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Autore: f_dreamer96    15/04/2020    0 recensioni
La casa di Jonathan e quella di Francesca si trovavano una di fianco all'altra e, per i loro primi dieci anni, i due ebbero un'ordinaria vita in una piccola provincia californiana, perennemente insieme, tra gelati rubati e gite in bicicletta. L'improvviso trasferimento della famiglia di lei a Milano li tenne divisi per anni, finché Francesca, ormai studentessa di Giurisprudenza con un posto fisso nel cast del Rocky Horror Show del venerdì sera, non ricevette una lettera spedita da una prigione di Los Angeles.
Una storia di amicizia, amore e famiglia capace di sfidare il tempo e lo spazio.
Genere: Drammatico, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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15

 

Quando l'agente lesse il nome di Jon dall'elenco e lui apparve sulla soglia, il mio cuore sprofondò. Mi venne incontro sorridendo come sempre ma il suo sguardo era triste come non mai e, più si avvicinava, più il suo viso si rivelava stanco.

-Silly-mormorò solo, abbracciandomi.

Nonostante l'abbraccio fu breve, come sempre durante le visite in prigione, le sue braccia quasi mi stritolarono e la sua testa sprofondò tra le mie spalle.

-Jon, stai bene?-non potei fare a meno di chiedergli una volta ci fummo seduti al tavolo.

Aveva gli occhi gonfi ed era vagamente arrossato in volto.

-Hai pianto?-continuai e gli presi di istinto la mano.

Lui intrecciò le sue dita alle mie e, tenendo lo sguardo fisso sulle nostre mani, sussurrò:

-Oggi è l'ultima visita prima della tua partenza.

Ne ero consapevole, avevo passato tutta la notte a fare terribili incubi su di lui e, quando finalmente la sveglia aveva suonato al mattino, ero scoppiata in lacrime. Potevo convivere con le mie emozioni in qualche modo, ma vedere che anche Jon stesse soffrendo mi fece tornare le lacrime agli occhi.

-Oh no, silly-mormorò quando alzò lo sguardo-Mi dispiace, non volevo farti piangere.

Iniziò ad asciugarmi il viso con le dita ma, mentre mi consolava sussurrandomi che sarebbe andato tutto bene, anche i suoi occhi diventarono umidi.

-Non posso vederti così-continuava a farfugliare lottando disperatamente con sé stesso per non scoppiare.

La prigione non era un posto per deboli. Non poteva esporre le sue vulnerabilità davanti agli altri detenuti, ai loro famigliari ed amici ed agli agenti, perciò dovevo fare in modo di calmarmi. Lui non sarebbe riuscito a rasserenarsi finché non mi avesse vista tranquilla.

-Sto bene-bisbigliai, più a me stessa che a lui-Sto bene, tranquillo.

Mi asciugai le lacrime e presi dei respiri profondi. Quando sentì di avere le mie emozioni sotto controllo, provai ad abbozzare un sorriso.

-Così va meglio-osservò Jon-Sei bellissima quando sorridi.

Il suo viso si distese e le ombre sembrarono lasciarci.

-Sono stata a Lancaster-raccontai-Tuo nonno mi ha portata sulla Musical Road, è bellissima.

-Sapevo ti sarebbe piaciuta-annuì-Ed i miei nonni come stanno?

-Stanno bene. Tua nonna Rose cucina bene come al solito, tuo nonno Walt è sempre ossessionato dalla musica country e dal football.

Sorrise sinceramente, lo sguardo perso in un posto lontano. Probabilmente a Lancaster.

-Sì, non cambieranno mai.

Era arrivato il momento di dargli quello che mi ero portata dietro, Jon aveva già adocchiato il sacchetto posato su un angolo del tavolo da quando era entrato nella sala.

-Con il loro aiuto, ti ho fatto questo-annunciai, avvicinadoglielo-Originariamente era incartato, ma gli agenti hanno voluto vedere cosa fosse e l'hanno aperto per te.

Non erano ammesse sorprese in prigione.

-È un regalo?-domandò Jon con gli occhi sgranati.

-È per il tuo compleanno-spiegai.

