il mostro parlava! “Sono
il possente Tamatoa”. Etera si afflosciò
svenuto sul fondo della canoa.
Ngaio
trasportava un cesto pieno di noci di
cocco. Scrutò la spiaggia dove erano tornati gli uomini. I
pescatori avevano
tirato le barche a secco, era stata una giornata poco proficua. Solo la
barca
di suo marito Rawiri non era ancora tornata. Confusa corse verso il
bagnasciuga
scrutando l’orizzonte in cerca della canoa. Improvvisamente
vide qualcosa
avvicinarsi sotto il pelo dell’acqua. Si spostava
velocemente. La sua amica Aihe
si avvicinò, la sua collana con una perla luccicante
brillava a ogni passo.
“Cos’è quello?” chiese. La
sagoma scura ormai stava per raggiungere la riva.
Anche il resto degli uomini sulla spiaggia cominciò ad
accorgersene e si
avvicinarono alla riva. Due grosse antenne si innalzarono dalle onde e
infine
ne uscì fuori un enorme crostaceo che teneva Rawiri tra le
chele. Ngaio
spalancò gli occhi terrorizzata. Rawiri
sputacchiò varie sorsate d’acqua. Per
fortuna era ancora vivo. Gli abitanti di Moturongo cominciarono a
gridare e a correre.
“Scappate, scappate, con quelle vostre gambettine.
Hahahaha!” Hare uno dei
guerrieri più forti del villaggio, dopo essere corso a
prendere la sua lancia,
la scagliò contro il mostro. Si infranse come uno
stuzzicadenti sul suo
carapace. “Hahaha. Piccolo umano, nessuno può
fermare il grande e potente
Tamatoa”. Detto questo, volse lo sguardo sulle barche. Una
dopo l’altra le
calpestò con le zampe o le strinse fra le chele fino a
ridurle a brandelli.
Ngaio guardò impotente. Tamatoa gettò il corpo di
suo marito sulla propria
schiena e sollevò con entrambe le chele la nave ammiraglia.
La scagliò contro
un gruppo di scogli come fosse un giocattolo. Uomini e donne si
gettarono a
terra per proteggersi dai detriti volanti quando l’enorme
imbarcazione si
distrusse. Il mostro continuava a ridere. “Hahahaha. Non
avete scampo. Sono il
più grosso, il più enorme, potente, forte e
gigantesco...” “Tamyyy!” Una voce
rauca e stridula riecheggiò da dietro il mucchio di scogli.
Uno sguardo di
terrore apparve negli occhi di Tamatoa. “Tamatoa! Sto
parlando con te”. La fonte
della voce emerse sopra i resti della nave. Era un altro granchio
gigantesco, ma
decisamente più piccolo, se paragonato a Tamatoa. La faccia
(se di faccia si
poteva parlare) era di una sfumatura di viola più chiaro.
Gli occhi da mollusco
erano pieni di rughe e avevano delle ciglia storte. Sembrava quindi un
granchio
femmina. Era anche enormemente più grassa. Sembrava che il
guscio stesse per scoppiare
per la troppa polpa. La vecchia granchio arrancava claudicante
aiutandosi con
una costola di balena come bastone. Ma nonostante ciò, in
men che non si dica
fu accanto a Tamatoa e gli torse un’antenna tra le chele.
Tamatoa gemette. “Ti sembra
questo il modo di trattare la tua povera vecchia nonna? Tutta la strada
da sola
mi hai fatto fare” “Ohi, aho. Nonna ti prego non
davanti ai paesani da
terrorizzare!” “Paesani un paio di chele. E se
quella barca avesse preso me
quando l’hai lanciata? Ingrato di un nipote! Trattarmi
così dopo che ti ho cresciuto
con amore e gentilezza“. Strinse la resa
sull’antenna. Tamatoa si mise in
ginocchio e ululò. Nonna Tamatoa sospirò.
“Ma è colpa mia, lo so. Ho sempre avuto
la corazza troppo dolce e ti ho coccolato e viziato troppo. Beh, ora
sono
affamata, il minimo che potresti fare è procurarmi il cibo
per cui siamo venuti
su questo scoglio appestato dagli umani”, lasciò
la presa. “Uh, ahi. Si nonnina”,
disse Tamatoa massaggiandosi l’antenna. Si schiarì
la voce e si rivolse di
nuovo alla folla attonita sulla spiaggia, con voce cavernosa e
risuonante.
“Allora piccoli vertebrati. Conducetemi immediatamente al
villaggio dal vostro capo.
Da oggi in poi c’è un cambio di gestione. Il
vostro nuovo signore e padrone
sarà il grande e poderoso Tamatoa”. Nonna Tamatoa
alzò gli occhi al cielo.
“Ogni resistenza è inutile”,
continuò il crostaceo e riprese il povero Rawiri
dalla sua schiena. “Potete scegliere di collaborare
pacificamente,” prese le
due braccia di Rawiri fra le chele e cominciò a tirare,
“altrimenti...” Ngaio guardò
suo marito urlare di dolore. “Mia nonna è molto
affamata”. Un vecchio con i
capelli bianchi e le mani tese corse davanti al crostaceo.
