Fanfic su artisti musicali > Demi Lovato
Ricorda la storia  |      
Autore: crazy lion    26/03/2020    2 recensioni
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti che Demi e la sua famiglia hanno vissuto, raccontati nel libro di Dianna De La Garza "Falling With Wings: A Mother's Story", non ancora tradotto in italiano.
Tutti i bambini hanno paura di qualcosa, soprattutto da piccoli. Alcuni temono i mostri sotto il letto o nell'armadio, altri le streghe, o ancora cose più concrete come il temporale. A cinque anni, Demi è spaventata dal vento forte. Questo la blocca, la fa sentire male e viaggiare con la fantasia, immaginando che a causa di quell'elemento naturale le accadranno di sicuro cose terribili. Ma, forse, in quella notte di inizio febbraio qualcosa potrebbe cambiare.
Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo. Vale non solo per Demi, ma anche per tutti gli altri personaggi di cui ho parlato.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Demi Lovato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
DEMI E IL VENTO
 
INTRODUZIONE

Ho scritto questa fanfiction pensando alla paura che mi fa il vento forte, ancora oggi che sono grande. In questi giorni da me ce n'è stato molto ed ogni volta che lo sentivo pensavo:
Devo scriverci sopra qualcosa.
Avevo bisogno di esternare questa mia paura, che viene soprattutto di notte anche se sono a letto e so di essere al sicuro nella mia casa, con la mia famiglia ed i miei gatti. Desideravo farlo, però, ponendomi dal punto di vista di una bambina per parlare di come i piccoli possono vivere questi timori. E così ieri, dopo l'ennesima volta in cui l'ho udito, mi sono decisa: ho abbozzato e poi sistemato meglio nella mia testa una trama e ho scritto ciò che state per leggere.
 
 
 
 
 
 
La notte era calata su Los Angeles da un tempo che Demi non riusciva a quantificare. Aveva solo cinque anni - o quasi cinque e mezzo, come le piaceva puntualizzare, anche se mancavano ancora quasi tre settimane - e, rintanata sotto le coperte, cercava di prendere sonno senza successo. Vedeva poco il padre da quando se n'era andato. Non stava ancora bene, diceva la mamma, e per quanto a lei e Dallas mancasse non avrebbero mai voluto rimanere con lui quand'era così cattivo, forse peggiore di quelli delle favole che lei ed il secondo papà le leggevano. La notte, per la piccola, era il momento più difficile, perché la legava alle sere nelle quali Patrick, il suo papà biologico - se non ricordava male si diceva così - tornava a casa ubriaco o drogato. Se era buono salutava tutte e, non accorgendosi del tremore di Dianna, andava di sopra barcollando e si addormentava come un sasso, mentre Dallas e Demi sentivano la puzza di alcol anche a qualche metro di distanza. Quando, invece, più spesso accadeva il contrario iniziava a lanciare oggetti, a rompere piatti, bicchieri, tutto quello che gli capitava a tiro, a dire alla moglie che era una puttana, una persona inutile che non valeva niente e una moglie incapace. Le sue grida facevano tremare i vetri e, Demi poteva quasi percepirlo anche adesso, i muri, o almeno questa era sempre stata la sua sensazione.
Il suo cuore prese a battere all'impazzata a causa di quel flashback così reale, come avveniva quand'era più piccola e rimaneva paralizzata dal terrore non sapendo se scappare o no, con la paura che il papà si sarebbe arrabbiato anche con lei.
Il viso le si inondò di lacrime quando ricordò di aver sentito - e a volte visto - che aveva picchiato la mamma. La maggior parte delle volte lei era in camera con Dallas in quei momenti, ma i colpi li avevano uditi lo stesso, seguiti da grida strozzate e pianti disperati, uniti a richieste di supplica di smetterla, di fermarsi per l'amor di Dio, mentre gli domandava scusa per qualsiasi cosa avesse sbagliato. Il trauma che Demi e Dallas avevano subito era ancora abbastanza recente dato che Patrick se n’era andato due anni e mezzo prima, ma ci sarebbero voluti loro molti anni per iniziare a curarlo, così come a Dianna.
