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Autore: Red S i n n e r    07/08/2009    2 recensioni
Volevo abbracciarlo, quel bianco assoluto,
e osservare più da vicino quegli stupendi occhi verdi,
e rispondere finalmente a quel sorriso che sembrava aspettarmi da sempre.
E quando gli arrivai di fronte ebbi paura.
Era troppa l’algida perfezione in quei lineamenti, era troppo il candore e io, come sempre, non ero abbastanza.
Ebbi paura perché non volevo sporcare quel bianco austero, con il guazzabuglio di colori caotici e disordinati che solevo portarmi dietro.
Esitai ,davanti a quel sorriso teso e perfetto e di riflesso tremò –il mio- di sorriso, così fragile e meno splendente.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"You can be a sweet dream or a beautiful nightmare."

 

Era bianco.

La luce stessa era bianca e filtrava da un sottobosco di alberi candidi, tingendo di macchie di luce pura il terreno già immacolato.

Era bianco.

Anche lui era bianco o forse era colpa della luce oppure della mia memoria fallace.

Ma non m’importa, non m’importa di chi è o non è la colpa. Per me lui era e resterà per sempre bianco.

Era candida, la sua pelle, e lo sembrava ancor di più quando la luce lo colpiva a tratti regolari.

Un fruscio ritmico scandiva il tempo. E il tempo scorre così in fretta!, pensai. Ma mi dovetti ricredere, per lui il tempo non scorreva mai.

Era bianco ma i suoi capelli erano neri e i suoi occhi verdi, così verdi che sembrava avesse risucchiato il colore alle chiome degli alberi imprigionandolo nelle sue iridi.

Era bianco ed era bello.

Mi chiesi il perché di tutto quel bianco in cui anche la luce era candida.

Me lo chiesi ma non glielo domandai. Sapevo che per me il tempo sarebbe trascorso in fretta e non volevo perderlo. Non dovevo!

Perché il tempo non ci aspetta, il tempo è un tiranno, è nostro nemico, è  il dittatore imparziale della nostra vita ed a me non è mai piaciuto. Ma non pensavo al tempo o ai tiranni in quel momento, pensavo al suo sorriso che era rimasto immutato da quando mi aveva augurato il suo personale benvenuto.

Stava fermo, mi osservava curioso da una certa distanza, confondendosi con il tronco dell’albero bianco alle sue spalle.

Iniziai involontariamente a camminare. Volevo sentire, volevo toccare la consistenza e il calore di quel bianco assoluto e iniziai a correre perché quel sorriso non si avvicinava. Macchie di luce purissima macchiavano il terreno, filtrando dalle chiome immacolate di alberi che indicavano un cielo altrettanto candido.

La luce bianca mi colpiva, mi accecava, e il terreno sassoso non aiutava la mia corsa ma infine il suo sorriso si avvicinò.

Il fruscio degli alberi si fece più insistente, più simile a un sibilo.

Il sorriso restò immutato ma una luce di preoccupazione invase gli occhi verdi che si assottigliarono leggermente.

Il sibilo del vento si fece più acuto, assordante quasi, un rombo acuto si fece lentamente strada tra l’assordante fischio del vento ma non me ne curai.

Volevo abbracciarlo, quel bianco assoluto, e osservare più da vicino quegli stupendi occhi verdi,  e rispondere finalmente a quel sorriso che sembrava aspettarmi da sempre.

Dovevo correre, dovevo sbrigarmi, dovevo superare quel rombo sconosciuto e l’assordante fischio del vento con la folle paura di vedermelo scomparire davanti corsi più in fretta, facendomi male.

E quando gli arrivai di fronte ebbi paura. Era troppa l’algida perfezione in quei lineamenti, era troppo il candore e io, come sempre, non ero abbastanza.

Ebbi paura perché non volevo sporcare quel bianco austero, con il guazzabuglio di colori caotici e disordinati che solevo portarmi dietro. Esitai ,davanti a quel sorriso teso e perfetto e di riflesso tremò –il mio- di sorriso, così fragile e meno splendente.

