Anime & Manga > Kenshiro / Hokuto no Ken
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Autore: hooligans_holiday    09/04/2020    1 recensioni
What if? - Alla fine, la Storia con la S maiuscola ha seguito un altro corso, e la Guerra Fredda sta finendo pacificamente. Nel mondo non-atomico è estate, e Jagi filosofeggia sul caldo, sulla sua vita...e va a farsi un giro.
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Jagger
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quanti di voi hanno letto "Il fiore malvagio" (come suona male in italiano...mi sa tanto che sarebbe stato meglio lasciare il titolo giapponese.)? Io (purtroppo per i miei feels) sì. Ovviamente ho pianto come una fontana, quindi ho dovuto comprarlo per avere sempre con me un'arma di depressione di massa. Ecco, questa storia prende spunto dal primo dei due volumi, e poi prosegue come se l'apocalisse non fosse mai avvenuta. Quindi, se non avete letto Jagi Gaiden e avete intenzione di farlo, sappiate che questa fiction ha un po' di spoiler. Se la cosa potrebbe infastidirvi, chiudete immediatamente la pagina. Se non vi importa, continuate tranquillamente. Detto questo, passiamo senza indugio alla storia: mettete su la vostra migliore playlist estiva, e calatevi nell'atmosfera!

Ah, stavo per dimenticare...WARNINGS per quanto riguarda il contenuto? Beh, una o due parolacce (stavolta non sono bippate. Non si può censurare la mente di Jagi), e un po' di humor stupido. C'è anche qualche accenno di violenza varia, ma nessuno che si faccia male veramente.


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Il termometro fuori dal dojo segnava una temperatura indecente. Un'afa del genere era incivile, soprattutto considerando che era ancora mattina presto. Se questo era l'andazzo, per l'ora di pranzo la colonnina di mercurio si sarebbe squagliata.
Jagi si guardò attorno, sventolandosi con un giornale vecchio che aveva trovato lì vicino. Imperterrito, Raoh continuava a spaccare la legna (legna per cosa, poi? Con quel caldo, accendere la stufa era da pazzi...), Toki meditava (stava dormendo, altroché...), e quell'essere inutile che rispondeva al nome di Kenshiro si allenava (perché non rinunciasse era un mistero...tanto ormai persino i muri sapevano che la successione sarebbe andata a Toki...). Insomma, abbastanza allegria da far deprimere un morto.
La verità era che, da quando era diventato palese che le potenze mondiali non stessero mentendo riguardo alla volontà di chiudere il capitolo Guerra Fredda (considerando le tensioni che c'erano state fino a poco tempo prima, tutti si aspettavano che la cosa finisse male. E invece...), Ryuken aveva deciso di rimandare la scelta del successore. Aveva fatto un discorso lunghissimo che Jagi aveva ascoltato solo per metà, ma era una cosa del tipo "in tempi di pace, gli uomini di Hokuto devono agire affinché questa duri più a lungo possibile, quindi il mio compito sarà di allenarvi finché uno di voi non sia pronto a portare questo fardello, blah blah blah". Risultato: ancora nel dojo.
La cosa era inutile, tanto ormai Toki e Raoh erano talmente forti che persino allenandosi giorno e notte Jagi non sarebbe mai riuscito ad avvicinarsi a loro...quindi ci aveva rinunciato. Certo, la decisione non era stata proprio indolore, ma grazie ad Anna aveva realizzato che probabilmente non valeva la pena disperarsi...era successo quella volta che era andato a trovarla con la faccia gonfia e un braccio fasciato, ed era più nervoso del solito. Quella sera avevano litigato...a lungo, molto a lungo; si erano insultati in modi elaborati e fantasiosi (aveva vinto lei. Non l'avrebbe mai confessato a nessuno, ma quando Anna lo aveva chiamato in quel modo, si era reso conto di essere un principiante contro una professionista.), e poi avevano fatto pace (a modo loro. Tra le varie cose, avevano fatto fuori una bottiglia di tequila quasi nuova.). E, dopo aver fatto pace, Anna gli si era sdraiata accanto, facendo attenzione a non pestare ulteriormente quel corpo già livido, e avevano parlato.
"Lo so che è il tuo sogno. Lo so. E so che non ho il diritto di portartelo via. Però...qui hai una famiglia che ti vuole bene. Alla banda non importa se sei il successore o meno."
"Certo, ma la banda non sa niente di questa storia. E poi, importa a me. Sono anni che mi alleno, sto dando l'anima per arrivare alla fine, perché dovrei rinunciare?"
"Lo so, lo so. Infatti non voglio costringerti a rinunciare, perché so quanto è importante per te. Però...Jagi, sono venuta al dojo di nascosto, qualche volta. Di nascosto anche da te. Ho sentito parlare i tuoi fratelli. Tu sei diverso. Siete completamente diversi. Non ci hai mai pensato che forse...forse non è quella la tua strada, forse stai rincorrendo il sogno sbagliato? Ti vedo sempre disperato, quando parli della storia della successione, e...mi fa male, vederti così." aveva abbassato lo sguardo.
"Anna, non devi stare male per me..."
"Jagi...guarda che è normale, che io stia male se tu stai male. Per me sei la persona più importante al mondo...o pensavi che tra noi fosse solo divertimento?"
Boom. Silenzio. Pietra tombale. Il suo cervello ci aveva messo un attimo a capire l'enormità di quanto aveva appena detto Anna. Stava per rispondere "No, ovviamente, io e te siamo amici.", ma poi la sua bocca si era fermata. Oh. Uh-oh. Non ci...non ci aveva mai pensato prima. E in quel momento, mentre Anna lo guardava con i suoi enormi occhi azzurri, si era sentito il bastardo peggiore sulla faccia della terra. E si era chiesto "Quanto conta Anna per me?"
Era stato allora. In quel preciso istante il suo cervello aveva fatto un paio di piroette, aveva ballato due passi di charleston (e Jagi si era persino sorpreso quando si era reso conto di conoscere una parola come "charleston".), e gli aveva partorito una scritta al neon grande quanto un tir che diceva "DEFICIENTE, CHE ACCIDENTI STAI FACENDO? UNA TIPA COME LEI NON TI CAPITERA' PIU'!".
Le aveva promesso che le avrebbe dato ascolto.
