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Autore: AngelCruelty    15/04/2020    0 recensioni
Storia partecipante al contest 'Sincero (non mi odi più) di GiuniaPalma sul forum di EFP.
Ambientata durante le ultime scende di Maleficent 2 "La signora del male" - Ci sono spoiler sul film nella storia, la regina Ingrid è la protagonista.
Dal testo: "Nessun uomo, nessun incantesimo, nessun intervento magico: lei da sola aveva salvato il regno degli umani, e ora era certa che da quel momento in poi, la paura sarebbe finalmente cessata."
Genere: Angst, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Not everything is green and pink
 
Malefica era morta.
Finalmente, dopo tutti i suoi sforzi per eradicare quella feccia dal mondo, la regina Ingrid era riuscita ad ucciderla. Nessun uomo, nessun incantesimo, nessun intervento magico: lei da sola aveva salvato il regno degli umani, e ora era certa che da quel momento in poi, la paura sarebbe finalmente cessata.
E invece, quella dolce e delicata bambina era scossa da un pianto inconsolabile. Mentre attorno a loro ancora imperversava la guerra e delle persone stavano morendo per via della disgustosa magia di quelle creature, quella ragazza aveva il coraggio di piangere la sua ‘Fata madrina’.
Disgustata, la donna scosse la testa e si avvicinò ad Aurora, calpestando i resti di Malefica come se fossero semplice cenere. In fondo, non era un corpo! I morti lasciavano indietro la carne, mentre lei era evaporata come il mostro che era!
Si fermò a pochi passi dalla principessa. L’avrebbe consolata, con il tempo, ma non era certo sua intenzione inginocchiarsi e stringerla tra le braccia. Mai si sarebbe sognata di compiere un tale gesto, e soprattutto mai avrebbe chiesto scusa per aver salvato il regno e, con esso, il destino della ragazza stessa. Così, con voce fiera e ferma, iniziò a parlare: “La tua storia è stata narrata in tutte le lande degli uomini: la ragazza che è stata maledetta a vivere in un sonno eterno. Oh, non importava chi l’avesse svegliata! Mi sono assicurata che tutti ne avessero paura, perché la verità è che siamo troppo diversi da questi esseri immondi.”
Aurora si alzò e d’impulso si scagliò verso di lei. Ma Ingrid non si mosse di un millimetro, per nulla spaventata. Le guardie riuscirono a immobilizzare la ragazza prima che potesse raggiungerla. Così, un po’ delusa dalla reazione ingrata della principessa, continuò il suo racconto: “Tu non capisci! Loro sono il male! Lei era il male! Ma io ti ho salvata, ho salvato tutti!” esclamò guardando il cielo con gioia. Allargò le braccia quasi a voler mostrare ad Aurora, tramite la bellezza di quella terribile distruzione, quanto avesse ragione.
“Non è vero! Lei era buona! E tu sei crudele per averla uccisa!” pianse la ragazza, rossa in viso dalla rabbia.
“Oh, bambina…” il volto della regina si rabbuiò: “Se proprio non vuoi capire…” disse, annuendo come se stesse parlando con qualcuno che però Aurora non poteva vedere.
Stava scendendo a patti con sé stessa pur di dimostrare alla ragazza la verità: la magia era oscura e l’umanità era la salvezza.
A quel punto fece qualcosa di impensabile. La donna ricoperta di perle iniziò a spogliarsi del suo prezioso e elegante vestito. Slacciò con impazienza il corsetto e cercò di liberare la sua schiena, e quando finalmente ci riuscì, tornò a sembrare calma e composta. Si voltò lentamente.
Aurora non poteva credere ai propri occhi. La ragazza smise improvvisamente di piangere e urlare e rimase esterrefatta alla vista di due enormi cicatrici sulla schiena della regina. Partivano dalla scapola e proseguivano longitudinalmente. Erano ormai completamente guarite ma rimanevano lì ad infestare il suo splendido corpo, come a ricordarle ciò che era stato. Ogni volta che la regina le guardava allo specchio, sentiva l’urgenza sempre più implacabile di distruggere quelle maledette creature insulse e orripilanti. Ogni. Singola. Volta.
E la donna le rimirava ogni giorno della sua vita, proprio per essere certa di non dimenticare mai il suo più grande obiettivo.
“Sei… anche tu sei una di loro…” sussurrò Aurora, smettendo finalmente di opporsi alla forza delle guardie per liberarsi dalla presa. Rimase immobile, con le ginocchia che le tremavano per il fiume di emozioni che la attraversavano. Adesso, quegli uomini che avrebbe tanto voluto prendere a calci erano quasi costretti a sorreggerla.
