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Autore: Nikita Danaan    11/04/2020    1 recensioni
[I Figli della Follia ]
[I Figli della Follia ][I Figli della Follia ]
"Il biondino, sentendo una voce profonda al posto di quella dolce della madre, per un attimo si spaventò e scattò in piedi, non riconoscendolo e mettendosi sulla difensiva. Poi vide il volto sfigurato da quei segni colorati, gli occhi che un tempo pensava fossero crudeli, ma che in quel momento lo guardavano divertiti, il corpo fiero e virile dell’uomo che l’aveva aiutato e di cui si fidava ciecamente".
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"Sperava che anche qualcun altro se ne ricordasse. Chissà se Aaron sarebbe venuto a trovarla. Era da un mese che non si faceva vedere, però capiva che il ruolo di caporale era molto impegnativo. In fondo al cuore però sapeva che avrebbe passato la giornata a guardarsi attorno sperando di scorgere Brave con in sella Aaron".
Questa è forse la one shot più lunga che abbia mai scritto, ma è dedicata a un libro che adoro: "I figli della follia" di Vittoria Agostinelli
Spero vi piaccia tanto quanto a me è piaciuto il libro!
P.S. E' una mia rivisitazione del finale, per cui vengono citati alcuni elementi avvenuti nel romanzo, però in maniera vaga, quindi può leggerla anche chi non ha letto il romanzo.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I raggi del sole filtravano dalla finestra lasciata leggermente aperta, le tende venivano mosse dalla brezza primaverile che scompigliava i capelli biondi del ragazzo che dormiva serenamente nel letto collocato al centro della stanza. La porta venne aperta delicatamente da un uomo dalla corporatura robusta e dai capelli biondi legati in una treccia che si diresse verso la finestra. Scostò le tende facendo entrare ancora di più la luce, che infastidì il ragazzo sotto le coperte.
Egli mugugnò ancora in dormiveglia “Mamma, altri cinque minuti…”.
L’uomo scosse la testa rassegnato, ma anche divertito. Dopotutto Demian rimaneva ancora un ragazzino, però quel pensiero lo confortò. Dopo la brutta esperienza avuta con Lefèvre l’anno precedente, Viktor temeva che il dominatore degli elementi diventasse più freddo e distante. Aveva paura che ciò che aveva subito avesse influito gravemente sulla sua psiche e sul suo carattere ma, nonostante tutta quella sofferenza ingiusta, Demian era ancora il ragazzo buono e sensibile che l’aveva spinto a schierarsi dalla sua parte e proteggerlo.
Dopo la sconfitta del vampiro, Viktor aveva deciso di continuare a vegliare su di lui, così si era trasferito nella loro casa a Lupia, aiutando la signora Amato nelle faccende domestiche e i due fratelli nell’allenarsi, in modo che potessero cavarsela al meglio anche da soli. Visto che Vèra aveva bisogno di allenarsi nel dominio del fuoco, che era quello che la terrorizzava di più, Demian la aiutava in quello, mentre lui li allenava nel combattimento corpo a corpo e anche nell'uso della spada, visto che entrambi avevano bisogno di sapersi difendere anche nel caso fossero stati impossibilitati a usare i loro poteri.
Uscì dal suo flusso di pensieri ricordandosi del ragazzo che non era intenzionato a lasciare le coperte. “Alzati, Demian. La signora Amato mi ha mandato a svegliarti per dirti che è pronta la colazione” lo chiamò.
Il biondino, sentendo una voce profonda al posto di quella dolce della madre, per un attimo si spaventò e scattò in piedi, non riconoscendolo e mettendosi sulla difensiva. Poi vide il volto sfigurato da quei segni colorati, gli occhi che un tempo pensava fossero crudeli, ma che in quel momento lo guardavano divertiti, il corpo fiero e virile dell’uomo che l’aveva aiutato e di cui si fidava ciecamente.
