Saying Goodbye
Mi stavo lavando i denti con tanta foga che mi sorpresi che
non si fossero ancora polverizzati. Non avevo ancora deciso cosa mettermi per
quell’appuntamento. Mi guardai allo specchio prendendo quasi paura, ero
inguardabile. Non mi spiegavo questa agitazione, infondo Nick lo conoscevo già
da parecchio tempo e mi aveva aiutato a cucire una ferita molto dolorosa. Forse
ero in quello stato perché era la prima volta che uscivamo insieme come coppia.
Aprii l’armadio cercando di trovare qualcosa di speciale per quella
serata. All’improvviso mi ricordai di
quel vestito blu elettrico lungo fino al ginocchio, con i sandali alti sarebbe
stato perfetto, se solo mi ricordassi dove diavolo lo avevo messo. Dopo un
quarto d’ora passato a rivoltare l’armadio cercai nello scompartimento sopra. E
finalmente lo vidi rintanato dietro a un sacco di scatole dimenticate. In punta
di piedi, tirai verso me con la mano ma una delle scatole cadde spargendo il
suo contenuto su tutto il pavimento. Sbuffando scesi dalla scala, che avevo
adoperato per arrivare a quel maledetto scompartimento, appena mi avvicinai per
guardare su cosa si fosse sparso sul pavimento mi irrigidii. Presi in mano
quelle foto inginocchiandomi a terra. Le lacrime iniziarono a scorrere lente e
calde sulle mie guancie. Quella era proprio la ferita che mi ero illusa si
potesse curare, quello era un capitolo della mia vita che speravo si fosse
chiuso ma era quello che volevo far credere a me stessa e agli altri. Le foto
che tenevo in mano mi ritraevano per mano con lei.
Lei quella ragazza solare e anche un po’ buffa, lei quella
con cui ridevi sempre, lei l’amore della mia vita, da sempre.
I could honestly say
You've been on my mind
Since i woke up today
(up today)
i look at your photograph
all the time
These memories come back to life
Potrei
onestamente dire
che sei stata nella mia mente
da quando mi sono svegliata stamattina
ho guardato la tua foto tutto il tempo
questi ricordi tornano indietro alla vita
In quel mazzo di ricordi c’erano parecchie delle
“sue” foto fatte a un fiore, un albero e all’asfalto, sorrisi ripensando a
quanto fosse buffa. Io le dicevo sempre « Ma che fai fotografi l’asfalto? » e lei ridendo mi rispondeva « Ogni cosa ha bisogno di essere ricordata,
immortalata. »
Mi soffermai parecchio sulla mia foto preferita che
era anche la più sfocata ma si riusciva a vedere il suo sorriso e i suoi
capelli neri al vento, indossava degli occhiali rossi a forma di cuore, tipici
di lei. E nell’angolo della foto stringeva la mia mano.
Scesi le scale decisa tenendo in mano quella foto
come se non me ne volessi separare, un’altra volta. Mio padre era intento a
preparare la cena e io mi sedetti a tavola seria, per fargli capire che dovevo
dirgli qualcosa di importante.
« Senti papà… » non sapevo come dirglielo ma volevo fare in fretta.
« … io prendo per il primo volo per Santa Barbara! » che sarebbe partito entro due ore, avevo chiamato
prima quando ero in camera decisa sul quel dovevo fare, per essere felice.
« Cosa? »
« Si papà hai capito bene…
Parto non so quando torno, ma devo farlo. »
« E come mai ti senti in dovere di farlo? » mi chiese mio padre preoccupato ma non sembrava
scioccato, forse credeva stessi dando i numeri.
« Papà lo sai che non sono felice qui…
Ho bisogno di vederla » mio padre sapeva cosa era
successo e di chi mi fossi innamorata, all’inizio scioccato dalla situazione
non comprese e mi evitò per qualche settimana, ma poi capì che ero davvero
presa da Katy e anche se non approvava totalmente era contento di vedermi felice.
