Capitolo 2
Inverno
«Allora,
sei pronta?» sussurrò Anna
nell’oscurità che le regalava la
porta chiusa davanti a sé, una mano già sulla
maniglia.
Una piccola
testolina dalle
treccine bionde annuì decisa, troppo concentrata per
proferire parola alcuna:
si era alzata così preso per soprendere sua zia, non avrebbe
mandato tutto a
monte con una parola di troppo.
«Allora?
Quand’è che si
entra?» proruppe garrulo il pupazzo di neve alle loro spalle
«Freja, dobbiamo
augurare un grandissimo buon compleanno alla nostra Elsa!»
«Olaf!»
sbottò arrabbiata
la bambina sullo stesso tono dell’altro «Se gridi
così si sveglierà!»
«E
addio effetto sorpresa…» sospirò la
principessa alzando gli occhi al cielo
«Coraggio… andate!» li invitò
aprendo la porta, scatenando così un uragano di
urla e risate che, con la forza di una mandria di renne impazzite, si
schiantò
sul letto della regina.
«Oddio
è morta» Anna si
portò le mani alla bocca e, incurante del pericolo, si
lanciò sul letto della
sorella in mezzo ai vari “Tanti auguri a te”
strillati e cantati dalla figlia
in compagnia del suo fidato compare di disastri «Elsa,
rispondimi ti prego!» la
cercò preoccupata, lanciando coperte e guanciali
«Respira! Elsa?»
Fu
l’ultima cosa che disse
prima di essere abbattuta dal fuoco incrociato di cuscini impazziti: il
grande
baldacchino era vuoto, dove diavolo era finita?
La regina
inspirò a pieni polmoni l’aria gelida del primo
mattino,
mentre la luce dell’alba innondava il cielo di colori
spettacolari. Data la
bellezza che l’aveva accolta al suo risveglio, al di fuori
della sua finestra,
e l’ottimo umore in cui si sentiva aveva deciso di concedersi
una passeggiata
nella neve immacolata dei giardini del castello, un ottimo modo per
iniziare il
giorno del suo compleanno.
Nessuno si
era ancora
azzardato ad uscire quel mattino: sapeva che la sorella stava tramando
qualcosa
con i servitori e la gente del paese, ma solo le orme di piccoli
animali erano
visibili sul manto candido, di conseguenza, il posto prescelto per la
festa
doveva essere un altro. Si mosse un altro po’ e, con un
sorriso, alzò un
braccio andando a sfiorare con le dita dei cristalli di ghiaccio che
scendevano
dalle fronde di un albero lì di fianco: un pettirosso le
sfrecciò accanto,
posandosi poco più avanti sulla neve fresca, così
leggero che neanche
sprofondò. Il piccolo girò appena la testa,
regalandole uno sguardo curioso
accompagnato da un sonoro cinguettio, poi rispiccò il volo
sparendo dalla sua
vista in un battito di ciglia.
Il campanile
scandì coi
suoi rintocchi l’inizio di una nuova ora, non aveva
più molto tempo: di lì a
poco, Anna si sarebbe scaraventata nella sua stanza, probabilmente con
Freja e
Olaf al seguito, cercando di soffocarla letteralmente di auguri,
abbracci e
amore. Al solo pensiero, represse una risata divertita e si
girò per rientrare
ma un fruscio, al limite del suo campo visivo, catturò la
sua attenzione: un
coniglietto bianco saltellava felice poco distante, se non si fosse
mosso così
rapidamente sarebbe stato impossibile notarlo, identico
com’era al panorama
circostante, come se fosse fatto di neve stessa, sembrava quasi stesse
fluttuando nell’aria… Aspetta, cosa? Non era
un’impressione, stava fluttuando
per davvero! Com’era possibile?
Proprio in
quel momento, il
piccolo incrociò il suo sguardo e, dopo un leggero fremito
di naso, scartò di
lato e scomparve dietro ad una siepe.
Troppo
incuriosita si
dimenticò dell’orario, della sorella e del suo
stesso compleanno, si mise
all’inseguimento: quel coniglio era magico e, a qualsiasi
costo, avrebbe
scoperto chi condivideva con lei questo dono.
Il principe
imprecò dopo che, per l’ennesima volta, la mano
semicongelata perse la presa, minacciando di regalargli una caduta di
svariati
metri che gli avrebbe fatto rischiare l’osso del collo. Una
nuvola di vapore
accompagnò il grugnito che uscì dalla sua bocca,
nel tentativo di tornare in
posizione stabile: ci riuscì.