La regina tornò a guardarla in viso e la gelò all’istante: “Giammai!” gridò sommessamente: “Mai lo sono stata e mai lo sarò! Quelle perfide creature…” sussurrò, mentre i ricordi di una vita passata iniziavano ad avvolgerla come se si fosse trovata nell’occhio di un ciclone.
*
La lezione di quel pomeriggio esasperò la giovane Ingrid. La bambina non riusciva a compiere nemmeno una delle piccole magie che il maestro cercava di insegnare loro. Si sentiva inutile.
Mentre tutti raccoglievano le proprie cose, la voce di Gretel la fece sussultare. Quella ragazza arrivava sempre dalle spalle come un felino in agguato.
“Allora, senza poteri!” esclamò.
Ingrid chiuse gli occhi e contò fino a cinque, così come le aveva insegnato il maestro.
“Quando qualcuno ti fa arrabbiare, conta fino a cinque prima di rispondere. Se non facessimo tutti così, il mondo sarebbe pieno di risse!” le diceva.
E Ingrid sapeva perché lo diceva a lei e non agli altri come Gretel.
Lei era il bersaglio delle loro provocazioni, e non viceversa. Era lei quella pericolosa, che poteva esplodere da un momento all’altro. Loro erano perfidi ogni giorno ad ogni ora, non era una novità. Ma ormai era abituata alle loro battute, e se le faceva scivolare addosso come l’acqua di una cascata.
“Mezza fata!” urlò un altro bambino della classe, facendola innervosire un poco.
Scelse di pensare che le quelle parole fossero riferite alla sua mancanza di magia. Tutti in realtà sapevano e tacevano la verità: lei era nata da una fata e da un umano. Era diversa dagli altri. Era vero, aveva ricevuto ali e corna, ma non possedeva nessun’altra qualità che contraddistingueva le creature magiche. Lei era metà e metà. Non era fata e non era umana. Questo la faceva sentire inadatta molto più di tutte le cattiverie che le venivano lanciate dai suoi compagni.
Ma poi Gretel riprese: “Mia madre mi ha detto che non sei riuscita nemmeno a creare un unguento per la tua. Dicono che sta male, ma che non sai dove mettere le mani. È possibile che dobbiamo fare sempre tutto noi al tuo posto?”
No, quelle parole non avrebbe dovuto dirle. Non su sua madre.
La bambina ringhiò, guardandoli furiosa, e disse: “Non vi dovete permettere!”
Si sentiva ricolma di rabbia, piena di fuoco che divampava dalle sue viscere, piena di rancore. Si aspettava di ottenere qualcosa, con quello scatto d’ira. Sperava di dimostrare che, anche senza magia, lei provava sentimenti e che li avrebbe tirati fuori tutti insieme per spazzarli via, se necessario.
E invece… i ragazzetti scoppiarono a ridere.
“Guardate che faccia!” la prese in giro uno, indicandola.
“Adesso esplode!” confermò un altro.
“Che cosa credi di fare?!” sorrise Gretel con aria di superiorità.
E allora accadde qualcosa che Ingrid avrebbe voluto davvero evitare: la bambina scoppiò a piangere. Per evitare di farsi vedere e denigrare ulteriormente, prese il volo e fuggì via, più lontano che poté.
*
La creatura volò in mezzo agli alberi per ore, vagando senza meta. Pian piano il vento asciugò le sue lacrime e i rami accarezzarono le sue ali per calmarla. Ad un certo punto, però, notò qualcosa a terra. C’era qualcuno, laggiù, nascosto nel sottobosco. Stava raccogliendo qualcosa dal terreno, e si guardava in giro con aria preoccupata. Ingrid si appollaiò sulla chioma di un acero per guardarlo meglio. Era poco più di un ragazzino, proprio come lei. La cosa più incredibile però, era che non possedeva ali. Era un umano.
Il suo cuore perse un battito. Sua madre l’aveva concepita attraverso l’amore per un umano, ma suo padre era morto e lei era stata costretta a tornare nelle sue terre natie. Così, Ingrid non aveva mai visto un essere umano in vita sua. Era cresciuta lì, circondata da perfide creature alate che la vedevano diversa.
La ragazza si fece coraggio e lentamente scese a terra. Si nascose dietro il tronco di un albero e rimase a guardare. Seguì il ragazzo per un po’, insospettita. Gli adulti li avevano sempre messi in guardia dalla loro specie, dicevano che erano esseri crudeli e… senza poteri.
