Buonsalve popolo di EFP!
È con grande trepidazione
che posto la mia prima fanfiction
in questo fandom!
Erano tanti anni che volevo iniziare
a guardare
Supernatural, poiché contiene tutti gli elementi che
più amo nelle serie tv:
presenza prevalentemente maschile, bromance in abbondanza, hurt/comfort
a
vagonate, horror, paranormale, esoterismi, simbologia mistica,
leggende…
insomma, LA PERFEZIONE.
Purtroppo, scoprii
l’esistenza di questa serie solo nel
2014, anno della mia maturità, così decisi di
rimandare per evitare di distrarmi
troppo, e poi è iniziata l’università e
non l’ho più seguita.
Beh… meno male che ho
fatto così ahahha in un mese, ho
recuperato ben UNDICI stagioni, inizio adesso la dodicesima, ed
è per questo motivo
che non ho ancora letto quasi nessuna fanfiction in questo
fandom… terrore
degli spoiler!
Presto, però,
recupererò con molto piacere, appena mi
metterò in pari!
Ok, ora la smetto di tediarvi con
tutte queste chiacchiere e
vi lascio alla Fanfiction!
Partecipa a: H/C Easter Advent
Calendar 2020 – Gruppo Facebook
Hurt/Comfort Italia – Fanfiction & FanArt
Prompt:
Prezzo Da Pagare
Ambientazione:
Quarta
stagione, prima della fine
Coppie:
Sam e Dean – Bromance
Lieta di potervi intrattenere con
questa mia piccola
operetta, vi auguro una Buona Lettura:
Tra la Terra e l’Inferno
The
day between the soil and the sky
An
emptiness, a void, a heaviness, a sigh.
But
I know you will make through alive
Cause
you never said goodbye.
[Courrier – Between]
Brucia.
Attorno a lui è
l’inferno.
Le fiamme divampano, il calore lo
soffoca.
Gli arpioni lo tengono legato e
sollevato. I demoni lo
torturano. Lo sventrano, lo tagliano a piccoli pezzi.
Il sangue sgorga, il dolore
è intenso e insopportabile.
Urla Dean, urla più che
può. Grida il suo dolore, invoca
disperatamente il fratello, sebbene sia consapevole che non
potrà correre ad
aiutarlo – non quella volta.
Il suo corpo si rigenera.
E ancora, ancora – ancora.
E poi Alastair, di nuovo, arriva e
gli propone di scendere
dalla Ruota della Tortura e di metterci su qualcun altro.
Il dolore è tanto
– troppo. Sono più di dieci anni che Dean
è sulla Ruota ed è allo stremo delle forze.
Ma la risposta di Dean è
sempre la stessa. «Puoi metterti la
tua proposta su per il culo, figlio di puttana!»
Alastair sorride malignamente e se ne
va.
I demoni ricominciano a dilaniarlo.
E quello è
l’inferno.
*
«Dean».
Dean riconosce la voce del fratello.
Com’è possibile che
riesca a udirla, sprofondato in quel dolore infernale?
«Dean,
svegliati». La voce di Sam è calma e profonda.
Quasi contro la sua
volontà, Dean si rilassa. Il dolore
cessa. Cosa sta succedendo?
Sopraggiungono i brividi e una
sgradevole sensazione di
freddo bagnato.
«Dean, avanti. Apri gli
occhi».
Un tocco grande e leggero sulla sua
fronte è tutto quello
che Dean riesce a registrare, nella confusione del destarsi e in mezzo
a quel
freddo innaturale.
Dean si sforza di aprire gli occhi.
La luce del mattino gli sferza le
iridi, che gli mostrano un
mondo sfocato. Un mondo fatto di capelli scuri e occhi verdissimi.
Li richiude velocemente.
Dean riconoscerebbe quegli occhi
– così simili ai suoi –
ovunque. E riconosce anche quel tocco così delicato, quasi
troppo
sproporzionato per quelle dimensioni.
Che ci fa Sam all’inferno?
No, quello non poteva essere
l’inferno. Non si sentiva bene,
ma era molto meglio di prima. E quel tocco sembrava così reale.