A dire il vero, alla fine non aveva fatto proprio quello che aveva promesso...per un po' aveva sperato di riuscire a continuare ad allenarsi di nascosto. Anche perché...sarebbe stato terribilmente soddisfacente, tornare da lei dicendo "Guardami, Anna. Sono il successore. E, come tale, ho cambiato le regole. Io e te vivremo insieme, e saremo i padroni del mondo!".
Ovviamente...
"Jagi, potresti aiutarmi? Avrei bisogno di qualcuno che sappia parare, ma gli altri sono occupati..." Kenshiro gli si era avvicinato, con la sua solita aria da cane orfano, e aveva interrotto il suo monologo interiore.
Jagi smise di sventolarsi e alzò un non-esistente sopracciglio (da quando gli si erano bruciacchiate in quel mezzo incidente, non gli crescevano più...la sua solita fortuna.), guardando il fratello minore con lo stesso affetto che avrebbe riservato a una verruca (paragone calzante...in effetti, anche Ken era una seccatura difficile da eliminare. Doveva inserirlo tra i soprannomi che gli aveva dato.). Aiutarlo? Con quel caldo? HA HA.
"Perché, io non sono occupato?" con la mano gli fece cenno di andarsene. Kenshiro era rimasto a guardarlo un attimo, e poi aveva finalmente capito che era il caso di levarsi dalle balle.
Che bravo...ogni tanto riusciva anche ad essere intelligente, il cretino.
Non lo odiava. No. Tutt'altro. Cioè, sì, lo odiava, ma non era quella la questione. Kenshiro quell'odio se lo meritava tutto. Era...era un imbecille. Una specie di frittella informe che guardava tutti con i suoi occhi da povera vittima, e tutti puntualmente ci cascavano. Come Toki, che gli aveva salvato la vita e aveva rischiato di restare paralizzato. Cioè. Toki, il futuro successore, aveva rischiato la vita per salvare quella pulce. A raccontarlo in giro sembrava una barzelletta, ma era la verità. Che cosa aveva fatto Kenshiro per meritarsi il diritto di essere allenato come successore di Hokuto? EHH. La risposta avrebbe dovuto essere accompagnata dall'apposito gestaccio, ma faceva troppo caldo. La verità era che tra loro non c'era mai stata parità. Jagi non era mai stato abbastanza carogna da pestarlo come si deve, e quello era il motivo per cui il piccolo Ken ancora andava in giro sulle sue gambe. Ecco...l'unica cosa che proprio gli rodeva, era che quel deficiente ci facesse una figura migliore di lui. Era totalmente immeritata...come tutto il resto nella sua vita. Kenshiro doveva essere nato sotto la stella dei raccomandati.
Ma poi, alla fine, non è che gli importasse molto di Kenshiro...sì, certo, se l'avesse visto morire probabilmente sarebbe corso da lui e avrebbe ballato sul suo corpo agonizzante, ma non era quella la cosa che gli interessava.
Loro padre. Loro padre era l'unico che contasse davvero. Da bambino avrebbe tanto voluto un po' di attenzione. Invece, Ryuken passava tutto il tempo con gli altri. E per un sacco di tempo Jagi ci aveva sofferto come un cane. Perché "quelli" dovevano essere più importanti di lui? Perché non poteva partecipare agli allenamenti? Neanche scappare di casa era servito a nulla...aveva dovuto pestare quel pelato del cavolo, quello pieno di cicatrici, per far capire a loro padre che aveva potenziale.
Tanto poi era stato tutto inutile...tanto lui era rimasto comunque un incapace. Il più scarso dei quattro. Per quello aveva cercato di non mollare, nonostante tutto. Voleva che si rendessero conto che si sbagliavano.
Anche se poi...
"Jagi, fammi capire...tuo padre sta allenando un successore perché salvi il mondo quando è nel caos, giusto? Ho capito bene?" Anna era sveglia, non le si poteva nascondere niente. Si era resa conto quasi subito che lui aveva ripreso gli allenamenti. Aveva provato a mentirle, ma non c'era stato verso di convincerla. Alla fine aveva deciso che era meglio raccontarle tutto, e farle capire quanto quella storia fosse importante.
"Sì..."
"Ma...scusa, ma che senso ha? Siamo nel 1990(1), secondo te il mondo ha ancora bisogno di un salvatore tipo...tipo Giulio Cesare nel Medioevo?"(2)
"...in che senso?"
"Nel senso che voi siete tutti convinti che il mondo andrà a rotoli, ma se la Guerra Fredda dovesse veramente finire tutto quello che avete studiato sarebbe inutile, no?"
Stava per cominciare a spiegarle che aveva torto, ma lei aveva continuato.
"Una volta finita la Guerra Fredda, il mondo sarà in pace. Mettiamo che tu sia il successore. Continuerai a vivere al dojo, ciliegi in fiore, tutto molto poetico...e poi? Quando tuo padre morirà, con quali soldi camperai, mentre insegni a un altro la tecnica di Hokuto?"
Quella era...quella era un'ottima domanda.
"Beh...potrei sempre insegnare le arti marziali ai ragazzini per soldi..."
"E tu sei sicuro di voler fare quello per tutta la vita? Tutti i giorni circondato da ragazzini, ragazzini che devi trattare bene qualsiasi cosa facciano, perché ti pagano? Non hai pazienza con gli adulti, figurati con i bambini..."
Beh...visto così sembrava fastidioso, in effetti. Parecchio fastidioso.
"Jagi, il mondo non ha bisogno di Superman. Superman esiste perché esistono i supercattivi, gli alieni, e tutta quella roba da fumetti. Ma noi non siamo in un fumetto, questa è la vita reale. E questo mondo ha bisogno di persone che facciano qualcosa di serio. Tipo, io in questo momento avrei bisogno di aiuto per riparare il cambio di questa moto."
E così le aveva dato una mano...tutte e due, a dire il vero. Quando Boss era passato a vedere a che punto era la moto e aveva visto che sulla maglietta bianca della sorella c'era la stampa di una mano sporca di grasso proprio all'altezza del seno, aveva tirato dietro a Jagi una marmitta vecchia, prendendolo di striscio sul braccio. Ma questo era successo alla fine. Prima, mentre ancora stavano riparando la moto (ma dopo che le aveva palpato il seno. Era meglio approfittare finché era calma, no?), Jagi aveva ripreso il discorso, perché Anna doveva capire, perché non voleva che il suo sembrasse solo il capriccio di un ragazzino.