Eppure, quel ragazzo sembrava solo… perso. In un certo senso, Ingrid si sentiva esattamente come lui. Così, ad un certo punto, fece capolino con la testa: “Hey, tu…” sussurrò, sperando di non spaventare lo sconosciuto.
Lui, tuttavia, sussultò in preda al panico: “C’è qualcuno?” domandò con voce tremante.
“Sì, dietro di te.” Confermò lei.
Quando la vide, il volto del ragazzo si rilassò: “Oh, sei una bambina!” esclamò sollevato.
Ma Ingrid temeva di vederlo scappare non appena si fosse accorto delle sue ali e delle corna.
“Mi prometti di non urlare?” domandò allora la piccola creatura.
Lui annuì prontamente.
“Non sono una bambina normale…” ammise uscendo dal suo nascondiglio e mostrandosi.
Lui spalancò gli occhi, ma mantenne la promessa e non urlò.
“Come ti chiami?” domandò lei con un po’ di imbarazzo.
“Giovanni. Principe Giovanni.” Disse.
La ragazza arrossì. Non aveva mai conosciuto un principe prima…
“Mi sembri perso.”
Lui scrollò le spalle: “Lo sono. Eravamo a caccia, io e mio padre. Ma mi sono allontanato troppo, temo.”
Ingrid decise che quel ragazzo meritava il suo aiuto, così sorrise: “Io conosco questa foresta come le mie corna. Se vuoi, ti posso aiutare a ritrovare la strada.”
E così fece. I due camminarono fianco a fianco fin quando non trovarono gli altri membri della partita di caccia vagare in cerca del principe disperso. Si salutarono timidamente, e promisero di rivedersi, un giorno. Dopodiché, Ingrid tornò a volare, stavolta diretta verso casa. Tuttavia, non volò per molto. La stanchezza prese il sopravvento e fu costretta a scegliere un posto per riposare. Solo qualche ora prima, non avrebbe mai detto che quella notte avrebbe dormito con il sorriso sul volto.
*
Tuttavia, nemmeno il suo sorriso poté durare molto.
La mattina successiva, la prima cosa che sentì, ancor prima del cinguettio degli uccelli, della brezza sul viso o del solletico dell’erba, fu una lancinante fitta alla schiena. Immediatamente tentò di sbattere le ali, ma fece una terribile scoperta: le sue ali erano sparite. Cercò di toccare le scapole, come a disconfermare quel che ormai aveva percepito. Eppure non c’erano. Le sue ali non c’erano. Qualcuno le aveva prese, recise…
La bambina si alzò barcollando, sopraffatta dal dolore e dalla paura. Si guardò intorno, e quel che vide la fece vomitare.
Riuniti attorno ad un fuoco, c’erano Gretel e i suoi compagni di scuola. Ma dentro al fuoco… c’erano le sue ali. Le avevano bruciate.
Loro sapevano che potevano essere richiamate dalla sua padrona, che potevano tornare da lei. Per questo avevano dato loro fuoco, così che mai potessero riunirsi alla proprietaria.
“Guardate, è sveglia.” Sussurrò un bambino. Era più piccolo degli altri, e sembrava preoccupato.
Ma Gretel non fece altro che ridere: “Eccola!” esclamò: “Che c’è?”
Sapeva bene cosa stava succedendo, voleva solo prenderla in giro ancora una volta.
Ingrid non riusciva a respirare. Non poteva nemmeno arrabbiarsi e prenderla a pugni, perché non ne aveva la forza.
“Senti, andava fatto. Tu non sei come noi! Non perdi occasione per ricordarcelo, con quei tuoi stupidi tentativi di connetterti con la natura. Diciamo le cose come stanno: tu non sei naturale. Il maestro ci ha mandati da te per chiederti scusa per quel che ti abbiamo detto. Ma non siamo stupidi. Avevamo ascoltato le loro parole circa una partita di caccia di umani nella nostra zona, si sono fatti più silenziosi e si avvicinano sempre di più! Preoccupati, siamo venuti a cercarti. E cosa vediamo? Avevi fatto amicizia con uno di loro! Questo conferma soltanto quello che sapevamo già tutti. Tu non sei una di noi, e adesso che non hai più le tue ali puoi darti pace.”
“E già che ci sei daccene un po’ anche a noi” ridacchiò una seconda voce dal gruppo, ottenendo il consenso di tutti.
Ingrid non credeva affatto che loro si fossero mai preoccupati in vita loro per lei. E non poteva credere alle sue orecchie. Pian piano il dolore stava tornando a lasciare spazio alla rabbia: “Si era perso! Era un ragazzo come noi e si era perso!”
