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Autore: D a k o t a    13/04/2020    13 recensioni
[Storia partecipante alla #6hcfanfictionchallenge del gruppo Hurt/Comfort Italia - Fanfiction&Fanart]
[Bobby!centric - triste, per non dire tristissima - Bobby&Dean]
In cui Dean ha la febbre e si rivolge a Bobby / o in cui la corsa è finita e Bobby ha vinto.
"Bobby sente quel calore che prova sempre in presenza di Dean avviluppargli lo stomaco e rilassare i suoi muscoli irrigiditi.
Forse è così che si sente un genitore."
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bobby, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Settima stagione
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Race is over
A E. 
 
Life wasn't meant to be run
The race is over, you've won
[John Lennon, Race  is over]
 
“Zio Bobby?” una mano lo scuote piano, strappandolo a quel senso di vuoto che ha provato fin poco prima in quella sorta di sonno ad occhi aperti.
L’uomo socchiude appena gli occhi e sussulta, trovandosi davanti il viso dolce di un bambino, con le braccia conserte poggiate sul bordo del letto. Il suo letto.
“Dean” esclama, con la bocca secca e impastata e un tono più burbero di quello che vorrebbe. “Cosa ci fai qui?”
Il bambino abbassa gli occhi verdi, che sono già macchiati di quell’alone di colpa che gli ha visto tante volte, che anzi sono una di quelle espressioni che gli ha visto più spesso.
“Non volevo svegliarti” mormora velocemente, ritraendosi. “Ma non mi hai mai detto dove tieni i medicinali”
Bobby sente quel calore che prova sempre in presenza di Dean avviluppargli lo stomaco e rilassare i suoi muscoli irrigiditi.
Forse è così che si sente un genitore.
“Beh, non è esattamente qualcosa che si dice ad un bambino di dieci anni” borbotta fra sé e sé, quasi pensando ad alta voce. Non ha davvero nessuna reale intenzione di rimproverarlo per qualcosa che non è neanche colpa sua.
“Ma io ne ho quasi undici. E non sono un bambino” risponde, sgranando gli occhi con l’aria più indignata che ha visto dipingersi su quel visino spruzzato di lentiggini. “Papà mi dice sempre dove mette i medicinali. E’ una cosa importante da sapere, per le emergenze
E, dannazione, Bobby non gli dice che il giorno in cui prenderà dei fottuti consigli su come fare il genitore da John Winchester deve ancora arrivare, ma solo perché legge nelle sue parole tutta la voglia che ha di piacere a suo padre, anche se quel padre è un idiota.
Fa per ribattere seccamente, ma poi si blocca, osservando attentamente il volto del piccolo.
Dean è mortalmente serio e per qualche motivo Bobby non riesce a reggere il suo sguardo.
E’ che sembra così adulto.
Non è lo sguardo che un bambino dovrebbe avere.
Davanti a quella pausa di silenzio, Dean si allontana rapidamente dal suo letto, come se l’avesse scoraggiato.
“Non importa. Mi dispiace averti svegliato. Sammy dorme e sta bene” mormora, senza che ve ne sia reale bisogno e che lui glielo abbia chiesto.
Ed è un attimo, prima che Bobby afferri il ragazzino sull’uscio della porta per un polso, con una premura un po’ ruvida. Gli appoggia la mano sulla fronte.
“Ho detto che Sam sta...”inizia, cercando di ritrarsi.
Non è bollente, ma ha la fronte tiepida e gli occhi lucidi, e come minimo ha la febbre, se non si è beccato una bella influenza.
“Stai zitto” risponde solamente, per poi passargli una mano fra i capelli cortissimi, in un gesto di vano conforto. “Tuo fratello non è la mia più grande preoccupazione in questo momento, ragazzino. ”
Dean accenna un sorriso triste di vaga riconoscenza e Bobby detesta il fatto che probabilmente quella è una delle poche volte in cui si è sentito dire qualcosa del genere.
Qualcosa improvvisamente lo colpisce: Dean ha quasi undici anni e profuma ancora di pulito e di vita nuova, di quell’odore che hanno solo i bambini.
E Bobby non ha mai voluto marmocchi intorno, mai. Ma ha voluto Dean. E ha voluto Sam.
Li ha voluti così fortemente da farsi male, da mandare al diavolo John Winchester quando se ne usciva con una punizione troppo dura per quel ragazzino totalmente remissivo, da combattere contro tutti, contro – dannazione!- Lucifero stesso pur di star accanto a quei due idioti, da chiamare Sam anche quando era a Stanford (“Sei l’unica famiglia che mi è rimasta” “Smettila di dire stronzate e chiama tuo fratello, idiota”), da -
Il bambino lo fissa. Ha un sorriso riconoscente, e non sa come mai questo gli faccia venire una fitta al cuore, che lo fa improvvisamente piegare in due, mentre il bambino continua a guardarlo, immobile e statuario.