“Fermo. Oh, grande e
favoloso Tamatoa, io sono Iriranghi il capo dell’isola. Ti
accolgo senza alcun
problema come nuovo leader, seguimi pure al nostro
villaggio”. Ngaio si nascose
dietro a un scoglio. “Tu e la tua venerabile nonna siete
liberi di cibarvi di
tutto ciò che volete, ma ti prego, non fate del male a
nessun abitante di Moturongo.
Ora seguimi pure grande guerriero corazzato”. Tamatoa sorrise
compiaciuto e
sempre facendo ciondolare il marito di Ngaio in una chela
cominciò a seguire il
vecchio saggio. “Ehm, ehm”, fece nonna Tamatoa con
una chela sollevata e in
attesa. “Oh, ma certo nonna, scusami”. Tamatoa
prese la vecchia sottobraccio che
gli diede un leggero colpo di bastone sulla fronte. Insieme seguirono
lentamente
il gruppo di persone che stava ritornando verso il villaggio. Ngaio
rimase
paralizzata dietro lo scoglio. Il cuore le batteva
all’impazzata al pensiero
del suo amato tra le grinfie del mostro. Lacrime cominciarono a uscirle
dagli
occhi. Le scacciò via con la mano. Si voltò a
guardare la fila di barche distrutte.
Erano l’unico modo con cui la gente di Moturongo avrebbe
potuto andarsene, ora
erano bloccati sull’isola insieme a quella creatura infernale
e sua nonna. Si
stava mordendo le unghie al pensiero di cosa poter fare. Se neanche un
guerriero come Hare poteva niente contro un avversario simile, come
avrebbero potuto
liberarsene? Improvvisamente sentì qualcosa cozzare contro
gli scogli. Si voltò
e vide la barca di suo marito che si stava arenando sulla spiaggia. Il
suo
grasso amico Etera giaceva svenuto. Un braccio gli penzolava mezzo
immerso
nell’acqua. Sopra l’ammasso di grasso aveva un
tatuaggio: l’amo del semidio Maui.
A Ngaio brillarono gli occhi. Corse verso la barca e prese Etera a
schiaffi
leggeri. “Eta, Eta svegliati”. Il giovane uomo
riprese i sensi bofonchiando.
“Ehm, oh sei tu Ngaio, per fortuna. Devo aver preso un colpo
di sole. Per un
attimo ho creduto di aver visto un granchio gigante che diceva di
chiamarsi
Tamara” “No, Eta è successo davvero. Si
chiama Tamatoa, ha preso Rawiri e
distrutto tutte le barche e ora vuole prendere il controllo
dell’isola”. Etera
risvenne. “No, Eta. Per Tefiti, non fare
così”. Gli gettò un po’
d’acqua
addosso per svegliarlo. Etera si riprese di nuovo. “Ora
ascoltami. La tua barca
è l’unica che funziona ancora. Il granchio ora
è andato al villaggio e ancora
non ci ha visto, siamo gli unici che possono lasciare
l’isola. C’è una sola
cosa che possiamo fare” “Giusto. Conosco
un’isoletta non molto lontana ma
dovrebbe esserlo abbastanza perché il mostro non venga a
disturbarci. Possiamo cominciare
una nuova vita là” “Cosa?”
“Ovviamente mi spiace molto per Rawiri. Era un amico
leale e sincero. Ma dobbiamo andare avanti per lui. E dovremo anche
ripopolare,
non possiamo certo far morire così il popolo di
Moturongo” Ngaio prese il remo
e glielo sbatté sulla fronte. Lui ricrollò sul
fondo della barca. La donna salì
a bordo e cominciò a remare. Etera si massaggiava la testa.
“Dove, dove stiamo andando?”
“Da Maui” “Cheeee?! Non puoi dire sul
serio. Avanti andiamo sull’isoletta che
ti ho detto” “Etera, siamo l’ultima
speranza per il villaggio. Dobbiamo trovare
Maui, solo lui può sconfiggere Tamatoa”
“Ma sei matta. Ci sono un centinaio di
isole nell’oceano, come diavolo facciamo a trovarlo? E anche
se fosse, perché
mai dovrebbe aiutarci? Lui è un eroe e un semidio. Sono
certo che sarà pieno di
impegni divini atti a migliorare
l’umanità”.
Maui
faceva rimbalzare una noce di cocco nel
palmo della mano. La riacchiappò un’ultima volta
poi sospirò. “Noiaaaaa.
Piccoletto”. MiniMaui si risvegliò sopra il suo
pettorale sbadigliando. “Mini
Me, mi sento apatico. Quando è stata l’ultima
volta che ho fatto qualche
impresa epica?” Mini Maui cominciò a gesticolare
irritato. “Si, si abbiamo
ucciso quel Moa gigante la scorsa settimana, ma quella è
robetta. Intendo dire,
quando ho fatto qualcosa di memorabile, che le persone possano cantare
nei secoli
a venire?” Appoggiò il mento sulle mani mogio.
