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Autore: Hoi    22/03/2020    0 recensioni
I fatti narrati si svolgono dopo gli eventi del primo film
“Pronto! Aiuto ho investito una persona. Sono in via...” Dove cazzo ero? Mi guardai attorno nel panico. Non c’era neanche un fottutto cartello. Merda! Ma quella era New York. Una New York mezza distrutta e ancora in piena ricostruzione, ma pur sempre New York. Di certo avrebbero rintracciato la chiamata e sarebbero venuti ad aiutarmi.
“il numero da lei selezionato è inesistente”
“Cosa?!?!?!” Piena di sgomento guardai lo schermo. 118. Idiota! Idiota! Idiota!
Genere: Avventura, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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               Thor si fece avanti. Il veicolo si piegò sotto il suo peso. Il dio mi passò ad un palmo da naso, quasi senza notarmi. Aveva il viso segnato dalla stanchezza e dal dolore. Era chiaro che fosse esausto. Lo vidi afferrare il fratello per un braccio e tirarlo fuori dall’abitacolo, senza che opponesse resistenza. Attorno a loro, lo Shield e gli Avengers si fecero da parte, lasciando un cerchio di vuoto di cui i due Asgardiani erano il centro. Vidi Thor fare un cenno con la testa ai suoi compagni, una specie di saluto e capii che stavano per andarsene. Una leggera sensazione di sollievo e inquietudine si impadronì di me. Quella brutta storia stava per finire, anche se non sapevo ancora come.
“Thor… cosa gli faranno? Ci sarà un processo o…?”
Il dio si voltò verso di me, aveva negli occhi uno sguardo serio, privo persino del leggero sorriso che normalmente gli attraversava gli occhi.
“La sentenza è già stata emessa. Lo condurrò personalmente fino alle prigioni e verrà rinchiuso nelle celle di Asgard”
Lo sapevo. Sapevo già da tempo che sarebbe successa ogni singola cosa che mi venne detta, ma quando lo sentii parlare spalancai la bocca e mi immobilizzai. Il mio cervello era in preda ad un assurdo tumulto. Sapevo che Loki meritava la prigionia, sapevo che probabilmente persino io sarei stata più al sicuro una volta che fosse stato dietro alle sbarre, eppure non volevo che succedesse. Mi concentrai su come Loki mi avesse minacciata e quasi uccisa più di una volta, ma soprattutto mi concentrai sulla prospettiva di venir considerata una sua complice e finire a mia volta in cella. L’unica scelta sensata da fare era lasciare che accadesse in silenzio.
“Thor, ma che cazzo!?”
L’uomo biondo spalancò gli occhi e ammetto che anche io fui sorpresa di sentirmi parlare. La verità era che non avevo niente da dire, non c’era un singolo motivo per liberarlo, eppure…
“Ignorala e vai”
La Vedova Nera fu laconica. Se avevo per caso apprezzato la sua risolutezza in una o due circostanze, bhè, ora avrei voluto infilargliela giù per la gola. Forse voleva solo che Loki fosse portato via, d’altronde era pericoloso e risoluto, eppure mi sentii come se lo dicesse solo per zittire me.
“Perché? Hai paura che abbia ragione?” Mio dio, che risposta da dodicenne che mi venne fuori.
“Ho paura che tu stia prendendo tempo” Il suo sguardo si appuntò su di me, freddo e sincero. Un sottile senso di pericolo mi ricordò in quale situazione delicata mi trovassi. Iniziai a tremare sommessamente. Stavo procedendo su una strada che mi avrebbe portato alla rovina.
Francesca, lascia stare…
La voce di Davide mi arrivò all’orecchio leggera, sapevo che aveva ragione, almeno quanto sapevo che parlando in favore di Loki avrei solo finito per ferirlo e per cosa poi? Per aiutare un tizio che aveva cercato di distruggere il mio quasi matrimonio.