***
Lo porta in sala, lo fa sedere sul divano, mentre apre la sua cassetta del pronto soccorso ed estrae una compressa effervescente di paracetamolo, per poi versare un bicchiere d’acqua. Dean è seduto sul divano, ma osserva ogni sua azione con attenzione, soprattutto quando ripone a posto la cassetta per le emergenze. Lo conosce troppo bene per non sapere che lo sta facendo per capire dove trovarla, nel caso succedesse qualcosa a Sam. O a lui.
“Posso fare da solo” afferma il bambino, alzando il sopracciglio in una smorfia di disappunto e guardandolo mentre versa l’acqua. “L’ho già fatto da solo”
Bobby ravviva i capelli di Dean, come se quel solo gesto potesse bastare a coprire, a riparare tutti quegli anni in cui gli sono mancate le cure.
“Sai fare molte cose, ma stare zitto non è fra quelle, eh?” lo rimprovera poi passandogli il bicchiere.
Accenna un sorriso timido, bevendo. Fra sé e sé, Bobby si chiede cosa sia quello strano impulso di tenerezza e di protezione che prova quando gli getta addosso una coperta e Dean la stringe più forte a sé stesso, come se fosse suo e non volesse lasciare andare quella premura. Si sdraia sul divano e la trapunta scivola un po’ via, scoprendolo leggermente; l’istinto è di aggiustargliela sulle spalle, prima di accendere la tv. Il bambino lo guarda attentamente per qualche secondo.
“Credo che sia un sogno, zio Bobby” mormora ad un certo punto.
Bobby ricorda bene come quell’ affermazione gli abbia spezzato il cuore la prima volta - ha la febbre, sta male, ma pensa comunque che sia un sogno perché qualcuno gli ha dato una tachipirina e gettato una coperta addosso e perché si è seduto accanto a lui a guardare la televisione, invece di dirgli che ha del lavoro da fare -; la seconda volta non è diversa, ma fa comunque quello che Dean si aspetta che faccia. Si avvicina, e lo pizzica leggermente sul braccio.
“Ehi!”squittisce quello, guardandolo male. “Mi hai fatto male!”
Il cacciatore alza gli occhi al cielo, prima di sorridere sotto i baffi, davanti a quella reazione.
“Almeno adesso sai che non è un sogno, idiota” risponde alla fine.
Dean fa una smorfia e per una volta dimostra tutti i suoi dieci anni, mentre lui cerca di infilare in quella testolina che non deve avere paura della tenerezza, quando è sincera – ci proverà per anni, senza riuscirci - ; il bambino sorride appena ed è un’immagine rassicurante, a tratti dolce, e non sa perché lo strazia in quel modo – perché un’altra fitta gli lacera le membra in quel modo.
***
“Bobby?”
Lo stanno chiamando.
Gli sembra ancora di vedere il benedetto ragazzino e vorrebbe chiedergli di smetterla, di smetterla, di smetterla di fare qualsiasi maledetta cosa sta facendo.
Chiude gli occhi, lasciando che una lacrima – una sola, ‘ché non bisogna rifuggire la tenerezza quando è sincera, ma nemmeno darsi a stupidi sentimentalismi - gli percorra il viso, ormai invecchiato.
***
“Bobby?”
Bobby riesce solo ad annuire, ad ascoltare a malapena le grida che lo circondano – ancora una volta, quei due dannati idioti lo costringono a tornare la realtà.
E’ un dolore straziante, come se mille spade gli stessero trafiggendo il cuore e la testa. Gli impedisce di aprire gli occhi.
E dannazione, c’è solo da sperare che finisca, che finisca presto.
“Scrivi, Bobby. Non sforzarti, scrivi” ordina Dean e dio,tradisce un’urgenza tale da fargli chiedere se per caso non abbiano sparato anche a lui – si augura di no, altrimenti gli toccherà prendere a calci il ragazzo fino a farlo tornare sulla terra, grazie tante, idiota.
Non esiste dolore, non esiste sparo che sia abbastanza invalidante da renderlo sordo ad un appello di Dean, non esiste dolore che non metterebbe da parte per dargli un attimo di fottuta tregua.
Così, con gli occhi offuscati, riesce a distinguere i volti di quelli che adesso sono due giovani uomini.
“Idioti” riesce a sussurrare, incredulo, indugiando con lo sguardo per un solo altro lunghissimo attimo su quelli che sono gli occhi verdi di Dean e la linea del naso di Sam. Ed è grazie a quell’immagine, a quel vederli insieme, che il dolore nel suo petto sembra frantumarsi fino ad abbandonarlo del tutto; qualcuno lo copre con una coperta, nota, prima di abbassare le palpebre – per sempre stavolta – allunga le dita verso di loro.
Che forse il Paradiso fosse solo un’illusione l’ha saputo dalla prima volta che ha avuto a che fare con un angelo – maledetti! -, ma la corsa è finita, Bobby, e ce l’hai fatta.

NDA
Scritta per la challenge #6hcfanfictionchallenge del gruppo Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart. 
Non c'è molto da dire a riguardo, a parte HO RECENTEMENTE VISTO LA  7X10.  Aiuto. 
Credo che il mio pessimo umore abbia reso tutto ancora più angst :c 
Spero vi sia piaciuta. 

 
   
 
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