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Autore: fantaysytrash    30/03/2020    1 recensioni
[Octavian!Centric | Octavian/OC | Introspettivo/Slice of Life | Missing Moment | Eroi dell’Olimpo: Il Figlio di Nettuno]
Un’introspezione sul passato di Octavian e di come sia arrivato a essere la persona che tutti conoscono.
Dal testo:
“Anche se Octavian si rifiutava di ammetterlo, aveva preso in simpatia – molto segretamente, che fosse chiaro – quell’impiastro del nuovo arrivato. Probabilmente perché, non appena l’aveva visto ai suoi primi ludi di guerra, era tornato indietro nel tempo, a quando aveva undici anni, la prima volta che aveva varcato la soglia del Campo Giove.”
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Octavian
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’Autrice

Solitamente non sono una grande fan degli OC, specialmente quando accoppiati con personaggi canonici, ma devo ammettere di essermi divertita molto a crearne una e a farla interagire con i protagonisti.

Octavian è probabilmente uno dei personaggi più odiati della saga, eppure a me ha fatto impazzire sin dalla prima scena in cui sgozza orsetti di peluche. Adorabile.

Quindi ora ve lo sorbite anche voi in questa storia; spero vi piaccia!

Federica ♛

 

 

Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia – eccetto Amelia Harris – non appartengono a me, bensì a Rick Riordan. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, ma solo per puro divertimento.

 

 

 

 

OF GREEKS & BRATS

 

“Io spero che mio padre sia Apollo, ma non lo so. Non me la cavo molto bene con la poesia. E non sono tanto sicuro di volere una parentela con Octavian.”

— Eroi dell’Olimpo: Il Figlio di Nettuno


Octavian inspirò profondamente, tentando di mantenere la calma. Se si fosse alzato dal tavolo del pretore e si fosse diretto verso la misera tavolata della Quinta Coorte, avrebbe sicuramente preso a pugni la brutta faccia che Frank Zhang si ritrovava. Chi si credeva di essere per dire certe cose? Lui, che a malapena sapeva reggersi in piedi senza l’ausilio di un bastone!

Strinse i pugni fino a farsi sbiancare le nocche; non sopportava quando parlavano male di lui senza nemmeno conoscerlo. Certo, forse non era sempre stato amichevole nei confronti degli altri semidei, ma possibile che nessuno di loro si fosse mai chiesto la ragione?

“Lascia perdere.” Octavian non si voltò nemmeno; sapeva a chi apparteneva quella voce. Amelia Harris se ne stava tranquillamente seduta al suo posto, sorseggiando un calice di succo d’arancia. Non sembrava interessata né infastidita dalle chiacchiere di Don e Vitellio sui ludi di guerra che si sarebbero tenuti quella sera.

I capelli castani le ricadevano dolcemente sulle sue spalle, mentre mangiava senza troppo entusiasmo il suo pollo. Il suo sguardo cristallino seguì quello di Octavian, per poi posarsi sul tavolo della Quinta Coorte, dove ormai erano rimasti solo in tre. Hazel Levesque, Frank Zhang e... Percy Jackson.

“Come darti torto,” stava dicendo proprio in quel momento. Perfetto, pensò Octavian, ora ci si mette anche quel petulante figlio di Poseidone. Perché Octavian lo sapeva: quel tipo non poteva discendere dai romani. No, si rifiutava categoricamente di ammetterlo. Avendo vissuto con Amelia, sapeva distinguere un greco da un romano. Okay, forse aveva fatto cilecca perfino con lei inizialmente, ma poi tutto era divenuto chiaro. E lo stesso era per Percy.

“Ho una gran voglia di spaccargli la faccia,” sussurrò a denti stretti. Non sapeva bene nemmeno lui a chi si stava riferendo. A Percy? Non si sarebbe ritrovato sorpreso. A Hazel? No, poi non avrebbe più potuto minacciarla per ottenere il suo voto alle elezioni. A Frank? Forse, ma... c’era dell’altro.

Anche se Octavian si rifiutava di ammetterlo, aveva preso in simpatia – molto segretamente, che fosse chiaro – quell’impiastro del nuovo arrivato. Probabilmente perché, non appena l’aveva visto ai suoi primi ludi di guerra, era tornato indietro nel tempo, a quando aveva undici anni, la prima volta che aveva varcato la soglia del Campo Giove.

Octavian lo ricordava bene. Era, se possibile, ancora più gracile e magrolino di com’era ora, e sospettava fosse questa la ragione per cui tutti lo prendevano in giro. Lo escludevano, parlavano male di lui, alzando la voce quando si trovava nei paraggi, giusto per fargli sapere tutto il loro disgusto nei suoi confronti. A volte lo picchiavano pure, senza nemmeno avere la decenza di nascondersi. Nessuno li fermava, nemmeno i due pretori di allora.