“No, mi dispiace no.” Sentii il dolore far tremare la mia voce, non volevo fare a Davide più male di quanto non glene avessi già fatto, ma in fondo alla mia mente aveva iniziato a rivedere ogni istante da quando avevo conosciuto Scott e per la prima volta, mi ero resa conto di qualcosa di terrificante.
”Prendere tempo per cosa? Ma per piacere! Non sono una specie di spia o cazzate simili. Ma siete tutti impazziti? Sul serio… che diavolo vi prende? Pensate davvero che io centri qualcosa? E Loki… che diavolo volete fare? Lo ficcherai in una cella e poi cosa? Aspetterai che muoia di vecchiaia?”
“E perché non dovremmo?” La voce di Thor mi arrivò alle orecchie fredda e spietata, ma io ci lessi comunque una richiesta sincera. Forse davvero voleva una motivazione per non fare ciò che sapeva essere necessario. Voleva una motivazione che io avevo, anche se non era abbastanza. Feci un profondo respiro, sentendo li corpo di Davide irrigidirsi alle mie spalle, lui più di tutti aspettava quella risposta. Aspettava di sapere cosa diavolo mi prendesse.
“Perché l’unica cosa che otterrai sarà di riempirlo ancora più di odio e risentimento. Thor, non riuscirete a farlo redimere chiudendolo in una gabbia”
“è tardi per la redenzione” Ci fu un vociare confuso tutto attorno a noi. Fury fece un passo aventi ponendo la mano sulla spalla di Thor e dicendo qualcosa di molto intelligente su degli accordi presi. Ma in tutto questo Thor guardava ancora me, quindi io gli risposi.
“Ma se è a proprio questo che servono le carceri! Che cosa lo mettete in galera a fare allora!?”
“Per impedirgli di fare alto male! Loki è pericoloso. Non ti rendi conto di cosa ha fatto?” Maria Hill quasi gridava. Era esausta, lo eravamo tutti. Forse lei era più esausta di avere a che fare con me che di tutto il resto, ma questo non svalutava affatto il mio livello di stanchezza.
“Sì! Sì che l’ho visto! E a quanto pare sono l’unica qui ad aver capito che non riuscirete a tenerlo lì dentro.” La mia voce si spezzò e il tremore che mi aveva preso le mani divenne così forte da essere incontrollabile. “Aveva pianificato tutto, da prima di incontrarmi… lui, probabilmente sa già come uscire e se non è così, troverà un modo e allora sarà ancora più arrabbiato e assetato di vendetta.” Tirai forte su con il naso. In maniera molto infantile. Affianco a me il corpo di Davide era sempre più rigido e distante.
“Questa non è la soluzione a niente. Le prigioni dovrebbero servire a rieducare le persone, così che possano reimmettersi nella società e in questo caso, non ci riusciranno, allora cosa cazzo lo mettete dentro a fare!?” Impensabilmente fu la Vedova Nera a venirmi incontro.
“Ha ragione. Dovremmo giustiziarlo” Cosa cazzo sta succedendo!?
“No!” Grazie a Thor la mia non fu l’unica voce a dare questa risposta.
“Perché non gli togliete i poteri come avevate fatto per Thor?” Alcuni continuarono a parlare, ma tra me e Thor ci fu un breve silenzio. Forse valutò l’idea per un momento. Poi scosse leggermente la testa e disse qualcosa sottovoce. Un raggio di luce iridescente non li colpì. Quando le macchie scure da accecamento furono passare e io riuscii nuovamente a mettere a fuoco, in mezzo alla guardia schierata era rimasta soltanto la bruciatura scura del teletrasporto Asgardiano.