"Ho faticato tanto per convincere mio padre a insegnarmi...lui non voleva, ma alla fine si è arreso, e ha capito che anch'io avevo il potenziale giusto."
"E sei sicuro che il fatto di non insegnarti fosse una brutta cosa?"
"Anna...per lui l'Hokuto è la cosa più importante al mondo. Persino più importante di me. Quando ero piccolo passava più tempo con i miei fratelli che con me..."
"Beh, forse voleva solo proteggerti da tutta quella faccenda. Insegnare l'Hokuto è il suo dovere, e lo fa...ma lui vive in un dojo, da solo. Non ha una vita, praticamente. Forse non voleva che tu finissi allo stesso modo."
"Anna, tu non capisci."
"E va bene. Forse non capisco, però rispondimi sinceramente...a te piacerebbe vivere come lui? Rispondimi, e ti prometto che non ne parleremo più. Qualsiasi cosa tu dovessi fare, non ti ostacolerò. Passami il secchio, questo coso perde troppo."
Aveva eseguito, in silenzio, e Anna aveva finito di smontare il cambio.
"Però lo sai...lo sai perché mi arrabbio così? Perché avevamo già fatto questo discorso, ne avevamo già parlato l'altra volta. Mi avevi detto che era vero, che tutta la storia della successione non aveva senso...però poi hai continuato ad allenarti alle mie spalle. Sai qual'è la verità? Che quello che dici di tuo padre, che diceva di volerti bene ma poi ti ignorava, lo stai facendo a me. A letto con me ci vieni, mi hai detto che anche tu mi ami, ma poi c'è sempre qualcosa di più importante, qualcosa che viene prima. Tu, per costringerlo a darti attenzione, ti sei messo a studiare l'Hokuto. Io invece che posso fare?"
"Ma non è così..."
"Ah, no? Invece sì, Jagi. E' la stessa situazione. E se dici che tuo padre ha fatto male a considerare l'Hokuto più importante di te, vuol dire che forse anche tu dovresti rivedere il tuo atteggiamento. Se invece decidi che l'Hokuto è più importante di qualsiasi altra cosa, poi non venire a cercarmi quando ti va di farti una scopata, perché adesso non mi va più di fare la damina in pena che aspetta che il cavaliere torni a casa. Nella vita non si può avere tutto, Jagi. E con questo, chiudo il discorso. E anche le gambe. Si riapriranno solo se tornerai con una decisione definitiva."
Una parte di lui avrebbe voluto risponderle che era un'idiozia, che era lei a non capire.
Un'altra parte gli aveva detto che per una volta era meglio rimanere in silenzio, e pensarci. Quindi aveva finito di aiutarla, si era beccato la marmittata da Boss, e mentre tornava a casa aveva cominciato a ragionarci su.
Suo padre...avrebbe dovuto parlargli. Avrebbe dovuto obbligarlo ad affrontare la situazione, dirgli le stesse cose che aveva detto Anna a lui (meno la storia delle gambe, OVVIAMENTE.), e poi ascoltare le sue risposte. Almeno, avrebbe capito cosa diamine fare del proprio futuro.
Il problema era che...il problema era che, più ci pensava, più si rendeva conto che se avesse provato a diventare il successore, quello sarebbe stato un lavoro a tempo pieno. Non avrebbe potuto fare come Superman, che aveva Clark Kent. Lui sarebbe stato Superman ventiquattr'ore al giorno.
Considerandola così, la possibilità di rinunciare alla successione non sembrava una brutta cosa...insomma, alla fine lui una vita ce l'aveva. Aveva degli amici al di fuori di quel cavolo di dojo. E aveva anche una ragazza...certo, anche Kenshiro ne aveva una, ma Anna era mille volte meglio di quella gattamorta di Yuria. Tipo, se avessero chiesto a Yuria di guidare la Honda rossa di Anna, sicuramente si sarebbe messa a piangere. Ma vabbè, Yuria passava la vita a piangere, non è che si potesse pretendere molto da lei. Forse pensava di poter combattere la siccità con le lacrime.
Insomma, aveva deciso che Anna non aveva tutti i torti. E, da quel giorno, non aveva più preso gli allenamenti seriamente. All'inizio si aspettava che suo padre lo punisse, o almeno lo rimproverasse (cioé, se era successo un macello per la storia degli aghi...a rigor di logica, una cosa del genere avrebbe dovuto sollevare un polverone.), e invece sembrava quasi che non fosse un problema per nessuno. Allora, un giorno, aveva provato a rispondere "Oggi proprio non mi va di combattere..." quando Ryuken aveva detto che dovevano andare ad allenarsi. Si aspettava qualche faccia contrariata, si aspettava che quel cretino di Kenshiro gli dicesse "Ma come! Devi allenarti con noi!"...e, invece, nessuno aveva insistito. Non sapeva se sentirsi offeso o sollevato...dopo un paio di sigarette, aveva deciso che era più comodo sentirsi sollevato. Praticamente, poteva fare come gli pareva, a patto di non creare problemi agli altri e di dare una mano con i lavori pesanti. Forse avrebbe potuto anche passare tutto il giorno in giro, se avesse voluto. E allora aveva pensato "A questo punto, che ci rimango a fare qui?".
La questione era che...la questione era che, se fosse andato via, avrebbe reso palese il fatto che aveva rinunciato. Sarebbe stato come dire a loro padre "Guarda, ho insistito tanto per farmi allenare, ma adesso mi sono stufato.". E sarebbe morto, piuttosto che fare una cosa del genere. Se invece avesse aspettato il momento della nomina di Toki a successore, avrebbe potuto dire "Eh, ci ho provato fino alla fine. Purtroppo, è andata male.". Il risultato non sarebbe cambiato, ma almeno ne sarebbe uscito a testa alta. E così, sarebbe potuto finalmente andare a stare col resto della banda, finendola con quella specie di tira e molla "Sto con voi. No, devo tornare al dojo. No, però dopo starò con voi.". Boss gli aveva fatto capire più volte che la sua situazione era un'eccezione alla regola, una cosa che tollerava solo per fare contenta Anna. Certo, poi aveva aggiunto che se si fosse azzardato a rendere infelice la sua adorata sorella minore, gli avrebbe infilato un braccio nel...ok, non voleva pensarci...e gli avrebbe sfilato le vertebre una per una. E Jagi sapeva perfettamente che era una minaccia da non prendere alla leggera. La cosa che più lo faceva ridere era il fatto che ormai non era più il ragazzino frignone che la banda aveva incontrato anni prima. Adesso era di poco più basso di Boss, ma aveva il doppio dei suoi muscoli. Avrebbe potuto pestarlo anche senza usare l'Hokuto...e invece provava per lui un gran rispetto (...quasi timore), sia come capo della banda, che come fratello di Anna. Ma, soprattutto, perché col fucile aveva una mira da cecchino. E la scuola di Hokuto insegnava tante cose...ma non era sicuro che fosse possibile parare una fucilata.
