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Autore: Miharu_phos    31/03/2020    0 recensioni
[Goufubu]
La vita di Shawn è un vero disastro, ma Axel riuscirà a ridonargli la serenità.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel/Shuuya, Hayden Frost/Atsuya Fubuki, Shawn/Shirou
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Duske aveva solo cinque anni quando per la prima volta sentì parlare della morte.

 

Heath, l'amichetto con il quale passava le giornate a giocare in asilo, un giorno tutto ad un tratto svenne; fu portato via sotto gli occhi sconvolti di tutti i compagni, su di una barella, e non tornò più.

 

Duske provò a chiedere di lui alle maestre nei giorni a seguire ma gli venne spiegato, seppur con un tono dolce e dispiaciuto, che il suo migliore amico non sarebbe più tornato, perché presto sarebbe volato in cielo.

 

"Perché?" Si domandava il piccolo Duske "si divertiva così tanto a giocare insieme a me. Perché adesso vuole andare lassù?"

 

Provò a porre queste domande a suo padre, un affascinante imprenditore di nome Axel Blaze, divorziato, snob, e donnaiolo sempre pronto ad una nuova avventura.

 

Axel non aveva mai conosciuto il dolore nella sua vita, se non in rare e brevi occasioni; eppure quando il suo bambino, che vedeva soltanto per tre giorni a settimana, gli pose quella domanda, all'improvviso sentì tutto il peso della sua responsabilità di padre cadergli sulle spalle, e per la prima volta si sentì triste, inutile, inadeguato.

 

"Come faccio a spiegarglielo?" Si domandava, osservando i profondi occhioni azzurri con i quali il piccolino lo guardava, impaziente di ottenere una risposta.

 

Axel telefonò all'asilo per informarsi sulla situazione del povero Heath.

 

Venne indirizzato all'ospedale nel quale lo avevano ricoverato, aspettando che passasse a miglior vita mentre gli venivano dedicate le cure necessarie affinché soffrisse il meno possibile.

 

Aveva un'infezione cerebrale e ormai gli mancava veramente poco da vivere.

 

Quel che però colpì più di ogni altra cosa Axel, fu scoprire che il piccolo di cognome faceva Froste; come Shawn Froste, il suo vecchio compagno di squadra, quando a quattordici anni aveva la fissa per il pallone da calcio.

 

Si convinse che fosse soltanto una coincidenza, e mentre percorreva il lungo corridoio con il piccolo Duske in braccio, impaziente di rincontrare il suo amico, sentiva dentro di sé un cattivo presentimento.

 

Lo riconobbe subito; stava appoggiato alla vetrata in fondo al corridoio e piangeva in silenzio, con il capo chino.

 

Axel non seppe come reagire, forse per la prima volta nella sua vita; Shawn e tutto quello che lo riguardava, per lui, fu il convergere unico di tante prime volte.

 

-Shawn...sei tu allora...- mormorò con incertezza alle sue spalle, mentre il bambino gli scalpitava sulle ginocchia con i piedini per essere portato dall'amico al più presto.

 

Il ragazzo si voltò, incuriosito da quella voce; aveva visto così tante facce negli ultimi giorni, ascoltato così tante voci, che ormai nella sua mentre regnava soltanto la confusione.

 

Ma quel viso accompagnato a quel suono melodioso e inconfondibile, sembrò tutto ad un tratto ripristinare l'ordine nella sua testa.

 

-Axel...-

 

Il biondo si avvicinò al suo vecchio amico, appoggiandogli affettuosamente una mano sulla schiena.

 

-Mi dispiace tantissimo. Non sapevo che si trattasse di te, sarei venuto subito se-

 

-Che differenza avrebbe fatto? Sta morendo. Ed io non posso fare niente per aiutarlo- aveva risposto Shawn quasi in modo spietato.