Il freddo
stava aumentando
e i vestiti caldi, con cui era equipaggiato, cominciavano a non essere
più
impermeabili al freddo e l’umido iniziava ad entrargli nelle
ossa. Al diavolo
il Nord, al diavolo il freddo. Si ritrovò a chiedersi se, al
suo ritorno,
avrebbe ritrovato il cavallo lasciato impastoiato molto più
sotto: sarebbe
scappato per salvarsi la vita o l’avrebbe trovato assopito
nel sonno eterno del
congelamento? Si augurò che la copertura che gli aveva
lasciato sarebbe stata
sufficiente a tenerlo al caldo sino al suo ritorno,
l’impossibilità di tornare
in tempi brevi al suo accampamento avrebbe segnato anche la sua fine.
Digrignò
i denti e riprese la scalata: più su, sempre più
su.
Al diavolo i
suoi fratelli,
sarebbe stato il primo ad offrire a suo padre la vendetta perfetta.
Aveva
studiato per mesi, trascurandosi così come la sua barba
incolta testimoniava
ma, alla fine, aveva trovato la risposta ai suoi desideri. Curioso che,
ancora
una volta, la sua ambizione lo avesse portato a Nord,
l’odiato Nord, ma questa
volta non avrebbe arrecato disonore alla sua famiglia, avrebbe ottenuto
il
riscatto: lui era stato la causa, sarebbe stato anche la soluzione.
Arendelle,
la sua regina e la sua principessa l’avrebbero pagata cara.
Uno scrocchio
sinistro sotto al suo piede gli gelò il sangue nelle vene:
riuscì appena in
tempo a sgranare gli occhi che, sotto di lui, il terreno cedette, dando
inizio
ad una caduta rovinosa. A nulla valsero i tentativi disperati di
aggrapparsi,
precipitò finché, con un tonfo sordo, non
toccò il fondo e tutto fu buio.
Il coniglio di neve
terminò la sua corsa, la
regina lo raggiunse poco dopo costretta, da un leggero affanno, a
piegarsi
sulle ginocchia per riprendere fiato. Rialzò lo sguardo e
trovò il magico
animale accanto ad un paio di piedi nudi che posavano tranquilli sul
terreno
spoglio e gelato: un uomo, dagli occhi di ghiaccio e dai capelli
d’argento, se
ne stava lì con i suoi calzoni strappati e una leggera
camicia blu a coprirlo
dal freddo del mattino. Aveva un lungo bastone stretto nel pugno, con
un gesto
del braccio, lo innalzò in aria e il piccolo mammifero lo
aggirò più volte
volando fin sulla cima ricurva, fermandosi a pochi centimetri dal viso
dello
sconosciuto: lui gli regalò un sorriso e una carezza e, dopo
un paio di moine in
risposta, l’animale scomparve in una miriade di piccoli
cristalli.
Elsa
inarcò le sopracciglia stupita «Chi siete
voi?»
lo vide sorridere nuovamente, questa volta nella sua direzione, in un
modo che
le risultò stranamente familiare.
Lui
portò la mano libera al ventre, omaggiandola con
un formale inchino «Jack Frost, al suo servizio
maestà»
«Voi
siete come me?» volle sapere lei senza altri
preamboli «Avete anche voi la magia»
L’uomo
sorrise ancora per la sua impazienza «No e
sì» le rispose confondendola
«Anche se la vostra era più
un’affermazione che una domanda, la risposta è
“Sì”, ho la magia ma
“No”, non sono come voi: io sono lo Spirito
dell’Inverno
e, anno dopo anno, servo il vostro regno e tutto il resto del mondo con
questo»
concluse allargando le braccia.
«Voi
siete l’Inverno?» ripeté
l’altra incredula.
«Possiamo
dire anche così» confermò divertito
«La
domanda vera è: chi siete voi?»
La donna non
comprese «Io sono Elsa, regina di Arendelle»
«Grazie
tante» sbuffò Jack ironico, si alzò in
volo
per potersi sedere sul ramo di un albero accanto a lei
«Quello che intendevo è:
il fatto che lo Spirito dell’Inverno abbia la magia non
stupisce nessuno, mentre
una giovane regina, di natura umana, diciamo che dovrebbe suscitare non
poco
scalpore»
«Ciò
che dite potrebbe essere vero, se non fosse che
qui tutti conoscono me ma nessuno ha mai visto né sentito
parlare dello Spirito
dell’Inverno» gli rispose a tono decidendo di stare
al gioco, stranamente
divertita dai suoi punzecchiamenti.
A quelle
parole, però, il viso di lui si rabbuiò per
un attimo per riaccendersi subito dopo della precedente espressione
irriverente
«Eppure vivete gli effetti del mio lavoro tutti gli
anni» la sfidò e, con uno
slancio, lasciò la sua seduta per atterrarle vicino
«e non mi avete mai visto
perché, di norma, la gente comune non dovrebbe riuscirci. A
quanto pare, però,
voi non siete comune» concluse, incurvandosi leggermente per
incontrare i suoi
occhi.