Ma dopo il nostro addio mi aveva vietato di andare in qualsiasi posto per
cercarla, non voleva vedermi soffrire e per lui la soluzione era non vederla
per un po’ in modo da poterla riuscire a dimenticare. Ma, ovviamente, non aveva
funzionato e mio padre lo sapeva, si aspettava che prima o poi da un giorno
all’altro gli avessi detto che andavo a cercarla.
« Mi aspettavo che mi dicessi questo e in questo anno
ho sperato davvero tu la dimenticassi, ma a quanto pare non è successo e se
questo serve per farti felice, tesoro, vai pure ma stai attenta…» era davvero un santo mio padre, mi alzai e corsi ad
abbracciarlo forte.
« Quando parti tesoro? »
« Fra due ore… Senti non è
che ti dispiacerebbe accompagnarmi all’aeroporto, se è un disturbo chiamo un
taxi. » Speravo mi accompagnasse lui per quel viaggio.
« Certo che ti accompagno. Dai forza vai a prendere
la tua roba! » disse con entusiasmo
dandomi una pacca sulla schiena come si fa con le bambine piccole.
Dopo un attimo di sollievo, dato grazie alla
reazione comprensiva di mio padre, corsi su per buttare qualche ricambio dentro
allo zaino e riempire il mio portafoglio di tutti i soldi che avevo
risparmiato, anche se dubitavo di spenderli tutti ma mi piaceva essere sicura.
Il viaggio in macchina fu tormentato di pensieri su
cosa avrei fatto appena arrivata a Santa Barbara, non sapevo se Katy abitava
ancora nella casa di una volta o se si era trasferita in un altro posto quindi
avevo deciso di andare a trovare i suoi genitori per chiedere informazioni.
« Ehi stai attenta… E cerca
di tornare più felice di quando sei partita ok? » mi disse mio padre davanti all’entrata dell’aeroporto.
« Ok, ci proverò… Ti voglio
bene, papà » risposi abbracciandolo per dirgli
che gli ero grata di tutto quello che aveva fatto per me.
« Anche io te ne voglio, bocciolo » e lì lo lasciai trattenendo a stento le lacrime.
Ultima
chiamata per il volo diretto a Santa Barbara
La voce dell’hostess risuonò nell’aeroporto e mi
sbrigai a consegnare il mio biglietto di imbarco.
Per fortuna ero vicino al finestrino e riuscivo a
far correre più velocemente la mia immaginazione guardando quei paesaggi illuminati
dalla fievole luce della luna. Un ritornello incessante rimbombava nella mia
testa da quella mattina: era la canzone che un giorno avevamo inventato io e
Katy per ammazzare il tempo e ci eravamo fatte un sacco di risate rotolandoci
in quel parco tranquillo quel giorno di primavera di un anno fa. Sorrisi di
nuovo a quel ricordo e nuove lacrime scesero lente sulle mie guancie.
I woke up this morning
And played our song
And i know my tears sing
along
Mi sono
svegliata questa mattina
e ho suonato la nostra canzone
e so che le mie lacrime cantano
Mi ero addormentata e mi sembrava
di dormire solo da pochi minuti quando la voce dell’hostess mi svegliò con un
lieve mal di testa. Guardai fuori dal finestrino e mi sorpresi di
trovare così vicine le luci della città. Scesa dall’aereo chiamai un taxi e
dicendogli l’indirizzo dei genitori di Katy mi venne un blocco allo stomaco,
era da molto tempo che non li vedevo. Sperai di non disturbare troppo, ma loro
erano sempre state persone cordiali e ospitali.
Il taxi si fermò proprio davanti
alla porta e con incertezza suonai il campanello. Guardai l’orologio, era
mezzanotte passata. Mary mi aprì la porta in vestaglia e con i capelli
spettinati.