Si lasciò sprofondare sulla panca. Non vedeva l'ora che arrivassero le nove, così loro padre sarebbe uscito per andare a trovare Rihaku, e lui avrebbe avuto campo libero per prendere la moto e raggiungere Anna senza dover dare spiegazioni a nessuno. Con lei, sarebbero andati da qualche parte a cercare un minimo di fresco, e si sarebbero rilassati insieme.
Chiuse gli occhi, e riprese a sventolarsi.

Parcheggiò alla meglio la moto davanti al Johnny's, ed entrò di corsa nel bar. Ryuken era uscito un po' più tardi del previsto, quindi aveva dovuto premere sull'acceleratore per non fare troppo tardi. Su un paio di curve aveva rischiato la morte, ma era ancora vivo e vegeto.
Ora...se qualcuno gli avesse chiesto di descrivere il Johnny's, gli avrebbe risposto che era indescrivibile. La prima volta che ci era entrato aveva ingenuamente chiesto chi fosse Johnny. La risposta (che aveva scoperto solo molto, molto dopo...) era che quel bar era fallito, e la banda di Boss lo aveva occupato abusivamente. Fingevano di gestirlo vendendo più che altro alcool e tramezzini schifosi ma, in compenso, Anna dietro al bancone faceva una gran figura.
Era lì che aveva dormito, quando era scappato dal dojo. Ormai erano passati anni, ma se lo ricordava come fosse appena successo. Anche Anna e Boss vivevano lì, ma loro erano al piano di sopra. A lui avevano rimediato una brandina e l'avevano messa nel retro, in uno sgabuzzino che avevano ripulito. Erano stati i sei mesi più folli della sua vita, era stato come vivere in un film. Giorni, notti, non c'era differenza. Una volta Boss aveva deciso che bisognava fare qualcosa di grande per festeggiare il compleanno di Rust (pace all'anima, si era preso una fucilata nella schiena da uno dei Crazy's.), ed erano andati a rubare un biliardo. Sulle moto. Dopo anni, Jagi ancora non aveva la minima idea di come ci fossero riusciti...però quel biliardo faceva ancora bella mostra di sé nel locale. Ecco, con la banda aveva imparato anche a giocare a biliardo (oltre al metodo più efficiente di rubare una moto, e a sparare con qualsiasi tipo di arma gli capitasse per le mani...), e doveva dire che a quel tavolo aveva vinto parecchi soldi. Peccato che ormai nessuno volesse più scommettere contro di lui.
Chiuse la porta, e salutò i ragazzi che erano nel bar. Anna era dietro al bancone, insieme a Boss.
"Guarda un po' chi si fa vedere!" la ragazza incrociò le braccia e guardò Jagi, sorridendo.
"Non è tanto tardi..." alzò le spalle. Per la miseria, aveva fatto più in fretta possibile...che altro doveva fare? Poteva far saltare in aria la gente con una ditata, ma la scuola di Hokuto il teletrasporto ancora non lo insegnava.
"Ti stiamo aspettando da un quarto d'ora, fa' un po' tu..."
Stiamo?
"Ciao."
Jagi si voltò, e vide Amiba seduto su uno degli sgabelli. Quindi, si sarebbe unito a loro anche quella specie di asparago lesso. Niente uscita romantica, quindi. Oookay...
Amiba era uno studente di Nanto Suicho Ken. Come lui, era uno che non sarebbe mai arrivato da nessuna parte. Diversamente da lui, tuttavia, Amiba si ostinava a credere di essere un genio delle arti marziali. Cioè, non che fosse stupido, tutt'altro...ed era anche molto simpatico, se uno lo sapeva prendere. Uscire con lui era garanzia di farsi due risate (il più delle volte a spese di qualcun altro). Bastava ripensare a come si erano conosciuti...tutto era cominciato quando aveva trovato Toki che litigava con Cheese, uno della banda. Vedere Toki litigare (fuori dal dojo, poi!) era una novità, quindi Jagi si era avvicinato immediatamente. Avvicinandosi, si era reso conto di due cose: la prima, che quel tipo non poteva essere Toki; la seconda, che era completamente fuori di melone. Jagi lo aveva fermato appena in tempo, prima che potesse aprire lo stomaco di Cheese, e gli aveva tirato un cazzotto in faccia, buttandolo a terra. Quasi-Toki aveva provato a rialzarsi, ma Anna gli aveva puntato una chiave inglese alla testa, facendogli notare che era da solo, contro tre. Tre, che potevano diventare molti di più, se lei avesse deciso di fare un fischio e chiamare il resto della banda.
Quasi-Toki si era messo a ridere, col sangue che gli macchiava di rosso vivo i denti, affermando di essere un maestro di Nanto, e di non temere dei teppisti di strada. Aveva provato ad alzare un braccio, ma Jagi gli si era lanciato sopra, approfittando del fatto che era sì più basso, ma decisamente più robusto. Gli aveva puntato un dito sulla fronte, e aveva sussurrato "Hokuto Shinken". Quasi-Toki aveva stretto gli occhi, e lo aveva fissato.
"Con quella faccia? E' un bluff." aveva sibilato.
"Posso farti uscire sangue da ogni buco del corpo, e mi farò una birra mentre mi godo lo spettacolo."
Avevano continuato a fissarsi per un paio di secondi, e poi finalmente lo stallo era finito, e Quasi-Toki aveva abbassato il braccio.
In quel momento, non gli era proprio venuto in mente che avevano fatto tutto quel teatrino davanti a quel cretino di Cheese. Ma vabbé. Per fortuna non era proprio il più sveglio degli uomini di Boss, quindi non aveva detto niente a nessuno.