«Dean!» questa
volta il tono del fratello è imperioso e con
una punta di urgenza. Dean avverte il morbido su cui è
posato piegarsi sotto al
peso di Sam, che si è seduto accanto a lui.
Finalmente gli sforzi di Dean danno i
risultati sperati e
lui riesce a mettere a fuoco il mondo – Sam.
Che lo sta osservando con sguardo
preoccupato e indagatore.
«Finalmente ti sei
svegliato» gli sorride. Un sorriso
fugace, che scompare fin troppo presto, per lasciar posto di nuovo
all’espressione preoccupata «come ti
senti?»
«Come se mi avesse
investito un autobus».
«La ferita alla gamba si
è infettata. Hai la febbre» gli
comunica Sam, spostando lo sguardo sulla sua coscia sinistra nella
quale, il
giorno prima, un demone gli aveva piantato un grosso coltello
arrugginito
«gridavi nel sonno, non riuscivo a svegliarti. Cosa stavi
sognando?»
«Non me lo ricordo
più».
«Dean» gli occhi
del suo fratellino tornano a incatenarsi ai
suoi. Profondi e penetranti. Dean non riesce a tollerarli e distoglie
lo
sguardo «non mentirmi».
«Non ti sto
mentendo».
Le sopracciglia di Sam si inarcano
lievemente «Certo»
mugugna, con voce infastidita e le labbra tirate in una smorfia
irritata.
Poi si alza ed esce dal campo visivo
di Dean.
Quando ritorna, ha entrambe le mani
impegnate: in una regge
una scatola di Betagen e nell’altra stringe un termometro.
Posa il tutto sul minuscolo comodino
che separa i loro letti
in quella squallida stanza del motel.
«Togliti i
pantaloni».
«Come, prego?»
Dean, nonostante il freddo, i brividi e i
pensieri confusi, riesce a esprimere con quelle due parole tutto il suo
sconcerto.
«Devo medicarti la ferita.
Alla farmacia qua sotto mi hanno
dato il Betagen, ma non ho trovato nessun antipiretico, mi
dispiace».
«Quando l’hai
comprata?»
«Questa notte. Per fortuna
era una farmacia di turno. Tu
gridavi e ti agitavi e non riuscivo a svegliarti e mi sono accorto che
avevi la
febbre, così sono uscito a cercare qualcosa».
Dean riesce a percepire distintamente
il tono preoccupato di
Sam, nonostante questi cerchi di mascherarlo con un tono di finta
allegria.
«Quindi adesso, niente
storie. Via i pantaloni, così posso
medicarti il taglio».
«Neanche per
sogno!»
«Dean, per favore. Ragiona.
Non mi ci vorrebbe niente a
costringerti a farlo con la forza, debole come sei. Quindi
risparmiamoci questa
scena patetica e togliti i pantaloni».
C’era stato un tempo in cui
Sammy faceva tutto quello che
Dean gli diceva – quasi tutto. Aveva sempre avuto
un’indole ribelle, ma
tendenzialmente lo ascoltava. C’era stato un tempo in cui era
Dean a prendersi
cura del suo fratellino, un tempo in cui Sammy si rifugiava tra le sue
braccia
e si lasciava convincere che andava tutto bene – anche quando
non era vero.
Un tempo Sammy non avrebbe mai
cercato di far fare qualcosa
a Dean contro la sua volontà.
Dean si sta lentamente rendendo conto
che i lunghi capelli
scuri, gli arcigni occhi verdi e le ampie spalle dell’uomo
che ha davanti non
appartengono più a Sammy, ma a Sam.
Scoprire che il piccolo Sammy non
esiste più è per Dean una
folgorazione. Sammy era cresciuto in quei quattro mesi di solitudine,
era
diventato Sam, in un modo che Dean, inconsciamente, non riesce ancora
ad accettare.
È consapevole che la loro
profonda unione è anche il loro
punto debole, che non avrebbe potuto proteggere il suo fratellino per
sempre –
ma non è pronto. Non aveva avuto il tempo di adattarsi. Suo
fratello, dal suo
punto di vista, era cambiato di colpo.