Octavian aveva cercato di cambiare, di diventare più forte, ma tutti i suoi sforzi si erano rivelati vani: gli altri semidei continuavano a ignorarlo. Una volta, a tredici anni, il ragazzo si era fatto coraggio ed era andato chiedere a Robbie, figlio di Venere, il motivo per cui tutti lo evitavano.

Quello aveva alzato un sopracciglio, prima di rispondere: “Non hai l’aspetto di un guerriero; sembri un piantagrane. Ci hai messo secoli prima di imparare a combattere... e non sei neppure un semidio.”

“Ma la mia famiglia viene qui da generazioni,” aveva ribattuto Octavian. Era vero, naturalmente, ma i suoi antenati non erano come lui. Loro si erano meritati il rispetto con diverse azioni coraggiose ed eroiche. E il fatto che sua madre l’avesse praticamente cacciato di casa perché non lo reputava abbastanza degno di essere suo figlio non aiutava di certo.

Tutto era cambiato circa un anno dopo, quando al campo era arrivata Reyna. Aveva da subito mostrato il suo coraggio e presto era diventata pretore. E con il suo nuovo potere aveva posto fine alle barbarie contro Octavian. E lui la odiava per questo. Non aveva certo bisogno di una stupida ragazzina.

Poi era stato riconosciuto da Apollo come suo legittimo discendente e, per volontà del dio, era diventato il nuovo augure del Campo. Con il tempo avevano tutti imparato a portargli rispetto, mentre Octavian aveva cominciato a trattarli male. Che soffrissero loro, per una volta.

Il suo mondo era stato nuovamente stravolto dall’arrivo di Amelia. Aveva solo quattordici anni, ma combatteva meglio di più di metà Campo. I suoi occhi color smeraldo mandavano scintille ogni volta che impugnava una lancia o un coltello, e molti semidei avevano mostrato interesse nei suoi confronti. Octavian provò una piccola soddisfazione quando Amelia li snobbò tutti molto apertamente. E non poté mascherare una nota di sorpresa, vedendola interessata a lui.

Poi scoprì le sue vere origini. E ne rimase pressoché scioccato. Insomma, come poteva essere... greca? Ricordava bene la lite che ne era seguita. Lui pensava fosse una nemica, e lei non riusciva a credere che lui l’avesse scoperto. Inizialmente Octavian aveva usato quel piccolo segreto per ricattare Amelia, ma la strategia si era rivelata quasi subito un fallimento.

“Dillo pure a chi ti pare,” gli aveva detto la mora. “Non m’importa, davvero. I figli di Merc... di Ermes non seguono regole che non siano le proprie. E, considerato che ho la fortuna di avere un gran bel cervello, non cederò certo ai tuoi ricatti da quattro soldi.”

Nei mesi successivi, Octavian aveva passato molto tempo alle costole di Amelia, per controllarla e assicurarsi che non fosse un nemico. E aveva finito per affezionarcisi. Era l’unica che era stata sincera con lui fin dall’inizio, senza peli sulla lingua.

“Ti va di fare un patto?” le aveva chiesto una volta.

Amelia aveva alzato lo sguardo dal libro che stava leggendo con fare piuttosto scocciato.

“Che tipo di patto?” aveva chiesto poi, simulando indifferenza.

Ed era così che avevano dato inizio alla loro precaria amicizia; lei non sarebbe stata obbligata a dire nulla sulla sua vita precedente al Campo Giove e lui avrebbe potuto chiamarla in qualsiasi momento per un consulto, un aiuto o semplicemente un po’ di compagnia. Era stupido a dirsi, ma aveva aiutato Octavian più di qualunque altra cosa.

Da allora erano diventati quasi amici. Poi amici veri e propri. Poi si erano ritrovati nello stesso letto più volte di quanto Octavian avrebbe voluto ammettere. Poi pseudo-fidanzati. Al momento erano un misto tra le varie categorie. E la cosa stava bene a entrambi.


Il diciottenne venne riportato alla realtà dalla voce di Reyna che annunciava l’inizio dei ludi di guerra.

“Andiamo, Oct, facciamo vedere a quei novellini chi comanda.”

Octavian non poté fare a meno di sorridere, vedendo la determinazione di Amelia; quella ragazza era una continua scoperta.

Sfoderò il pugnale d’oro imperiale e si diresse a passo lento verso il Campo Marzio, mano nella mano con la sua collega Centurione.

La Prima Coorte avrebbe sbaragliato tutti, dal primo all’ultimo. E, mentre osservava Percy e Frank complottare quasi sull’orlo della disperazione, gli si stampò in faccia il solito ghigno beffardo, come a voler sfidare chiunque fosse pronto a sostenere il contrario.

   
 
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