La mia mente arrancava cercando di realizzare quello che era appena avvenuto. Loki se n’era andato. Era scomparso, tornato ad Asgard probabilmente per sempre. Sapevo che sarebbe successo e sapevo che sarebbe successo ora, ma…
È stato un tentativo stupido, finiremo di nuovo nei guai e per cosa? Per un tizio che ti ha cercato di ucciderti? Tremavo ancora e le parole di Davide mi ferivano più di ogni altra cosa. Iniziai ad accasciarmi sul mio sedile. Sentivo i suoi occhi che mi fissavano. Lo sentii sospirare e sentii il tonfo della sua testa contro la parete.
“Quella gigantesca bruciatura la dovrai togliere tu? Cavolo, sarebbe anche potuto andare in mezzo alla strada o stendere un telone di plastica per terra prima, o cose simili.”  Tirai di nuovo su con il naso, mentre mi giravo a guardarlo. Lui aveva ancora la faccia seccata, ma tra i suoi lineamenti iniziava a filtrate poco a poco della dolcezza. Anche lui era stanco ed essere arrabbiato o geloso consuma un sacco di energia. Provai a farmi venire in mente qualcosa di arguto, ma riuscii solo a fare un vago singhiozzo che poteva sembrare una risata.
“Signorina Recidivo, lei verrà con noi allo Shield. Dovrò rispondere ad alcune domande. Quanto a lei signor Corso, è libero di andare, ma non lasci il paese e si tenga a disposizione.”
Un agente si fece avanti, tendendomi la mano e interrompendo i miei pensieri. Istintivamente mi tirai indietro, stringendomi a Davide. Non avevo ancora realizzato cosa stava succedendo e un tizio armato e vestito di nero si faceva avanti. No, grazie.
“Francesca è ferita, ha bisogno di essere visitata da un medico”
Sentii le braccia di Davide stringere attorno a me. Una cosa mi era chiara, mi volevano portare via, come avevano fatto per Loki. Il cuore iniziò a battermi forte, ma mi rincuorai, ricordandomi che il signor Stark non mi avrebbe lasciato portare via. Lui lo avrebbe impedito, lui… Lui era in cima alla torre a supervisionare la ricostruzione, per una volta. Dannazione! Mi morsi le labbra. Avevo creduto che mi avessero portata giù perché ero stata convincente, invece era solo l’ennesimo inganno.
“Allo Shield abbiamo degli ottimi medici”
Il tono mellifluo della vedova nera mi fece venire i brividi. Stavano ancora cercando di raggirarci? Sapevamo che loro erano i buoni, ma anni di discriminazione avevano insegnato una cosa a Davide: meglio non fidarsi nemmeno dei buoni, soprattutto se sono tanti.
“All’ospedale hanno degli ottimi medici.”
Nonostante il tentativo della rossa, la stretta di Davide non si era alleggerita. Improvvisamente mi sentii al sicuro. Anche se non era un supereroe, Davide era lì ed era determinato a proteggermi. Sentii l’agente Hill sbuffare.
“Non credo che vi stiate rendendo conto della gravità della situazione in cui vi trovate. La sua posizione è ancora da chiarire.”
Avevo ancora paura, ma mi sentivo forte ed ero stanca di sospetti e insinuazioni, così finalmente aprii bocca e risposi.
“Ok, allora chiariamo. Che mi volete chiedere?”
Sguardi attoniti mi colpirono da tutte le parti. Era ovvio che non si facevano così gli interrogatori, ma non mi interessava molto.
“Bhé? Niente? Posso andare?” Ero diventata strafottente e questo non era saggio, lo so. Il primo a parlare fu Clint, disse qualcosa a voce troppo bassa perché la mia spocchia potesse sentirlo, ma la Vedova Nera lo sentì e dopo un’occhiata poco convinta al collega, reagì rivolgendosi a me.
“Come sei entrata in contatto con Loki?”
La voce della Vedova era ferma e insapore. Avevo già risposto a questa domanda, ma non importava. Feci un profondo respiro e mi preparai all’interrogatorio lampo.