 

Aveva dovuto adattarsi velocemente ad una realtà cruda e dolorosa nella quale non c'era stato spazio per le mezze parole, per le omissioni; suo figlio era in fin di vita e da un momento all'altro la brutta notizia sarebbe potuta arrivare, senza preavviso.

 

-Non si può fare proprio niente?- 

 

Axel provò a chiederlo, ma Shawn non gli rispose.

 

Cosa avrebbe dovuto dirgli? Che non aveva un centesimo per aiutare suo figlio? Che fin da subito aveva dovuto accettare quella perdita imminente solo perché il mondo era un posto ingiusto in cui le classi più disagiate devono soccombere?

 

La famiglia di Shawn era sul lastrico; aveva perso i genitori da tempo, aveva tre figli a carico e per di più era anche vedovo, proprio per amore di Heath, se così si poteva dire.

 

Sua moglie, una bellissima ragazza dai capelli di un blu intenso, aveva dovuto scegliere fra la propria vita e quella del nascituro al momento del parto; ma sacrificarsi non era bastato, perché anche il povero Heath al quale lei aveva donato la sua vita, si sarebbe presto spento come lei, per raggiungerla.  

 

Raccontò tutte queste cose al suo vecchio amico, quasi con rassegnazione.

 

Sarebbe stata l'ennesima perdita per lui e per i suoi altri due bambini, ma certamente sarebbe stata la più dolorosa.

 

Aiden, il maggiore dei tre, andò a chiamare il padre correndo.

 

Aveva soltanto undici anni ed aveva già sperimentato alcune fra le esperienze più dolorose della vita, ma nonostante ciò riusciva sempre ad essere fonte di conforto per il suo povero padre, ormai stremato dalla sofferenza.

 

-Papà, Njord non la smette di piangere, ti prego vieni- mormorò il ragazzino tirandogli la manica, per poi portare il suo sguardo scontroso sul biondo che nel frattempo aveva messo per terra il piccolo Duske.

 

-E tu chi sei?! Lascia in pace mio padre- gli aveva detto arrabbiato, provocando una smorfia di fastidio nel piccolo che per dispetto gli aveva tirato un calcio per nulla violento sullo stinco.

 

-Maledetto nanerottolo- aveva commentato Aiden, per poi tirare verso di sé il padre che aveva soffiato verso Axel delle deboli scuse per il comportamento del figlio.

 

Il biondo si era permesso di seguirli fino in camera del ragazzino, dove il piccolo Heath giaceva addormentato nel letto.

 

Njord, il mezzano, si era attaccato alle braccia del padre ed aveva cominciato a blaterare cose sconclusionate nel pianto.

 

Shawn aveva rivolto un veloce sguardo ad Axel quasi per scusarsi della scenata, e quest'ultimo lo aveva guardato con occhi rassicuranti, seppur pieni di dispiacere.

 

Duske non riusciva a capire, il suo amico stava benissimo, pensava, aveva soltanto molto sonno; non c'era nulla di cui preoccuparsi.

 

E Axel, all'insaputa di Shawn, decise dentro di sé di tentare il possibile pur di salvare quella vita innocente.

 

Venne a saperlo soltanto parecchie settimane dopo; quando il bambino aveva ricominciato a parlare e muovere i muscoli.

 

Axel aveva richiesto che la costosa terapia della quale Heath necessitava, gli venisse somministrata senza informare il padre dell'identità del benefattore.

 

Shawn era stato felicissimo di sapere che qualcuno avesse donato all'ospedale i fondi necessari per curare suo figlio; ma mai avrebbe immaginato che potesse trattarsi proprio di Axel.

 

Nonostante il suo tentativo di mantenere l'anonimato infatti, la sua identità era venuta allo scoperto, perché non appena Shawn aveva potuto riportare il bambino a casa sano e salvo, dopo settimane di terapia, aveva voluto sapere a tutti i costi chi fosse stato a finanziare le cure.

 

Si era presentato a casa sua di corsa, per venire accolto da un elegante maggiordomo che lo aveva fatto aspettare per almeno mezz'ora.