« Salve signora Hudson, sono venuta
per chiederle un’informazione poi me ne vado subito. Non voglio disturbare a
quest’ora di notte. »
« Oh Miley cara, disturbare? Ma che
disturbo e disturbo, vieni dentro hai una faccia… » potevo
immaginare che aspetto avevo: ero stanchissima e non sapevo cosa avrei dato per
un letto. Mary mi mise un braccio intorno alle spalle e mi fece strada verso il
salotto.
« Vuoi qualcosa da bere cara? Un tè?
Una cioccolata? »
« No grazie, ero venuta solo per
chiederle una cosa… »
« Allora dimmi. »
Ero un po’ in imbarazzo ma lei poteva
immaginarsi cosa le stessi per chiedere. Speravo intensamente che Katy non
fosse fuori città o che, più di tutte, non si fosse rifatta una vita con
un’altra persona.
« Beh, ecco vede io sto cercando sua
figlia… Sa dove posso trovarla? » incrociai
le dita dietro la schiena in attesa della risposta. La madre di Katy mi fissò
negli occhi e ci mise un po’ per rispondermi. « Certo che so dove si trova, ha
comprato una casa dall’altra parte della città, come mai vuoi saperlo? »
Il suo tono non era né aggressivo
né prepotente era semplice curiosità.
« Vede io devo parlarle di cose
importanti e devo vederla immediatamente. » la feci più breve possibile
tralasciando certi particolari che non ero sicura potesse gradire.
« Grazie infinite signora Hudson… Beh allora, Arrivederci. » dicendole
questo mi alzai dal comodo divano e le porsi la mano.
« Oh ma mia cara non crederai di
raggiungerla proprio ora? » disse sorpresa dalle mie intenzioni.
« Ehm… Si. » risposi
con un po’ di timore.
« Ma Miley sei impazzita? Sei
stanchissima, non crederai che ti lasci andare fuori a quest’ora? E poi Katy
starà dormendo ora! Se vuoi puoi passare qui la notte e poi domani mattina dopo
una bella colazione vai a trovarla. Va bene cara? »
La proposta di Mary era molto
invitante e io ero davvero stanca, le mie palpebre a stento riuscivano a stare
aperte, quindi non fu difficile accettare il suo invito.
Mi condusse sulle scale e aprì la
porta della “mia” stanza.
La stanza profumava ed era
tappezzata di foto. Al centro stava un enorme letto dove sopra poggiavano
coperte rosa pallido, la carta da parati anch’essa rosa rendeva il clima
rilassante, sui mobili chiari stava qualche orsacchiotto di peluche e sul
comodino un paio di occhiali rossi a forma di cuore poggiati sopra un libro. La
riconobbi all’istante: quella era la stanza di Katy.
« Può andare bene per la notte? Ho
solo questa, non volevo farti dormire sul divano. » mi disse Mary dispiaciuta.
« No è perfetta. Grazie infinite. »
« Di nulla cara. Buonanotte » e mi
sorrise amorevolmente.
« Buonanotte, signora. »
Finalmente uscì dalla stanza e io
rimasi qualche istante ferma immobile nella sua stanza.
Sulla parete dove poggiava il
letto c’era una bacheca strapiena di foto, mi avvicinai per dargli un’occhiata.
C’erano foto di fiori, peluche e paesaggi tutte fatte da lei. Sorrisi
ripensando ancora a quanto fosse buffa. Mi guardai ancora intorno per un po’ ma
colta dalla stanchezza mi tolsi le scarpe e mi gettai sul letto che era davvero
comodo e confortevole. Abbracciai il cuscino e il suo profumo invase le mie
narici, se chiudevo gli occhi potevo vedere nitidamente il suo viso sorridermi.
Quando strinsi ancora più forte il cuscino la mia mano toccò qualcosa di
insolito. Accesi la luce e guardai di cosa si trattava: era una foto che mi
ritraeva mentre sorridevo al fotografo che era stato senza alcun dubbio Katy.