La bambina tremò con tanta violenza che le sembrò di cadere da un alto precipizio del quale non vedeva la fine e si aggrappò ai bordi del letto, quasi che fossero stati la sua ancora di salvezza. Si sedette, appoggiò il cuscino in verticale contro la testiera e vi si adagiò contro, poi respirò a fondo e contò fino a dieci prima di rilasciare l'aria. Era una tecnica che le aveva insegnato Dallas per calmarsi in quei momenti. Chiuse gli occhi e pensò a Eddie, a quanto era dolce con loro, al fatto che dal momento in cui era venuto a vivere in quella casa l'ambiente si era trasformato da triste e pieno di paura a più sereno. Avevano ingrandito al piano di sopra trasformando un piccolo studio in una camera ariosa, facendo qualche lavoro dopo aver ingaggiato una ditta di operai, ed ora quel posto era la stanza di Demi nella quale dormiva da poco meno di un anno. Aveva una sorella pazzesca, una mamma che la amava allo stesso modo di Eddie ed un cagnolino meraviglioso, Buddy, che aveva ricevuto il Natale precedente. Era un Cocker Spaniel di quattro mesi. Prima che lei andasse a letto si era addormentato nella cuccia con la testa fra le zampette. Era adorabile.
Demi fece di tutto per prendere sonno: contò le pecorelle, poi ripeté a voce bassa una favola che i genitori le avevano letto qualche giorno prima e, infine, si arrese al fatto che non avrebbe dormito per chissà quanto. Quella nottata era iniziata male. Andò ancora peggio quando un rumore la destò dal torpore nel quale si era lasciata trasportare: il vento. Proprio così, c'era un forte vento che batteva contro le imposte e le faceva muovere appena, nonostante fossero chiuse. Demi si alzò, aprì una finestra e sbirciò fuori. Grazie alla luce della luna piena e di un lampione, notò che le piante del suo giardino si piegavano a causa di quella violenza ed alcune foglie finivano per terra. Non sapeva se la California fosse una terra in cui venivano spesso i tornado, fino ad allora non ne aveva mai visto uno ma, dalle notizie che ogni tanto sentiva al telegiornale, non era affatto tranquilla. Il cielo era sereno, forse il vento stava portando le nuvole e presto sarebbe piovuto, ma per quanto adorasse la pioggia ora stava tremando. Rimaneva lì davanti alla finestra, immobile e quasi senza respiro. Si ricordò di inalare aria soloo quando la testa le vorticò per qualche secondo.
"Andiamo, è solo vento" le disse una vocina interiore.
Sì, ma forse quella era più cresciuta e matura di lei e non si spaventava.
Il vento era freddo, le arrivava fin sotto i vestiti, le sfiorava la pelle con il suo tocco gelido e le faceva accapponare la pelle, sembrava che la penetrasse fin dentro le ossa. Batté i denti con tanta forza che le fecero male. E poi quel suono… era orribile. Sembrava un ululato terribile, che continuava sovrastato da un altro rumore che non avrebbe saputo definire. Ma era il primo di quei due suoni a spaventarla. Pareva un lupo che, ancora lontano nella notte ma così affamato da impazzire, si stava avvicinando alla sua casa forse per divorarla, come aveva fatto quello in "Cappuccetto Rosso", anche se Demi aveva la sensazione che questo sarebbe stato più cattivo. Sentì lo schianto di qualcosa che cadeva rovinosamente a terra e lo riconobbe come uno stendibiancheria finito al suolo, forse uno di quelli dei vicini. Il vento fece sbattere le imposte che aveva aperto, che si chiusero con un paio di colpi secchi. Le tenne così, senza girare la manopola, e ascoltò. L'ululato adesso era più minaccioso ed il vento si insinuava sotto il minuscolo spazio tra le imposte ed il davanzale, come se avesse voluto entrare. Il cuore di Demi batteva a mille ed il suo respiro era ansimante, sembrava che l’aria non volesse entrare ma che, una volta fatto, faticasse anche ad uscire. Fece un balzo all'indietro, poi chiuse tutto il più in fretta possibile e si rifugiò nella sua stanza. Ma forse quel lupo avrebbe trovato lo stesso il modo di entrare e farle del male, si disse mentre i suoi occhi si sbarravano per l'orrore di quella prospettiva. Era solo una bambina e, come tutti i piccoli, a volte ingigantiva le cose, i suoni, ciò che le capitava, un po' perché si faceva prendere la mano dall'immaginazione e un po' per dare un senso a quel che non capiva. Il pavimento era freddo sotto i suoi piedini nudi, nonostante ci fosse il parquet. I genitori tenevano ancora acceso il riscaldamento, era stato acceso mesi prima perché quell’inverno faceva più freddo del solito quando generalmente la temperatura a Los Angeles era mite. La notte di Natale era anche caduta un po' di neve. Il lupo continuava a provare a venire dentro, anche le imposte sembravano tremare, proprio come lei. Che avessero paura? Si rese anche conto che scricchiolavano.