Tentò di ricomporsi e dissimulare la sua gaffe “Buongiorno Viktor, pensavo fossi mia…un ladro che era entrato in casa” si corresse prontamente. Non voleva ammettere che pensava fosse sua madre: sarebbe stata una situazione molto più imbarazzante di quanto già non fosse.
Viktor lo guardò inarcando un sopracciglio e incrociando le braccia al petto. “Un ladro che sa come ti chiami e conosce il cognome di tua madre…un ladro davvero astuto”.
Il ragazzo arrossì e provò a pensare ad un argomento per cambiare discorso, cercando di salvarsi dall’imbarazzo.
Gli cadde prontamente lo sguardo sul grembiule che il Figlio della follia portava legato alla vita e gli scappò una risatina. Viktor lo guardò sempre più perplesso “Cosa c’è di tanto divertente?”. Demian tentò invano di trattenersi, ma era così strano vederlo in quella veste informale.
A volte l’uomo dava l’impressione di essere una persona che non esternasse i propri sentimenti e quasi non sembrava umano, però conoscendolo meglio Demian aveva capito che in verità era una persona leale e gentile.
Il dominatore degli elementi rise di gusto sedendosi sul letto tenendosi la pancia con le mani. Quando si calmò, si rialzò e si diresse verso il suo armadio aprendolo.
Per un attimo Viktor pensò che Demian si volesse cambiare, quindi stava per uscire dalla stanza, quando il ragazzo lo chiamò “Ehi, dove vai? Aspettami!”. Il Figlio della follia rimase vicino alla porta senza girarsi, tenendo la mano sulla maniglia “Se ti devi cambiare, ti aspetto fuori”.
Sembrava quasi imbarazzato e questo aspetto sorprese Demian. Era così raro vedere l’uomo in difficoltà, ma realizzò quanto si fosse appena dimostrato rispettoso nei suoi confronti e ciò lo commosse.
“Io volevo mostrarti una cosa” gli disse, prendendo fuori dall’armadio un sacchetto anonimo. “Questo è il regalo per Vèra visto che oggi è il suo compleanno. Le ho preso quella collana che avevamo visto al mercato qualche settimana fa e che le era piaciuta molto. Non so se te la ricordi”.
A Viktor venne in mente di quel pomeriggio che aveva accompagnato i fratelli a fare delle compere al mercato di Lupia e Vèra era rimasta colpita da una collana molto semplice, che aveva solo un piccolo ciondolo azzurro come decoro, ma la ragazza disse di adorarla. Purtroppo avevano usato tutte le monete che si erano portati dietro per comprare del cibo e non potevano prenderla. Vèra ci rimase male, tanto che Demian dovette consolarla dicendole che sarebbero passati un’altra volta a prenderla.
Viktor si ricordò anche che il pomeriggio stesso il ragazzo era sparito facendolo preoccupare; per fortuna era ritornato dopo pochi minuti tenendo tra le mani proprio quel pacchetto che ora gli stava mostrando. Gli aveva chiesto cosa ci fosse lì dopo che l’aveva rimproverato per non averlo avvisato.
Demian aveva sbuffato lamentandosi del fatto che lo trattasse come un bambino, però poi alla domanda sul pacchetto misterioso gli aveva sorriso furbescamente dicendogli che fosse un segreto.
“Penso che apprezzerà, Demian” gli disse l’uomo.
Il ragazzo sorrise dolcemente “Grazie, Viktor. Però dovresti farmi un favore. Volevo andare un minuto nel bosco e prenderle dei fiori. Non è che mentre io esco dalla porta tu mi copri? Distraila, parlale di qualcosa, vedi tu”.
Il Figlio della follia annuì.
“Ottimo! Oh, vedrai dopo! Se la collana la farà contenta, quando vedrà la sorpresa vera e propria piangerà dalla gioia!” esclamò entusiasta il ragazzo.
L’uomo gli chiese aggrottando le sopracciglia “Cosa stai architettando, ragazzino?”.