 

Shawn controllava l'orario, doveva andare a lavoro e non poteva permettersi nemmeno un minuto di ritardo, perciò quando Axel finalmente gli concesse la grazia di farsi vivo dovette spiegargli in fretta e furia che gli avrebbe restituito tutto quanto fino all'ultimo centesimo, anche se avesse dovuto continuare a fare i doppi turni a lavoro per il resto della vita.

 

Il biondo lo aveva abbracciato.

 

Lo aveva stretto a se lasciando interdetto l'amico che, come se fosse stato colto tutto ad un tratto da un'angoscia straziante, era scoppiato a piangere fra le sue braccia.

 

-Ehi, perché stai piangendo ora? È andato tutto per il meglio, hai visto? E non c'è alcun bisogno di restituirmi nulla, l'ho fatto di cuore per un mio vecchio e caro amico- aveva spiegato soltanto Axel senza troppe cerimonie.

 

-Non avresti dovuto Axel, non è giusto. Non era un tuo problema, era mio- aveva detto Shawn nel pianto.

 

Axel gli aveva accarezzato la schiena e aveva riso.

 

Shawn era rimasto il solito ragazzo dolce e umile che lui ricordava.

 

-Soprattutto dopo il modo in cui ti ho trattato. Non lo meritavo, sei stato troppo buono. Ti restituirò tutto te lo prometto-

 

-No Shawn, non voglio- lo aveva interrotto il biondo prendendogli il viso fra le mani -è stato un regalo, ti prego accettalo. Non voglio assolutamente che tu mi restituisca nulla, come vedi a me i soldi non mancano e se posso fare una buona azione la faccio volentieri, soprattutto se è per aiutare una persona cara come te-

 

Shawn lo aveva guardato pieno di vergogna, incapace di mettere a tacere il profondo senso di colpa ma soprattutto di debito che ormai sentiva nei suoi confronti.

 

Per Axel il denaro poteva non contare moltissimo, ma per Shawn era sempre stato motivo di ansia, sopratutto da quando i suoi genitori erano venuti a mancare.

 

-Non capisco perché tu lo abbia fatto Axel, non ci vediamo da anni. E poi sei sempre stato tu a sostenere me da ragazzini, vorrei poter rimediare a tutto il bene che mi hai sempre fatto- aveva spiegato Shawn.

 

Axel aveva scosso la testa e lo aveva guardato dritto negli occhi, mentre gli stringeva calorosamente le mani.

 

-Se vuoi sdebitarti vieni a cena con me. Mi farebbe tanto piacere passare una serata insieme- aveva detto stupendo l'altro, che lo guardava confuso.

 

-Non sarà mai lo stesso...- 

 

-Per me sarà abbastanza- lo aveva interrotto Axel speranzoso -allora, accetti? Per favore-

 

-Accetto volentieri- aveva sorriso fra le lacrime Shawn -ma non pensare che questo basti per farmi sdebitare verso di te-

 

-Voglio solo che torniamo ad essere amici. Mi pento così tanto per averti perso, forse se io in tutti questi anni ti fossi rimasto vicino...-

 

Shawn aveva scosso la testa; un amico in più non avrebbe fatto la differenza in tutte le situazioni tragiche che aveva dovuto affrontare, ma riprendere i contatti con Axel avrebbe senza dubbio significato avere una spalla in più su cui piangere; e negli ultimi tempi era proprio quello di cui Shawn aveva bisogno.

 

-Non abbiamo mai smesso di essere amici per quel che mi riguarda, Ax. Ci sarò sempre per te, per quel che può servire- aveva mormorato tristemente.

 

Axel lo aveva abbracciato, poi lo aveva lasciato andare a lavoro; era così felice di aver ritrovato una persona speciale come lo era stato Shawn, che non vedeva l'ora di trascorrere di nuovo del tempo con lui.