Magari è lui che cerca di venire dentro!
Questo pensiero le fece stringere le mani a pugno, così forte che le dita parvero lamentarsi per il dolore. Si portò una mano alla bocca e, con uno sforzo non indifferente, trattenne un urlo, provò a regolarizzare il respiro, senza successo. Quello era l’unico rumore, a parte il vento, che si udiva nella stanza.
Finché aveva un po' di forza doveva fare qualcosa. Non voleva mettersi ad gridare, però, o avrebbe spaventato i genitori i quali, una volta saputo come mai aveva tanta paura, forse l'avrebbero sgridata considerandola una cosa di poco conto. Diverse volte l'avevano fatta dormire con loro dopo un incubo, o era venuta la mamma a tenerle compagnia finché non aveva preso sonno, ma ora era diverso. Si trattava solo di vento, in fondo. Si immaginò di non poterne più e tirare un urlo, uno fdi quelli agghiaccianti che si sentono nei film e che ti fanno rabbrividire e avere gli incubi per tutta la notte, sena darti un istante di pace.
Prese la sua decisione e si diresse, a piccoli passi, verso la porta. La aprì e questa cigolò appena. Non accese nemmeno la luce e, trovato il muro alla sua destra, iniziò a seguirlo. Sapeva che la camera di Dallas era quella dopo la sua, mentre la stanza dei genitori si trovava in fondo al passaggio. Avanzò camminando sulle punte, grattò la mano contro la parete e si fece qualche graffio, ma per fortuna non uscì nemmeno una goccia di sangue. Tornò indietro, nel bagno accanto alla camera, a lavarsi con acqua e sapone come la mamma le aveva insegnato e appurò che non c'era bisogno di disinfettare o avrebbe dovuto chiamarla, dato che lei non glielo lasciava fare da sola.
"Uffa, sono grande" si lamentava sempre la piccola e Dianna le rispondeva che prima di diventarlo avrebbe dovuto imparare a fare molte altre cose, come allacciarsi le scarpe, leggere e scrivere, andare a fare la spesa e non solo. Lei si ergeva sulle punte ed esclamava:
"Allora sai cosa? Mangerò sempre cioccolata, la comprerò con le mie paghette e indosserò le ciabatte tutto il giorno."
A quel punto Dianna non resisteva e scoppiava in una risata argentina che solo le figlie, ogni tanto, erano in grado di strapparle.
Ma al momento Demi non riusciva a concentrarsi sugli episodi divertenti della sua vita. Il vento si sentiva anche da lì e, aprendo per un momento la finestra del bagno per curiosità, udì sbattere qualcosa, forse era caduto un altro stendino? Chissà. In realtà una sua vicina aveva appeso ad una tettoia alcune piante di edera e uno dei vasi era finito per terra, spaccandosi e facendo uscire tutto. Demi aveva un udito estremamente fine ed era stata in grado di sentirlo nonostante la distanza. Chiuse di nuovo tutto, quasi si pizzicò con le imposte tanto le mani erano scosse da tremiti incontrollabili. Le ginocchia rischiavano di cederle e corse fino alla camera di Dallas. Allungò la mano ma poi la ritrasse, indecisa. Le sarebbe bastato spingere la porta, non era nemmeno necessario abbassare la maniglia. E se la sorella si fosse arrabbiata e l'avesse mandata via? Ma Dallas, seduta sul letto a leggere un libro per bambini che aveva preso alla biblioteca della scuola, aveva riconosciuto il passo della sorellina. Mise il libro nella libreria, si avvicinò alla porta e la aprì.