«Dean, sto
aspettando» la voce impaziente, seppur dolce, di
Sam gli arriva alle orecchie ovattata, come se provenisse da
sott’acqua.
C’era stato anche un tempo
in cui era Dean a guardare
dall’alto in basso Sammy e ad avvolgerlo tra le sue braccia
– ma quelle memorie
erano ormai lontane.
«Va bene, hai
vinto».
La voce sconsolata di Dean
è in perfetto contrasto con
l’espressione di trionfo che si dipinge sul volto di Sam.
Dean prova a slacciarsi la cintura
dei pantaloni, ma trova i
movimenti estremamente difficili da eseguire. Le dita sono intorpidite
e non
scorrono bene lungo la fibbia.
Dopo un po’ di lotta riesce
a liberarsi, ma una sfida più ardua
lo attende: il grosso e duro bottone dei pantaloni.
Dean fatica con lui per diversi
minuti, prima di allontanare
le mani con un gesto stizzito e un verso irritato.
Sam lo guarda divertito.
«Serve una mano?»
domanda e, senza aspettare una risposta da
parte di Dean, si avvicina a lui e gli slaccia i pantaloni in pochi,
fluidi
movimenti.
La gamba pulsa e fa un male cane e
Sam capisce da solo che
dovrà aiutare il fratello a sfilarsi jeans, cosa che fa con
in volto
un’espressione seria e concentrata, accompagnata da tocchi
languidi e delicati.
Quelle poche mosse fanno vedere le
stelle a Dean, che si
lascia sfuggire un gemito tra le labbra serrate. Sam lo scruta per un
attimo
aggrottando la fronte, prima di avvicinarsi alla ferita.
È un corto e profondo
taglio verticale, lungo quanto la lama
del coltello utilizzata. La zona è rossa e gonfia, tranne
che per i lembi
separati di pelle, che sono pallidi e tirati e da cui stanno iniziando
a
fuoriuscire goccioline di pus bianco e denso.
«Sì,
è decisamente infetta» decreta Sam, ispezionando
il
taglio «ora ti metto il Betagen – stai
giù. Provati la febbre» aggiunge,
passandogli il termometro a mercurio.
Dean se lo infila sotto
l’ascella, fissando il soffitto,
mentre Sam prende il tubetto di medicinale e gli spalma uno spesso
strato di
crema sulla ferita con meticolosità.
Cinque minuti dopo, il verdetto del
termometro. Trentanove.
«Dormi un
po’» gli consiglia Sam, a procedura terminata
«per
oggi direi niente caccia. Vuoi mangiare qualcosa prima?»
«Non ho fame».
«Questo sì che
è preoccupante, fratellino» lo prende in giro
Sam, mentre gli rimbocca le coperte «tu hai sempre fame».
Dean sprofonda nel sonno prima ancora
di riuscire a
rispondergli, ma solo dopo aver riflettuto sul fatto che, un tempo, era
lui a
rimboccare le coperte a Sam tutte le sere prima di andare a dormire.
*
Dolore.
Dean non riesce a sentire altro. Le
carni gli vengono
lentamente sollevate, i muscoli dilaniati.
I demoni ridono, eccitati.
Dolore.
E poi compare Alastair, terribile
come sempre. In volto il
suo solito ghigno mefistofelico.
«Dean» la sua
voce dolce fa accapponare ciò che rimane di
Dean. Il disgusto lo pervade.
«Dean, Dean, Dean. Sono
trascorsi ormai trent’anni… non sei
stufo di provare tutto questo dolore? Perché non scendi
dalla Ruota della Tortura
e ti concedi un po’ di meritato riposo?»
Dean sputa un copioso fiotto di
sangue «Sai già dove ti puoi
mettere la tua proposta, figlio di puttana!» urla, scosso dai
singhiozzi.
Alastair sorride. Dean, forse per la
prima volta in quei
trent’anni, prova paura.
Paura vera.