 

Gli trasmetteva una certa nostalgia piacevole, ed in qualche modo lo faceva sentire di nuovo responsabile, come ormai non si sentiva da tempo; dire che dopo il divorzio si era dato alla pazza gioia in ambito amoroso era dire poco.

 

Eppure Shawn soltanto con uno sguardo aveva frenato tutto questo, instillando in lui per la prima volta il desiderio di calore, affetto, il sogno di avere una famiglia.

 

Forse era stato vedere l'amore per i suoi tre bambini, cresciuti nell'umiltà ma nell'amore; o forse era stato proprio Shawn, con i suoi occhi tristi e sconfitti a far nascere in lui l'istinto di protezione, una voglia impellente di curarlo e affievolire i suoi tormenti.

 

La cena andò benissimo; chiacchierarono a lungo ricordando i vecchi tempi e mangiarono bene, in uno dei ristoranti di lusso in cui Axel di solito portava le sue conquiste.

 

Era la prima volta che ci portava un uomo; e fu anche la prima volta in cui cominciò a sentire verso un maschio la stessa attrazione che di solito provava per le donne.

 

Shawn per lui significò tante prime volte, lo abbiano detto; e tra queste certamente ci fu il suo primo bacio con una persona dello stesso sesso.

 

-Axel...io...io non sono omosessuale- gli aveva detto Shawn staccandosi dal bacio che il biondo gli aveva dato in macchina, sotto casa Froste, prima che il ragazzo potesse scendere dall'auto.

 

Axel si era voltato imbarazzato, poi aveva portato una mano alla fronte ed aveva imprecato.

 

-Cazzo Shawn, perdonami, non so cosa mi sia preso. Non sono omosessuale neanch'io- aveva spiegato in preda alla vergogna più profonda.

 

Shawn aveva sorriso, poi si era voltato verso l'amico e gli aveva toccato una mano.

 

-Allora va bene così. Non è niente, può capitare. Grazie per la bella serata- aveva detto per rassicurarlo, poi lo aveva abbracciato forte ed Axel aveva sentito dentro di sé qualcosa di strano, qualcosa che non riuscì a capire al momento.

 

-Ci rivediamo domani?- gli aveva chiesto speranzoso e Shawn aveva annuito, per poi baciarlo affettuosamente sulla guancia.

 

E così era ricominciata la loro amicizia.

 

In modo sereno, tranquillo, portando allegria nelle vite di entrambi.

 

I bambini cominciarono ad affezionarsi a Duske e presto tutti e quattro cominciarono a trascorrere insieme i pomeriggi, ogni volta in cui Axel aveva i giorni di affidamento del figlio.

 

Aiden da bravo fratello maggiore badava a tutti, nonostante avesse soltanto undici anni; ed Axel ad insaputa di Shawn gli regalava di tanto in tanto qualche banconota per ringraziarlo, tanto che ormai fra i due si era creata una certa intesa.

 

L'intesa però si spezzò quando Aiden, al ritorno da scuola, sorprese i due amici nello stesso letto, nudi e abbracciati.

 

Non era stata una cosa programmata da nessuno dei due; era successo e basta.

 

Axel era andato da Shawn come faceva ormai ogni giorno e mentre preparavano il pranzo aspettando Aiden, avevano cominciato a baciarsi.

 

Era stato incontrollato poi quello che era successo dopo.

 

Axel si era scusato, Shawn era arrossito; ma poi lo avevano rifatto, in silenzio, almeno altre tre volte, senza più commentare.

 

Le mani di Axel erano andate a stringersi sui fianchi di Shawn che per la prima volta dopo anni si era sentito di nuovo vivo.

 

Lo aveva spogliato, in silenzio, lo aveva abbracciato ed accarezzato, si era preso cura di lui.

 

E Shawn gli si era abbandonato con così tanta naturalezza da stupire anche se stesso, come se fosse praticamente nato per fare l'amore con Axel.