"Entra, Demi" mormorò.
L'altra le sorrise appena, ma fu un sorriso tirato che non le arrivò agli occhi.
"H-ho paura" balbettò. “Tanta, tantissima!”
Dallas accese la luce e la guardò negli occhi, mentre chiudeva la porta. Non vide il terrore dei momenti in cui Patrick aveva fatto ciò che aveva fatto alla mamma o le aveva terrorizzate. Si trattava di qualcosa di diverso, più leggera forse ma altrettanto difficile da affrontare. Un incubo, forse?
"Cosa ti fa paura?" le domandò, pensando che la bambina si sarebbe sentita meglio se l'avesse detto ad alta voce.
"Il… il vento forte."
Lo disse con una vocina flebile che la fece sembrare più piccola di  quel che era. Le sue gambe furono attraversate da una scossa improvvisa e, se la sorella non l'avesse tenuta per il braccio, Demetria sarebbe di sicuro caduta a terra.
"Vieni, siediti sul letto."
La piccina non la ringraziò, non annuì, non fece né disse niente. Non la guardava, si limitava a fissare il vuoto e, ogni tanto, lanciava occhiate preoccupate alla finestra.
"Io ho paura del temporale, dei tuoni" riprese la più grande. "Ma sono solo questo, non fanno niente di male. Non sono mostri e, quando li sento, cerco invece di concentrarmi sulla pioggia perché mi calma e mi rilassa."
"Ma il vento non è un mostro" sussurrò Demi con un filo di voce, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. "È un lupo, un lupo tanto cattivo! Sta cercando di entrare. Per ora non ci riesce, ma io so che lo farà, lo so."
Dallas provò pena per lei. Era brutto avere così tanta paura di qualcosa, lo sapeva benissimo. Ricordava quanti pianti aveva fatto, tra le braccia dei genitori, perché temeva il temporale e solo grazie a loro da piccola alla fine si era resa conto che non c'era nulla di cui preoccuparsi. Demi, però, era venuta da lei per trovare conforto e la bambina era decisa a darglielo. Aveva solo otto anni - ne avrebbe compiuti nove tre giorni dopo, il 4 febbraio - ma prendeva molto sul serio il suo ruolo di sorella maggiore.
"Hai ragione, a sentirlo fa leggermente impressione" ammise, benché non ne fosse mai stata molto spaventata. "Anch'io ho paura, sai? Tutti siamo terrorizzati da qualcosa chi più, chi meno e non importa ciò che diranno gli altri, se proviamo questo non c'è niente di male, capisci? Non è sbagliato avere paura, è normale. È giusto. È umano."
"Dici?"
Demi pensava che il suo fosse un timore stupido, che sarebbe stata presa in giro e invece ora Dallas le stava dicendo il contrario. E poi, come aveva fatto a credere che la sorella si sarebbe presa gioco di lei? Si sentì malissimo e si portò una mano al petto per cercare di scacciare il peso che le gravava sul cuore. Era ancora troppo piccola per capire che si trattava del senso di colpa, non riusciva a descrivere molto le proprie emozioni. Sapeva solo che non stava bene.
"Certo, ne sono convintissima! Vuoi venire nel mio letto?"
"Sì, grazie."
Ma anche sotto le coperte, pur tenendo la mano di Dallas, Demetria continuava a sentire quell'ululato che le faceva gelare il sangue, il cuore e l'anima ogni volta. Aveva freddo nonostante il calore della lana e della sorella e seguitò a girarsi e muoversi per minuti interi, non riuscendo a trovare mai una posizione comoda. Mise anche la testa sotto le coperte o il cuscino, ma non funzionò.
"Non ci riesci proprio, eh? Nemmeno se ti leggo un po' del mio libro?"
"Non lo so."
Demi ringraziò mentalmente la sorella che la stava aiutando in ogni modo possibile, ma nemmeno sentire la sua voce che leggeva quella storia tanto intrigante la distrasse.
"Come faccio a non avere paura?" domandò. "Io non voglio."