Un rumore simile a una frana mi colse di sorpresa, il candido bosco stava crollando. Ogni albero franava su se  stesso o sul proprio vicino sbriciolandosi subito dopo.

Il rombo si fece più insistente, non avevo più tempo.

Incontrai di nuovo gli occhi verdi e istintivamente mi aggrappai al suo petto mentre la paura faceva sobbalzare il mio cuore.

E sperai, sperai di non sporcarlo con tutti i miei colori. E sperai che mi abbracciasse, ma non lo fece.

Riaprii gli occhi che non mi ero accorta di aver chiuso, nelle orecchie il rumore della distruzione, e non vidi più il suo sorriso.

La sua bocca pendeva verso il basso in una smorfia carica di dolore, dagli occhi lucidi che fissavano il vuoto pendevano  lacrime vermiglie.

Con una mano gli sfiorai la pelle bianchissima del volto e la sentii bollente. Finalmente i suoi occhi  mi guardarono di nuovo ed erano pieni.

Pieni di fiamme verdi.

Le lacrime scarlatte scorsero lungo le sue guance proseguendo poi per il candore del suo collo.

Ebbi di nuovo paura. Che fosse mia, la colpa di tutto quel dolore?

Come in risposta alla mia tacita domanda, mi sorrise scuotendo il capo. Le fiamme verdi nei suoi occhi avevano divorato la sua pupilla nera, notai.

Strinsi con più forza la stoffa bianca che lo ricopriva, gli alberi granitici cadevano sempre più vicino a noi.

Il rombo della loro caduta era diventato un continuo frastuono, mentre il rumore del vento l’accompagnava col suo sibilo acuto e persistente.

Desiderai che mi abbracciasse, ma le sue braccia restarono ferme ai lati del suo corpo.

Glielo chiesi, con voce strozzata, gli accarezzai il volto, lasciai piccoli baci sulle sue guance bollenti in una muta preghiera ma lui scosse il capo sorridendo amabilmente.

Con i capelli neri sferzati dall’incessante vento mi osservava con quei suoi occhi divorati da fiamme verdi mentre le lacrime vermiglie non accennavano a smettere.

Mi sorrise, di nuovo e teneramente, e io lo baciai su una guancia. “Abbracciami”, ripetei.

Ma lui scosse il capo sussurrando piano.

E quando ogni albero intorno si fu dissolto in polvere bianca, che ci alleggiava intorno mossa dal vento, le fiamme nei suoi occhi si tinsero di rosso mentre le lacrime si tinsero di verde.

Lo sentii bollente sotto le dita e staccai lentamente la presa dalla sua maglia.

Sembrava che il colore verde che credevo avesse sottratto alle chiome degli alberi ora fuggisse da quelle fiamme rosse.

Cercava di sorridermi, cercava di guardarmi, cercava di sussurrare di nuovo qualcosa … ma tutto quello che riusciva a fare era cercare di non urlare.

Mi portai una mano alla bocca piangendo lacrime trasparenti, gli tesi una mano e lui la afferrò saldamente.

Scottava, faceva male, ma non abbandonai la presa. Mentre i miei singhiozzi si facevano più numerosi e più forti lui riuscì nuovamente  a guardarmi, con quei suoi occhi fiammeggianti, e mi sorrise con quelle labbra bianche e pianse, pianse con me le sue lacrime verdi.

Il vento, impietoso, non voleva lasciarci, continuava ad agitare la polvere bianca sferzandoci il volto con le sue temperature artiche.

Lo osservai di nuovo e vidi piccole crepe intaccare la sua algida perfezione. Era ricoperto di increspature di sottili, crepe che percorrevano per intero il suo corpo. Cominciò a scottare sempre di più e sentii la mia mano ustionarsi ma non mollai la presa.