Demian sorrise candidamente “È un segreto”.
 
Vèra era in cucina che si stava versando una tazza di caffè, quando sentì alle sue spalle “Ti serve una mano?”.
Per poco non si versò la bevanda bollente sulla mano, girandosi di scatto. Tirò un sospiro realizzando che fosse solo Viktor. Nonostante fosse ormai abituata alla presenza dell’uomo in casa loro, a volte la metteva in soggezione.
“Sei la seconda persona che spavento stamattina” constatò il Figlio della follia.
“Qual è stata la prima?” gli chiese la dominatrice degli elementi.
“Tuo fratello”.
“Ah, dov’è adesso?”.
“In bagno a cambiarsi”.
“Ho capito”.
La ragazza si rigirò verso il tavolo della cucina chiudendo lì il discorso. Viktor schioccò la lingua contro il palato: aveva visto Demian accovacciato dietro il tavolo della cucina che cercava di andare verso la porta della casa senza farsi notare. Il ragazzo gli faceva cenno di continuare a parlarle, ma lui non sapeva cosa dirle.
Pensava che Vèra in fondo non l’avesse mai perdonato per aver rapito Demian e che lo odiasse. Se la signora Amato lo trattava con gentilezza come se avesse sempre vissuto con loro, anche perché i due fratelli avevano deciso di comune accordo di non parlarle troppo di quando era dalla parte di Lefèvre, ma piuttosto enfatizzare sul suo contributo alla loro causa. Ciò non era neanche più di tanto una forzatura, visto che li aveva aiutati molto nella lotta contro il vampiro, che prima serviva. Ma se anche Demian era gentile con lui così come la loro madre, lo stesso non si poteva dire per la ragazza. Perciò raramente capitava che parlassero loro due da soli, però aveva detto a Demian che l’avrebbe distratta e così avrebbe fatto.
“So che oggi è il tuo compleanno. Auguri” riprese a parlare, dicendo la prima cosa che gli venne in mente.
Vèra si girò con in mano la tazza e lo guardò stupita. Era raro che Viktor intavolasse una discussione con lei. Aveva capito che non era un uomo di tante parole, ma di solito si lasciava andare di più con il fratello, però apprezzò il fatto che le avesse fatto gli auguri. Probabilmente gliel’aveva detto o Demian o sua madre, però le aveva fatto piacere comunque.
“Grazie” disse sorridendo leggermente. Sperava che anche qualcun altro se ne ricordasse. Chissà se Aaron sarebbe venuto a trovarla. Era da un mese che non si faceva vedere, però capiva che il ruolo di caporale era molto impegnativo. In fondo al cuore però sapeva che avrebbe passato la giornata a guardarsi attorno sperando di scorgere Brave con in sella Aaron.
Viktor intanto si guardava intorno, così gli chiese “Stai cercando qualcosa?”.
L’uomo pensò per un attimo di essere stato colto sul fatto, mentre cercava di capire se Demian fosse uscito, tuttavia sembrava che Vèra non se ne fosse accorta, così le chiese “Non c’è la signora Amato?”.
“La mamma l’ho vista prima che usciva per andare al mercato”.
“Capisco. Mi sembrava strano che non ci fosse, visto che di solito è qua”.
Di nuovo calò un silenzio carico di imbarazzo. Non riusciva proprio a parlare con quella ragazza, così decise di non parlare più, ma di fare qualcosa di pratico in cui era decisamente più bravo “Ti aiuto ad apparecchiare e a cucinare”.
 
Intanto Demian era riuscito a raccogliere i fiori e stava ritornando a casa. Era elettrizzato, perché stava organizzando da tanto tempo una sorpresa per la sorella in accordo con sua madre. Infatti era andata al mercato non solo per prendere gli ingredienti per fare la torta preferita da Vèra, ma anche per incontrarsi con una persona. Demian sorrise dirigendosi verso casa canticchiando.