“L’ho investito con l’auto, ma era un suo piano per manipolarmi. Io non l’ho riconosciuto e ci sono cascata. L’ho soccorso e senza che me ne accorgessi lui mi ha marchiata con un segno magico che mi faceva sembrare Loki agli occhi dei chitauri. Il marchio era sulla sciarpa. Poi, dopo il primo attacco, mi ha raggiunto in ospedale e ha messo il marchio sul gesso”
Sintetica e chiara. Questa era la mia tattica, poteva funzionare.
“E…?”
Il tono supponente della Vedova Nera mi colpì.
“E niente.” Risposi acidamente. Ero davvero stanca di insinuazioni sulla mia fedeltà.
“Cos’è successo mentre eri sola?”
Finsi di non capire che si riferiva a me e Loki soli nell’albergo e saltai direttamente a quando il signor Stark mi aveva abbandonata nella torre, poco tempo prima.
“Loki era travestito da agente, mi ha ordinato di portarlo ai laboratori perché pensava che lo scettro fosse lì. Io ce l’ho portato e… ho fatto un casino. È salito subito nelle camere di contenimento. Mentre cercava ho attivato il sistema anti incendio credo, ma poi… Loki era dentro e stava soffocando, io ero fori e mi è preso il panico. N-non sono un’assassina e… ho trovato lo scettro e rotto il vetro… ma poi lui si è svegliato, io sono scappata con lo scettro, l’ho buttato dalla finestra, lui mi ha buttata a terra e si è lanciato a prenderlo. Poi sono andata via e ho contattato Jarvis”
La mia voce aveva iniziato a tremare, non mi ero resa conto di quanto fosse difficile rivivere quei momenti. Non era stato così le altre volte. Forse era tutta colpa delle mie azioni assurde e del plotone d’esecuzione che avevo schierato davanti, ma iniziavo sinceramente a temere per me stessa.
“Thor ha detto che Loki ti ascoltava…”
Ero esausta e sotto pressione. Così reagii nel modo più naturale per me, mi arrabbia. Il mio self control andò in pezzi, non la lasciai nemmeno finire.
“Sì, certo! La torre stava crollando, persino un cretino se ne accorgerebbe e io gli ho detto che se avesse sparato contro una parete sarebbe crollata tutto e lui mi ha creduto, perché l’ho costruita io quella cazzo di torre. Ma ovviamente non era vero. Stavo solo cercando di prendere tempo. Insomma quella parete è fatta di fottuto cartongesso. Mio dio, almeno controllate prima di fare domande. Se chiedete a Thor vedrete che dico la verità.” Difficile, visto che era appena partito per un altro mondo, ma non impossibile.
“Perché non hai seguito gli ordini e non hai abbandonato la torre quando ti è stato detto?” Questa volta fu l’agente Hill a parlare, il suo tono inquisitorio fu peggio persino di quello della Vedova nera.
“Perché…” C’era un dio incazzato in giro? Facevo fatica a camminare? Ero terrorizzata? No, non era vero, non del tutto almeno. Forse lo era stato per qualche momento, ma poi quel momento era passato. Feci un profondo respiro. Dovevo dire qualcosa e non valeva la pena di sfidare la fortuna. Espirai lentamente. la verità non gli sarebbe piaciuta, ma era la verità.
“Perché quella è la mia torre ed era a rischio di crollo. Non potevo lasciare che accadesse senza fare nulla. Sentite, io lo so che non capite, ma tutto questo casino non è altro che uno stupido incidente d’auto. Io lo so che quelli come voi e Loki, credono che il futuro si plasmi attraverso le grandi guerre, gli intrighi politici e gli assassinii, ma io e il signor Stark invece crediamo che il mondo si costruisca un pezzo alla volta, con ingegno e abnegazione. Per noi la storia non è solo una sequela di epici momenti d’eroismo o lutto, quelli sono solo intermezzi sconvolgenti. La storia è fatta di un flusso continuo di ricerche ed evoluzione. Il mondo è in continuo movimento e viene creato da ogni nostra azione. Per questo quello che costruiamo è altrettanto importante quanto una disputa su chi sia il migliore a sedere sul trono. Io non dico che voi non abbiate le vostre ragioni a credere che quello che stia succedendo ora sia importante, ma non è l’unica cosa importante.”