Il suo sguardo incredulo iniziò a muoversi rapidamente tra il sacchetto e me:

-Non posso credere tu mi abbia davvero fatto un regalo.

-Oh su, davvero?-ribattei-Si ricevono sempre i regali al compleanno.

Per pochi secondi posò lo sguardo su di me e mi resi tristemente conto che non riceveva regali da chissà quanto tempo. Ingoiai con vigore le lacrime che stavano tentando di riaffiorare.

-Allora lo apro.

Prese finalmente in mano il sacchetto e ne estrasse il contenuto. Un libro con la copertina in pelle nera. Lo aprì e comparve una fotografia di lui in fasce, la sua prima foto in assoluto, scattata appena dopo la nascita. Il braccialetto dell'ospedale ancora attorno al minuscolo polso.

-È un album?-domandò con la voce rotta.

-È la tua vita.

Tenne gli occhi fissi sui miei, lo sguardo era così confuso che probabilmente nemmeno lui sapeva cosa stesse provando esattamente. Poi tornò a guardare le pagine, sfogliandole una ad una. La sua storia si spiegò davanti ai suoi occhi. Avevo pensato più e più volte a che regalo fargli ed, essendo stati lontani per così tanti anni, mi era impossibile pensare a qualcosa da comprargli. Ero arrivata a quell'idea grazie ai suoi nonni, avevo unito le fotografie che avevo fatto copiare a Lancaster con quelle che avevo sul mio portatile.

-Questi disegni e scritte li hai fatti tu?-chiese senza alzare lo sguardo.

-Sì, anche se non disegno minimamente bene come te.

-Sono stupendi, silly-mi zittì.

Avevo passato due notti intere a mettere insieme l'album, scrivendo le frasi sulle note del mio cellulare in modo da perfezionarle prima di trasporle sulle pagine completamente bianche. Le fotografie erano incollate e circondati da disegni, abbastanza semplici – semplici motivi – ma colorati in abbondanza.

-Mia mamma-mormorò ad un tratto e la sua voce si ruppe ed iniziò davvero a piangere.

Tenne la testa bassa ed in qualche modo riusciva a non emanare nessun suono anche se le sue spalle sobbalzavano. Allungai una mano e presi la sua, appoggiata sul tavolo e chiusa in un pugno. Le sue dita si aprirono al contatto con le mie e me le strinse forte come se si stesse ancorando a me.

-Ssssh-sussurrai-Tranquillo, andrà tutto bene. Sono qui di fronte a te.

Gli strinsi la mano come per dargli conferma. Inutile dire che dovetti usare tutto il mio autocontrollo per non crollare, dovevo essere forte per lui. Jon stesso sapeva di non potersi lasciare andare troppo in quell'ambiente e cercava di trarre respiri profondi, sempre nel silenzio più assoluto.

-Silly-mormorò, la sua voce tremante ed appena udibile-Questo è il regalo più bello che abbia mai ricevuto.

Mi guardò negli occhi come se potesse avvolgermi solo con lo sguardo. Se solo fossimo stati fuori da lì, l'avrei stretto a me ed avremmo pianto insieme.

Continuò a sfogliare l'album e la sua età avanzava. Inserì fotografie con me, con la mia famiglia. Ovviamente inclusi anche foto con suo padre Elias: loro due mentre giocavano a football nel giardino di casa loro o mentre andavano sul surf. Mentre le guardava, Jon non riuscì a trattenere un sorriso. Era un sorriso amaro, ovvio, ma era sempre un sorriso. Seguirono immagini della sua adolescenza, prese dalla casa dei suoi nonni. Avevo chiesto anche a Joe di inviarmi tutto il materiale che avesse a disposizione ed ero riuscita ad inserire molte fotografie sia con lui che anche con Lauren. Nonostante le vibrazioni non troppo positive che avevo percepito con lei, era comunque molto importante per Jon e non potevo non includerla in quel progetto. Infine, lui in toga e tocco al diploma ed una copia della mia striscia di fototessere scattate proprio lì il giorno di Capodanno. Ci avevo annotato la data a margine, per non dimenticarla mai. Sull'ultima pagina, una dedica:

A te che hai mosso i primi passi insieme a me, a te che mi sei sempre stato accanto. Mio primo alleato, compagno di avventure, mio cavaliere dalla splendente armatura. Il nostro legame si è rivelato più profondo dell'oceano. Grazie di avermi richiamata a te, grazie di avermi riportata a casa. Sarò sempre al tuo fianco, sarai sempre nel mio cuore. Ovunque saremo, saremo insieme.