«Io non sarei
così arrogante, se fossi in te» sussurra, con
voce melliflua. Si avvicina a Dean e gli accarezza il viso. Dean prova
a
voltare la faccia, ma non ha più le forze necessarie
«oggi ho in serbo per te
una tortura… speciale. Dopo questa, mi pregherai in
ginocchio di poter scendere
dalla Ruota».
Dean rabbrividisce, il raccapriccio
lo assale. Cosa mai
poteva esistere di più terribile di quello che stava
già vivendo?
Alastair si allontana e fa cenno agli
altri demoni di fermarsi.
Attende che i pezzi di Dean si ricompongano, gli pulisce il volto dal
sangue
con gesti quasi dolci.
«Ora, Dean»
mormora, provocando a Dean un brivido di terrore
che gli si propaga lungo tutta la spina dorsale
«Guarda».
Dean non può fare a meno
di guardare, come se un incantesimo
lo obbligasse a tenere gli occhi spalancati.
Con ogni probabilità,
è proprio così.
Alastair gli mostra Sam.
Sono solo piccoli frammenti, ma
ognuno di essi è una
stilettata nel cuore di Dean e dolgono molto più di
qualsiasi smembramento
precedente.
Sam che piange disperato sul suo
cadavere.
Sam che non ha la forza di
seppellirlo e deve farlo Bobby.
Sam che si ubriaca da solo in
squallidi motel, che va a
letto con orde di ragazze per cercare di scacciare un vuoto incolmabile.
E Dean avverte quel vuoto in prima
persona, come se fosse
suo. Forse è davvero il suo, perché anche lui, da
quando è all’inferno, riesce
ad avvertirlo.
Sam che cerca di stringere un patto
con un demone
dell’incrocio.
E poi con un altro, e un altro ancora.
E tutti rifiutano la sua offerta.
La frustrazione di Sam è
la frustrazione di Dean. Il dolore
di Sam è il dolore di Dean. La disperazione, la mancata
elaborazione del lutto,
sono sensazioni che gli appartengono tutte.
Vederlo cacciare da solo è
qualcosa di insopportabile.
Gli manca il fiato.
«Basta» geme,
quasi contro la sua volontà.
Alastair non commenta, ma si gira a
guardalo, maligno.
Sam non sta andando avanti. Sam
sopravvive, ma non vive. Sam
non gli ha ancora detto addio.
È questo che fa
più male a Dean.
Sam sta diventando come lui
– morto dentro.
Lui ha letteralmente dato la sua vita
per Sam, perché gli
voleva bene e perché era fermamente convinto che la vita di
Sam valesse più
della sua. Lui era solo un guscio vuoto riempito di sarcasmo scadente e
una
gran faccia di tolla, e nient’altro.
Sam, invece, viveva. Era passionale e
dolce e sempre
rispettoso dei sentimenti altrui.
Sam meritava di vivere, a differenza
sua.
Ma ora si stava lentamente
trasformando nel fantasma di sé
stesso, Dean poteva sentirlo. Il vuoto lo stava avvolgendo e lui
proseguiva per
pura inerzia e vendetta.
Dean non può sopportare
oltre.
«Basta- fammi
scendere» supplica infine Dean, con voce
rotta.
Riesce a vedere Alastair sorridere,
prima che le lacrime gli
offuschino la visuale.
«Come desideri».
*
Freddo.
Brividi.
Dolore.
Il dolore è sempre stato
una costante nella vita di Dean – e
anche nella morte.
Un gemito gli sfugge dalle labbra.
Buio.
Il respiro si fa affannoso, la testa
pesante.
«Dean».
Gli pare di udire la voce di Sam, che
gli giunge alle
orecchie distorta come un’eco.
Sam?
Luce.
La luce esplode, gialla, dietro alle
sue palpebre serrate.
Riesce a ferirgli comunque gli occhi.
«Dean, svegliati».
La mano di Sam sulla sua spalla
è calda e rassicurante e
Dean apre gli occhi.
