PROMPT N°24 – INAPPETENZA
Fandom: Good Omens
Personaggi: Aziraphale/Crowley
One shot partecipante all'Easter Advent Calendar Challenge 2020 indetto
dal gruppo "Hurt/Comfort Italia - Fanfiction&Fanart" https://www.facebook.com/groups/534054389951425/
Crowley fissò con soddisfazione
il tavolo sul quale aveva appena finito di disporre l’enorme varietà di sushi e
di dolci che aveva “acquistato” sulla strada per la libreria di Aziraphale (e
che “miracolosamente” non si era distrutta lungo il tragitto nella Bentley).
Oh, ad Aziraphale avrebbe senza dubbio fatto piacere tornare a casa e trovare
quel lauto pasto, visto e considerato che era stato chiamato ai piani alti per
un aggiornamento con i suoi superiori. Certo, il guinzaglio che arcangeli e
signori dei demoni avevano su di loro si era allentato molto dopo la
Quasi-Apocalisse, ma entrambi continuavano a essere convocati dalle rispettive
fazioni per fare rapporto e il suo angelo tornava sempre provato da quegli
incontri. Di solito, però, una bella cena era più che sufficiente per
rincuorarlo.
Il rumore della porta della
libreria che si apriva e si richiudeva fece spuntare un piccolo sorriso sul
volto del demone, che si voltò quando sentì i passi del compagno avvicinarsi a
lui.
“Oh, bentornato, angelo! Guarda,
ho già preparato la cena. Stasera offro io e niente discussioni, ma non ti…“
Crowley si fermò quando i suoi
occhi si posarono su Aziraphale. Era stato un attimo: il suo amico aveva
guardato la tavola apparecchiata e aveva piegato le labbra in una smorfia quasi
disgustata e triste al contempo. Un istante e poi il consueto sorriso educato
aveva ripreso il suo posto sul volto dell’angelo.
“Oh, è stato un pensiero molto
gentile, mio caro, ma stasera temo di non avere troppo appetito.”
Il demone lo guardò sorpreso,
mentre l’ormai consueta preoccupazione mista a rabbia che provava ogniqualvolta
il suo angelo doveva tornare dai suoi superiori prendevano possesso della sua
mente. Nel frattempo, Aziraphale aveva smesso di parlare: anche quella era una
cosa strana, perché, di solito, il suo amico era un fiume in piena, soprattutto
quando voleva distogliere l’attenzione del demone da un argomento scomodo. Se
ne stava semplicemente lì in piedi, a torturarsi le mani, lisciandosi di tanto
in tanto il gilet con un certo, palpabile nervosismo.
“Angelo, che ti hanno fatto?” gli
chiese senza mezzi termini e senza usare un tono troppo gentile.
“Cosa? N-niente, Crowley,
davvero. Non mi hanno fatto niente. Vedi? Sto benissimo” gli rispose
Aziraphale, spalancando le braccia con un sorriso falso come pochi.
“Non mentirmi, angelo.” Lo
incalzò di nuovo Crowley, facendo arretrare l’amico di qualche passo.
“Non lo sto facendo. Sai che non
posso. Sono un angelo, non è nella mia natura mentire”.
Già, anche quello era vero. C’era
da dire, però, che negli anni Aziraphale era diventato bravissimo a dire delle
mezze verità che spesso bastavano per chi lo conosceva appena. Non per lui, non
per i loro seimila anni di conoscenza, non per quel rapporto sempre più
profondo che avevano sviluppato insieme.
“Allora che ti hanno detto, mhm?
Di nuovo qualcosa legato all’essere troppo umano per il Paradiso? Andiamo,
angelo, pensavo che avessi superato quelle stronzate!”
“Non è quello!” gli rispose
Aziraphale, in un modo che fece desistere il demone dal continuare a urlargli
contro. L’angelo aveva abbassato lo sguardo e teneva le braccia lungo i
fianchi, con i pugni chiusi. Tremava. Era giusto un fremito, ma Crowley non
poteva non notarlo. Coprì gli ultimi passi che lo separavano dall’angelo,
allungando le mani per toccarlo, ma allontanandole subito quando vide l’altro
ritrarsi appena, quasi impaurito.
Bastardi, pensò. Qualsiasi cosa
avessero detto ad Aziraphale, doveva essere stata pessima per averlo ridotto
così. Per essere angeli, sapevano essere davvero subdoli con il suo amico.
Forse lo erano diventati ancora di più dopo il fallimento del progetto
“Battaglia Finale tra Quelli Di Sotto e Quelli Di Sopra”.