Se il vento fosse entrato avrebbe cominciato ad inseguirla per tutta la casa, poi si sarebbe trasformato in un vero lupo e avrebbe preso a cacciarla. Allora lei si sarebbe nascosta da qualche parte ma lui, seguendo il suo odore, l'avrebbe trovata e azzannata, affondando i denti nella sua carne. Demi non riusciva ad immaginare il dolore che avrebbe provato, né quello che sarebbe successo dopo. Si figurava però il sangue. Tanto sangue. Parlò con la sorella di tutto questo e Dallas le prese entrambe le mani.
"Demi, ascoltami. So che sei ancora una bambina, ma non succederà niente, okay? Puoi credermi. Intanto, i lupi non attaccano gli uomini se questi non danno loro fastidio. E il vento non è una cosa materiale, non è un essere vivente, non si trasformerà mai in un lupo cattivo e non ti inseguirà né ti farà del male, te lo posso assicurare. Parola di sorella."
"Ma allora perché è così forte?"
Dallas rifletté per un momento.
"Perché, almeno credo, sta portando le nuvole cariche di pioggia e gli ci vuole forza per farlo, dato che sono molto pesanti e deve spingerle. È come quando la mamma lo fa con un carretto pieno di spesa, hai presente? Anche lei si deve sforzare tanto."
Demi annuì.
"Quindi non è cattivo? Nemmeno se piega i rami delle piante o fa cadere le cose?"
"No, il vento non è né buono né cattivo, così come non lo sono tutti gli elementi naturali. Accadono e basta, siamo noi a vederli in un certo modo nelle diverse situazioni."
Sperò che non fosse una frase troppo difficile per una bambina della sua età, ma quando le chiese se aveva capito Demetria annuì e sorrise, stavolta per davvero.
“Quindi fuori non c’è un tornado?”
“No, non è così terribile. I tornado distruggono tutto, questo è solo vento forte.”
E spesso uccidono le persone pensò Dallas, ma non lo disse per non metterle ancora più paura.
Doveva darle una mano, non farla sentire peggio.
Demi rilassò i muscoli ed iniziò a respirare con più calma, anche se ancora non abbassava la guardia ed osservava la finestra e aguzzava l’udito.
"Insegnami a non averne paura, per favore."
"Devo aprire la finestra. Posso? Te la senti? Ti prometto che non accadrà nulla" la rassicurò con dolcezza, "e ti terrò le mani tutto il tempo. Se dovesse succedere qualcosa, ma non sarà così, ti proteggerò."
“Giuramelo.”
La piccina la guardava seria, con i suoi occhi castani e profondi.
“Lo giuro.”
Le strinse la mano per suggellare quanto aveva appena detto.
Demetria riprese a tremare, ma si fidava di sua sorella così fece un lievissimo cenno d'assenso.
"Avvicinati" le ordinò Dallas parlando sempre in tono gentile, poi spalancò finestre e imposte. La sua camera era in una posizione diversa rispetto a quella della sorella minore, per cui il vento pur soffiando forte non faceva chiudere i balconi. "Ora ascoltalo."
Ma Demi non sentiva niente, a parte quel "Uuuuuuuh" del lupo che ormai stava diventando un'ossessione. Il vento inondò la stanza, se così si poteva dire, raffreddandola quasi subito. Entrambe furono attraversate da un brivido.
"Ulula e basta. Ti prego Dallas, chiudiamo!" supplicò.
Il respiro era tornato ansante come prima ed un sudore freddo le colava giù per le guance e la schiena. Ma la bambina sembrava comunque più tranquilla, con un grande sforzo riusciva a controllare un po’ la respirazione e la maggiore, divisa tra il desiderio di proteggerla e che superasse quel suo timore, decise di non farlo e di andare avanti.
"Non ulula soltanto. Ascolta meglio. Senti il fruscio delle foglie mentre si insinua in mezzo ad esse e le muove?"
Negò, ma poi si mise ad ascoltare con più attenzione. All'inizio non sentì niente, ma poi lo udì. Sotto l'ululato, più forte adesso rispetto a prima, c'era un altro rumore, un fruscio. Il vento sembrava una grande mano che, con un po' di violenza o forse soltanto in velocità, passava tra le foglie provocando quel suono di sicuro più dolce del precedente.
"Sì, lo sento!" esclamò, sorpresa di non essersene accorta prima.