“L’invenzione della palma da
cocco mi sa?” disse rimirandone un paio di esemplari
lì accanto. “Beh vediamo se
lo spirito del vento porta qualche nuova richiesta da parte degli
umani”. Portò
una mano all’orecchio e tese il collo in attesa. Il vento gli
scuoteva la lunga
chioma nera e ricciuta. “Ah-ah sì. Mmmh, le solite
richieste tipo: fammi essere
bella, ti prego fa che questa ragazza mi chieda di uscire, fai fiorire
le
palme, fai che la pesca vada bene, poca pioggia, troppa
pioggia”. Ma che cosa
si aspettano? Sono solo un semidio mica Tefiti scesa in terra. Oh,
aspetta ce
n’è un’altra. Una barca in mezzo
all’oceano... Sarà la solita richiesta di
naufragio.
No, cos’è? Oh, per Tefiti. Piccoletto è
un mostro che ha catturato un’isola.
Non è magnifico?” Mini Maui gli lanciò
un’occhiataccia. “Oh, lo sai che
intendevo. Questa sembra una bella sfida non sto più nella
pelle. Chaa-Huu!” In
un lampo di luce si trasformò in un falco gigante e
volò da dove era arrivata la
voce.
“Oh,
me misero”, si lamentava Etera. “Andiamo,
piantala”, lo rimproverò Ngaio. Lui
continuò: “Sono due giorni che giriamo a
vuoto. Ora non solo non troveremo Maui ma moriremo di fame e di
sete” “Le
provviste sarebbero dovute durare una settimana se non te le fossi
sbafate
tutte”, commentò gelida Ngaio. “Lo sai
che mangio quando sono nervoso. Ah, come
brontola il mio stomaco”. Ngaio ignorò i lamenti
di Eta perché si accorse di un
frullio d’ali. Un enorme falco volò verso la loro
barca. Si stagliò contro i raggi
del sole e si illuminò. Ngaio si schermò gli
occhi. Qualcosa di pesante atterrò
sulla barca. Etera volò fuori bordo con un urletto. Ngaio
riaprì gli occhi e
vide Maui davanti a sé. Il semidio teneva un pugno sul
fianco e il suo amo magico
inclinato sulla spalla. Era muscoloso al di fuori dell’umano
e ogni fascio di
muscoli marroni era ricoperto da tatuaggi che ne illustravano le
imprese. Etera
rispuntò dall’acqua sputacchiando.
“Maui?! Oh sei il mio idolo. Guarda mi sono pure
fatto tatuare l’amo” “Lo vedo amico,
ottima scelta. E tu invece dolcezza come
ti chiami?” “Ngaio. Maui veniamo
dall’isola Moturongo. Abbiamo urgente bisogno
del tuo aiuto” “Lo so, lo so. Mi era arrivata la
vostra preghiera. Un granchio
gigante giusto?” “Sì esatto”,
rispose stupita Ngaio. “Si chiama Tamara”,
aggiunse Etera. “Bene, bene. Cioè,
sventrerò quella bestiaccia e mangerete
tartine al granchio per una settimana” “Yum, mi
piace il granchio”, disse Etera
ritirandosi su. “Lo immaginavo amico”, disse Maui
punzecchiandolo con l’amo nel
ventre molle. “Perfetto non c’è altro
tempo da perdere dobbiamo subito tornare
sull’isola”. In un altro bagliore divino riapparve
il falco gigante. “Pronti? Reggetevi”.
Li afferrò per la vita con i grossi artigli. “Ehm,
aspetta non sarebbe meglio
se io e lei tornassimo con la barca. Ti rallenteremo soltanto e poi non
voglio
lasciarla in mezzo all’oceanooooo!” Maui aveva
preso il volo con i due passeggeri.
Intanto
sull’isola Moturongo Tamatoa e la
nonna si erano ambientati. Sopra una collina che dominava il piccolo
gruppo di
capanne la vecchia crostacea si era fatta costruite una specie di
sedile fatto
con i resti delle barche. Accanto a lei c’era un enorme
recinto dove i suoi
nuovi sudditi avevano rinchiuso tutti i maiali dell’isola. La
vecchiaccia non vedeva
l’ora di gustarseli dopo che il giorno prima aveva finito
invece tutti i polli.
Una processione di isolani si stendeva davanti a lei. Ogni umano
portava altre
offerte sotto forma di noci di cocco, molluschi o altro cibo di vario
genere.
Lei divorava tutto. Al su fianco Tamatoa guardava speranzoso il cibo.
“Nonnina,
non potrei averne solo un bocconcino?” “Tu cosa? Un
giovane grande e forte come
te che vuole togliere il cibo di bocca a una povera anziana, gracile e
bisognosa?” Un colpo di costola di balena gli
arrivò in faccia. “Va a
ispezionare le capanne piuttosto. Di sicuro staranno nascondendo
qualcosa.
Guarda non hanno portato praticamente niente”, disse
indicando il grosso cumulo
di cibarie. “Hai dovuto portarmi su un’isola
povera, senza cibo, cervello di
sgombro”. Tamatoa sospirò e si
allontanò trascinando le chele. Quando pensò di
essere
abbastanza lontano si frugò in un anfratto del carapace e
tirò fuori un
oggettino. Era un piccolo pendente con incastonata una perla. La donna
a cui lo
aveva preso aveva pianto tanto e non poteva biasimarla. Quella
meraviglia era
così luccicante e scintillante alla luce del sole.