“Stai davvero cercando di farmi credere che saresti morta per…” Lo sguardo supponente della Hill mi fece andare il sangue alla testa. Non volevo sapere come intendeva stuprare il mio discorso. Sapevo cosa volevo dire. Sapevo in cosa credevo.
“Sto dicendo che senza persone come me, non ci sarebbe nulla da proteggere. Sto dicendo che se non capisci l’importanza di tutto questo, allora dovresti prendere il tuo giacchetto nero e andare a riporti nella scatola dove ti tengono e restarci fino alla prossima apocalisse, lasciando le persone come me ad impegnarsi per ricostruire.”
Ero arrabbiata. Stavo gridando e lo sapevo perché sentivo Davide tirarmi per calmarmi, ma io non intendevo farlo. Ero stanca di sentirmi dire che ero in errore. Io sapevo d’aver ragione, io sapevo che ciò che facevo era importante e non avrei lasciato che una bambola killer mi mettesse in dubbio.
“Per me è sufficiente. È chiaro che sia esausta, portatela in ospedale.”
La voce di Cap mi fece sobbalzare. Non lo avevo mai sentito dare ordini in quel modo imperioso. Non mi sorprese notare che gli obbedirono. Vidi distrattamente l’agente Hill parlottare con un suo sottoposto e gli occhi della Romanoff colmi di un sentimento a cui non riuscii a dare nome, ma il portellone si chiuse prima che capissi cosa stava provando. Dieci minuti dopo ero in ospedale.
Passai davanti a tutti appena entrata, credo che la causa fu soprattutto la mia scorta governativa, ma devo dire che questa volta furono tutti molto efficienti. Mi bendarono, curarono ricucirono e operarono. A quanto pare le condizioni del mio braccio erano peggiorate parecchio. Ricordo che mi dissero che mi avrebbero fatto un’anestesia locale, ma appena poggiai la testa sulla barella mi addormentai. Mi svegliai solo il pomeriggio seguente. Avevo le gambe piene di quei piccoli cerotti che tengono chiuse le ferite, il mio braccio era stato ricucito e ingessato, riempiendomi di dubbi su quanto fosse igienico ingessare una ferita fresca e mi faceva male la testa, ma stavo bene e Davide era lì… assieme ad un tizio in completo nero in piedi appena fuori dalla porta. Non nego che appena sveglia il mio primo desiderio fu quello di rimettermi al lavoro, ma avevo promesso a Davide che mi sarei impegnata a non farmi più del male, così mi ritrovai costretta a prendermi una pausa per malattia. Scoprii di avere un sacco di tempo per rimuginare su come Loki fosse stato portato via, sotto ai miei occhi e iniziai a formulare una tragica teoria dopo l’altra riguardo cosa gli stesse succedendo. Il terzo giorno di riposo stavo impazzendo. Non sapevo cosa stessero facendo alla mia torre e Stark non mi rispondeva al telefono. Dio come lo odiavo. L’unico rimedio che riuscii ad ideare per non pensare a cose depresse fu quello di far stampare a Davide delle nuove partecipazioni per il matrimonio, non mi aspettavo di certo che gli Avengers si sarebbero presi una vacanza per venire a trovarmi, ma sarebbe stato troppo scortese non invitarli nemmeno. In uno slancio di “simpatia”, Davide si arrogò il diritto di scegliere di stamparne una in più di quelle pattuite. Lo fulminai con lo sguardo quando notai il nome elegantemente vergato: Scott Fitzgerald, da Asgard. Nonostante l’avessi preso a male parole però, alla fine non buttai quel pezzetto di carta, in fondo una piccola parte di me, sarebbe stata felice di vederlo tra gli invitati.