Contro ogni aspettativa, Amiba (poi si era presentato, come se niente fosse successo.) si era rivelato un tipo sveglio, e anche parecchio amichevole, una volta superato il momento iniziale. Aveva preso a frequentare il Johnny's ogni volta che non aveva niente di meglio da fare, e a Jagi la sua compagnia non dispiaceva affatto, anzi... Soprattutto perché con lui poteva parlare liberamente dei suoi allenamenti, e perché Amiba condivideva parecchie delle sue idee. Avevano anche preso a insegnarsi un po' di tecniche delle rispettive scuole, perché poteva sempre risultare utile (tecnicamente, sarebbe stata una violazione della legge di Hokuto, ma Amiba era un amico)...insomma, era il tipo di persona con cui si trovava alla grande. La tensione con Anna era durata un po' di più, ma adesso anche loro si trovavano bene insieme.
Talmente bene, che al momento Amiba era lì nel bar, e sarebbe uscito con loro. Certe volte gli veniva quasi da essere geloso...insomma, quanti altri avrebbero accettato che la propria ragazza invitasse un terzo incomodo a un'uscita di coppia? E che diamine...
"Anna ha ragione." Amiba si indicò l'orologio da polso, con la sua migliore espressione da professorino.
"Allora fatti portare in moto da Anna, no?" Jagi gli mostrò il dito medio, e lo guardò con un sogghigno. Sì, perché il geniaccio non sapeva guidare. Moto o macchina che fosse, era completamente al di fuori della sua portata. Mettergli in mano un mezzo su ruote più complicato di un triciclo equivaleva a liberare un pericolo pubblico, un cavolo di elefante in una cristalleria. Solitamente, infatti, se dovevano uscire tutti insieme, lui saliva in moto con Jagi. Con Jagi, e non con Anna, perché lo spilungone era troppo alto per aggrapparsi a lei. Ci avevano provato una volta sola, ma era perché non avevano scelta, e si erano ripromessi di non farlo più...anche perché lo spettacolo di Amiba che cercava di reggersi alla moto e sembrava una banderuola segnavento era troppo, troppo comico.
"No. E se continuate a perdere tempo, io vi lascio qui." Anna era uscita dal bancone e aveva preso la sua borsa. Stava sorridendo ma, conoscendola, Jagi sapeva che sarebbe stata perfettamente in grado di andarsene da sola, fosse solo per gustarsi lo spettacolo di loro due che si scapicollavano per raggiungerla.
"No, no, siamo pronti."
"Bravi." si avvicinò a Jagi, e gli diede un bacio leggero sulle labbra. Mentre si allontanava, lui la afferrò di nuovo, baciandola con più passione.
Quasi immediatamente, uno straccio bagnato gli colpì la testa, costringendolo a interrompere il divertimento.
"Scopatela pure, no?" Boss incrociò le braccia sul petto, fissando i due con aria decisamente contrariata.
"Se è un ordine, io eseguo..." Jagi alzò le spalle, perfettamente consapevole del fatto che stesse mettendo alla prova la sua buona stella. Oh, insomma...lui e Anna stavano insieme da secoli, un bacio non avrebbe dovuto scandalizzare nessuno...tantomeno Boss, che più di qualche volta si era portato a casa delle prostitute.
Prima che Jagi potesse finire la battuta, Boss aveva già afferrato una bottiglia di whisky ancora piena per lanciargliela addosso...e l'avrebbe pure fatto, se non fosse intervenuto Dee Dee, che gliel'aveva sfilata dalla mano appena in tempo. Ok, oggi non era il caso di scherzare. Jagi aveva già visto Boss prendere a bottigliate un tizio durante una rissa, aveva una tecnica assassina.
"Se avete finito di gareggiare a chi ce l'ha più lungo, io vorrei uscire."
Come al solito, Anna era la più pratica del gruppo.

Alla fine, da quello che aveva capito Jagi, Amiba si era rifugiato al bar perché nelle residenze degli studenti di Nanto non c'era un solo ventilatore, neanche a pagarlo oro (questa per Jagi era una soddisfazione, almeno avrebbe avuto qualcosa da rispondere quando gli dicevano che quelli di Hokuto erano dei morti di fame.). Stava morendo di caldo, quindi aveva deciso di andare a cercare un minimo di fresco al Johnny's. Gli avevano detto che poteva restare quanto gli pareva, a patto di consumare almeno una birra (che poi era uno spreco proporre la birra ad Amiba...quella sottospecie di mammoletta la beveva solo mischiata con la gazzosa.); quando però aveva capito che non ci sarebbero stati né Anna, né Jagi, aveva deciso di andare via. Questo perché, nonostante facesse il simpatico con tutti, non era molto in confidenza col resto della banda. Jagi li aveva sentiti più volte dire che era un tipo strano. Non poteva dargli torto...anche lui avrebbe pensato la stessa cosa, se non fosse stato uno studente di arti marziali come lui.
Vedendolo così, e sentendosi prendere dalla pena, Anna gli aveva proposto di uscire con loro.
"Quindi...dove stiamo andando?" gridò Amiba, reggendosi a Jagi. Erano partiti da un po' di minuti, seguendo Anna.
Stavano andando...eh, bella domanda. Jagi stava guidando e basta, senza chiedere. Non ne aveva bisogno, Anna conosceva la zona come le sue tasche.
"C'è un lago, un po' distante da qui!" rispose lei, senza distogliere gli occhi dalla strada.
Un lago? Ah, probabilmente era il lago artificiale da cui partiva il fiume che passava vicino al dojo. Non c'era mai stato, ma ne aveva sentito parlare.
Personalmente, qualsiasi posto sarebbe stato meglio del dojo. Anche solo guidare così, con l'aria contro la pelle, con la strada che sfuggiva ai lati degli occhi...faceva ancora un caldo assurdo, ma era già mille volte meglio che restare fermi a squagliarsi come dei ghiaccioli depressi.

"Eccoci!" Anna fermò la moto, e indicò il lago circondato da montagne davanti a loro. C'era un terrazzino di cemento con due panchine, due ombrelloni, e un venditore ambulante di cibo. A parte quello, alberi. Alberi ovunque. Ma di tutta quella roba da poeta lagnoso a Jagi importava ben poco. La cosa meravigliosa era l'acqua. Tanta. Profonda. Fresca.