Prima di entrare di soppiatto sbirciò dalla finestra per vedere come se la stesse cavando Viktor e la scena che vide gli scaldò il cuore: vedere due delle persone a cui teneva di più che stavano apparecchiando e cucinando insieme lo riempì di gioia. Addirittura gli sembrò che Vèra sorridesse e tutto ciò non poteva che renderlo felice. Sapeva che la sorella aveva faticato a fidarsi di Viktor, per via del rapimento, ma lì ebbe la conferma che le cose si stavano iniziando a mettere a posto.
Il Figlio della follia, mentre posava un piatto in tavola, alzò per un attimo lo sguardo e vide di sfuggita Demian, così gli fece un cenno per fargli capire che poteva entrare e che ci avrebbe pensato lui. Il ragazzo si chinò e aprì la porta lievemente, mentre Viktor si metteva di proposito davanti ad essa per coprirlo.
Il ragazzo si mosse con calma verso la propria stanza e intanto sentì la sorella che parlava con Viktor sugli ingredienti da usare per preparare il pranzo. Si sbrigò a nascondere i fiori in camera sua, per poi correre in cucina come se non fosse mai uscito dalla casa.
“Buongiorno sorellina! Auguri!” esclamò correndo da Vèra ed abbracciandola.
“Grazie, fratellino!” ricambiò l’abbraccio la dominatrice degli elementi accarezzandogli i capelli. Viktor osservò la scena in rispettoso silenzio, pensando quanto fosse forte il legame tra i due fratelli e per un attimo li invidiò. Quanto avrebbe voluto che i suoi genitori l’avessero amato così.
I due fratelli si staccarono e si sorrisero. Vèra diede un colpetto leggero dietro il collo del fratello “Come mai sei ancora in pigiama? Dai, vatti a vestire e aiutaci”.
Demian si guardò e realizzò che era ancora in pigiama. Non aveva pensato di cambiarsi per uscire un attimo. Sbuffò e disse “Uffa e io che volevo essere carino!”.
“E lo saresti ancora di più se ci aiutassi” gli fece notare Vèra facendogli un tenero buffetto sulla guancia.
“D’accordo, d’accordo, vado!”.
Mentre il ragazzo tornava in camera e la sorella rideva, pure Viktor si lasciò scappare un sorriso. In quella casa si respirava un clima allegro e sereno e in fin dei conti la felicità era proprio ciò che desiderava come tutti gli esseri umani. Gli sarebbe piaciuto aiutare tutti i giorni la signora Amato, i due fratelli ad allenarsi e vedere il sorriso sincero di Demian, però sapeva che non avrebbe potuto abitare lì per sempre. Quello sarebbe stato il suo ultimo giorno a casa Amato.
 
La signora Amato tornò poco dopo dal mercato con gli ingredienti per la torta così si misero tutti e quattro a prepararla, poi mangiarono il pranzo cucinato da Vèra e Viktor. La signora si complimentò con i due “Ma che bravi! Chi ha cucinato la carne?”.
Vèra indicò sorridendo Viktor che rispose solamente “Ho solo riprodotto la sua ricetta, signora Amato”
“Quante volte ti devo dire che mi devi chiamare Agata?” lo rimproverò scherzosamente la donna. “Comunque siete stati bravissimi! Tu, Demian, che hai preparato?”.
Il ragazzo, che stava bevendo, poggiò il bicchiere sul tavolo e si alzò dal tavolo lasciando la cucina.
Mentre i tre rimasti seduti a tavola si domandavano come mai si fosse alzato, il dominatore degli elementi ricomparve reggendo i fiori che aveva raccolto quella mattina e il pacchetto col regalo. Li porse a Vèra esclamando sorridente “Buon compleanno!”.
La ragazza si alzò e stritolò il fratello in un abbraccio caloroso “Oh Demian, grazie, sei un amore!” poi prese dalle sue mani il pacchetto per aprirlo. Appena riconobbe la collana si lasciò scappare un gridolino di gioia.