“Aziraphale…” cominciò, alzando
le mani. “Aziraphale, ne abbiamo parlato. Sono i primi che sputano sentenze e
poi non le rispettano, non li devi ascoltare”.
“Non è quello, Crowley” ripeté
l’altro, sempre tremante, ma con un tono di voce più basso.
“E allora cos’è? Parlamene,
angelo. Sicuramente è una cosa che possiamo risolvere”.
“Oh, sì, lo so che è risolvibile,
ma non serve parlarne”. Replicò Aziraphale, testardo. Arrivava quasi a odiarlo
quando faceva così. Di certo, la cosa gli procurava non poca frustrazione,
perché la sua mente, poco comparabile con quella del suo amico, non riusciva
mai a collegare velocemente i fatti e le informazioni che riceveva.
Proprio non capiva: andava tutto
bene e, in quasi un anno di “più che amicizia”, Aziraphale non era mai tornato
tanto provato da un incontro. Certo, un po’ giù di morale, ma il sushi aveva
sempre fatto il miracolo.
Il sushi. Era lì la chiave.
Aziraphale lo aveva guardato sì con una smorfia disgustata, ma anche con
qualcosa di simile al rimpianto e le mani erano volate non tanto a torturarsi
tra di loro, quanto a posarsi sullo stomaco dell’angelo, dove ancora stavano
ben ferme.
Altro che bastardi, erano proprio
viscidi quei pennuti lassù!
Il demone prese un lungo respiro
per calmarsi, poi addolcì la sua espressione: sapeva che gli arcangeli, Gabriel
in particolare, si divertivano a infierire sulla forma fisica di Aziraphale e
non importava quanto Crowley mostrasse il suo apprezzamento in quel frangente.
Era un tallone d’Achille per il suo angelo, uno potenzialmente pericoloso,
visto e considerato che quel nuovo aspetto del loro “rapporto” era quasi del
tutto sconosciuto ad Aziraphale che, ogni tanto, continuava a dubitare
dell’interesse del demone e nel fatto che desiderasse stargli così vicino.
L’angelo aveva ragione: era risolvibile
e Crowley sapeva bene cosa fare. Senza aggiungere altro, gli si avvicinò e gli
girò intorno, prima di abbracciarlo da dietro, facendolo sobbalzare.
“C-Crowley, caro… cosa stai…”
“Shhh” gli rispose il demone,
stringendo le mani sopra le sue. “Sto recuperando il tempo perso a causa di
quegli idioti”.
Aziraphale si irrigidì di nuovo a
quelle parole ma, poco a poco, si lasciò andare nell’abbraccio, appoggiandosi
al suo amico, socchiudendo gli occhi.
“Quanta pazienza hai con me,
caro” mormorò, accarezzandogli le mani. “Se penso a tutti quegli anni…”
“Aziraphale, abbiamo parlato
anche di questo” lo interruppe Crowley, sporgendosi per baciargli una guancia.
“Il passato non serve, se non a insegnarci come godere del presente e del
futuro”
Aziraphale si voltò appena a
guardarlo, sorpreso.
“Questa perla di saggezza da dove
viene?”
“Forse l’ho letta da qualche
parte, ma cosa importa? Aziraphale, quello che intendo è che non voglio pensare
a cosa avremmo o non avremmo potuto fare. Abbiamo tutta l’eternità davanti e
non intendo sprecare un momento di più per colpa di qualche arcangelo con un
paletto infilato su per…”
“Sì, Crowley, ho capito
perfettamente cosa intendi”. Rise Aziraphale, appoggiandosi di nuovo a lui.
“Grazie. Sai, forse non ho guardato bene il sushi che hai portato. Magari… beh,
potrei assaggiarlo”.
A quelle parole, Crowley si strinse di più ad Aziraphale,
prima di prenderlo per mano e portarlo verso il tavolo. Era così, il suo
angelo: era di una bontà e di una conoscenza immense, eppure bastavano pochi,
semplici gesti per fargli spuntare quel dolce sorriso di cui si era innamorato
fin dal loro incontro nel giardino dell’Eden. Non poté non provare un moto di
orgoglio quando, pochi minuti dopo, vide il suo angelo cominciare a mangiare di
gusto. Gli arcangeli potevano avere anche un potere immenso, ma l’affetto che
legava lui e Aziraphale non conosceva eguali, né rivali. Era una forza con cui
avevano salvato il mondo e con la quale avrebbero sconfitto qualunque altra
avversità, ne era certo.