Ma Gretel era convinta delle oscenità di cui parlava: “Non puoi crederlo sul serio. Cosa credi che stessero cacciando, eh? Secondo te si sono inoltrati così tanto nella foresta per uccidere qualche cinghiale? Stavano cercando noi! E tu li avresti guidati direttamente al nostro covo! Adesso che non puoi volare, certamente non lo farai. E noi invece, saremo attenti e useremo la magia per depistarli. O devo ripeterti ancora una volta che tu, invece, non possiedi alcuna magia e ti saresti fatta beccare?”
La collera attraversò definitivamente il corpo di Ingrid, non le importava affatto il motivo per cui gli umani erano arrivati fin lì, né perché i suoi coetanei l’avessero seguita: “Forse sarebbe stato meglio! Forse dovrebbero trovarvi, e dovrebbero cacciarvi e uccidervi! Dovrebbero spezzarvi le ali e tagliarvi via le corna!” urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Avrebbe voluto usare qualche potente incantesimo su di loro, ma nemmeno una scintilla di magia emerse da lei.
In quel momento, sulle loro teste volò qualcosa: era il maestro.
Atterrò di fretta tra di loro, guardandoli uno ad uno: “Non avrei mai dovuto mandarvi a cercare Ingrid da soli con degli umani in giro!” imprecò controllando che fossero tutti interi.
Sembrava sollevato, finché non posò il proprio sguardo su Ingrid: “No… No!”
“Guardi! Guardi che hanno fatto!” urlò la bambina indicando il fuoco crepitante.
L’uomo guardò con orrore la scena, ma i bambini erano ormai distanti dal falò. Così Gretel disse la prima cosa che le venne in mente per tirarsi fuori dai guai: “è disgustoso! Maestro, non abbiamo potuto fare nulla! Quegli orrendi umani le hanno fatto questo e noi eravamo impotenti! Se ci fossimo fatti vedere, allora avrebbero fatto lo stesso con noi!” e come la migliore delle attrici, inscenò un pianto isterico. Tutti gli altri la imitarono, mentre il maestro stringeva Gretel con apprensione e continuava a fissare Ingrid con sguardo inorridito.
“Cosa? No! Sono stati loro! Loro!” urlò.
Ma il maestro la guardò impietosito: “No, Ingrid. Gli umani… sono terribili creature. Mi dispiace davvero tanto per quello che hai subito… Torniamo a casa, adesso, ti va?” disse utilizzando quel solito tono impietosito che aveva ogni volta che vedeva come gli altri la deridevano. Già… provava dispiacere per lei, era gentile nei suoi confronti. Ma mai aveva preso le sue parti. Mai l’aveva difesa. Mai aveva impedito agli altri di trattarla male.
“No! Vorrei che gli umani vi bruciassero vivi!” gridò allora, voltandosi e correndo via.
A piedi nudi, ansimante, dolorante e colma di rabbia e tristezza, vagò per giorni.
Ma alla fine riuscì a trovare Giovanni. Si fece tagliare via le corna, in modo da nascondere per sempre le proprie origini, e divenne la sua promessa sposa. Alla prima occasione guidò una nuova partita di caccia verso il covo delle bestie. Quando arrivarono, però, erano sparite. Dovevano aver immaginato le sue intenzioni nel momento stesso in cui la notizia del fidanzamento era diventata ufficiale, e avevano scelto di fuggire per salvarsi… ma non avevano capito che Ingrid non si sarebbe mai fermata. Quello era solo l’inizio.
 


Note autrice: Come vedete ho re-immaginato il discorso della regina Ingrid ad Aurora prima che Maleficent tornasse in vita come una fenice. Non voglio soffermarmi su quest’ultimo dettaglio perché non sono nemmeno sicura che mi piaccia, nonostante tutto il tempo passato da quando ho visto il film. Ma la challenge mi sfidava a farvi stare dalla parte di Ingrid, e quindi ho interpretato diversamente, con questa what if, il suo odio per la specie di Malefica. Non la odia perché è diversa da lei, la odia perché le ricorda sé stessa e quello che ha perso. In questo modo, quasi quasi non la odio più nemmeno io. Ho scelto questo titolo perché inizialmente sarebbe dovuto essere ‘Not everything is black and white’, con chiaro riferimento al ‘non è tutto come sembra’ e ‘non tutto è solo bene o solo male’. Tuttavia ho voluto renderlo più originale e ho inserito il verde al posto del nero, in quanto il fuoco e la magia di Malefica sono verdi, e il colore complementare del verde acido è proprio il rosa. Quindi è risultato è ‘Not everything is green and pink’. Fatemi sapere se ho smosso qualcosa anche in voi o no!
 
  
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