“Ammettilo che sono il fratello migliore del mondo” si vantò il ragazzo, mentre le porgeva i fiori.
Vèra sorrise ancora più ampiamente, ma poi gli chiese curiosa “Ma quando l’hai presa la collana? E i fiori? Sono ancora freschi di rugiada”.
“La collana sono corso a prenderla nel pomeriggio del giorno in cui l’abbiamo vista, mentre i fiori sono uscito stamattina. Viktor mi ha coperto”.
La ragazza si girò verso il Figlio della follia che stava bevendo tranquillamente.
I due fratelli sorrisero ed anche Agata, felice di vedere i suoi figli così allegri e pieni di vita. Sperava solo che quel ragazzo arrivasse presto per vedere Vèra che, nonostante stesse ridendo, nei suoi occhi si leggeva comunque della tristezza.
 
Dopo pranzo, Vèra uscì con la scusa di fare una passeggiata fuori, ma in realtà sperava di vedere Aaron. Si sedette sopra il ceppo di un albero e si mise a guardare il bosco che si estendeva davanti a sé. Quel bosco da cui, in un certo senso, era partito quel viaggio per salvare Demian che era stato anche un’occasione per conoscere quel ragazzo straordinario, di cui si era pian piano innamorata.
Se pensava che all’inizio gli stesse antipatico le scappava da ridere; in quel momento avrebbe voluto solo abbracciarlo, baciarlo e dirgli…
“Ciao, Vèra”.
La ragazza si alzò di scatto dal ceppo non credendo a ciò che vedeva. Pensò che per un attimo la sua immaginazione le avesse giocato un brutto scherzo, ma poi vide il soldato scendere dal cavallo e dirigersi verso di lei. Nella mano destra reggeva un pacco, che tentava goffamente di nascondere.
“C-ciao, Aaron” ricambiò il saluto ancora poco convinta che quello fosse proprio il ragazzo a cui stava pensando fino a due secondi prima.
“Mi dispiace non esserci stato per il pranzo, ma ho dovuto prima sistemare delle faccende a Lupia per conto del Re. Ho avvisato tua madre che avrei fatto tardi, ma ci ho messo più del previsto”.
Il caporale le porse il pacco che aveva con sé “Questo è per te. Buon compleanno”.
Sul suo volto si modellò un sorriso, mentre osservava Vèra ancora scossa dalla sua entrata in scena.
La guardò per un attimo notando quanto i suoi capelli fossero cresciuti da quando se li era tagliati quella volta per fingersi Demian. Pensò che era adorabile, mentre apriva il regalo che le aveva preso e constatava che fosse un vestito. Anzi, era bellissima e avrebbe voluto dirglielo, ma non ci riusciva. Non era portato per quelle cose romantiche. Non era nemmeno mai riuscito a dichiararsi come si deve.
“Grazie Aaron, è bellissimo!” lo ringraziò la ragazza con un caloroso sorriso.
Aaron deglutì e strinse i pugni prendendo il coraggio a due mani e decidendo che quello fosse il momento giusto. Era incredibile: anche se era intrepido in battaglia, quando si trattava di quella ragazza si sentiva un ragazzino alla prima cotta.
“Vèra, c’è una cosa che devo dirti da un po’ di tempo”.
La ragazza lo guardò seria, temendo il peggio. Forse aveva deciso che quella era l’ultima volta che l’andava a trovare, forse nelle sue missioni aveva trovato un’altra, oppure non l’aveva mai amata.
Era sull’orlo delle lacrime quando Aaron la tirò per un braccio e la baciò all’improvviso.
Dopo aver realizzato cosa stava accadendo, Vèra strinse Aaron in un abbraccio e ricambiò il bacio. Lo strinse a sé come se non volesse più farlo andare via.
Non riuscirono a quantificare il tempo che era passato. In quell’istante esistevano solo loro due, però si dovettero staccare dal bacio per riprendere fiato. Poggiarono le proprie fronti su quella dell’altro guardandosi intensamente negli occhi.