Tra tutte le mie sventure, almeno mi era stato portato il mio Pc, in cui c’erano i progetti delle torri, così da poter passare il tempo ricontrollando le rifiniture della nuova Stark Tower, o almeno tentare. Davide mi aveva chiesto e richiesto di mettere il progetto da parte e riposare e visto che non volevo farlo preoccupare e che lui passava più tempo possibile con me, io l’avevo fatto, almeno finché non si era addormentato. A quanto pareva non dormiva bene in albergo, probabilmente continuava a sognare l’attacco alla torre e passare tutto il tempo restante davanti a me, tutta rappezzata, non lo aiutava a rilassarsi. Così, per la prima volta da quando era arrivato a New York quel pomeriggio si addormentò sul divanetto, mentre gli leggevo il giornale per dimostrare al mondo che avevo imparato qualcosa da quella brutta esperienza, ossia che le notizie d’attualità sono fondamentali per non cadere vittima dei delinquenti. Appena notai che era collassato, chiusi quell’affare. Avevo letto le prime pagine e mi dissi che sarebbe bastato per conoscere le facce dei supercriminali. Immediatamente dopo averlo chiuso, accesi il pc, come già accennato, ma il mio lavoro continuò solo pochi minuti prima di essere interrotto da una visita. Quando lo vidi entrare dalla porta rimasi a dir poco allibita. Non riuscii a capacitarmi che fosse davanti a me finché non si schiarì la voce, porgendomi il mazzo di fiori che aveva tra le mani.
“Posso entrare signorina Recidivo?”
Lo vidi sorridere timidamente, mentre io annuivo come un ebete, chiudendo il portatile e sistemandomi meglio sul letto. Al contrario di quando ero stata ricoverata in precedenza, questa volta la mia camera non somigliava affatto ad un vivaio, così i fiori che mi portò furono una boccata di colore nel bianco candido dell’ospedale. Tesi le mani per poterli ricevere e lui me li porse con eleganza.
“Grazie infinite capitano Rogers”
“Di nulla signorina Recidivo, è un piacere.”
Wow. Per il capitano Rogers era un piacere portarmi dei fiori. Feci del mio meglio per trattenere un risolino da liceale. Fortuna che Davide dormiva, altrimenti quello sarebbe stato un momento tremendamente imbarazzante.
“Ti offrirei una sedia, ma…” Indicai discretamente Davide che era ancora assopito sull’unica sedia della stanza. Cap sorrise. Scivolai sul letto, facendogli posto. Lui si sedette rigidamente accanto a me. Era vagamente in imbarazzo, ma era carino da parte sua cercare di non farmi sentire a disagio.
Mi ritrovai a passare le dita sui petali dei fiori, erano davvero bellissimi. Rose rosa e velo della sposa. Fiori classici e terribilmente dolci. Non erano i miei preferiti, ma erano dei bei fiori
“Mi ha molto colpito il discorso che hai fatto.”
Vidi il capitano Rogers stropicciarsi le mani. Era teso, ma non capivo perché, in fondo ero io quella che aveva dato nuovamente di matto davanti a tutti.
“Io… non ci sono stato durante la Ricostruzione o gli anni del boom economico e ora… mi è stato chiesto di andare a Washinton, quindi…” Sgranai gli occhi sentendo quelle parole. Non mi aspettavo un simile discorso e probabilmente nemmeno lui.
“Non ci sarai nemmeno questa volta.” Anche se capivo quale fosse il punto, non riuscivo a vedere il motivo per cui fosse così cupo. Mi strinsi nelle spalle, cercando di sembrare rassicurante.