La rimisi al suo posto e mi addormentai con il sorriso sulle labbra perché Katy
mi stava ancora sorridendo dietro i suoi occhiali rossi.
La mattina seguente fu difficile
alzarmi da quel caldo letto ma quel giorno dovevo andare a trovarla e infatti
scattai subito fuori dalle coperte e mi infilai velocemente le scarpe, feci una
sosta in bagno per sistemarmi un attimo e scesi le scale senza fare troppo baccano.
In cucina mi aspettava Mary che mi fece segno di fare poco rumore.
« Buongiorno Miley, ti chiedo il
favore di fare poco rumore, sai mio marito dorme ancora. » mi disse
sottovoce.
« Oh ma certo. Mi scusi »
« Ti ho preparato la colazione. » sussurrò indicandomi
la tazza di latte e la brioche.
« Oh grazie ma non doveva
disturbarsi. » mi
sentivo terribilmente in imbarazzo.
Il latte era ancora caldo e la
brioche era croccante, ottimo per iniziare bene la giornata. Finita la
colazione la guardai dal basso.
« Ok Mary grazie davvero della
pazienza e di tutto, ma ora sapresti darmi l’indirizzo preciso della casa di
Katy? »
« Certo… » prese un
foglio e una penna e me lo scrisse.
« Ok beh allora ci rivediamo presto… Grazie ancora! » le dissi io educatamente, essedogli sinceramente grata per la sua pazienza.
« Di niente cara, ora va… Ciao! »
Chiusi la porta dietro di me e
chiamai un taxi. Dopo avergli detto l’indirizzo realizzai che dopo un anno di
distanza la vedevo. Ero davvero contenta ma avevo anche paura di vederla con
un’altra persona. In quella situazione avrei incassato il colpo e me ne sarei
tornata a casa infelice da Nick che poteva tirarmi su il morale, ma Nick non
era Katy, non era la felicità.
Mentre sotto di me le ruote
scorrevano veloci cercai di prepararmi un piccolissimo discorso ma con scarsi
risultati. Il taxi, come la sera prima, si fermò davanti alla porta di casa che
era ordinata e vivace. Con agitazione attraversai il delizioso vialetto che
portava all’ingresso, suonai aspettando…
Aprì la porta, stava sull’ingresso
in una vestaglia di seta color champagne e i capelli lasciati cadere sulle
spalle un po’ spettinati. Restammo a fissarci negli occhi per molto tempo. Era
una gioia rivederla, all’improvviso cancellai l’anno passato a soffrire la sua
mancanza e mi ricordai solamente dei tempi felici insieme a lei, sperando che
ce ne potessero essere altri. Le lacrime scesero copiose sul mio viso e le
gettai direttamente le braccia al collo senza dire una parola. Chiusi gli
occhi, nascondendomi nella sua spalla, e respirai nuovamente quel profumo, lo
feci una volta, due, tre… Lei mi prese il viso tra le
mani e mi disse « Ehi, ehi smetti di piangere… » ma non
riuscivo, le lacrime continuavano a scendere interrottamente. Katy avvicinò le
sue labbra alla mia guancia umida e ne raccolse una, appoggiò la sua fronte
alla mia e mi sorrise, non potevo fare a meno di ricambiare. Guardandomi mi
disse ancora « Non piangere… Sono qui ora. » e mi strinse forte al suo petto.
Chiuse la porta con un piede e mi baciò a fior di pelle sulle labbra,
accarezzandomi con il pollice una guancia. Quel bacio prolungato ma così
semplice fece scaturire voglie che non saziavo da un anno e che ora potevo
colmare, con lei, Katy.
But the one thing i
wish i'd forget
A memory i wanna forget
Is goodbye.
Ma l'unica
cosa che vorrei
è poter dimenticare
un ricordo che voglio cancellare:
il nostro addio.