Non dovevo, non volevo!

Non potevo lasciarlo quando mi sorrideva in quel modo.

Avvicinai l’altra mano al suo volto in una leggera carezza e lui chiuse gli occhi come un gatto sorridendo appena tra le crepe del suo volto.

Singhiozzando forte baciai le sue guance martoriate e le palpebre dei suoi occhi ancora chiuse.

E poi le sentii, sentii le sue braccia intorno alla mia vita e il suo volto nell’incavo del mio collo e finalmente smise di piangere. Finalmente l’abbracciai, finalmente accarezzai i suoi capelli neri, finalmente toccai la consistenza di quel bianco.

Sospirò lentamente e dolorosamente vicino al mio orecchio, cercava di non urlare, cercava di fare qualcosa … ma non capivo cosa.

Si districò dall’abbraccio e vidi con orrore come il suo volto fosse ora ricoperto di grosse crepe, anche lui come gli alberi si stava frantumando, conclusi terrorizzata.

Mi fissò anche se le fiamme l’avevano reso cieco, cercò il mio volto con le mani e trovandolo mi accarezzò piano.

Aprì e chiuse più volte la bocca, riprese aria e stizzito tentò di parlare.

Strinsi tra le mani la stoffa che lo ricopriva e piansi le mia lacrime trasparenti mentre lo sentivo polverizzarsi poco per volta, sotto il mio tocco.

Aprì nuovamente la bocca, e deciso pronunciò una sola parola più e più volte infondendo al suo interno cadenze sconosciute. Gustò a fondo la parola che ripeteva senza sosta, senza smettere di guardarmi, di sorridermi.

Gustò il suono di quella parola fino in fondo con la sua voce calda, che mi è impossibile descrivere altrimenti.

E poi si polverizzò, così in fretta e così dolorosamente che continuai a stringere l’aria tra le dita. Il vento l’aveva portato via, ma non era riuscito a dissolvere l’eco del mio nome ripetuto così tante volte dalle sue labbra così bianche.

Piansi, singhiozzando forte, incurante del vento e del freddo. Presi a pugni il terreno asettico sentendomi stupida, e stupida lo ero davvero.

Non ero riuscita a conoscere il suo nome ma non sarei mai riuscita a dimenticare nulla di lui.

La polvere bianca e soffice che un tempo era lui vorticò nel vento luccicando piano, anche le mie lacrime vorticarono nel vento, luccicando con la polvere.

Danzavano insieme in una danza fatti di toni trasparenti e candidi, il vento li faceva muovere in un armonia melodiosa. In piccoli mulinelli, aggraziati e luminosi, la sua polvere e le mie lacrime se ne andarono.

E tra i singhiozzi fui felice, perché almeno una parte di me era rimasta con lui.

"What  kind of dream are you?

You can be a sweet dream or a beautiful nightmare."

...


 

Note della Red: Era un sogno. Questo piccolo racconto è nato come un sogno, su carta l'ho rielaborato, l'ho arricchito di piccoli particolari ed ora eccolo qui!
Era da veramente tantissimo tempo che non sognavo e dato che questo sogno mi ha colpita parecchio ho deciso di scriverlo e in seguito di postarlo.
Spero sia piaciuto!

Ringraziamenti per 'Falling in the autumn Wind':

I n n e r Ebony: Grazie sister! Sapere che ciò che scrivo ti piace mi fa sempre un immenso piacere. *-*

miss dark: Grazie, grazie e ancora grazie! Il tuo è stato uno tra i commenti più belli che io abbia mai ricevuto su EFP, leggerlo mi ha emozionata.
Sono contenta che tu ti sia rivista nella mia piccola Shot e sono contenta che tu abbia dedicato tutto quel tempo a commentare un fic che forse non lo meritava.
Davvero leggerai le mie fic originali? Mi lusinghi. *-*
Grazie, ancora. *-*

Alla prossima!

Red.

   
 
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