I loro fiati si scontravano. Le bocche erano vicine come se fossero pronte per baciarsi di nuovo e intorno a loro il silenzio era interrotto solo dagli uccellini che cinguettavano e il vento che soffiava. Ad un tratto parlarono all’unisono, sentendo entrambi il bisogno di comunicare all’altro una cosa importante che non gli avevano ancora detto.
“Ti amo”.
I due sbatterono le palpebre sorpresi, ma poi risero di cuore, stringendosi in un abbraccio tanto agognato e tornando a baciarsi appassionatamente.
 
Nel frattempo Viktor e Demian si trovavano sulla soglia della porta della casa. “Secondo te si sono incontrati?” domandò l’uomo.
Il dominatore degli elementi annuì “Certo che sì e scommetto che a quest’ora si staranno sbaciucchiando”.
Il Figlio della follia guardava dritto davanti a sé e sembrava più serio del solito.
“Tutto okay?” gli chiese preoccupato il dominatore degli elementi.
“Sì” rispose bruscamente l’altro.
“No, non me la racconti giusta. C’è qualcosa che non va”.
Viktor si girò verso Demian e disse “Ho deciso di trasferirmi”.
Quella frase fu come una pugnalata nello stomaco di Demian.
“Perché?! Non ti trovi bene qui con noi?” sbottò il ragazzo stringendo i pugni.
Era talmente sconvolto che Viktor ebbe l’impressione che la terra tremasse.
“No, ragazzino, non è per questo. Solo che non posso rimanere per sempre qui. Rimarrei sempre a Lupia ma vivrei in un’altra casa. Dopotutto questa non è casa mia e non posso disturbarvi per sempre”.
Demian spalancò gli occhi e aggrottò le sopracciglia. Il vento si fece più violento e Viktor si sentì quasi spazzare via. Fortunatamente il ragazzo non ci stava mettendo la forza necessaria per farlo volare via.
“Come puoi dire questo?! Questa è casa tua adesso!” urlò arrabbiato.
L’uomo rimase sorpreso da quelle parole, perché non si aspettava che ormai Demian lo considerasse come un abitante della casa.
“Sei come uno di famiglia, Viktor. Io…” ad un tratto la potenza del vento si calmò e la terra smise di tremare. Demian distolse lo sguardò e arrossì violentemente “…ti voglio bene. Mi fido di te, sei una delle persone a cui tengo di più al mondo. Puoi stare con noi per sempre”.
L’uomo era ancora più sconcertato. Non si aspettava una dichiarazione del genere da parte di Demian.
“Ovviamente se vorrai rimanere qui. Dopotutto...non posso costringerti” singhiozzò.
Una lacrima scivolò lungo la guancia del biondino, turbando profondamente il Figlio della follia. “Se vuoi andartene, puoi farlo, ma sappi che non sei un disturbo per noi…per me”.
Ormai Demian stava piangendo copiosamente e si era messo persino a singhiozzare. Per un attimo Viktor lo rivide nella cella del palazzo di Lefèvre in preda ad un attacco di panico, così cancellò velocemente la poca distanza che c’era tra loro due e abbracciò il giovane.
Demian si sentì quasi sommerso da quel caldo abbraccio. Intanto che una delle grandi mani di Viktor gli accarezzava la nuca gentilmente, l’altra gli massaggiava la schiena per cercare di calmare il suo pianto disperato.
“Ho capito, ragazzino, non me ne vado. Ora però basta piangere, va bene?” gli disse cercando di essere il più dolce possibile. Demian si aggrappò alle spalle forti dell’uomo “Per favore, dimmi che rimarrai qui”.
Nemmeno quando si erano ritrovati in quel villaggio francese lo aveva abbracciato così disperatamente.  
Viktor sorrise stringendolo al suo petto e forse quello fu il suo primo vero sorriso “Tranquillo, ragazzino, starò con te per sempre”.
   
 
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