“Tammy che cosa fai lì?” Il
granchio rinfilò in fretta la collana nel suo nascondiglio.
Si rimise accanto
alla nonna. “Si nonnina cosa
c’è?” “Non avrai mica
ricominciato a giocherellare
con quelle tue cianfrusaglie?” “No, nonna,
assolutamente. Come potrebbe venirti
in mente una cosa del genere?” “Bene.
Perché ricordi cos’era successo l’ultima
volta che ti ho beccato?” Sollevò il bastone in un
gesto esplicativo. Tamatoa
rabbrividì e annuì. Rawiri che era stato
rilasciato dopo la dimostrazione di forza
del giorno prima era in fila portando un cesto di noci di cocco. Aihe
era
dietro di lui. La donna singhiozzava. “Non preoccuparti,
Aihe. Ngaio tornerà
con degli aiuti e ci salverà” “Vorrei
crederti, ma che aiuti porterà mai? Neanche
la lancia di Hare ha potuto fare nulla. Di questo passo
sull’isola non rimarrà
più cibo moriremo di fame” “È
più probabile che finito quello saremo noi le
offerte”,
pensò Rawiri. “Almeno so che se finisce male, la
stessa cosa non toccherà a
Ngaio” “Ehi guardate”, strillò
qualcuno. La folla si voltò e nel cielo sfrecciò
alto un falco gigante. In una zampa teneva Ngaio e in
un’altra Etera. Rawiri
sorrise raggiante. L’uccello abnorme passò rasente
alle teste degli abitanti e
fra Tamatoa e la nonna. Raggiunse una collinetta lì vicino e
atterrò. Depositò
non molto delicatamente a terra il carico e fece una giravolta avvolto
da un
lampo di luce. Allo scomparire del bagliore c’era un aitante
energumeno tatuato
con un amo gigante poggiato sulla spalla. “Salve sono Maui:
mutaforma, semidio
del vento e del mare, eroe degli uomini... e delle donne”.
Fece l’occhiolino e
il gesto della pistola a un gruppo di ragazze lì accanto.
Gli umani strillarono
e applaudirono. “E sono qui per distruggere
Tamara”. Fece il gesto della
pistola contro Tamatoa. “È Tamatoa”,
tuonò il granchio stizzito. “Come ti pare
crostaceo,
ma facciamo in fretta non ho tutto il giorno”. Nonna Tamatoa
sogghignò “Bene,
Tammy, visto che hai tanta fame, serviti pure con quel
semidio” “Con piacere nonnina”,
disse Tamatoa digrignando i denti. Il granchio gigante
cominciò a caricare
sulle otto appendici. Gli isolani si scansarono spaventati creando una
specie
di pista tra il mostro e il semidio. Maui sollevò
l’amo dalla spalla e si
preparò all’arrivo della creatura, sorridente.
Mini Maui strinse i pugni come
se fosse pronto per un match di box. Ngaio strattonò Etera
perché si tirasse su
e si spostassero dalla zona pericolosa. “Ohi ohi”,
sospirò il grassottello. “È
l’ultima
volta che prendiamo la via area”. Aveva la faccia verdognola.
“Si te lo
prometto, ma ora muoviamoci”, disse lei. Sostenendolo su una
spalla si
spostarono. Tamatoa stava arrivando. Tese le chele e
spalancò la bocca piena di
denti. All’ultimo istante Maui urlò
“Chaaa-huuu”. In un lampo di luce si
ritrasformò nel falco gigante. Con gli artigli
colpì il granchio nell’occhio
destro. Il mostro urlò di dolore. Si coprì
l’occhio con la chela poi si guardò
intorno in cerca del mutaforma. “Qui dietro amico”.
Tamatoa si voltò e un’altra
zampata lo colpì all’occhio sinistro. Maui
continuò a sorvolare intorno al
granchio accecato. “Forza Tammy”, urlò
nonna Tamatoa. “Non startene lì fermo, fagliela
vedere”. Tamatoa sbatté le palpebre e rimise a
fuoco la situazione. Maui con un
urlo stridulo da rapace si gettò di nuovo su di lui. Questa
volta l’invertebrato
sì scansò all’ultimo e con una chela lo
afferrò per una zampa. Lo fece roteare
e poi lo gettò contro una capanna come un missile. Il tetto
di paglia fatto di fronde
di palma andò in frantumi. Gli abitanti di Moturongo
trattennero il respiro.
Ngaio guardò preoccupata verso il tetto, sfondato al centro
dalla sagoma di un
falco. Dopo un paio di secondi di silenzio, Maui uscì sotto
forma umana
tirandosi su con l’amo magico. “Però,
non sei un completo mollusco dopotutto”. Tamatoa
strinse i denti. “Pare proprio che oggi mi
divertirò”, disse Maui. “Avanti
fatti sotto faccia da gamberetto”. Tamatoa si
avventò sulla capanna con le enormi
tenaglie. La ridusse in men che non si dica a un cumulo di macerie.