 

E lui fu così dolce, premuroso, delicato.

 

Fu la prima volta per entrambi, nessuno dei due era mai stato con un uomo prima di allora.

 

Eppure fu così spontaneo che a tutti e due sembrò di aver aspettato quel momento da chissà quanto tempo.

 

Aiden era scappato via piangendo.

 

Era sconvolto, non riusciva a capire.

 

Suo padre a letto con un uomo? E perché? Era forse impazzito?

 

Shawn si era rivestito in fretta per corrergli dietro, Axel si era sentito un mostro.

 

-Hai dimenticato la mamma!- lo aveva accusato il ragazzino, prendendolo a pugni sul petto una volta che Shawn fu riuscito a riprenderlo.

 

Lo aveva abbracciato forte, lo aveva fatto piangere fra le sue braccia e gli aveva assicurato che no, non l'aveva dimenticata, perché la madre sarebbe stata per sempre il suo unico grande amore, perché gli aveva donato tre fra i più preziosi regali che la vita avesse mai potuto fargli.

 

Aiden lo aveva odiato, aveva anche insultato Axel con tutta la voce che aveva in gola, lo aveva cacciato via; e quando Shawn gli aveva chiesto di andarsene lui si era rifiutato.

 

-Smettila- aveva detto offeso, rimproverando il ragazzino che piagnucolava fra le braccia del padre come un neonato -tuo padre ha il diritto di essere felice, ha il diritto di amare di nuovo! Solo perché la mamma è morta non vuol dire che il suo cuore abbia smesso di funzionare, non vuol dire che lui non si senta solo! E si, se vuoi me ne vado, vado via anche adesso. Ma tu non azzardarti a rimproverare tuo padre solo perché per un momento ha messo da parte i suoi doveri ed ha pensato un pochino a se stesso!-

 

Aiden lo aveva guardato incredulo, restando fermo per qualche secondo.

 

Poi gli era saltato addosso per prenderlo a pugni sul viso, sotto gli occhi sconvolti di Shawn.

 

-Ti prego perdonalo...è molto possessivo- aveva spiegato più tardi mentre medicava il viso tumefatto di Axel.

 

Aiden stava raggomitolato sul divano e fissava i due con due occhiacci infuriati.

 

La baby sitter di Axel era stata incaricata di portare i tre piccoli al parco dopo la scuola, per cui dopo pochi minuti il campanello suonò, e i tre bambini cominciarono ad invadere casa Froste urlando come forsennati.

 

Aiden aveva guardato male il piccolo Duske ed era andato a chiudersi in camera; gli altri due invece lo avevano invitato a giocare nella propria stanzetta, dopo che il piccolo ebbe salutato il suo papà con un bacio sulla guancia.

 

-È strano, nessuno di loro ha notato il tuo occhio nero- aveva osservato Shawn mentre premeva una confezione di surgelati sulla zona interessata.

 

Axel aveva riso, poi aveva alzato lo sguardo in direzione dell'altro ed aveva abbracciato i suoi fianchi con riconoscenza.

 

Shawn aveva sospirato, poi si era staccato da quel abbraccio di cui decisamente sentiva di non essere degno.

 

-Adesso devi andare, Axel. Ancora scusa per la reazione di mio figlio.-

 

Il biondo si era messo in piedi e si era avvicinato all'altro, ma lui si era spostato. Si vergognavano entrambi per quello che era successo, ma ormai il danno era fatto, e stavolta non era di certo trascurabile come la questione del bacio scappato in macchina.

 

-Non capisco Shawn, siamo stati bene. Sento che mi sto innamorando di te e credo che anche tu senti lo stesso, l'ho capito da...da come...da come mi hai toccato e...-

 

-Ti prego Axel no, io non posso!-

 

-Perché non puoi?! Solo perché sei vedovo?! Guarda che le penso davvero le cose che ho detto a Aiden, tu hai ancora il diritto di amare, di sentirti vivo! Solo perché hai perso tua moglie devi chiuderti per sempre in te stesso? Che vita potrà mai essere?- aveva domandato Axel afferrandolo delicatamente per un braccio.