Fece scendere Amiba e parcheggiò la moto, già pregustando il momento in cui avrebbe potuto lanciarsi in quel lago e fare un bel bagno...

"...ma non possiamo farci il bagno!" Amiba stava fissando Jagi e Anna, che avevano buttato la loro roba a terra e avevano cominciato a svestirsi.
"Scusa, perché?"
"Beh, non abbiamo i costumi..."
"E allora?" Jagi lo guardò con compassione, mentre si calava i pantaloni. Che razza di infanzia infelice aveva avuto Amiba, per farsi quei problemi? Lui non aveva mai posseduto un costume in vita sua, eppure non faceva drammi. Quando aveva vissuto al Johnny's avevano una piscina rattoppata (aveva reso l'anima al cielo un mese e mezzo dopo il suo arrivo ma meritava tutti gli onori, quella piscina...) e avevano sempre fatto il bagno in mutande (o, nel caso di Anna, mutande e canottiera. Certo, poi la canottiera si bagnava...diciamolo, quelle erano state le prime tette vere che avesse mai visto. Anche se all'epoca era troppo ingenuo per capire perché gli piacesse tanto guardarle.).
"Ma...e voi poi volete tenervi addosso la biancheria bagnata?"
"Se non ti va, puoi sempre toglierla e metterla ad asciugare da un'altra parte..." Jagi inclinò la testa, fissandolo come se avesse avuto a che fare con un bambino a cui andava spiegato tutto. Intelligenza pratica, ecco cosa mancava ad Amiba. Era un bravo teorico, ma nella pratica si perdeva facilmente.
"Io..."
"Basta. Io voglio andare a farmi un bagno, quindi scegli: o ti spogli, o ti spoglio io."
Amiba diventò viola, e annuì. Cominciò a sbottonarsi la camicia, con lo sguardo fisso a terra. Ah beh...chi l'avrebbe mai detto che Amiba, con quella faccia, fosse timido? Bah. Ogni giorno si imparava qualcosa di nuovo.
Jagi alzò le spalle, e cominciò ad entrare nel lago. Anna era già andata avanti, e si era fermata con l'acqua che le arrivava ai fianchi. Se fossero stati da soli si sarebbero schizzati, si sarebbero fatti il solletico, e probabilmente la cosa sarebbe degenerata nel giro di dieci minuti. Sarebbe stato molto piacevole, sì. Ma, dato che c'era Amiba...
...a proposito, dov'era finito? Perché ancora non li aveva raggiunti?
"Amiba, vieni...perché te ne stai lì?" Anna si voltò verso di lui, che era rimasto sulla riva, in boxer, e con l'acqua che gli bagnava a malapena le caviglie.
"Ragazzi...non voglio offendervi, ma ho come l'impressione che quest'acqua sia sporca." Amiba avanzò timidamente di un paio di passi, con lo stesso entusiasmo che avrebbe avuto se al posto dell'acqua ci fosse stato...beh, qualsiasi tipo di cosa facesse schifo ad Amiba. Ed era difficile, molto difficile che Amiba provasse disgusto per qualcosa...a dire il vero, Jagi non era sicuro che il suo amico si fosse mai tirato indietro davanti a niente. Aveva raccontato cose (che fossero vere o no faceva poca differenza. Anche solo averle pensate era sufficiente.) che avevano causato moti di ribrezzo persino a lui...e adesso, davanti a un po' d'acqua, si faceva problemi? Questa era un'altra novità. Era pieno di sorprese, il ragazzo.
"Macché sporca! Vieni con noi!" Anna gli fece cenno di seguirli.
Amiba inspirò profondamente e avanzò ancora, rigido come un palo della luce. A giudicare da come si muoveva, stava camminando sulle punte dei piedi.
Quando fu abbastanza vicino, Anna sbatté le mani sull'acqua, mandando schizzi tutt'intorno, e facendolo irrigidire ulteriormente.
"No, no, non fare così. Qui dentro ci sono sicuramente morti degli animali!" scosse la testa, quasi tremando. Aveva gli occhi spalancati, grandi come palline da ping-pong. Era davvero una faccia da fotografia.
Comunque, non poteva essere serio. Cioè...preferiva davvero morire di caldo, anziché immergersi nel lago?
"Amiba, piantala, dai...o dobbiamo buttarti in acqua noi?" Jagi gli si avvicinò, e provò a dargli una spinta.
"NO! Io...io mi rifiuto." Amiba si scansò e scosse la testa, facendo per allontanarsi.
"Ma dai! Come se ci fossero i mostri, qua dentro..." Jagi alzò le spalle e si lasciò cadere, immergendosi fino al naso. Per un attimo si abbandonò semplicemente alla sensazione di freddo contro la pelle, chiudendo il cervello a qualsiasi altro stimolo esterno. Era così piacevole...
"Sentite, già così avrò preso abbastanza funghi da bastarmi per tutta la vita, se voi..."
Jagi si rialzò di colpo, dopo essersi riempito la bocca d'acqua. In una frazione di secondo, prima che Amiba potesse accorgersi che c'era qualcosa che non andava, gli sputò l'acqua addosso.
Il ragazzo saltò all'indietro con una specie di urletto isterico, agitando le mani come se invece dell'acqua gli avessero appena sparato contro uno sciame di vespe.
Jagi scoppiò a ridere, immediatamente imitato da Anna. Per la miseria, doveva ricordarsi quella scena per il resto della sua vita.
"Jagi, lo sai quanti batteri..." cominciò, con la voce disgustata.
"Dai, ho preso in bocca cose peggiori!" Jagi allargò le braccia, ridotto ormai alle lacrime.
Anna rise ancora più forte e gli diede una spinta, facendolo cadere di nuovo giù.
Jagi annaspò un attimo, prima di rialzarsi e tossire via l'acqua che gli era entrata in gola. Compito non facile, considerando che stava ridendo talmente forte da avere quasi le convulsioni.
"Domani, quando non riuscirai ad alzarti dal gabinetto, penserai a me!" Amiba gli puntò contro un dito, senza smettere di tremare.
"L'hai detto tu, eh..." fantastico. Veramente fantastico. Probabilmente sarebbe morto dalle risate prima della fine della giornata.

Lo avevano convinto a restare, dopo tutta quella tragedia. E Jagi era anche pronto a scommettere che il loro amico acquofobo (ah, no, si diceva in un altro modo...vabbé, quello bravo con le parole da professore era Toki.) si fosse divertito, nonostante avesse continuato a piagnucolare che erano circondati dai batteri.