“Non è colpa tua… e mi dispiace se ti è sembrato che io disprezzassi il vostro lavoro, non penso affatto che sia poco importante, è solo diverso”
Cap mi guardò per qualche istante. Il suo era uno sguardo sincero, ma nei suoi occhi lessi ancora quel sentimento incomprensibile, che per un attimo avevo visto negli occhi della Romanoff
“No, è stata molto chiara, ma… Ho perso così tante cose e sto continuando a farlo. Non sono il genere d’uomo che fugge dal suo dovere. Capitan America è sempre stato un simbolo di speranza e dovrebbe esserlo anche in questi tempi, ma quando mi guardo intorno…”
Ci fu un lungo silenzio tra di noi. Le parole gli erano scivolate fuori dalle labbra senza che potesse fermarle. Non sapevo cosa gli passasse per la mente, né quali sarebbero state le parole giuste da dire, non ero una psicologa o una cosa simile, ma sapevo bene che se non avessi spezzato velocemente il silenzio, lui si sarebbe tirato indietro.
“Mi dispiace di averti importunata con queste sciocchezze”
No! Cavolo…
“Aspetta!” Non sapevo che dire, ma una cosa potevo farla. Frugai goffamente nel comodino per qualche secondo, per poi tirarne fuori vincitrice la sua partecipazione.
“So che siete molto occupati, ma abbiamo voluto scriverle lo stesso…”
Guardai il mio eroe rigirarsi il mio invito tra le mani, sorridendo leggermente.
“Sarà una cosa tranquilla, niente di esagerato. Cerimonia cattolica in chiesa e poi ricevimento, però il cibo sarà strepitoso e degli amici di Davide suoneranno qualche canzone, credo faranno anche qualcosa di Elvis, sarà divertente.”
Capitan America mi guardò un po’ confuso.
“Ommioddio, non sai chi è. Tu non hai idea di cosa ti sei perso. Fidati sarà bellissimo sentirlo per te, lui è degli anni 50, ma è ancora considerato il re indiscusso del Rock, lo adorerai”
Agguantai una penna e senza pensarci girai la partecipazione a faccia in giù, per poi vergare a chiare lettere il suo nome e quello di un paio di sue canzoni. Come si faceva a non conoscere Elvis? Era quasi come non conoscere Dragonball! Nessuno sulla terra non sa chi sia... Avevo appena finito di scrivere e stavo per consegnargli la partecipazione quando mi resi conto di cosa voleva dire lo strano discorso di Cap. Per lui il nostro era come un mondo alieno, non riconosceva niente di ciò che aveva attorno. Aveva lottato tanto solo per ritrovarsi totalmente spaesato. Come avrebbe potuto uno come lui mettersi a ricostruire o a parlare di speranze per il futuro, visto che nemmeno capiva il presente? Mi morsi il labbro.
“Forse dovresti inserirlo nel tuo programma di allenamento” Gli tesi la partecipazione “Non-non intendo Elvis, ma sai, rimetterti in pari… Cioè… non intendo un allenamento vero, più una cosa divertente” Chiusi la bocca, stavo biascicando come una liceale. Cap mi sorrise in modo teso, mentre prendeva la partecipazione.
“Potrei fare una lista.”
“Sarà una lista super divertente, non hai idea di quanta roba assurda sia successa.” Feci una piccola pausa poi ricominciai “Sul serio, sei obbligato a divertirti. Insomma non ti puoi perdere anche questi festeggiamenti”
Cap fece un altro sorriso teso. “Magari inizierò da qui” e detto questo sventolò leggermente la partecipazione.
“Potresti farmi da portafortuna… Sai qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo, qualcosa di blu…” Ancora rigirandosi tra le mani la partecipazione Cap alzò le sopracciglia facendo una smorfia.
“Io sarei qualcosa di vecchio quindi”
“A dire il vero pensavo che se venissi in costume, potresti fare tutte e tre le cose.”
Ci mettemmo a ridere. Se ne andò qualche minuto dopo, promettendomi di venire alle nozze come il nuovo Cap, qualunque cosa volesse dire.
  
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