Il volto preoccupato di suo fratello
è la prima cosa che
vede. Incatenarsi in quegli occhi verdi come suoi è la prima
cosa che fa.
«Sam» cerca di
articolare, ma trova la sua bocca arida come
il deserto e la voce gli esce bassa e gutturale.
Senza bisogno di ulteriori segnali,
Sam riempie un bicchiere
d’acqua e glielo porge. Dean si puntella sui gomiti per
mettersi seduto e
berlo.
O meglio, cerca
di puntellarsi sui gomiti e mettersi
seduto – ma ben presto si rende conto di non avere le forze
necessarie. Ricade
pesantemente tra le soffici coperte che lo avvolgevano – ma
che non riescono
comunque ad annientare quel senso di freddo perenne che gli scorre
sotto la
pelle.
Con una rapida occhiata, Dean nota
che sul letto di suo
fratello c’è solo il lenzuolo, e che a coprirlo ci
sono due coperte.
Un rapido flashback lo assale e gli
fa sovvenire alla mentre
quella volta in cui era stato Sam a essere ferito durante una battuta
di caccia
e lui era rimasto a vegliarlo tutta la notte, donandogli le sue
coperte. Era
avvenuto almeno dodici anni prima.
«Aggrappati a me»
la voce profonda di Sam è come un balsamo
per le orecchie di Dean, che osserva il fratello piegarsi verso di lui
e
abbracciarlo per metterlo seduto contro la testata del letto.
Seppur Dean partecipi solo
passivamente alla cosa, nota che
Sam non fa alcuna fatica a maneggiarlo come se fosse un bambolotto.
Poi Sam gli porge il bicchiere
«Ecco, bevi» gli intima.
«Grazie».
L’acqua gli restituisce un
minimo di energie, nutrendo le
sue membra aride. Dean ne beve tre bicchieri prima di ritenersi
soddisfatto.
Nel momento in cui posa il bicchiere
vuoto sul comodino, Sam
gli allunga il termometro.
«Mi sembri più
caldo di prima, riprovati la febbre» gli
mormora, con gli occhi fissi sulla sua gamba ferita «intanto
io controllo il
taglio».
Dean si infila il termometro sotto
alla maglietta, mentre
Sam scopre le sue gambe per poter osservare la zona interessata.
Considerando il fatto che Dean era
rimasto in mutande dopo
che Sam gli aveva applicato la pomata antibatterica –
rimettere su un qualsiasi
tipo di pantalone sarebbe stato solo inutile e doloroso –
quel gesto investe
Dean di violenti brividi di freddo.
Inizia a battere i denti.
Sam gli rivolge un’occhiata
allarmata, ma Dean cerca di
contenersi e scuote lievemente il capo. Inizia a fargli male anche la
testa.
Mentre osserva il fratello sollevare
le garze per
ispezionare la ferita, Dean non può fare a meno di notare lo
scintillio negli
occhi del suo fratellino- anche se fratellino ormai più non
era.
Uno scintillio che dimostra che
c’è vita in quel corpo, c’è
vita in Sam. Una vita che Dean, quando era all’inferno, non
aveva più visto.
Ma era tornata. Era tornata insieme a
lui.
Ciò rende tutto
maledettamente difficile: sono un punto
debole per i demoni, e per gli angeli, e per i lupi mannari, vampiri e
tutte le
altre schifezze di questo fottuto mondo.
Ma non sono semplicemente in grado di
stare l’uno senza
l’altro. Specialmente Dean- ci avevano provato più
e più volte.
Dean vuole troppo bene a quel
fratellino così lamentoso e
ribelle che si ritrova, non può immaginare la sua vita senza
di lui – non era
riuscito a sopportare nemmeno la morte senza di lui.
Quello era un bel problema.
«Il pus è
diminuito. La zona è ancora gonfia e infiammata,
ma la suppurazione sembra essere sotto controllo» diagnostica
Sam, toccando con
mano gentile la pelle offesa.
Dean soffoca un altro gemito e chiude
gli occhi.
«Ti metto
dell’altra crema».
«Ti prego, no. Ho troppo
freddo, fammi rimettere sotto alle coperte».