Etera
riprese i sensi urlando: “Nooo! Quella è la mia
capanna”. Ngaio lo guardò con espressione
dispiaciuta. Lui si sedette per terra. “Almeno ho ancora il
monolocale che mi ha
lasciato mio zio”. Tamatoa cercò di vedere Maui
nel polverone della capanna
appena demolita, ma non lo trovava. “Qui amico”,
risuonò una voce. Tamatoa si voltò
di scatto, ma niente. “No, acqua. Da questa parte”.
Tamatoa si girò dall’altra
parte. “Oh, quasi. Ancora un po’ più a
destra. No, a sinistra. Scusa intendevo la
mia sinistra.” Il granchio ora girava in tondo avanti e
indietro in un balletto
frenetico. Quando diede le spalle al popolo di Moturongo, videro Maui
trasformato in iguana dietro la nuca di Tamatoa. Iguana Maui si mise un
dito
squamoso sulle labbra. Tamatoa continuò a girare su
sé stesso. “Dove sei
piccolo...” “Tammy, cervello di vongola
è dietro la tua testa”. Gli occhi viscidi
del granchio si girarono di scatto e fissarono il rettile sotto di
loro. Maui
fece un sorrisino. Si ritrasformò in umano e salì
tra i due occhi. Afferrò le
due estremità molli e annodò i due occhi insieme.
Tamatoa strillava isterico e tentava
di afferrarlo ma con gli occhi in quel modo non aveva una buona
percezione
della profondità e tutti i suoi colpi andavano a vuoto. Maui
saltò giù
atterrando in un inchino. La folla andò in delirio. Tamatoa
lì dietro tentava malamente
di sgrovigliarsi gli occhi. “Tammy! Basta giocare col cibo.
Lo sai che è
maleducazione. Non ti ho insegnato niente?” “Aho,
ohi. Certo nonna”. Con un
ultimo sforzo liberò gli occhioni che gli giravano nelle
orbite. Scosse veloce
il capo per riprendersi. Maui continuava a farsi acclamare. Un paio di
ghirlande
di fiori atterrarono ai suoi piedi. Tamatoa guardò
meravigliato il semidio e i
paesani in adorazione. “Tammy!” “Certo,
nonna, subito. Grhaar” Si rimise a
correre verso Maui. Gli abitanti smisero di applaudire e scapparono
frenetici.
Maui si voltò mentre la sagoma della bestia copriva il sole.
Con un salto
mortale all’indietro infilò l’amo tra i
denti del crostaceo. Con i piedi si
appoggiò sul lato sinistro della testa del mostro e
tirò. Tamatoa si ritrovò a mugugnare
di dolore e a muoversi nella direzione dove tirava l’amo. Gli
abitanti
dovettero sparpagliarsi perché ora Tamatoa girava impazzito
spostandosi si qua
e di là a seconda di dove Maui tirava l’amo, come
un timone. Il granchio
tentava invano di disarcionarlo e intanto con le grosse zampe
distruggeva tutto
quello che incontrava. Palme, rocce e quant’altro. I grossi
arti viola triturarono
una casupola sul loro passaggio. “Il monolocale dello
zio!” strillò Eta.
Tamatoa infine si fermò e cominciò invece a scuotere
freneticamente la testa.
Maui ballonzolò su e giù. Davanti a sé
vedeva la nonna di Tamatoa seduta che
saltellava nel suo campo visivo e accanto a lei il recinto enorme dove
avevano
radunato tutti i maiali. Un lampo di genio gli scintillò
negli occhi.
Conficcando l’amo più in profondità
nella gengiva del mostro lo condusse verso
il recinto. Tamatoa strillando dal dolore si fece trasportare senza
guardare.
Nonna Tamatoa spalancò gli occhi rugosi. “Tammy,
torna indietro! Torna indietro,
ho detto. Tammy non…“ Nonna Tamatoa si
tuffò per non farsi prendere. Crash! Un
muro del recinto era in pezzi. I maialini pezzati grugnirono di
felicità e
scapparono fuori. I maiali caracollarono sopra il carapace della
vecchia
granchio. Nonna Tamatoa si rialzò sul bastone gemendo. Un
ultimo maialino le rimbalzò
sulla testa. Inviperita si voltò verso il nipote. Maui
staccò l’amo dalla bocca
del mostro e si innalzò in volo sotto forma di falco.
Tamatoa si massaggiava sofferente
il mascellone. Una bastonata della nonna lo colpì proprio
sul mento. L’anziana
crostacea gli afferrò entrambe le antenne e torse forte.
Tamatoa ululò acuto. “Stammi
a sentire, Tammy. Ora tu mi porti il cadavere di quel mutaforma o giuro
che te
le strappo tutte e due. Hai capito?” tuonò
stringendo. “Ahaa, Si nonna cara.” La
nonna mollò la presa e gli diede un ultimo scappelloto col
bastone. Maui
intanto era atterrato sulla scarpata della grossa montagna che
sovrastava
l’isola. Fece un megafono con le mani. “Ehi
Tammy!” gridò in falsetto. Tamatoa
si girò in direzione della voce. Maui quando fu sicuro di
aver catturato la sua
attenzione cominciò a appoggiarsi all’amo come se
fosse un bastone. Imitando la
voce stridula della nonna cominciò a chiamarlo.