 

-Non è solo per quello, Axel! Non lo capisci? Non posso permettermi di avere un'avventura, per di più con un uomo! Ho tre figli, di cui uno bisognoso di cure, guadagno una miseria, la mia casa cade a pezzi! Che cosa potresti mai aspettarti da me se non squallore e tristezza? Io non sono alla tua altezza Axel, siamo diversi, lo capisci?-

 

-Noi siamo uguali invece, Shawn. Smettila di parlare così, lo sai anche tu che sono tutte scuse. A me non importa quanto guadagni, non me ne frega niente di quanti problemi hanno i tuoi figli, di quante ristrutturazioni abbia bisogno questa casa. E soprattutto non mi importa che tu sia un uomo. Perché sono innamorato di te e non è un'avventura quello che voglio, e so che per te è lo stesso, perché so quello che ho sentito. Dammi una possibilità Shawn, solo una, ti prego. Voglio prendermi cura di te, di voi. Tu mi rendi diverso Shawn, mi rendi migliore. Per favore-

 

Shawn si mordeva il labbro e guardava intensamente Axel nei suoi begli occhi scuri e splendenti.

 

Che cosa aveva fatto per meritarsi tutto ciò? Non sapeva ancora cosa provasse nei confronti di Axel, questo era vero; ma da quando lui era entrato nella sua vita era innegabile che nel cuore di Shawn avessero cominciato a formarsi delle sicurezze in più, e che la speranza di una vita più serena e felice avesse ricominciato a fiorire.

 

Shawn non voleva illudersi, aveva paura.

 

Ma quello che riusciva a trasmettergli Axel era proprio ciò di cui aveva bisogno: stabilità, certezza, tranquillità.

 

Ed erano sensazioni a cui Shawn aveva dovuto rinunciare da tempo.

 

Si abbracciarono forte, entrambi spaventati da quelle promesse non dette che però si erano scambiati fra le righe di quelle infinite e toccanti parole.

 

-Mi prenderò cura di voi- aveva ripetuto Axel stringendo a se il ragazzo più basso, facendo scorrere le dita nei suoi capelli argentati.

 

Shawn non aveva risposto, aveva ancora troppa paura; perdeva le persone in uno schiocco di dita, e non voleva dover cominciare a temere anche per Axel.

 

Ma qualcosa in lui gli diceva che sarebbe rimasto, che almeno lui non lo avrebbe abbandonato, e per quanto rischioso potesse sembrare decise di fidarsi del suo istinto e accettò le sue promesse.

 

Non fu facile per i ragazzi accettarlo, soprattutto perché quasi nessuno di loro aveva mai sentito parlare delle coppie gay; eppure, chissà perché, proprio per i due più piccoli fu quasi naturale accettare quella notizia, come se non si fossero mai soffermati sulla differenza fra i diversi tipi di amore; perché per loro ne era sempre esistito soltanto uno.

 

Si sposarono solo un anno più tardi; tutti e quattro i bambini sparsero i petali davanti al loro passaggio all'inizio e al termine della cerimonia.

 

Si trasferirono tutti a casa Froste, che grazie al denaro di Axel venne completamente rimessa a nuovo; il biondo ottenne l'affidamento completo del piccolo Duske, non appena il suo reddito diminuì di colpo a causa di una grossa donazione ad una clinica ospedaliera che si occupava di cure pediatriche.

 

L'ex moglie, a causa della diminuzione degli alimenti, decise di rinunciare al bambino definitivamente, rassegnata ormai a non poter più navigare nell'oro con la scusa di doversi prendere cura di lui.

 

E la nuova famiglia Blaze-Froste poté cominciare la sua lunga e felice esistenza, in una casa perennemente a soqquadro, piena di urla, giocattoli e amore.

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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