«Dean, resisti solo un
momento, prometto che sarò
velocissimo».
Dean deve ammettere che Sam ha
mantenuto le sue parole e ci
ha messo davvero meno di un minuto a spalmargli la pomata sulla coscia,
ma il
freddo che prova gli fa sentire il tempo come dilatato- come quando era
all’inferno.
Quei cinquanta secondi scarsi
impiegati da Sam per prendere
il tubetto, aprirlo, estrarre una generosa quantità di
crema, spalmargliela
sulla ferita e rimettere a posto le garze gli erano sembrate cinquanta
ore.
«Ecco fatto» gli
comunica Sam, con voce dolce «vieni, ti
aiuto a rimettersi sotto alle coperte».
Una volta che Dean è di
nuovo al calduccio – calduccio che
non scalfiva minimamente il freddo gelido che stava provando
– Sam gli scosta
di poco la maglietta, insinuandosi sotto ad essa per estrarre il
termometro.
Dean, per la pima volta quel giorno,
finalmente sentì caldo,
lì dove lo aveva appena toccato Sam.
Il viso di Sam si rabbuia appena.
«Quant’è?»
«Quaranta»
bofonchia il fratello, digrignando i denti «Senti-
vado nel paese vicino, magari in farmacia trovo un
antipiretico».
«No, Sam» Dean
ode la sua voce sorprendentemente ferma e
autoritaria, seppur flebile «non andartene, rimani con
me».
«Ma hai la febbre a
quaranta».
«Si, me ne sono accorto,
grazie. Hai detto che la pomata sta
facendo effetto. Bene. Significa che l’infezione sta
rientrando e tra qualche
ora la febbre scenderà da sola. Non uscire».
«Dean-»
«Ti prego, Sam. Non farmelo
ripetere».
Dean riesce a vedere sul volto di suo
fratello l’indecisione
e la tentazione di uscire comunque, ma già sa che non lo
farà.
E infatti
«D’accordo, ma se domani mattina la febbre non
sarà scesa, andrò a cercarti delle
medicine».
«Va bene. Che ore
sono?»
«Le sei di sera».
«Ho dormito tutto il
giorno? Eppure mi sento così stanco».
«Allora cerca di riposare
un altro po’. È una gran brutta
infezione».
«Ho sopportato ferite ben
peggiori di queste, Sam».
«Sì, lo so, ma
ehi- sei appena tornato dall’inferno. E stai
invecchiando. Ogni tanto succede di accusare il colpo» il
tono di Sam è
scherzoso, ma la preoccupazione non abbandona i suoi occhi contratti.
«Aspetta fratellino, ci
arriverai anche tu» la voce di Dean
sembra uscire a scatti dalla sua gola, spezzata dai violenti brividi di
freddo
che gli stanno attraversando il corpo. Si rannicchia in posizione
fetale sotto
alle coperte, cercando un po’ di calore e tentando
– invano – di addormentarsi.
Si sente stanco, stremato, nonostante
abbia dormito per più
di dodici ore di fila, anela un po’ di perdita di coscienza,
ma i forti brividi
non glielo consentono e lo lasciano solo confuso e sospeso tra la
realtà e-
qualcos’altro.
Sam non smette un attimo di osservare
il fratello, gli posa
una mano sulla fronte e la trova calda e sudata.
Sentendosi impotente e irritato, Sam
tenta di riportare alla
mente quelle volte in cui, da bambini, era stato lui
a essere malato e
Dean lo aveva curato con quello che avevano in casa – da
soli, senza papà, a
caccia chissà dove.
Così va in bagno, prende
un asciugamano e lo passa sotto
l’acqua fredda. Lo strizza per bene e torna nella stanza
attigua.
Si siede sul letto e fruga tra le
coperte per far spuntare
la testa castana di suo fratello, che si è raggomitolato in
una posizione
praticamente sferica e geme proteste per quel lieve spostamento
d’aria.
«Dean, avanti, sposta un
po’ la testa».
«Mhmm-».