“Tammy, vieni qui. Tammy, non
vorrai farmi arrabbiare vero? È questo il modo in cui ti ho
cresciuto, ingrato
di un nipote?” Tamatoa divenne rosso di rabbia. Nessuno
poteva insultare la
nonna, se non lui. Ovviamente quando lei non sentiva. Ruggendo il
granchio si
lanciò come una furia verso il semidio. Maui continuava con
la pantomima. “Oh,
Tammy, corri come una seppia. Se non farai il bravo dovrò
sculacciarti con questo.”
Sventolò in aria l’amo divino. Tamatoa veloce come
un lampo gli fu addosso.
Cominciarono ad azzuffarsi senza esclusione di colpi. Maui lo
colpì in fronte
con l’amo. Una chela di Tamatoa schiantò a terra.
Maui sbatté forte il manico
sul fondo del carapace. Tamatoa si sedette su di lui. Si
alzò aspettandosi
marmellata di semidio, ma non trovo niente. Sentì un ronzio
e vide uno scarabeo
che volava sopra di lui. Un lampo di luce e le sagoma di una balena lo
oscurò.
Le pupille di Tamatoa si strinsero. Rombo di atterraggio del cetaceo
sul povero
granchio. Ma Tamatoa non si arrese, con tutte le sue forze
sollevò la balena e
la lanciò ancora più in alto verso la cima della
montagna. Maui si ritrasformò
appena in tempo e riuscì ad ammortizzare la caduta con una
capriola. Tamatoa
affondava le chele nel terreno scalando il fianco della montagna. Maui
guardò
verso la vetta che si gettava a strapiombo sul mare. Si
trasformò in un’iguana
e continuò a salire pure lui. Gli abitanti
dell’isola, Ngaio, Rawiri che ora era
al suo fianco e Etera, in lutto per il monolocale, guardavano col fiato
sospeso
le due figure rimpicciolirsi verso l’alto. Nonna Tamatoa
continuava a
strillare. “Schiaccialo, distruggilo, strappagli le braccia.
Da dove vieni? Dal
reame dei mostri o da un buffet di sushi.“ Tamatoa
raggiunse la cima.
Maui lo aspettava. Si guardarono negli occhi. Il granchio
ringhiò. Il semidio
ringhiò. Con un ultimo urlo si scagliarono uno verso
l’altro per il colpo
finale. Ai piedi della montagna Ngaio non riusciva a distinguere le due
figure
avvolte nella lotta. Da un momento all’altro uno dei due
avrebbe sconfitto
l’altro. Da un momento all’altro avrebbe saputo se
la sua casa era salva, o
lei
e il suo amato erano condannati. Da un
momento all’altro… Il sole era alto nel cielo. Da
un momento all’altro…
La
luna era alta nel cielo. I grugniti e le
urla di battaglia ancora echeggiavano dalla cima della montagna. Stanco
gran
parte del popolo di Moturongo se ne stava andando a dormire. Ngaio era
ancora seduta
a osservare le sagome del mostro e dell’eroe contro il cielo
notturno. Rawiri
le mise una mano sulla spalla. “Vuoi riposarti un
attimo?” “Ti sveglio se vedo
qualche nuovo sviluppo.” La donna si stropicciò
gli occhi. “No grazie. Tu vai
pure se vuoi.” “Va bene. Eta vuoi venire a dormire
pure tu? Posso offrirti un
posto a casa nostra.” L’amico russava sonoramente
con la faccia appoggiata su
un braccio. L’uomo sorridendo si caricò il suo
corpo grasso sulla spalla. Nonna
Tamatoa a intervalli regolari lanciava delle minacce, barra
incoraggiamenti al
nipote. “Voglio le sue ossa come braccialetti! Forza,
mollusco senza esoscheletro!”
Tamatoa e Maui erano stremati. Il semidio si appoggiò
all’amo respirando
affannosamente. Anche Tamatoa aveva il fiato corto. Si guardarono.
“Pausa?”
chiese Maui. “Pausa”, acconsentì
Tamatoa. Mini Maui suonò un fischiettò e tese
la mano per segnalare la fine primo tempo. Il mostro e
l’omone si sedettero uno
accanto all’altro. Maui si legò la chioma
scompigliata e sudata. “Cosa fai Tammy?!
Uccidilo subito. Fallo fuori. Giuro che se non lo fai salgo
lassù e ...” “Wow,
tua nonna non molla proprio l’osso, eh?”
“Mai” “Beh amico, non puoi farti
comandare a bacchetta così”. “Ma lei
è la mia nonnina. Senza di me sarebbe così
infelice e indifesa. Morirebbe di fame, non sopravvivrebbe”.