Quella
vicinanza la mise a disagio «Non lo so perché
sono così» confessò, ritraendosi un
poco «So solo che ci sono nata»
«Non
dovete preoccuparvi» la rassicurò lui,
fraintendendo il motivo del suo turbamento «Il vostro
è un dono, non dovreste
vergognarvene»
«Oh,
questo finalmente l’ho capito» fece presente la
regina con un sorriso «La magia fa parte di me, non devo
averne paura» e, per
dimostrarlo, creò un cristallo di ghiaccio, lanciandolo in
aria dove esplose in
un’infinità di scintille lucenti.
Riportò, quindi, l’attenzione sullo spirito
che aveva di fronte e trovò il suo viso acceso dallo stupore
e una sincera
ammirazione. Si ritrovò a domandarsi il perché
«Siete così felice per i miei
poteri o perché, finalmente, potete parlare con
qualcuno?»
Lui
riabbassò lo sguardo su di lei, sgranando gli
occhi «Certo che siete diretta» commentò
scoppiando a ridere, sorprendendola
«Sì, sono felice, per entrambi i motivi a dir la
verità: trovo le vostre
capacità incredibili, non ho mai visto niente del genere in
centinaia di anni
e, sì, sono contento di poter parlare con qualcuno che non
siano i soliti tre
amici di sempre»
Elsa
arrossì: non l’aveva solo pensato,
l’aveva detto davvero… maledetto
fattore Anna. Cercò di riprendersi «Avete degli
amici?»
«Beh,
sì» le rispose come se la cosa fosse palese
«Le
stagioni non sono, forse, quattro?»
In effetti,
aveva perfettamente senso.
Jack
portò la sua attenzione verso il castello «Temo
che per me sia giunta l’ora di andare, ho del lavoro da
portare avanti:
l’Inverno è appena cominciato»
La regina si
ritrovò dispiaciuta: avrebbe voluto
chiedergli ancora tante cose, a partire dal perché le
risultasse vagamente
familiare ma, prima che potesse aprire bocca, lui continuò
«Pensate possa farvi
piacere se tornassi a trovarvi qualche volta?»
«Mi
farebbe piacere, sì» confermò con un
po’ troppa rapidità.
Lo Spirito
dell’Inverno le sorrise divertito, poi
allungò una mano verso il suo orecchio e una splendida rosa
di ghiaccio apparve
fra i suoi biondi capelli «Buon compleanno, Regina di
Arendelle» e, con una
folata di vento gelido, scomparve.
«Elsa!»
urlò la sorella da lontano «Finalmente ti ho
trovato» esultò, raggiungendola con grandi falcate
«Buon compleanno!» le disse
stritolandola in un abbraccio, staccandosi subito dopo per puntarle
contro un
dito ammonitore «Ero già pronta a tirarti le
orecchie nel caso ti avessi
trovato a preparare qualche editto o roba del
genere…»
«Mettere
mano alle mie funzioni di regina, oggi?» la
interruppe l’altra «Come se qualcuno fosse disposto
a farmi fare qualcosa»
concluse divertita.
«E
lo credo bene» confermò Anna «Comunque
non sei
stata molto corretta a venirtene all’alba a bighellonare per
i giardini coperti
di neve: Freja e Olaf ci tenevano tanto a darti il loro regalo per
primi»
«Freja
e Olaf?» chiese ironica la bionda, inarcando un
sopracciglio.
La
principessa roteò gli occhi al cielo
«Mmm… e va
bene, anche io! Bella quella rosa»
«Grazie…»
Elsa sorrise «Dove sono adesso?»
«Ehm…»
sudò freddo la minore «Temo stiando finendo di
distruggerti la camera»
«Cooosa?»
Il principe
riaprì gli occhi, avvertendo
immediatamente un forte dolore alla testa. Si portò una mano
alla tempia per
ritrovarsi il guanto sporco di sangue. Sbuffò e una fitta
lancinante gli
attraversò il petto: fantastico, qualche costola
doveva essersi rotta o,
quantomeno, incrinata. Trovò le braccia e le gambe dolenti
ma non allarmanti,
così provò ad alzarsi ma una scarica di dolore
gli spezzò il fiato, solo con la
forza della determinazione riuscì a girarsi su un fianco e a
portarsi in
ginocchio. La luce entrava flebile dal buco che testimoniava la sua
caduta,
svariati metri sopra di lui: era dentro ad una grotta, poteva sentire
sciabordare l’acqua poco più avanti. Strinse i
denti e si portò verso la fonte
di quel rumore «Finalmente!» sospirò di
soddisfazione.
Al centro
della polla d’acqua dinnanzi a lui, alimentata
dal gocciolio di numerose stalattiti, c’era quello che stava
cercando. Quella
maledetta famiglia reale avrebbe ricevuto la lezione che meritava,
così come la
stupida gente di Arendelle: nessuno avrebbe amato quella strega di
ghiaccio mai
più.