«Okok, lo farò
io per te, ma tu lasciati guidare».
Così Sam mette una mano
tra la guancia di suo fratello e il
materasso, cercando di far aprire un poco quel corpo serrato.
Non senza brontolii, Dean si lascia
quasi cullare da quelle
grandi mani così sproporzionatamente delicate.
Poi arriva di nuovo il freddo, questa
volta circoscritto
solo al suo viso. È un freddo umido, che gli dà
sollievo e lo infastidisce
contemporaneamente.
«Sam- che
diavolo…?»
«Shh…»
gli sussurra Sam in modo confortante «tranquillo,
è
solo acqua. Vorrei provare ad abbassarti la febbre».
«Mi dà
fastidio».
«Sì lo so,
resisti solo un minuto- per favore».
E così Dean prova a
resistere. In tutto questo, non ha
ancora aperto gli occhi. L’oscurità è
una manna dal cielo per le sue iridi che
adesso mal sopportano la luce, attanagliati dal mal di testa
martellante che
gli sta crescendo dietro agli occhi.
Solo che non ci riesce per molto
tempo. Per quanto la
frescura sulla fronte gli stia alleviando un po’ il fuoco che
gli brucia la
faccia, il resto del suo corpo pare non gradire quelle attenzioni e si
ribella
mandandogli ondate sempre più intense di gelo.
È quando Dean inizia a
battere i denti in un tictictic leggero
e disperato che Sam si arrende e posa sul comodino
l’asciugamano bagnato,
sconfitto.
«Sam!»
grida improvvisamente Dean facendo
sobbalzare il fratello «Sam! Cosa stai facendo? Non ho
venduto l’anima al
diavolo per questo! Reagisci, porca puttana!»
«Dean- Dean! Calmati! Stai
sognando!» Sam prova a calmare il
fratello in tutti i modi, ma quello urla e si dimena, in preda ai
deliri
febbrili.
Alla fine, non riesce a pensare ad
altro che a stringerlo a
sé. Sfidando l’agitazione che pervade il corpo del
fratello, Sam si china su di
lui e lo avvolge in un caldo abbraccio, di quelli che, un tempo, Dean
era così
bravo a dargli e di cui lui aveva sempre provato imbarazzo misto a-
famiglia.
E, contro ogni sua aspettativa,
questo gesto sembra calmare
Dean, che si rilassa sotto al suo tocco, tremando ancora dalla testa ai
piedi.
Sam ricorda quando quella volta -
quando aveva sette anni e
aveva preso gli orecchioni e suo padre non era a casa e Dean non sapeva
più
come scaldarlo – in cui Dean gli era rimasto per tutto il
tempo accanto, sul
letto di Sam, stringendolo forte nel tentativo di donargli un
po’ del suo
calore.
La cosa aveva funzionato alla grande
– se non ché il giorno
dopo anche Dean si era risvegliato con una bella parotite.
Ma questa volta non era una malattia,
era una ferita
infetta. Non c’erano germi da trasmettere – e,
anche se ci fossero stati, a Sam
non sarebbe importato un accidente.
Prende una decisione, Sam. Alza con
un gesto veloce tutte le
coperte che fasciano Dean e, prima che questi abbia il tempo di
mugugnare delle
sorde proteste, si infila sotto e riavvolge i plaid attorno a entrambi.
«Sam- cosa?»
bofonchia Dean, convinto di star sognando.
Anche se - presuppone lui - immaginare la pesantezza del corpo
massiccio del
fratello contro al suo sia troppo persino per la sua mente arroventata.
«Sam. Sam. Sam. Ultimamente
mi chiami sempre Sam. Che fine
ha fatto Sammy?» gli domanda Sam e, dal tono bonario che sta
usando, Dean
potrebbe scommettere che sta sorridendo.
«Sammy è
cresciuto» sospira Dean, quasi soffocandosi nelle
sue stesse parole «e poi non ti è mai piaciuto
essere chiamato Sammy».
«Vero. Ma tu eri
l’unico che aveva il permesso di farlo. Mi
piaceva quando mi chiamavi così» gli confessa Sam,
stringendolo a sé «mi facevi
sentire a casa».