Maui lo guardò alzando
il sopracciglio. “Indifesa lei? Comunque, amico, non ti
giudico, la famiglia è
importante. Diamine non so cosa avrei dato per aver conosciuto la mia
famiglia”. La mano gli salì ad accarezzarsi il suo
primo tatuaggio dove la
madre lo gettava in acqua. Tamatoa osservò meglio i tatuaggi
del semidio. “Sono
molto belli. Chi te li ha fatti deve essere molto bravo”.
“Non me li ha fatti
nessuno, mi appaiono da soli quando me li merito”. Tamatoa
annuì stupefatto. “Credi
che potrei meritarmi anch’io una cosa del genere?”
Maui fece una smorfia.
“Eeeeh, non lo so. Non credo che andare in giro a depredare
isole e distruggere
villaggi sia proprio la cosa più adatta. Ma almeno ti
piace?” Tamatoa abbassò
le antenne. “No, neanche un po’”,
piagnucolò. Maui ebbe un attimo di
compassione per il mostro. Mini Maui si soffiò il naso con
un fazzoletto. “Cioè,
vedere lo sguardo di terrore negli occhi degli umani e sentire la loro
urla di
fronte al mio passaggio è fantastico”. Maui
alzò gli occhi al cielo. Mini Maui gettò
il fazzoletto e incrociò le braccia. “Ma la nonna
vuole venire in superficie
solo per il cibo. Se lo mangia tutto lei e non mi lascia niente. Guarda
sono
praticamente uno stecchino”. Maui non si intendeva degli
standard di bellezza di
Lalotai. perciò non replicò. “E
poi...” continuò imbarazzato “Ci
sarebbero delle
cose che a me interessano. Ma la nonna non me le lascerebbe mai tenere,
perciò ogni
volta me le godo di nascosto mentre siamo sull’isola e poi le
devo lasciare
indietro. È così frustrante”
“Che cosa, bello? Avanti dimmele?” Tamatoa si
morse il labbro. “Avanti. Tra poco potresti avermi ucciso
quindi il segreto
rimarrà al sicuro con me. Forza, non ti
giudicherò”. “Scintillanti”,
bofonchiò Tamatoa.
“Luccicanti, risplendenti. Oro, gioielli, perle. Tutto
ciò che luccica ed è
prezioso e raro. Oh, se potessi me li spargerei tutti sul guscio fino
ad essere
uno sfavillante crostaceo ricco e meraviglioso”. Gli occhi
gli luccicavano. “Ma
è solo un sogno e la nonna non me lo lascerà mai
fare” “Oh no, amico, no. Devi
inseguire il tuo sogno. Questo potrebbe essere chi sei destinato ad
essere” “Dici
davvero?” “Certo. Io ero solo un umano che gli
déi avevano accolto e a cui
hanno dato questo amo con cui posso cambiare forma”. Si
tirò in piedi
stringendo l’amo fra le mani. “Ora sono un semidio
noto a tutti gli umani e da
ogni dove pregano perché io li aiuti. E mi amano e mi
adorano. Anche tu puoi
realizzare il tuo sogno”. Tamatoa aveva le lacrime agli
occhi. “Si hai
ragione”. “Certo che ho ragione. Ora potrai smettere
di tormentare gli umani e
potrai andare a cercare tutti gli oggetti preziosi sul fondo
dell’oceano” “Si”,
disse con gli occhi raggianti Tamatoa. “Potrò
avere tutto ciò che voglio”. “Esatto
bello. Afferra il tuo destino con quelle chele”
“Una collezione degli oggetti
più rari sulla faccia della terra”
“Questo è lo spirito”. “Potrei
cominciare
con il tuo amo. Cosa può esserci di più raro di
un manufatto degli déi” “Oh,
no. Dovevo aspettarmelo. Sentì amico sono molto attaccato a
quest’amo non preferiresti
invece –“
“Graaahr”. “Ok, ricominciamo a
picchiarci”. I colpi risuonarono sulla montagna.
Nagaio
sollevò di scattò le palpebre quando
vide che lo scontro era ricominciato. Nonna Tamatoa sollevò
trionfante il bastone
in aria. “Si, Tammy, così! Staccagli la
testa!” Tamatoa continuava con degli
affondi delle chele. La pietra della montagna crepava e si spaccava a
ogni
colpo. Maui schivava e rispondeva a colpi di amo. Infine, il granchio
si
ritrovò con le spalle verso il mare. Maui osservò
le otto zampe in bilico sulla
sporgenza di roccia. “Fatti una bella nuotata
Tammy.” Con un balzo saltò e
mulinò un colpo di amo nel momento in cui si trasformava. In
un attimo di luce
divina sì librò in aria come falco gigante mentre
Tamatoa lanciava un urlo.
L’enorme invertebrato cadde giù dalla scogliera.
Una delle sue zampe cadeva
lontana dal suo corpo. Con un tonfo sordo il granchio scomparve sotto
l’acqua.
Il falco gigante sorrise. Spiegò le ali e tornò
giù dalla vetta. Ngaio urlò di gioia
vedendo tornare il rapace. “Venite presto. Maui ha sconfitto
Tamatoa! Maui ha
vinto. Tamatoa è sconfitto”.
