"Meisje met de parel"

[la ragazza col turbante]

Il ragazzo si sedette rilassando le spalle, portò le gambe ad un lato dell’elegante vecchio sgabello di noce mentre una donna di mezza età accorse a sistemare pieghe dell’immenso abito bianco e ciuffi biondo cenere che, su quel viso di porcellana, apparivano come delicate carezze d’oro.
I suoi occhi –così grandi, fanciulleschi, di un azzurro limpido- si persero in quel susseguirsi di nuvole che, sospinte da un leggero vento, si rincorrevano lontane, fuori da quella piccola finestra fonte di luce che incastrava tra le sue ciglia riflessi, ricordi di spensierate giornate di primavera passate tra i prati; intanto, un vecchio pittore e la sua coniuge, si perdevano nella bellezza vergine del giovane, incapaci di emettere suono in presenza di qualcosa di tanto candido.

L’uomo ne definì i tratti morbidi, i colori pallidi, accarezzò le timide clavicole con la punta del pennello, sfiorò quel collo sottile e diafano con piccoli tratti di vernice, lambì quelle curve leggere di un angelo senza sesso con tocchi di eternità. Non una parola ruppe la sacralità di quel momento d’arte che veniva immortalata, pozze d’immenso fiordaliso che malinconiche miravano il cielo –chissà se qualcuno le aveva fatte umettare di lacrime; se, in quel giorno di Maggio, loro vagavano alla ricerca del volto amato; se quelle labbra simili a petali di rose si schiudevano, fameliche di baci, al passare di un volto familiare e lo bramavano.

Terminò, il vecchio, avvicinandosi al russo e sfiorandogli il viso con due dita tremanti per l’età, soffermandosi su orecchini di perla che ne adornavano timidi il volto come lattiginose lacrime, chiedendo, dopo attimi d’interminabile silenzio in cui si sentì nudo davanti a quello sguardo, se i monili fossero un dono, un omaggio, e il ragazzo sospirò, lasciando che le dita affusolate stringessero il gioiello.
«Sono un ricordo, un promemoria» rispose pacato, le labbra sottili si curvarono in un sorriso.
«Posso chiederle cosa deve ricordare?»
«Non ne sono sicuro, credo il mare» e il pittore non comprese a pieno quell’immagine: ragazzi che sotto un cielo di stelle lasciavano che le labbra si sfiorassero, che le dita si intrecciassero in una danza che sapeva d’infinito, che i capelli del biondo venissero spostati per scoprire un collo su cui lasciare timidi baci e parole d’amore.
Glieli aveva regalati l’albino  dopo un aver visto un quadro olandese, “la ragazza col turbante”, e lui non li aveva mai tolti. Sapevano di appartenenza, di sentimenti, di battiti; di quelle notti passate sulle spiagge in silenzio a contemplarsi, di sconfitte, di vittorie, di lacrime. E Froy era come il mare, immenso, di una bellezza che non apparteneva all’uomo, con tempesta dentro.





"Ragazza col turbante", Johannes Vermeer, dettaglio

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NdA
Mi ispiravano, non sapevo bene come categorizzarla dal momento che la coppia è solo accennata e lo stile/il genere credo sia abbastanza particolare. Sto sperimentando un po' tutti i generi che mi fanno ritrovare, manca poco e scrivo sui boyguard dell'Orion in stile trapparo.
In ogni caso, spero vi piaccia e spero possiate amare Yuri Rodina un quarto di quanto lo amato io (scommettendo sul suo sesso).
Un piccolo grazie anche a quei cuori che recensiranno o interagiranno con la storia ;W;
-Ade