«Casa. L’abbiamo
sempre desiderata, ma non siamo mai
riusciti ad averne una» mormora Dean, sconsolato –
finalmente mettendosi comodo
contro al fratello.
«Ssh, adesso prova a
dormire» gli sussurra Sam, avvolgendolo
completamente in un ampio abbraccio.
L’ultima volta che Dean
è stato abbracciato così… Dean non
lo ricorda nemmeno più. Era stato tantissimi anni prima,
quando era ancora
figlio unico e sua madre era ancora viva e tutta per lui.
Il gesto di Sam fa il suo effetto:
Dean sente distintamente
il suo corpo calmarsi, la sua mente farsi più limpida, il
freddo abbandonarlo.
La testa gli fa ancora un male cane, ma adesso sente che può
sopportarlo.
Dean non desidera altro che una
famiglia. Quella famiglia
che gli era stata brutalmente strappata via senza un motivo –
o meglio, il
motivo c’era, ma non riusciva ad accettarlo. Suo fratello gli
voleva bene, ma
era sempre stato sofferente alla loro famiglia così
disfunzionale.
Appena ne aveva
l’occasione, Sam preferiva scappare e
abbandonarli.
Ma non stavolta. Stavolta era
lì, per lui.
Dean a dire il vero se ne vergogna un
po’. È lui il
maggiore, lui che deve proteggere il suo fratellino da ogni cosa.
Spesso si
lamenta che proteggere Sam è quasi un lavoro, ma lui lo fa
volentieri, lo fa
perché semplicemente non può farne a meno,
così come non può fare a meno di
respirare.
Lo fa perché gli vuole
bene.
Ma non è più un
bambino, non è giusto che ogni cellula del
suo corpo goda nel sentire il calore di quell’abbraccio tutto
muscoli, che la
sua mente si liquefi al pensiero di avere suo fratello lì
per lui.
Ma è così, e
Dean non può e non vuole altro- non in quel
momento.
Per la prima volta sente di essere
esattamente dove vuole
essere. Con suo fratello, a volersi bene. Con la sua famiglia, senza
nessuno ad
inseguirli e pronto a ucciderli.
Lentamente, i brividi scompaiono del
tutto e la sua mente si
svuota completamente.
Dean si sta quasi per addormentare
tra le braccia di Sam,
che ancora lo tiene ben avvolto in una morsa rassicurante, quando un
ultimo
pensiero fugace gli sovviene.
Era forse quello il prezzo da pagare?
Aveva sacrificato
prima la sua vita terrena per Sam, e poi la sua anima, quando non era
riuscito
a sopportare di vedere come Sam si stesse disintegrando senza di lui.
Aveva
torturato delle anime innocenti e ci aveva goduto.
Dean era morto nel corpo e
nell’anima, spezzato in tutti i
modi in cui una persona può essere spezzata, e poi era
tornato, ferito, ma
sempre lui.
Era tornato e Sam si era ripreso e
adesso gli stava
concedendo uno di quegli sprazzi di vita famigliare, gli stessi che
Dean aveva
provato a regalargli quando erano bambini.
Il prezzo da pagare per un momento di
pura felicità è quello
di essere completamente annientati e dilaniati dal dolore?
A Dean sta bene. Dean pensa che
sì, che ne vale la pena.
Che tutto vale la pena, se poi la
ricompensa è quella grossa
mano posata malamente sulla sua nuca in un gesto di protezione; se poi
la
ricompensa è il solido petto su cui è ora
adagiata la sua testa, che adesso non
fa nemmeno più così male.
«Buonanotte,
Dean».
«Buonanotte,
Sammy».
Il giorno tra la terra
e il cielo
Un vuoto, una mancanza,
un peso, un singhiozzo.
Ma io so che tu lo
attraverserai ancora vivo
Perché non mi hai mai
detto addio.
[Between – Traduzione]
Bene, se siete arrivati a
leggere fino a qui, vi ringrazio dal profondo del mio cuoricino :3
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