"E quest'altro? Ci sono delle gocce di pioggia trasportate dal vento che finiscono a terra e addosso a noi, le senti?"
L'acqua produceva un rumore diverso grazie al vento, sembrava un'onda che si alzava e si abbatteva al suolo o contro di loro o altri oggetti. Un'onda, ma senza che fossero un lago o un mare a produrla, e fatta di tante piccole goccioline fresche che, con quella sorta di ticchettio, creavano una musica delicata e rilassante.
"Sì."
"Visto?” Il sorriso di Dallas si allargò. “Anche se il vento è forte, può essere molto bello sentire certi suoni che produce con gli elementi della natura."
"Quindi è come se ha una voce e, quando va dalle foglie, l'erba, la pioggia o altre cose, parla loro e insieme fanno quei rumori!"
Dallas sorrise sia per l'interpretazione che trovava molto bella, sia per tutti gli sbagli che la bambina aveva appena fatto.
Ora che, grazie alla sorella, vedeva il vento in maniera diversa, Demi era affascinata. Le si stampò sul volto un sorriso genuino e rimase ad ascoltare quei rumori e anche altri dei quali si rese conto, esclamando per attirare l'attenzione di Dallas.
“Chiudiamo, Demetria, o ci bagneremo troppo e ci ammaleremo.”
“Grazie, Dallas” mormorò la bambina.
“Figurati, sei stata tu ad essere coraggiosa.”
“Coraggiosa? Perché?”
“Perché hai superato la tua paura.”
Demi lo realizzò solo allora e capì che era una cosa molto importante. Il giorno dopo l’avrebbe raccontato a Eddie e alla mamma.
Quando si rimise con Dallas sotto le coperte, la piccola si sentiva meglio e sorrise ancora. L'altra fece lo stesso, felice di aver aiutato Demi a superare la sua paura anche se, alla fine, era stata lei stessa a fare il grosso del lavoro. Ciò non significava che il vento non le avrebbe più provocato nessuna emozione negativa, perché quando è forte può terrorizzare anche da grandi, ma per il momento lo spavento era passato. Prima di chiudere gli occhi, Demi pensò che il vento può anche far paura ed essere un nemico, ma se lo si ascolta bene è in grado di riservare molte sorprese e stupire con la sua voce a volte più forte, altre più debole, in certi casi acuta, in altri più grave. Lei non aveva capito una parola di ciò che diceva, ma unito alle foglie o alla pioggia quel suo modo strano di parlare si trasformava in una voce meravigliosa e piena di sfumature.
 
 
 
NOTE:
1. questa storia è ambientata a Los Angeles. Demi ha vissuto in Texas per molto tempo ma io l'ho saputo dopo aver iniziato a scrivere, così ho tenuto quest'ambientazione.
2. Ho sempre pensato che fosse stata Dianna a cacciare Patrick e che poi fosse rimasta nella casa dove aveva vissuto con lui, com'è in questa storia. Eddie, in seguito, sarebbe venuto a vivere da loro. Leggendo il memoir della donna, "Falling With Wings: A Mother's Story", ho scoperto che era stata lei ad andarsene e che, in seguito, si era trasferita da Eddie. Anche qui, dato che avevo scritto questa cosa in altri racconti, ho tenuto tale versione. Nel libro Dianna spiega che il marito beveva, si drogava e le faceva violenza fisica e psicologica, anche se non è sempre stato così durante il matrimonio. Ho immaginato che Demi avesse tre anni quando il papà se n’è andato, in realtà poi ho letto nel libro che aveva diciotto mesi, in ogni caso ho continuato con ciò che avevo pensato.
3. Buddy è inventato. L'abbiamo creato io e la mia amica Emmastory scrivendo a quattro mani la storia "Cronaca di un felice Natale", in cui Demi lo riceve il 25 dicembre quando ha cinque anni. Sempre dal libro ho scoperto che aveva un Cocker Spaniel, ma era nero - non bianco come Buddy - e si chiamava Trump. Il cane di questa storia non c'entra niente, quindi, con quello che Demi ha avuto da più grande nella realtà.
4. È vero, difficilmente i lupi attaccano l’uomo se questi non fa loro niente.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Demi Lovato / Vai alla pagina dell'autore: crazy lion