Quando si erano decisi a uscire, si erano resi conto che stavano morendo di fame. Non avevano portato il pranzo, ma per fortuna c'era il chiosco...certo, Jagi non aveva soldi, ma se li sarebbe fatti prestare da Anna. Tanto, lì al Johnny's c'erano sempre lavori pesanti da fare con cui sdebitarsi. Cioè...pesanti per gli altri. Non per lui. Da qualche anno, ormai, lo sapevano tutti che era lui il più forte della banda. Non che questo fermasse Boss dal minacciarlo di morte quando pensava che stesse superando il limite, ma era bello sentire il l'ammirazione degli altri. Era bello sapere che, anche senza usare l'Hokuto, quella gente lo considerava qualcuno. E lui si sentiva finalmente apprezzato.
Stava per chiedere ad Anna quanti soldi avesse, quando sentì il suo amico parlare.
"Anna, mi passeresti il mio tramezzino?" Amiba allungò la mano.
Jagi sbatté le palpebre, per niente sicuro di aver capito bene. Tramezzino? E quello che Anna stava tirando fuori dalla borsa era...era uno dei tramezzini al tonno del Johnny's. Amiba...no, sicuramente nessuno gli aveva detto niente. Che carogne...
Ovviamente, anche Jagi non avrebbe aperto bocca. Non voleva mica rovinarsi lo spettacolo.
"Ah, tieni." la ragazza sorrise, e glielo passò.
In silenzio, lo guardarono mentre scartava il tramezzino con precisione chirurgica e se lo portava alla bocca.
Era solo questione di attimi.
Diede un morso generoso al pane. Jagi provò un indizio di pena per lui.
Una masticata. Due. Tre...
"AGGH..."
Ed ecco che il sapore del tonno gli aveva raggiunto le papille gustative. Jagi e Anna scoppiarono a ridere all'unisono.
Amiba si voltò, e cominciò a sputare pezzi di tramezzino semi-masticati.
"Santo cielo...questo coso...è la cosa più disgustosa..." balbettò, tra un quasi-conato e l'altro.
"Ecco. Domani, quando non riuscirai ad uscire dal cesso, penserai a noi." Jagi gli diede un paio di pacche sulla spalla.
Quel tonno era vecchio già prima di morire, era un miracolo che ancora avesse l'aspetto di una sostanza commestibile. Chissà da quanto tempo aspettava qualche anima pia che se lo mangiasse...
La questione era molto semplice: ogni tanto, al Johnny's compravano un bidone di tonno sott'olio (tanto per darsi la parvenza di un bar serio. Quando arrivava qualche malcapitato che chiedeva un tramezzino, Anna rispondeva "Oh, certo! Glielo preparo subito!". Si metteva i guanti, per farglielo...ma non per una questione di igiene, se li metteva perché non voleva toccare quel tonno con le mani.)...e quel bidone restava in giro finché non cominciava ad avere un aspetto mezzo mummificato. I fortunati che lo mangiavano quand'era appena arrivato si beccavano un tramezzino quasi decente. Chi lo prendeva dopo un po' di tempo, come Amiba, rischiava di vomitare anche il fegato.
"E' da quando siamo arrivati che vi state divertendo a mie spese!" la faccia di Amiba trasudava rabbia, sembrava che gli avessero spremuto un limone nel naso. O forse erano solo i postumi del tonno.
"No, Amiba, non è vero. Il tonno del Johnny's è una specie di rito...anche Jagi l'ha mangiato." Anna annuì, passandogli una bottiglia d'acqua.
"E io non l'ho sputato."
"E' vero...aveva tredici anni e voleva fare il duro, quindi se l'è mangiato tutto. Dopo mezz'ora era in bagno e chiedeva perdono per i suoi peccati."
Ahh, per un attimo aveva sperato che non raccontasse quella storia...ogni volta lo faceva sentire terribilmente in imbarazzo. Non tanto per la vicenda in sé (aveva visto gente della banda fare idiozie di ogni tipo, più o meno pericolose...), quanto perché ripensarci equivaleva ad ammettere che da ragazzino era stato un cretino, disposto a farsi del male solo per scommessa (cioè...la verità era che Anna gli aveva fatto i complimenti per il coraggio, quindi voleva dimostrare che quei complimenti erano meritati. Anche perché non erano semplici complimenti...erano complimenti fatti da una ragazza più grande.(3)). Però, almeno, nessuno della banda lo aveva mai preso in giro. Anzi, dopo gli avevano confessato che qualcuno aveva persino avuto paura che ci lasciasse le penne.
"Ah...quindi ingoiare roba poco salutare è un po' la sua passione." Amiba socchiuse gli occhi, e lo fissò con sguardo penetrante. Forse anche un po' troppo penetrante.
"Per la miseria, Amiba, non dire cose che rovinano la reputazione della gente!" sì, cioè, quel tono era da brivido. E non in senso buono. No, no. Gli stava quasi facendo passare la fame...

"Perché non andiamo a farci un altro bagno?" Anna alzò le spalle, e guardò gli altri due. Avevano appena finito di mangiare le cose comprate al chiosco (nonostante tutto, la fame aveva battuto persino i brividi causati da Amiba), e, anche se quel pranzo non era stato proprio il massimo, in confronto al tonno del Johnny's era paradisiaco. No, un momento...quel paragone non gli rendeva giustizia. Persino del cibo per cani scaduto sarebbe stato paradisiaco rispetto al tonno del Johnny's.
"Perché siamo nel bel mezzo della digestione. Non è proprio un'idea intelligente." Amiba annuì, con la sua solita aria da professore.
"Santo cielo...neanche mio padre è così rompiballe." Jagi alzò gli occhi al cielo, esasperato. Certe volte si domandava davvero chi glielo facesse fare, di essere suo amico. Poi però ripensava a quella volta in cui aveva sentito degli altri ragazzi di Nanto umiliarlo per qualche motivo che non aveva afferrato (si era perso tutta la prima parte della discussione, ma non è che gli importasse molto...qualsiasi fosse stata la ragione di quel casino, avrebbe comunque preso le parti del suo amico.), e si rendeva conto che, in effetti, da quel punto di vista erano uguali. Certo, lui tendeva a rompere un po' meno di Amiba, ma il principio era quello. E gli incompresi dovevano aiutarsi a vicenda, no? Anche per questo Boss e gli altri lo avevano accettato come uno di loro quando lo avevano salvato dalla strada, tanti anni prima. E Anna aveva ragione, quando diceva che i suoi fratelli al dojo erano diversi da lui. Loro non avevano mai sperimentato quello che aveva provato lui, non avevano idea di come si sentisse.