“Nooo. Non è possibile”. Nonna Tamatoa
strinse la costola di balena così forte che si
spezzò di netto. Tutti si
riversarono fuori dalle capanne. Nella notte Moturongo
risuonò di grida di
gioia. Maui sbatté le grandi ali e atterrò in
mezzo alla folla da uomo. Gli
umani gli si affollarono intorno. Maui sorrise e alzò il
pugno in segno di
vittoria. Le ragazze gli lanciavano fiori, le madri gli
offrivano bambini
da baciare e gli uomini gli battevano pacche sui muscoli poderosi.
Ngaio si
fece largo e gli si parò davanti. “Grazie
Maui”. Rawiri le venne accanto e le
cinse il fianco. “Grazie davvero, Maui. Senza di te la nostra
isola sarebbe
andata persa”, disse la donna. Maui sorrise.
“Nessun problema dolcezza”. Rawiri
corrucciò i sopraccigli. “È stato uno
scontro formidabile. Chaa-huu”,
esultò Maui. Etera spuntò a forza tra i corpi.
“Puff pat. Ehi che gli sta
succedendo sulla schiena?” Mini Maui salterellò
eccitato. Sulla schiena di Maui
all’altezza della scapola si allargò un cerchio
con un nuovo tatuaggio.
Ritraeva Maui che si scontrava con Tamatoa. “Uuuh Aaah!
È stato talmente
formidabile da darmi un nuovo tatuaggio.” Maui
saltò in aria. “Beh, che dire
brava gente di Moturongo? Ngaio e consorte tanti auguri e figli maschi.
O
femmine. Non so perché si dice maschi in quella frase. Beh,
addio a tutti siete
stati un pubblico magnifico da salvare”. Con un ultimo urlo
si ritrasformò
nella sua forma di falco e svolazzò verso il cielo notturno.
“Ehi, ehi
aspetta”, gli urlò dietro Etera. “E la
mia capanna e la casetta dello zio? È
colpa tua se non ci sono più. Sei un semidio, mi aiuterai a
ricostruirle vero?”
Maui diventava un puntolino sempre più lontano.
“Almeno mi aiuterai a tagliare
le palme, eh? Col tuo uncino ci metteresti un attimo.” Rawiri
mise una mano
sulla spalla dell’amico. “Dai vieni, Eta. Starai
con noi fino a che non saranno
ricostruite”. Etera si avviò mogio mogio in mezzo
alla coppia di amici. Ngaio
all’improvviso si guardò attorno. “Ehi
dov’è finita la vecchia granchio?”
Tamatoa
si tirò su a fatica su uno scoglio.
Sputacchiò un po’ d’acqua. Si
guardò il moncherino dolorante. Quel Maui. Un
giorno si sarebbe vendicato e avrebbe ottenuto quel suo amo. Si,
già poteva
immaginarsi mentre lo stringeva tra le chele.
“Tamatoa!” Il granchio si voltò.
Sua nonna si arrampicava faticosamente. Era senza bastone.
“Brutto nipotastro,
cervello di sgombro e chele di sardina. Come hai fatto a perdere contro
quell’omuncolo. Sono veramente molto delusa. E dopo tutto
quello che ho fatto
per crescerti! Tutta questa agitazione mi ha messo una gran fame. Visto
che sei
stato così bravo da farci perdere quel delizioso bottino
sull’isola renditi
utile e va a trovarmi qualcosa da sgranocchiare. Non chiedo tanto. Una
balenottera andrà benissimo. Così
potrò anche sostituire il bastone, ho la
schiena a pezzi. Allora cosa fai lì impalato,
muoviti!” Tamatoa strinse gli
occhi e fissò la nonna. “Che
c’è cosa vuoi? Sbrigati, ti ho detto che ho
fame”.
“Anche io ho molta fame nonnina”. Nonna Tamatoa
guardò sbigottita il nipote.
Tamatoa si erse in tutta la sua altezza sopra la nonna.
“Tamatoa cosa fai?
Tamatoa no, nooo”. In un sol boccone il granchio
l’aveva ingoiata. Si massaggiò
contento lo stomaco mentre assaporava gli ultimi rimasugli di aroma
nonnesco.
Una voce soffocata echeggiò da dentro il suo stomaco.
“Tamatoa, sputami subito!
Subito, hai capito? Questo è l’affronto
più grande che tu mi abbia mai fatto,
ma vedrai quando esco fuori!” Tamatoa sentì i
colpi lancinanti della nonna che
scalciava. “Ti conviene risputarmi. Ti ridurrò il
fegato un colabrodo se non lo
fai”. Tamatoa gemette. “Ohu. Ci metterò
una settimana intera a digerirla”.
NdA
Questa
era la mia prima storia su efp. Spero
vi sia piaciuta. Tamatoa è il cattivo disney che mi ha
più colpito negli ultimi
anni, quello che mi ha ricordato di più i bei cattivi disney
anni 90, con le
loro canzoni e risate malvagie. Non come adesso dove quasi sempre il
cattivo
deve essere un colpo di scena a metà film. e sappiamo
così poco su di lui.
Qualunque commento mi sarebbe
molto
utile, grazie.