Jon alzò finalmente lo sguardo, aveva ancora gli occhi lucidi ma aveva trovato la forza per controllarsi.

-Insieme per sempre, silly.

 

Quando l'agente dichiarò scaduto il tempo, Jon ed io ci guardammo come se dovessimo dirci addio per sempre. Ormai non avevamo più lacrime da versare, ma nel mio cuore si formò un macigno pesante.

-Ci terremo in contatto-lo rassicurai stringendogli le mani-Ti prometto che non ci perderemo. E quando sarai uscito di qui, tornerò a trovarti e potremo andare dove vuoi.

-Ti porterò a cena finalmente-annuì, lo sguardo carico di speranza e tristezza.

-Ed a prendere un gelato-aggiunsi.

Ci alzammo e mi strinse a sé. Non avrei mai voluto lasciare il caldo delle sue braccia ma soprattutto non avrei mai voluto lasciare Jon lì, in quell'ambiente così duro e violento. Avrei voluto mettermelo in tasca, portarlo fuori con me e proteggerlo per sempre.

-Puoi dire tutto ai tuoi genitori-mormorò, la sua voce attutita dalle mie spalle su cui erano pressate le sue labbra.

-Sei sicuro?-gli chiesi, sorpresa.

Poter raccontare la verità ai miei genitori sarebbe stato un sollievo, ma ero pronta a portarmi il suo segreto nella tomba se lui me l'avesse chiesto.

-Sono sicuro.

Poi si staccò da me quanto bastava per guardarmi in viso. Il suo sguardo si posava velocemente su ogni singolo mio particolare, come se volesse imprimermi nella memoria. Quando raggiunse i miei occhi, riconobbi nei suoi una scintilla e capì che tutto quello che avevo provato io, tutti i miei sentimenti confusi, la rabbia, il senso di ingiustizia, il mio amore verso di lui, lo provava anche lui. Se solo mi fossi chinata a baciarlo, ero certa che lui mi avrebbe raggiunta a metà strada. Avremmo potuto sigillare il nostro legame, lui avrebbe avuto un porto sicuro in cui fuggire anche solo col pensiero, io sarei tornata definitivamente a casa. Ma mi tornarono in mente le parole di Rachele, Jon non poteva assolutamente permettersi di perdermi al momento e, con una situazione così incerta, poteva essere rischioso fare un passo troppo lungo. Aveva già sofferto abbastanza, non volevo rischiare di ferirlo e lasciarlo solo di nuovo.

Così, per proteggerlo, trovai la forza di separarmi da lui.

-Ci vedremo presto, lo so-affermai, accarezzandogli delicatamente la guancia.

La sua pelle era morbida e le mie dita apparivano bellissime sulle sue lentiggini, come se quella fosse la loro naturale collocazione.

-Te lo prometto-ricambiò con un filo di voce.

Si infilò una mano in tasca ed estrasse una busta di carta.

-Ti ho scritto questa-disse-Leggila quando sei sull'aereo.

La presi tra le mani, sul retro c'era scritto solo Silly.

-Grazie-mormorai-Grazie di tutto. E buon compleanno per domani.

-Grazie a te.

Gli agenti richiamarono nuovamente i detenuti. Lui mi baciò sulla fronte e dovette strizzare gli occhi per non piangere. Iniziò ad incamminarsi ed io gli tenni stretta la mano finché fummo troppo lontani per toccarci ancora. La guardia gli mise le manette ai polsi ed i suoi occhi erano ancora fissi nei miei. Lo seguì con lo sguardo finché non fu sulla soglia, si girò a guardarmi per l'ultima volta prima di scomparire.

 

 

  
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