Insomma...alla fine, non avrebbe cambiato Amiba con nessuno. Era il suo migliore amico.
"Io vi ho avvertiti. Non è colpa mia se qui sono l'unico ad avere una cultura...e un minimo di buonsenso."
Oh. Adesso si andava sulle offese? Beh, evidentemente prima non si era bagnato abbastanza.
"...io lo prendo per le braccia, tu per le gambe, e lo buttiamo in acqua." Jagi guardò Anna, con la bocca incurvata in un sogghigno. Gli occhi di Anna brillarono, e annuì di rimando, pronta a scattare sul ragazzo più alto.
"NON...non vi azzardate. Giuro che vi ammazzo...Jagi...LASCIATEMI, ACCIDENTI A VOI!"

Era ormai tarda sera quando l'uomo anziano vide il terzo dei suoi figli adottivi rientrare nel dojo. Quel ragazzo gli aveva dato tante preoccupazioni, forse più di tutti gli altri tre messi assieme, quindi vederlo così era...era un sollievo. Il fatto che frequentasse quella delinquente bionda (oh, certo che lo sapeva. Lo sapeva da parecchio tempo, ormai...Jagi non possedeva un briciolo della scaltrezza che credeva di avere. Li aveva visti più di qualche volta incontrarsi "di nascosto" dietro al dojo.) non era un male come aveva pensato inizialmente. Faceva parte di una banda di motociclisti, certo (Ryuken aveva fatto un po' di domande discrete in giro, per sapere di più su di lei. Insomma...nonostante tutto, Jagi restava pur sempre suo figlio; per quanto fosse possibile, voleva proteggerlo.), ma aveva un'ottima influenza su di lui: era più tranquillo, e aveva finalmente smesso di competere con gli altri per la successione.
Ryuken sorrise. In effetti, aveva dato finalmente un po' di pace anche a lui, che per anni aveva temuto di aver fatto un terribile errore, quando aveva acconsentito ad addestrarlo.
Il ciliegio al centro del cortile si mosse, scosso dalla brezza.
Forse quella notte anche l'afa li avrebbe lasciati riposare.



(1) La guerra nucleare scoppia in questo fantomatico 199X. Dovendo dare un corso diverso alla storia, ho scelto di posizionarmi proprio sul bordo tra gli '80 e i '90. Per mantenere una certa coerenza tra la storia originale e la Storia propriamente detta, ho posticipato leggermente la fine della Guerra Fredda (di due anni abbondanti, a voler essere precisi). Ah...comunque...essendo questo un flashback, la storia principale si svolge nel 1991. E adesso immaginate che sfacelo potrebbe essere Jagi vestito con abiti dei primi anni '90.
(2) Anna è un ottimo meccanico e guida meglio di tutta la banda di Boss messa assieme, ma le materie teoriche non sono proprio il suo forte.
(3) Per come la vedo io, Anna è più grande di Jagi. Quando si incontrano la prima volta, Jagi ha un aspetto molto infantile (ha gli occhioni da bambino, e arriva a malapena ai pettorali di Boss), ma Anna ha già un accenno di seno, e sembra più alta di lui (non si riesce a capire se ha anche una moto sua, purtroppo). Quindi, lei ha già iniziato lo sviluppo, mentre lui è ancora indietro. Poi, dopo sei mesi, Jagi torna al dojo, e ha un aspetto già più "da grande", ma non di tantissimo. Ho pensato che quando si sono incontrati lui potesse avere all'incirca tredici anni, e lei uno o due in più. Certo, poi in Jagi Gaiden gli anni passano un po' a casaccio, ma io sto cercando di dare una coerenza alla mia fiction, abbiate pazienza.

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Siamo alla fine! Questa oneshot è stata sponsorizzata dalla seguente immagine:
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(Ma c'è qualche maledizione su questa immagine? Aggiornata per L'ENNESIMA VOLTA. Se avete problemi a visualizzarla, ditemelo. Grazie di nuovo <3 )
(Lo so che qui hanno i costumi, mentre nella fiction sono in mutande, ma facciamo finta di niente. Lavoro fatto da me in Blender, i modelli sono presi da Ken's Rage e poi riadattati. Ho realizzato Anna partendo da Sayaka. Tatuaggi e dettagli vari sono idee mie. Come per la fiction, non sono proprietaria di nessuna di queste cose...purtroppo.)

P.S.
1. LO SO, LO SO, questo Jagi è un po' troppo tranquillo rispetto all'originale...è che avevo una gran voglia di dare una specie di happy ending a tutti (Anna compresa. Quella poveretta mi fa una gran pena.). Jagi non è mai stato tagliato per imparare l'Hokuto, ma non capisco perché quasi tutti i gaiden lo dipingano come una carogna o una sottospecie di gremlin fin da bambino. Insomma, forse era un po' più incline alla violenza degli altri, ma Ryuken non si sarebbe mai tenuto un sociopatico in famiglia senza fare niente, no? (Cioè, spero di no...)
2. I nomi dei componenti della banda di Boss sono tutti inventati da me (e comunque, il Dee Dee che sfila la bottiglia dalle mani di Boss somiglia a Joey Ramone, più che al suo omonimo.). Per quanto riguarda il resto, nel manga gestiscono una specie di locale, come pure nella mia fiction, ma non si vede un cliente neanche a pagarlo. Come fa una banda a mantenere motociclette e cavoli vari con un posto sempre vuoto? Quindi, nella mia versione, il bar è un'attività inutile, e i soldi arrivano da qualche giro illegale. Niente di terribile, alla fine è palese che non siano cattivi ragazzi...solo che, ovviamente, è da loro che Jagi ha imparato la teppisteria.
3. No, quello di Jagi e Anna non è bullismo. Amiba è una pessima persona, quello che gli fanno è più che meritato. E comunque...sì, il nostro adorato genio ha una leggera cotta per Jagi...che invece pensa che il suo amico ci stia provando con Anna, quindi non ha capito niente. XD
   
 
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